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Autore: fedenow    08/06/2012    2 recensioni
Toc, toc, toc.
Altro toc. Quarto gradino. Pausa per scorrere rapidamente i nomi dei mittenti delle lettere che hai appena prelevato dalla casella postale. Se non ci sono bollette da pagare proseguirai a passo più rapido, in caso contrario sbufferai e ti appoggerai al corrimano con forza.
Aspetto.
Tonf.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Variabile umana

Disclaimer
: nessun personaggio mi appartiene, non scrivo a scopo di lucro.





VARIABILE UMANA




Toc, toc, toc.

Altro toc. Quarto gradino. Pausa per scorrere rapidamente i nomi dei mittenti delle lettere che hai appena prelevato dalla casella postale. Se non ci sono bollette da pagare proseguirai a passo più rapido, in caso contrario sbufferai e ti appoggerai al corrimano con forza.
Aspetto. Tonf.
Bolletta. Trimestrale della luce, a giudicare da come calchi gli ultimi gradini. Sei sempre molto attento alle nostre uscite economiche.
… Toc, toc. Toc.
Ballatoio. Superficiale grattata al naso con la mano sinistra perché la destra regge le buste. Rumorosa ricerca del mazzo di chiavi delle tasche del cappotto – come puoi non ricordare mai in quale delle due l’hai messo?
Chiavi inserite nella serratura della porta, doppio giro, scatto del chiavistello ed eccoti finalmente apparire.
Le luci sono spente, te lo aspettavi perché non hai visto nessuna lamina chiara filtrare da sotto la porta. E perché ho precisato che sarei uscito, non fidandomi del tuo spirito di osservazione. Avanzi di qualche metro nel buio (come sempre – in fondo l’illuminazione che proviene dalla rampa delle scale è sufficiente), posizioni il cappotto sull’appendiabiti, torni alla porta e la rinserri con il solito doppio giro.

- STOP! Perfetto, John, perfetto!
Faccio scattare l’interruttore del salotto, la lampadina esita ma alla fine mi mostra il tuo volto guardingo. Impieghi un paio di secondi per individuarmi dalla parte opposta del locale. L’accenno di paura tra le tua sopracciglia si trasforma in successione in sollievo, delusione e irritazione.
- Sherlock! Cosa accidenti stai facendo? Pensavo fossi uscito.
- Ovviamente, John. Hai compiuto almeno quindici azioni che lo dimostrano.
- Perché eri nascosto al buio in casa tua?
Decido di sfidarti. – Mh… Festa a sorpresa? -, mentre mi dirigo a passo spedito in cucina. In effetti ho sufficiente fame per mangiare. Giro intorno al tavolo per avere una panoramica a trecentosessanta gradi delle nostre riserve alimentari. La maionese che macchia il bordo mi suggerisce che hai pranzato con le tartine che ci ha portato Molly. Tutte, a giudicare dalla quantità di briciole sotto la tua sedia.
- No, non mi freghi! Festa e sorpresa non fanno parte del tuo vocabolario, soprattutto nella stessa frase! Quindi che cosa stavi facendo nascosto in salotto?
- Ti aspettavo. Hai idea di dove sia il pollo della signora Hudson?
- Sherlock, rispondi.
- Te l’ho detto, aspettavo che tu tornassi. John, per favore, mi dici dov’è il pollo?
Mi sono voltato a guardarti, spero di convincerti di essere davvero affamato.
- … Prova nel forno.
- No, nel forno ci sono le rane.
- Che cosa c’è nel forno?!
- Le rane, John. Ma quella è un’altra storia. – Di nuovo mi guardo intorno, deve esserci un tassello che mi sfugge. - Oh, certo. – scandisco. Apro a colpo sicuro l’armadio accanto al frigo, individuo il recipiente che cercavo e lo afferro. - La signora Hudson. Sempre il primo armadio a sinistra.
Mi siedo con un sorriso e sono disposto ad assecondarti finché non mi annoierai. – Allora, perché ti stavo aspettando?
- È quello che ti ho chiesto!
- Non è vero. Tu mi hai chiesto cosa facevo e io ho risposto. Ora è il mio turno. Perché ti stavo aspettando? Quale motivo potevo avere per spiarti mentre rientravi e ti chiudevi la porta alle spalle?
Mi osservi infastidito, io separo un cosciotto dal resto dell’animale e lo mordo soddisfatto. Stendi le braccia lungo i fianchi, serri i pugni e oscilli sulle punte dei piedi. Mi hai già comunicato la tua resa ormai prossima, ma ancora non lo sai.
- È… infantile, Sherlock.
- No, è logico. Coraggio.
Annuisci inarcando le sopracciglia, confermandomi che parteciperai al gioco, ma solo perché insisto e quando mi fisso su qualcosa sono peggio di un bambino. Assottigli gli occhi iniziando finalmente a riflettere.
- Avrà a che vedere con qualche caso a cui stai lavorando…
- Mh-mh. Quale?
- … O’Neill?
- Ottimo, John! Margaret O’Neill, quarantadue anni, casalinga, trovata morta nel suo letto uccisa da quattro colpi di arma da fuoco. Nessun segno di lotta, non ha nemmeno provato a difendersi, il che ci consente di affermare che con ogni probabilità è stata uccisa mentre dormiva. Aggiungiamo che nessuno dei vicini ha sentito nulla, quindi la pistola doveva essere munita di silenziatore.
- Credevo ti fossi convinto della colpevolezza del marito. Lei lo tradiva e lo derubava. La polizia ha trovato-
- La polizia trova solo quello che vuole trovare! Andiamo, O’Neill? Quell’uomo ha paura della sua ombra, non sparerebbe nemmeno per legittima difesa.
- D’accordo. – Fai vagare lo sguardo in cerca della prima domanda da rivolgermi. - Quindi volevi ricostruire la scena del crimine.
- Esatto.
- E io ero… interpretavo… la vittima che entra in casa al momento-
- No, no, no! – Lancio la carne nel piatto, cammino altero e affondo rapido nella mia poltrona. Mi irrito quando non ragioni. - La O’Neill muore nel suo letto addormentata, non ci interessa sapere come e quando apre la porta di casa! Quello che dobbiamo capire è come è entrato-
- L’assassino!
- L’assassino! E tu mi hai appena confermato che il signor O’Neill non può in alcun modo essere il nostro uomo.
- Come avrei potuto? Sono semplicemente entrato in casa, ho appeso la giacca all’appendiabiti…
- Sì, e poi hai fatto qualcosa di essenziale. Pensaci, John! – Mi alzo di scatto, ripeto i movimenti che ti ho visto compiere verbalizzandoli pedissequamente, arrivo proprio all’appendiabiti e ti guardo. Sei ancora dubbioso. - …Ho chiuso la porta…
- Hai chiuso la porta! Hai chiuso la porta! Era dannatamente logico per me, ma avevo bisogno della conferma di un quoziente intellettivo medio prima di trarre le conclusioni! – Sento il bisogno di girare in una sorta di piroetta, riprendo la spiegazione accompagnandola a movimenti frenetici dei degli occhi e delle mani. – O’Neill sostiene di essere rientrato alle 02.30. Nessuno può confermarlo, e infatti la polizia non gli crede e pensa che si trovasse già in casa e abbia aspettato che la moglie si addormentasse per poi ucciderla. A questo punto entra in scena il mazzo di chiavi. Dimmi, John, dov’era il mazzo di chiavi della O’Neill?
- … Sul tavolino all’ingresso.
- Esatto, e dov’era invece il mazzo del signor O’Neill?
- Nella toppa della porta, ma-
- Nella toppa della porta! Se io voglio ucciderti nascondendomi in qualche locale della casa, non lascio le chiavi nell’unico posto dove ti darebbero la certezza che io sono in casa!
- … D’accordo. Allora O’Neill non stava aspettando la moglie per ucciderla. Però sarebbe potuto arrivare dopo di lei e compiere comunque l’omicidio.
- E qui i conti non tornano. O’Neill entra, sa che la moglie dorme (diciamo che lo suppone, dato l’orario, e lo spera, per evitare urla che lo smaschererebbero), insomma deve fare il minor rumore possibile. E cosa fa? Anziché mettersi le chiavi in tasca, le reinfila nella serratura, dall’interno, con la certezza pressoché totale di diffondere nell’ambiente un rumore di metallo tintinnante! No, O’Neill è un uomo scialbo e certo non brillante, ma nemmeno lui sarebbe stato così stupido.
Stai riflettendo ancora, capisci che non ti ho dato tutte le spiegazioni che ti devo. – E se O’Neill avesse inserito le chiavi nella serratura dopo aver ucciso la moglie?
Inclino la testa di lato, ti concedo la validità dell’obiezione. – Questo non lo possiamo escludere con la prova dei fatti, ma non vedo perché avrebbe dovuto. Gli omicidi si basano sull’essenzialità. I dettagli. Dettagli che si sommano a dettagli. Più dettagli aggiungi, più hai possibilità di commettere errori nella somma. I criminali più difficili da scovare sono quelli che utilizzano questi dettagli con maggior parsimonia, agendo il meno possibile. L’omicidio perfetto sarà quello in cui l’assassino non farà niente, non lascerà dietro di sé nulla all’infuori del cadavere. E invece no, chi lancia un avvertimento, chi ruba oggetti, chi fornisce alibi che non gli sono stati richiesti. Gli uomini hanno troppa fantasia quando dovrebbero badare solo alla banalità della realtà. O’Neill avrebbe potuto infilare le chiavi nella toppa appena prima che arrivasse la polizia, ma sarebbe stato un particolare superfluo, come spostare un vaso o aprire un giornale sul divano. No, ha fatto quello che farebbe un uomo qualunque: rientra in casa, non trova nessun mazzo di chiavi all’interno (sappiamo che la moglie ha lasciato il suo sul tavolo) e chiude la porta con il proprio. E tu mi hai dato prova di tutto questo.
Torno alla mia poltrona, congiungo le dita e aspetto perlomeno dei complimenti.
- Wow.
- Lo so.
- Notevole, Sherlock.
- Era lampante l’innocenza di O’Neill. Insomma, architettare un omicidio sperando che la vittima non si svegli è l’assurdità più grande che si possa immaginare. Un terno al lotto che non si addice alla freddezza criminale.
Ti gratti il mento soprappensiero. – La polizia sembrava più che convinta. Anderson è andato-
- Oh, già, Anderson! - Me ne sono completamente dimenticato, apro la porta del bagno e lo spingo fuori. – Scusa, Anderson, la faccenda è andata per le lunghe.
- … Sherlock.
Ti rivolgo un’occhiata rapida, il tuo sconcerto è molto poco interessante.
- Perché Anderson era nel nostro bagno imbavagliato?
Gli strappo la fascetta dalla bocca, continua a occhieggiare in modo evidente mentre riprende fiato.
- Per evitare che interrompesse la ricostruzione della scena del crimine. Gli avevo promesso di assistere a patto che non disturbasse. Ottimo lavoro, Anderson. Puoi andare.
- Ma io non ho visto niente!
- Che peccato. Sarà per la prossima volta. Ora torna in centrale e riferisci che il caso è chiuso. Ti toglierei anche le manette, ma devo avere accidentalmente lanciato la chiave dalla finestra.
- Ma… ma… - Cerca di fare resistenza mentre lo spingo oltre la soglia dell’ingresso. – Cosa devo dire a Lestrade?
- Di arrestare Shaw, il dirimpettaio degli O’Neill nonché amante della vittima! Cos’altro vuoi dirgli, Anderson? - Gli chiudo la porta sul naso. – Di questo passo vorranno anche che gli compili io i verbali. - Abbozzo un motivo brioso al violino. – Sono in forma, John!
Tiri su con il naso, ti muovi per la stanza. Non mostri segni di agitazione. - …Sì. Sequestrare un ufficiale di polizia è in cima alla lista delle attività che ti mettono di buon umore.
- Usciamo. Devo risolvere il caso Connely e ho bisogno delle tue domande.
- Mh, no… Sono appena tornato e ho delle… cose da fare e… Quindi, uhm, sto qui. A meno che tu non abbia… nascosto il sergente Donovan sotto il divano… - Ti sei seduto e lisci le pieghe dei pantaloni. Ipotizzo che nel tuo linguaggio significhi che non hai voglia di ascoltare i miei ragionamenti, almeno per il momento.
- Bene. Allora io… andrò dalla signora Hudson e fingerò di ascoltarla mentre racconta le trame degli orrendi telefilm che guarda alla televisione.
Hai quel sorriso asimmetrico che credo mi provochi imbarazzo. – Okay.
- Okay.
- Bene.
Ti mostro uno sguardo disgustato, ed è l’espressione più sincera dall’inizio della conversazione. - Stai per dirlo, John.
- Dire cosa?
- Mi sei mancato. Non dirlo. Sono frasi a cui non so rispondere.
Adesso ridi e allarghi le braccia. – Okay.




Mi lanci un’occhiata enigmatica prima di fluttuare giù dalle scale, immagino che il tuo cervello abbia vagliato una ventina di moventi per la mia risata, ma nessuno ti ha soddisfatto. Mi abbandono contro lo schienale della poltrona e chiudo gli occhi, la tua voce si fa strada dal piano inferiore.
- Signora Hudson? Posso farle compagnia mentre prepara a me e John una buona tazza di tè?
- Vieni pure, caro! Stavo proprio per portarvi uno spuntino. Ti dispiace raccogliermi quella rivista dal pavimento? Grazie mille! E non suggerirmi le soluzioni come al solito, per favore, è molto fastidioso.
- Non si preoccupi. Catastematica disposizione.
- Oh, di nuovo! Benedetto ragazzo.
- Signora Hudson, onestamente ritengo che senza il mio aiuto non l’avrebbe mai risolto!


Stai per dirlo, John.
Dire cosa?
Mi sei mancato. Non dirlo. Sono frasi a cui non so rispondere.


Sorrido ancora. - Bentornato, Sherlock.










___________________

Avrei millemila cose da dire, a partire da alcune scelte lessicali e di punteggiatura da giustificare, però il tutto diventa molto noioso e poco interessante XD
Vi basti sapere che è la prima storia che scrivo su questi due geni, che Sherlock è il Bene e che avevo davvero bisogno di divertirmi con qualcosa di allegro. Perciò scusate, papà Moffat&Gatiss, per il terribile affronto, mi salverei in corner dicendo che ero interessata al linguaggio di John e Sherlock più che al giallo in sé, ma non convinco neanche Anderson per cui taccio! I tarli nella trama ci sono, mi auguro solo che non siano grandi come una casa e che i personaggi non sembrino macchiette.
Spero vi sia piaciuta! :*

   
 
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