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Autore: Dan    09/06/2012    1 recensioni
Questa è la mia prima fanfiction a capitoli, quindi possiamo definirla più una sorta di esperimento.
"Si sentiva impotente. Stupida e impotente.
Ma non le importava: avrebbe vissuto il suo sogno ad occhi aperti, e non si curava del fatto che dopo poche ore sarebbe tutto finito.
Solamente, voleva essere felice fino a quando glielo avrebbero concesso."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Stai calma. Insomma, non c'è alcun motivo di essere così agitata. Inspira. Respira. E' così che ti hanno insegnato a fare, no?!"

Queste erano le parole che continuava a ripeteresi attimo dopo attimo, come un mantra. Era il suo metodo per autoconvincersi e, quindi, di calmarsi. In fondo, ognuno aveva il suo, a partire dalle vecchiette che si drogano di tisane al lampone, a quelli che si imbottiscono di tranquillanti.
Tuttavia, conosceva un modo molto più efficace per calmarsi e impedire al suo cuore di farsi del male bussando contro la gabbia toracica.
Le sue corde vocali si muovevano inconsapevolmente, in modo quasi incontrollabile; le veniva naturale.
Aveva sempre saputo di avere una bella voce; più che altro gliel'avevano sempre ripetuto. L'avevano spesso paragonata ad Amy Lee, il suo idolo indiscusso, ovviamente seconda solamente a loro.
Le parole le uscivano dalla bocca come un soffio di vento, come se non potessero farcela a starsene rinchiuse in quella che per loro aveva tutta l'aria di essere una prigione.
Ripeteva le parole, ogni più piccolo mugolio, cantando a tempo con la voce che la guidava.


You write "help"
With your own blood
'Cause hope is all you've got
You open up your eyes
But nothing's changed



Il suo pezzo preferito. Cantava e contemporaneamente traduceva parola per parola nella sua lingua madre, lingua che aveva sempre ritenuto dolce e dai suoni armoniosi, del tutto differente dalla lingua che si era ritrovata costretta a parlare una volta trasferitasi in Germania, ma che amava in egual modo.
Cercava di darsi coraggio con le parole che uscivano dalle sue cuffie giallo limone per penetrare nei suoi timpani. Le sue mani, ormai sudaticce, tenevano il ritmo tamburellando sulla superficie liscia dell'mp3, mentre l'autobus continuava ad accorciare la distanza che la separava da quella che era la sua fermata; da ciò che le faceva battere il cuore all'impazzata, in modo talmente violento da temere di ritrovarselo in gola da un momento all'altro, che le impediva quasi di respirare, il petto oppresso da un peso invisibile.
Aspettava quel momento da anni, l'attesa l'aveva quasi uccisa di crepacuore, e finalmente "il momento" era arrivato: sarebbe andata al suo primo concerto dei Tokio Hotel.
Li avrebbe visti dal vivo, avrebbe permesso ai battiti del suo cuore di fondersi con il suono della batteria di Gustav, si sarebbe lasciata trasportare dalle note della chitarra di Tom, avrebbe sospirato ad ogni vibrazione del basso di Georg, e avrebbe lasciato cadere ogni muro di difesa, distrutto da una forza contro la quale nulla poteva, la forza che la melodiosa voce di Bill esercitava su di lei.
Si sentiva impotente. Stupida e impotente.
Ma non le importava: avrebbe vissuto il suo sogno ad occhi aperti, e non si curava del fatto che dopo poche ore sarebbe tutto finito.
Solamente, voleva essere felice fino a quando glielo avrebbero concesso.


I can hold you when you reach for me
Turn around
I am here
Doesn't count
Far or near

I'm by your side
Just for a little while
We'll make it if we try



L'ultima strofa; la strofa che aveva fatto soffrire e allo stesso tempo sognare ragazzine di tutte le nazionalità, e anche lei, che ormai era ben lontana dai suoi tramontati quindici anni. Tutte loro, almeno una volta, avevano sperato di girarsi e trovarli veramente davanti a loro, un po' come un miraggio nel bel mezzo del deserto. Un miraggio destinato a scomparire, come tutti gli altri.
Quasi tutte avevano pianto.
Le piaceva fingere di non averlo mai fatto.
Prenotò la fermata.

 
  
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