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Autore: Breathless92    07/06/2012    5 recensioni
[Post-Avengers] [ThorxLoki]
Dopo attenta analisi il Padre degli Dei è certo di aver trovato la perfetta punizione per i crimini compiuti dal figlio Loki.
Così ne decide le sorti degradandolo fino al gradino più basso di Asgard, e, privandolo del suo potere, lo trasforma così in un servo.
Questo finchè il principe Thor non ne reclama i servigi e dunque il possesso in quanto schiavo a tutti gli effetti.

"A cosa l’avevano ridotto? Cos’era diventato? Persino Loki stesso si compativa per la sua attuale situazione.
Persino, lui, il Dio degli Inganni, si sentiva raggirato da quella punizione fin troppo sadica e perversa per i suoi gusti."
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Thor, Un po' tutti
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1:
Illusioni
. . .
 
 
 
Pomeriggio del terzo giorno
(Corridoio; ala settentrionale)

 
 

Le sue mani erano arrossate ed i delicati polpastrelli avevano iniziato a ferirsi ormai alcune ore fa –in verità ormai i suoi arti erano torturati da miriadi di piccole ferite di diversa entità che si era procurato in quei ultimi tre giorni- la candida pelle era livida ed il prurito che gli procuravano le piccole abrasioni lo stavano innervosendo ogni secondo di più. Più si grattava più i tagli aumentavano la loro entità causandogli altro prurito ed altro fastidio.
Un fottuto servo, è questo che sono diventato?“ Digrignò i denti, la sua ira era funesta, ed a quel pensiero non potè trattenersi dall’imprecare. Colpì con forza il marmo del gradino che stava pulendo, e questo non fece altro che riaprirgli le ferite che durante la notte avevano trovato momentaneo solievo. Imprecò un seconda volta vedendo le sue mani tingersi di un rosso cupo.
“Maledizione, maledizione, maledizione!“ Più vedeva il sangue scorrere dalle sue ferite più lui, quasi con ossessione, strofinava il delicato pavimento pregiato. Doveva pulirle quelle dannate scale, non macchiarle di più, altrimenti quella sera non avrebbe mangiato. E lo sapeva bene come funzionava qui, ad Asgard, chi non è in grado di compiere i propri doveri non merita ne cibo ne acqua. Ancora un volta sentì il rancore soffocargli la mente. Le sue mani presero con forza il logoro straccio, lo immersero nuovamente nell’acqua bollente. Il dolore procuratogli dal calore eccessivo lo fecero in qualche modo calmare, si concentrò unicamente su quella sensazione fastidiosa di bruciore. Il dolore fisico era per lui un’ottima distrazione dai suoi angosciosi pensieri. Dopo pochi istanti -in cui aveva ritrovato la tanto bisognosa pace- tolse le stanche membra dal liquido e strizzò lo straccio. Gli mancava poco, ormai aveva pulito l’intera scala che portava ai piani alti della reggia degli Dei. Mancavano gli ultimi due gradini, poi sarebbe stato libero.
Loki guardò in alto. Genuflesso sul freddo marmo quelle pareti sembravano troppo alte, ed il soffito era così distante da lui. Avrebbe voluto toccarlo, poi tornò a guardare le proprie mani.
“Voler toccare il soffitto? Sono proprio un idiota! Che razza di desiderio è mai questo? Inoltre, come se non bastasse, prima o poi dovrò ripulire dalle ragnatele anche quel fottuto soffitto, poi altro che toccarlo, potrò addirittura leccarlo!“ Sollevò il braccio e con il dorso della mano si asciugò la fronte dal sudore. Sospirò profondamente e cercò dentro di sé la forza per alzarsi in piedi senza veder cedere le proprie gambe –come era accaduto ieri- dalla stanchezza. Le sue ginocchia erano anch’esse ferite, chiazze bluastre avevano rovinato la delicata pelle diafana. Inutile era stato il suo tentativo di coprirli con la corta veste sudicia. Bhe, in ogni caso, per fortuna, non c’era nessuno a guardarlo, e nessuno che avrebbe mai avuto l’interesse di fargli visita. Questo un poco lo rassicurava.
 
Posò una mano sulla parete accanto a lui, la superficie era ruvida, con uno scatto deciso delle gambe si rissolevò, la sua mente parve non reggere subito il cambio di posizione creandogli uno sbalzo di pressione che offuscarono la sua visuale. Posò la schiena al muro nell’attesa che il mondo smettesse di scemare dinanzi a lui. Ci vollero pochi minuti, ma per la sua mente frustrata erano interminabili attese degne solo di esseri inferiori. Prese un profondo respirò, guardò a terra e sorrise tristemente, era lì che lo attendeva così sollevò anche il pesante secchio ricolmo d’acqua accanto a lui. Unico fiero compagno delle sue solitarie giornate piene di logoranti compiti sin troppo debilitanti per un’unica persona. Cercò di pensare al riposo che il suo corpo avrebbe presto trovato. Finalmente poteva tornare a riposarsi per un ora- una soltanto- nelle sue camere, prima di dover nuovamente riprendere il lavoro. Un’ora che per le sue carni valeva come anni di rilassamento. Non solo bramava quel riposo, ma lo desiderava così ardentemente da sentirsi svenire. Aveva decisamente bisogno di riposo, anche pochi minuti, bisogno di quegli istanti di puro oblio che gli impedivano di impazzire dinanzi al delirante compito che gli era stato assegnato.
Durante il lungo tragitto verso le camere dei servi Loki s’impose di non ragionare, di non pensare, per evitare di farsi altro sangue marcio, era sfinito, e sinceramente il suo corpo non avrebbe ulteriormente sopportato altri inutili sforzi fisici dettati dalla rabbia, ma proprio mentre camminava accanto ad una grande placca ornamentale dorata, posta su una spoglia parete grigia, non potè fare a meno di guardarsi, la sua immagine specchiata nemmeno sembrava riflettere il vero, come se stesse guardando qualcun’altro, non il temuto Dio degli Inganni. I corvini capelli cadevano sul suo viso spettinati, fin troppo malconci per apparire splendenti e delicati con un tempo, eppure erano passati solo tre maledetti giorni! In così poco tempo lo avevano ridotto al più deplorevole degli esseri. Le palpebre degli occhi cadevano pesanti e profonde occhiaie solcavano il suo delicato viso, rendendolo ancora più tetro e sinistro del solito. Pallido sino all’invero simile persino la logora e sudicia cappa di lino grezzo bianca sembrava più scura della sua carnagione. Il corto abito arrivava sino sopra il ginocchio, salendo sino al busto e finendo in due larghe maniche consumate sul bordo. Lo sporco ed il sudore ne avevano intaccato il candido colore.
“Più che l’aspetto di un Re potrei avere quello di un garzone di stalla...“ Ancora una volta- l’ennesiva- la rabbia lo rese cieco, il suo furore lo pervase e con forza scaraventò il pesante secchio contro la sua stessa immagine innorridito dal tanto fosse martoriata.
« Vi odio ! VI ODIO TUTTI! » Il suo urlo rimbombò sulle pareti, morendo senza nemmeno essere udito, eppure dentro di sé Loki pregava che arrivasse sino alle orecchie di Odino. Dentro di sé la frustrazione lo stava divorando, l’odio gli offuscava il pensiero, il dolore lo rendeva fragile. Non era da lui perdere così facilmente il controllo!
“Ma me la pagheranno per quello che hanno fatto! Si, me la pagheranno molto cara!“ Cadde a terra, inginocchiandosi dinanzi il suo riflesso, si guardò con disgusto, poi calde lacrime iniziarono a scorrergli sulle guance fredde. Ferirono il suo viso come lame taglienti, simili a bollenti rasoi. Si morse con frenetico furore le labbra arrossate, colto da un ossessionate senso di amarezza e disperazione. Sentì il sapore del sangue invadergli la bocca, irorando la sua lingua con il suo ferreo sapore. A cosa l’avevano ridotto? Cos’era diventato? Persino Loki stesso si compativa per la sua attuale situazione. Persino, lui, il Dio degli Inganni, si sentiva raggirato da quella punizione fin troppo sadica e perversa per i suoi gusti.
Poi tornò a guardare la parete da lui stesso lordata. L’acqua, ormai tiepida scivolava sulle mura del corridoio, cadendo a terra con piccoli tonfi. Ogni goccia scendeva lenta verso il terreno. Poi soffocava nella grande massa liquida. Assorbita dal più grande. Anche Loki era una piccola goccia che era stata affogata in qualcosa di molto più grande di lui. Ad ogni secondo la pozza sul terreno andava espandendosi, arrivando in poco tempo a bagnare le gambe del giovane. Ricominciò a pulire, adesso il suo lavoro era aumentato, ed il peggio rimaneva il fatto che era stato lui stesso ad aggravarne la mole. Ancora una volta s’impose di trovar quiete.
“Devo calmarmi. Devo, respirare. Devo dormire. Ma soprattutto devo trovare un modo per recuperare i miei poteri. Poi avrò la mia giusta vendetta.“ Poi la sua mente tornò indietro nel tempo, portandolo alla sentenza che lo aveva fatto diventare ciò che era tutt’’ora. Erano passati solo tre giorni, eppure il suo corpo percepiva quel tempo come un’era intera.

 
. . .
 
 
Tre giorni prima
(Sala delle udienze del Padre degli Dei)

 
 

« Loki sei accusato di crimini di grave entità. Dopo attenta analisi, io, Odino, Padre degli Dei ho dunque deciso che la giusta punizione che dovrai scontare sarà per te la più umiliante, la più deplorevole ed infima. Sarai degradato a servo. Inizierai oggi stesso! »
La voce di Odino era colma di autorità, era una di quelle sentenze che non ammetteva repliche. Certo, come se Loki avesse mai potuto farne con quella museruola che si ritrovava in viso. Si limitò a fissarlo, per tutto il processo, senza mai distogliere lo sguardo da quello che un tempo chiamava padre con tanta leggerezza. Se solo lo avessero potuto vedere da vicino avrebbero visto nei suoi occhi odio e rabbia. Il solo sguardo avrebbe potuto congelarli. Ma Loki era troppo distante da tutti loro, posto al centro dell’ampia sala con solo alcune guardie accanto per assicurarsene la calma.
“Servo? Schiavo vorrai dire. Bhe, che importa, non appena troverò modo di fuggire escogiterò un modo per ricambiare loro questo favore! Quanto meno sono vivo. Questo è ciò che conta!“Ah, se solo avessero putoto vedere il malefico ghigno che avrebbe sfoggiato loro Loki, ma tristemente quel maledetto morso gli aveva negato quella provocatoria risposta. Ma questo non gli impedì di farlo. Anzi, mantenne quel sorriso perverso per tutto il processo, beffandosi di quel branco di buffoni che lo stavano guardando dall’alto al basso.
« Inoltre ti sarà imposto un collare magico, esso annullerà completamente i tuoi poteri, e ti ucciderà in caso di fuga. » Dette quelle parole Odino volse le sue spalle al figlio ormai perso, ed uscì dalla sala. Dietro di lui egli aveva solo lasciato una gelida atmosfera. Per un attimo Loki fu convinto di essere a Jotunheim piuttosto che ad Asgard. Di certo al momento faceva più freddo in quella sala.
Cio’ che accadde poi confuse terribilmente il giovane ingannatore. Accadde tutto così rapidamente da non essere nemmeno visibile ai suoi attenti occhi, e le sue membra si sentirono terribilmente stanche. Il suo corpo sembrava non riuscire reggere il peso che da sempre aveva sostenuto. Il mondo scomparve per un istante, offuscato dalle tenebre più fitte. Perse i sensi, non seppe dire per quanto tempo, ma rinvenì non appena sentì delle mani stringersi sui suoi avambracci, mani troppo devote e grezze per essere quelle dell’odiato fratello. Questi sconosciuti – perchè questo erano per Loki nonostante ne scorgesse le figure vagamente illuminate- lo strattonarono, lo spinsero in direzioni confuse, con arroganza, ma senza mai proferir parola, lo costrinsero al loro volere, ma il moro era troppo debole per ribellarsi alla loro ferrea presa. Alla fine del viaggio, senza un minimo di premura, lo gettarono in una stanza angusta. Subito il Dio del Caos cercò di fare mente locale. Sentenza avvenuta dovevano avergli imposto quel collare che ora percepiva fin troppo bene al collo, la sua gelida presenza lo infastidiva. Poi indebolito e spossato da quell’imposizione magica dovevano averlo scortato in qualche corridoio oscuro, perchè era questo che lui ben ricordava: il buio di quel viaggio. Posò entrambe le mani sulle sue tempie massaggiandole con frenetico fervore. Doveva riposarsi, doveva ritrovare la sua mente lucida e cominciare a ragionare. Avrebbe trovato un modo per togliersi quello stupido gingillo. Bhe, quantomeno gli avevano tolto quella stupida museruole. Era già questo un grande impedimento in meno, ora poteva parlare, esprimersi, diritto che gliera stato per troppo tempo negato. Certo, forse non poteva formulare incantesimi -anche se ci provò sino allo sfinimento- ma almeno avrebbe potutochiacchierare o, come la vedeva lui, difendersi verbalmente da insulti o critiche future. Perchè ci sarebbero state, ne era certo !
Si guardò attorno, quelle dovevano essere le sue nuove camere, non c’era alcun dubbio. Sorrise acido scorgendone i dettagli. Nulla di impressionante, solo il nulla più totale.
“Niente finestre, una stuoia gettata a terra ed un secchio nell’angolo? Ma sono un servo oppure un prigioniero?“ Sospirò arrendendosi all’evidenza. Era tornato a “casa“ così come Thor aveva tanto voluto e sognato, eppure ora si rendeva conto di una triste verità: lui era sempre stato un prigioniero in quella sudicia cella chiamata Asgard. Semplicemente i dorati dettagli e le vesti sfarzose lo avevano sempre ingannato. Incredibile; quella fu la prima illusione che Odino riuscì a fargli scorgere come verità. Certo, forse era la seconda, la prima era quella di avergli fatto credere di essere suo figlio quando non era nient’altro che un mostro fin troppo spesso soggetto a pessime morti o disgustose azioni nelle favole degli asgardiani. Il suo sorriso tirato si spense non appena notò di essere completamente nudo, spogliato da ogni decoro. Quando lo avevano denudato? Non seppe rispondersi con precisione. Il vuoto di quei momenti lo aveva privato da diverse informazioni importanti. Si insultò per essersene accorto solo ora. Poi il suo sguardo si posò su una candida cappa di lino posata sulla stuoia. Sospirò posandosi una mano sugli occhi.
“Sarebbero quella la mia nuova veste? Fantastico, meglio di così non potrebbe andare.“ Persino nella sua mente quel commento risuonò estremamente rassegnato e colmo di un’insolita tristezza. Decise di non pensarci, prese l’abito dal terreno, lo scrutò didinteressato e lo indossò. La stoffa grezza lo pizzicarono per i primi minuti, poi lentamente, si abituò al nuovo tessuto.
Fu interrotto dal battito persistente di qualcuno alla porta. Una dolce voce femminile gli chiedeva il permesso di accedere alle sue stanze, forse era intimorita, forse era solo timida, fattostà che attese il consenso del moro prima di farsi avanti. Era arrivato il momento di iniziare a lavorare; Lasciò così entrare la serva che gli diede istruzioni. 

 
. . .
 
 
Sera del terzo giorno
(Stanza di Loki/Cucine)

 
 

Aveva sprecato la sua unica ora libera prima del turno serale per uno stupidaggine. Per pura rabbia, per una furia che aveva lasciato sfogare al posto che sopprimerla sul nascere.
“Ma non accadrà più! Non deve e non puo’ succedere. Se non mantengo la calma non posso sperare di elaborare un piano per andarmene“ Era tornato nella sua topaia solo per lasciare il secchio. Dove doveva andare adesso non gli sarebbe servito. Così salutò il –poco amato-compagno ed aprì la porta della camera. Ora gli toccava andare alle cucine a sbucciare patate o pelare cipolle, insomma uno di quei compiti ingrati che gli erano stati affidati unicamente perchè era l’ultimo arrivato, e sì, in parte anche perchè era il figlio di Odino, o meglio, quello che un tempo avrebbe potuto essere. La servitù sapeva essere molto più gerarchica della famiglia reale stessa. Questo Loki lo aveva sperimentato sulla sua pelle. Era opprimente essere davvero l’ultima della scala, l’ultimo ad avere libertà di parola, l’ultimo insomma. Bastava quello a mandarlo fuori di testa. Certo, non che sognasse di diventare il primo dei servi, quello era davvero un titolo privo di qualunque significato, ma soprattutto inutile quanto stupido. Chiuse la porta alle sue spalle. Prese fiato e s’incamminò velocemente verso le cucine. La strada era lunga, ma lui aveva poco tempo. Il respiro affannato condensava dinanzi a lui, non capiva perchè, eppure Loki percepiva attorno a sé un’atmosfera così glaciale da renderlo inquieto. Era ormai arrivato alle cucine quando sentì il proprio braccio intrappolato in una morsa troppo superiore fisicamente alle sue capacità che lo trascinarono dietro un angolo cieco del corridoio –che svoltava verso la porta chiusa della sala da paranzo reale- sbattendolo con poca premura contro il muro.
« Guarda guarda chi abbiamo qui, il mio amato fratellino si è ridotto a pulire pavimenti e sbucciare patate dunque?» La sua era una voce fin troppo familiare alle orecchie del moro per non poterla riconoscere subito. Alzò lo sguardo irritato, e subito vide le azzurre iridi di Thor penetrare il suo sguardo con la sua solita arroganza. Si stava forse prendendo gioco di lui? Oh, no, servo o non servo questo non glielo avrebbe mai permesso.
« Lasciami andare Thor! » La sua voce era furente, colma di un antico rancore che lo pervadeva ogni volta che scorgeva la possente figura del Dio dei Fulmini. Sulle labbra di Thor si dipinse un sorriso malizioso. Si stava divertento? Quel bastardo! Gliel’avrebbe fatta pagare. Anche a lui.
 “Non qui e non ora, ma me la pagherai. Stanne certo!“ Fu allora che la seconda mano del biondo andò a ghermire con forza la mascella di Loki, impedendone il movimento. Lo sguardo del più grande era gelido nonostante sul suo viso persistesse quel sorriso malizioso. Avvicinò il suo volto a quello del moro, arrivando a sfiorare con le sue labbra quelle dell’altro. Loki riusciva a percepire sulle sue fredde pelli il tiepido calore del respiro dell’altro. Lo fissò negli occhi confuso, ma soprattutto arrabbiato. Se solo avesse potuto lo avrebbe ucciso seduta stante. Lo odiava! Avvertire il corpo dell'altro sorastrarlo lo mandava ancor più in bestia. Era in trappola. Si sentiva così fragile, e questo non era da lui, no! Eppure sapeva così bene che ciò era dovuto solamente a quel maledetto collare. Si limitò a deglutire lasciando che l'amaro sapore della rabbia scemasse. Con la forza non si sarebbe certamente liberato, ma usando il cervello aveva ottime probabilità di vincere il fratellastro! Poi la voce del possente Dio lo riportò alla realtà. Avvertirne il fiato addosso lo irritò terribilmente. Causandogli un incomprensibile senso di nausea.
« Lasciarti andare? E perchè dovrei? Tu sei un servo, ricordi? Non hai il diritto di impartire ordini al figlio di Odino, tuo futuro Re, e soprattutto tuo fratello. » Rabbia, odio, rancore, tanto bastò per impossessare Loki di una furia così cieca da ridargli una forza sovrumana. Così serrò le dità con forza, ferendosi con le unghie il palmo della mano. Quelle parole non potevano rimanere impunite, ed il moro non potè trattenersi dallo sferrare un pugno diretto nello stomaco del biondo. Lo colpì con tutte le sue forze liberandosi così dalla presa di Thor non appena egli incassò il colpo con un soffocato gemito di dolore. Godè di quella piccola vincita fisica che aveva impartito al biondo.
« Io non sono tuo fratello! » Glielo sibilò in viso, come una serpe famelica, lasciando che ogni sillaba si stampasse bene nella mente del possente –ora non molto- Dio del Tuono.
Voltò velocemente le spalle al principe, preoccupato per le conseguenze di quel gesto ora che le sue forze erano paragonabili a quelle di un inferiore essere umano, e si diresse velocemente nelle cucine. La sua entrata fu accompagnata da una risata colma di divertimento che proveniva dai corridoi. Evidentemente Thor aveva trovato quella situazione estremamente divertente. Forse Thor, Loki non la trovava minimamente divertente ! Magari il biondo stava già programmando come farla pagare all’avventato Dio degli Inganni. Cercò di non pensarci, si sedette al solito posto, circondato unicamente da patate ed iniziò a pelarle una per una, scartando quelle più ammaccate o mature. Cercò di pensare solo al suo lavoro, alle patate. Nella sua mente d’impose di pensare solo ai tuberi. Ma che cazzo avevano mai di così interessante quelle patate? Come poteva pretendere di pensare solo a quelle? Strinse l’attuale tubero con così tanta forza da penetrarne la polpa con tutte e cinque le dita. S’impose la calma. Un’altra volta la sua mente era sprofondata nella furia. Incredibile come quella punizione stesse fottutamente funzionando bene!
“Me la pagherete. Non mi stancherò mai di ripetermelo. Devo ripetermelo, altrimenti rischio di scordarmelo e di lasciar passare. No, ci penserò, ogni fottuto giorno di questa prigionia, e quando sarò libero vi farò scontare il doppio della pena. Allora godrò, vi guarderò soffrire e godrò della vostra sofferenza!“ Poi tornò alle patate... Ma nella sua testa un fastidioso dubbio iniziò ad prendere forma. Perchè Thor lo aveva avvicinato?


. . .








Angolino dell'autrice:
(Sto fusa... è certo!)

Bene, ecco che ho iniziato anche questa FanFic con toni decisamente più.... comici? Non so! xDD
Diciamo che questa storia è meno seria dell'atra che sto portando avanti, ma spero che riceva le stesse attenzioni!
Ma vabbè, in ogni caso sono felice di essere riuscita ad iniziarla, e chiunque mi seguisse anche qui
mi renderebbe immensamente felice! Detto questo vi auguro buona lettura!
Spero che questa storia vi piaccia!
Un bacio a tutti ^w^

p.s. Un particolare ringraziamento lo dedico a 
oOBlackRavenOo che non solo mi ha suspenuta nell'idea di questa FF, 
ma mi ha anche aiutata in molte occasioni e nella scelta stilistica della struttura della storia. Quindi grazie tesoro :**
   
 
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