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Autore: Jane41258    09/06/2012    4 recensioni
Ciò che veramente contava era la serenità e l’amore di cui ero circondato e che mi stava rilassando completamente la testa.
Nessun problema da risolvere, nessun agguato da sventare, nessun pover’uomo da uccidere, nessun attacco a Konoha da respingere, solo i miei genitori vivi e sorridenti accanto a me,il mio fratellino che aveva detto di volermi bene, il mio migliore amico con cui avevo condiviso tutto, vita e ideali, e la mia innamorata che mi guardava con languore, Konoha prospera e al sicuro.
Era tutto perfetto, almeno per un giorno.
Pairing: Itachi/Nuovo personaggio, Shisui/Itachi friendship, Itachi/Sasuke brothership, no incest
Buon compleanno Itachi ♥
Genere: Drammatico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Itachi, Nuovo Personaggio, Sasuke Uchiha, Shisui Uchiha
Note: Missing Moments, Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Buon compleanno Itachi  ♥♥
Questa fanfiction è per il compleanno di Itachi, appena in tempo :P
Non vi anticipo nulla, vi avverto solo che apparirà questa fantomatica fidanzata di Itachi e che molti personaggi saranno palesemente OOC. 
Non sono impazzita all'improvviso, capirete questa mia scelta quando leggerete ^^
Intanto vi auguro una buona lettura ♥ 




La luce invase la stanza in maniera bellissima, ma troppo violenta per essere in armonia col naturale sorgere del sole, qualcuno doveva aver aperto bruscamente le tende e le persiane.
Una donna stava urlando qualcosa contro chi si sveglia tardi la mattina, la sua voce era alta e acuta ma non aggressiva, anzi allegra e quasi piacevole all’udito.
Qualcosa mi colpì goffamente la guancia, mi sfiorò il ginocchio mi premette forte sullo stomaco, togliendomi il fiato.
Sentii uno strano miscuglio di odori, di erba bruciata, di panni puliti, di profumo da donna, di sapone e un disgustoso olezzo di carne cotta.
Quella carne cotta me la ritrovai in bocca e il suo sapore di morte mi avvelenò la lingua e la gola.
Risate miste maschili e femminili.
Strizzai gli occhi e la sputai senza finezze, allungai la mano sul comodino e inforcai gli occhiali.
Finalmente riuscii a vedere cosa stava succedendo e misi a fuoco il viso di mio fratello, ornato da una smorfia ludica infantile, gli occhi neri grandi ed espressivi, il naso piccolo e grazioso, l’incarnato pallido ma tinto di rosa sulle guance.
“Oututo” borbottai fintamente contrariato “Scherzo di pessimo gusto”.
Sasuke sollevò le sopracciglia e premette più a fondo il suo ginocchio sul mio stomaco.
“Tu non hai il senso dell’umorismo, niisan” affermò sventolandomi un altro pezzo di bistecca davanti agli occhi.
“Non sventolarmi quella roba davanti” gli ordinai, poi con uno spintone me lo scrollai di dosso.
Il mio fratellino iniziò a saltellare sull’ampio letto, affondando le ginocchia nel futon.
“Ti ricordi che giorno è oggi, Aniki?”
Certo che lo ricordavo: era il nove giugno, il mio compleanno, ma decisi di bluffare e di fingere che l’avessi dimenticato..
“No, perché?”
Sasuke ci cadde in pieno.
“Sei un idiota, Itachi!” urlò abbracciandomi “Buon compleanno, buon compleanno!”
Rimasi spiazzato e un’intensa sensazione di dolce familiarità mi scaldò lo stomaco, bloccandosi in una morsa rovente all’altezza della gola.
Mi venne da piangere come se non vedessi mio fratello da anni, ma sorrisi leggermente e risposi con cautela all’abbraccio, come se fosse un’illusione che stringendo troppo potesse svanire.
Invece era qui con me e stava bene. C’erano stati tempi difficili per noi, ma per fortuna ora andava tutto per il meglio, il mio fratellino era felice e stava sempre con me e Konoha prosperava in pace e ricchezza.
Sasuke ormai aveva il corpo di un giovane uomo, costatai divertito. Era ancora molto più basso di me, ma già più massiccio. Le sue spalle erano dure e le braccia stringevano tanto forte da lasciarmi senza respiro.
“Sei cresciuto, Sasuke” notai, divertito e orgoglioso, passandogli una mano tra i bei capelli ribelli.
“Oh, allora ti servono a qualcosa gli occhiali!” ribatté mio fratello con innocuo sarcasmo, poi come una scheggia schizzò via e uscì dalla stanza.
Mi appoggiai alla spalliera del letto e guardai mia madre Mikoto, che mi restituì lo sguardo ridendo. Stava riordinando il comò, ricoperto indistintamente da frutta, armi e foto di famiglia.
“Chi credi di prendere in giro Itachi?” mi chiese “Lo sappiamo che è un mese che aspetti il tuo compleanno, è inutile che fai il duro”
“Non sto facendo il duro” mi schernii mettendo i piedi a terra. Guardai mia madre di sottecchi, era bella, bellissima, bellissima da togliere il fiato.
Mio fratello aveva preso tutto da lei, il viso grazioso e dolce, lo sguardo sincero, l’eleganza dei movimenti; non era solo questione d’aspetto, anche i loro caratteri erano molto simili: sensibili e forti, buoni ma capaci di diventare cattivi per proteggere coloro che amavano.
Ero veramente orgoglioso di loro.
Di me invece dicevano che assomigliavo a mio padre, ma non sapevo se fosse un bene o un male. In realtà non mi ci rispecchiavo nemmeno tanto, se non per una certa arroganza innata nel clan Uchiha e per la difficoltà a dimostrare i propri reali sentimenti.
La voce di mia madre mi riscosse dai labirinti mentali in cui tendevo a perdermi qualche volta.
“Credo che tuo cugino Shisui sia arrivato, si sente fracasso di là”.
“Va bene”
Mi alzai e raggiunsi con calma il salone, dove più che un fracasso sembrava si stesse scatenando qualcosa tra una tempesta e un rave party.
Sasuke stava offrendo un toast con la marmellata di pomodoro a Shisui, che rumorosamente lo rifiutava equiparando marmellata alla conserva di pomodoro.
La ragazza di Shisui stava litigando con nostra cugina Oyamaneko su chi delle due avesse la mira migliore e per dimostrare la propria superiorità Oyamaneko stava per lanciare un kunai contro il calendario, il tutto mentre Fugaku, benché fosse nel suo giorno di permesso, stava leggendo compulsivamente il verbale dell’interrogatorio di un sospetto ladro, cercando incongruenze.
“Silenzio!” ordinò cercando di concentrarsi sul rapporto, ma nessuno lo ascoltò.
“Nella marmellata viene messo lo zucchero, nella conserva il sale. Ti sembrano la stessa cosa?”
“Allora mi sembra ovvio che quella che tu chiami marmellata è conserva con lo zucchero”.
“Nagisa-sempai, guarda ora colpirò il cerchietto del numero nove della data di oggi!”
“Oyamaneko-san, non essere ridicola! La distanza è di appena tre metri, così sono bravi tutti!  Diglielo anche tu Shisui-chan... ehi, Shisui-chan, mi stai ascoltando?”.
“Sì sì... amore secondo la marmellata di pomodori è conserva, vero? Diglielo anche tu a Sa...”
Oyamaneko tirò il kunai, ma io fui più veloce e lo afferrai in volo per la coda, prima che mio padre potesse accorgersene.
Mi schiarii la voce.
“Buongiorno famiglia”
Shisui piantò tutto e venne a farmi gli auguri.
“Buon compleanno cugino” esclamò con un largo sorriso e mi tese la mano.
Gliela strinsi con intensità.
“Grazie”
“Auguri bel bambino” aggiunse Nagisa scoccandomi un bacio viscido di lucidalabbra sulla guancia “Stai crescendo molto molto bene”
“Itachi è sempre stato il più bello del clan, anche a tre anni” ribatté Oyamaneko con un ghigno malizioso “Auguri amore”
Mi baciò con trasporto, premendo le sue labbra morbide sulla mia bocca, aprendomela a forza con la sua lingua.
Sentire il suo sapore mi accese subito di desiderio per lei.
Era sempre stato così tra noi, fin dall’età di dodici anni.
Ero sempre stato un bambino molto precoce, un enfant prodige. A sette anni fui promosso all’Accademia ninja come primo della classe, a otto anni padroneggiavo già lo Sharingan, a dodici anni divenni Chuunin con pochissimo impegno e a tredici anni mi diedero una squadra ANBU tutta mia.
Fui precoce anche nell’amore, a dodici anni m’innamorai di Oyamaneko durante una cena di famiglia. Fu un attimo, un vero colpo di fulmine, da entrambe le parti. Ero molto giovane, praticamente un ragazzino, ma ero sicuro che fosse amore.
Ovviamente orgoglioso com’ero, non le avevo detto nulla per ben sei mesi, fu lei a dichiararsi facendomi capire che mi avrebbe ucciso se l’avessi rifiutata: non che ne avessi la minima intenzione, ero completamente stregato da lei. Da quel giorno fu un fuoco perpetuo, iniziammo a sperimentare da subito e facemmo l’amore per la prima volta prima dei quattordici anni.
Otto anni dopo il fuoco era rimasto acceso e divampava potente ogni volta che ci sfioravamo.
La abbracciai con cortesia e mi trattenni per rispetto di Sasuke che era ancora un bambino, ma mi sentivo ribollire come se non vedessi una donna da mesi e non ne toccassi una da anni.
Mi staccai da lei lentamente, ma distolsi lo sguardo e invitai il resto dei ragazzi a sedersi sui divanetti neri.
“Oh miei dei, Itachi sembra che ti hanno infilato un palo nel fondoschiena, potresti pure mostrare un po’ di sentimento.” borbottò Shisui.
“Amore, sto bruciando, posso andare a prendermi un po’ acqua?” mi chiese Oyamaneko sfiorandomi una gamba.
“Certo” le risposi cortesemente “Fa come fossi a casa tua”
“Tanto già lo fa” ringhiò il mio fratellino incrociando le braccia.
“Oh, qui abbiamo qualcuno che è geloso eh?” commentò scherzosamente Shisui scompigliandogli i capelli “Lo sai che alla tua età avresti dover aver già superato il complesso edipico?”
“Il complesso edipico coinvolge la madre” lo corressi.
“Vabbè quello che è” tagliò corto mio cugino.
“E’ ridicolo, non sono geloso, è nostra cugina che ha dei comportamenti assurdi” si giustificò Sasuke burbero.
Forse un po’ geloso lo era, riflettei divertito, dopotutto doveva essere fisiologica una certa possessività tra fratelli. Ma non avrebbe avuto nessun motivo per essere geloso, nessuno.
Il mio fratellino per me era al primo posto, contava più di chiunque altro, anche di più del mio amore, forse anche di più di Konoha.
Non avrei avuto dubbi nello scegliere chi salvare e chi ammazzare.
“Ecco a voi ragazzi, un frullato per Shisui-kun, una limonata per Nagisa-san, succo di pomodoro per il mio Sasuke-chan, questo caffè per Oyamaneko-chan lo poggiò qui ed ecco qui per te un bicchiere d’acqua”
Mikoto sorrise e servì gli ospiti.
“Ma perché non uscite un po’? E’ così una bella giornata!”
“Madre, di’ la verità hai bisogno di pace per preparare la torta e le altre cose da mangiare per Itachi-niisan?”
Al suono della parola niisan lo stomaco mi si contrasse in uno spasmo.
Sasuke aveva uno strano modo di pronunciare la parola “niisan”, raddoppiava la prima “n”, abbassava l’ampiezza della sua voce sulla “i” di due - tre ottave e poi si rialzava nel “san”, limpido, infantile.
Sembrava quasi raccontare una storia di qualcuno che inciampava, sprofondava nel buio e poi rinasceva.
Un sorriso distese involontariamente le mie labbra.
“Si è così” rispose schiettamente mia madre.
“Non è giusto, al mio compleanno non hai cucinato e papà ha lavorato” fece notare Sasuke.
“Oututo tu sei andato a festeggiare con i tuoi amici” gli risposi mettendogli una mano sulla spalla “Io sto festeggiando in famiglia perché non ho amici”
“E noi che siamo, i tuoi figli?”sbottò Shisui ridendo “Dai, Ita-chan, smettila di dire stronzate e leviamoci dai piedi”
“Dove andate?”
Oyamaneko aveva fatto ritorno con una bottiglia d’acqua in mano e le labbra sporche di impasto per pan di spagna.
“Vedo che ti sei servita” le disse Sasuke.
“Oh certo” rispose lei strafottente.
“Dai usciamo” dissi smorzando la discussione nascente “Ha ragione mamma fuori c’è un bel sole, è vergognoso il mese di giugno stare al chiuso”
“Ok, però tu devi andare a cambiarti” mi fece notare la mia ragazza indicando il pigiama nero a nuvolette rosse che indossavo fin dalla sera prima.
“Va bene, ragazzi, se non avete più bisogno di me” mamma Mikoto si congedò con un breve inchino “Io andrei in cucina”
I ragazzi scattarono in piedi e la salutarono un inchino ancor più profondo.
“E’ bello questo pigiama, non te l’ho mai visto addosso, dove l’hai comprato?”
mi chiese mio cugino studiando un lembo di stoffa della mia maglietta.
“Me l’ha regalato Danzo-sama per il mio tredicesimo compleanno” risposi sorridendo.
“E perché a me no?” protestò lui incrociando le braccia.
“Dai, amore, non fare il bambino andiamo in giardino” si lamentò Nagisa tirandolo per il braccio.
“E va bene” acconsentì lui “Ita-chan poi tu ci raggiungi”
“Sì ma smettila di chiamarmi Ita-chan , è disgustoso”
“Va bene, spicciamoci” intervenne nostra cugina “Voi andate, io vado ad aiutare il mio futuro marito a cambiarsi”
Sasuke ghignò.
“E che ti serve l’accompagnamento?”
“Ah beata innocenza” sospirò Shisui.
“Vedi che io capito eh!”
“Si certo, Sacchan, certo”
“Dai, amore, smettila di sfottere il piccolo Sasuke”
“Non sono piccolo”
“Vabbè noi andiamo” tagliò corto Oyamaneko.
Salii le scale con lei.
Per un attimo mi sembrò di vedere il suo corpo esanime e insanguinato ruzzolare per quelle scale e strinsi più forte la sua mano.
Entrai nella mia stanza e chiusi la porta, dopodiché aprii il cassetto per cercare dei pantaloni puliti.
Ne trovai un paio grigio di cotone, poi scelsi una maglietta semplice nera a mezze maniche, senza lo stemma Uchiha.
Al contrario di Sasuke e della mia fidanzata io non amavo portare stemmi stampati sui miei vestiti, lo ritenevo un vincolo inutile.
Mi tolsi lentamente le fasciature che mi avvolgevano i quadricipiti, ne presi di nuove.
Oyamaneko non mi stava aiutando, se ne stava seduta sul letto e mi guardava con espressione tra il curioso e lo scettico.
Ero ben consapevole di cosa volesse, lo volevo anch’io, ma lei sapeva che non avrei fatto la prima mossa.
Riuscì a trattenersi finché ebbi finito di fasciarmi, poi si alzò, mi prese una mano e mi baciò.
Risposi immediatamente, stringendola e affondando tra le sue labbra rosse.
Mi sciolse i capelli, gemendo quando la toccai tra le cosce con la mano sinistra.
Mi tolsi la maglia del pigiama e tornai ad abbracciarla, facendo premere il suo seno contro il mio petto nudo.
Sentii che stava giocherellando con il bordo dei boxer e non riuscii a respirare finché non sentii le sue mani piccole attorno al mio membro indurito.
“Ti amo cugino, ti amo” mi soffiò sulle labbra prima di iniziare a indietreggiare sorridendo.
Si lasciò cadere sul letto ed io si chinai su di lei, strusciandomi sul suo corpo in maniera indecente, baciandole il collo.
Oyamaneko si tolse la maglia con impazienza e mi spinse la testa tra i suoi seni.
Le presi un capezzolo tra le labbra facendola gemere ad alta voce.
“Oh aspetta...”
La ignorai, facendole scivolare la mano sotto la gonna.
Le scostai le mutandine e toccai la carne con le dita. Era calda e bagnata e mi eccitò fino a farmi girare la testa.
Mia cugina si morse un labbro.
“Sento dei passi qui fuori... Itachi qui non è sicuro...”
“Io non sento niente” risposi frettoloso, poi le infilai l’indice nella fessura e iniziai a far roteare il pollice sul clitoride.
“Ah... dio” sospirò pesantemente la ragazza “Oh ti prego non qui... se zia...”
“E va bene”
Non riuscii a nascondere completamente il disappunto nella mia voce, mi allontanai bruscamente, indossai i vestiti puliti e le feci un cenno per indicare che saremmo usciti dalla finestra.
Lei si ricompose e mi seguì un po’ imbarazzata. Aveva le guance e gli occhi rossi come il sangue.
Corsi fino alla boscaglia, stringendole la mano. Quando gli alberi si fecero abbastanza alti, mi fermai bruscamente, spinsi la mia fidanzata contro un tronco alto e le alzai la gonna.
“Oh amore mio mi piace quando fai così” sogghignò lei sbottonandomi i pantaloni.
Si inginocchiò e tenendomi ben stretta l’erezione con la mano sinistra, la leccò per tutta la sua lunghezza.
La carne bruciò di piacere e il mio battito cardiaco accelerò bruscamente. La tirai su per i capelli, mi addossai su di lei e la penetrai ringhiando.
“Oh”
Lei riuscì solo a emettere un breve gemito, pieno di libidine, prima di perdere il fiato.
Iniziai spingermi dentro di lei e ogni volta che andavo a fondo, sentivo Oyamaneko sussultare e le pareti bollenti della sua vagina stringersi. Man mano che affondavo in lei mi sembrava di perdere la ragione, il mio intero corpo era scosso da brividi di piacere e spasmi d’amore.
Mia cugina si avvinghiò a me, stringendomi i fianchi con le sue gambe forti e venendo incontro alle mie spinte.
All’improvviso, non seppi presa da quale strano pensiero, poggiò i piedi alla corteccia dell’albero. Restai interdetto.
“N-non ti fermare...”
Fece forza sui piedi e mi spinse all’indietro, facendomi cadere con la schiena a terra. Mi lamentai, ma lei mi sorrise languida e iniziò a muoversi velocemente.
Sapevo che la metafora della cavalcata era volgare ma quanto mai azzeccata:  cavalcarmi era proprio quello che stava facendo. La sentivo gemere e gemevo anch’io con lei, la frizione delle pareti grondanti contro la pelle del mio pene mi stava mandando fuori di testa. Le piazzai le mani sulle tette, che ondeggiavano ipnotiche davanti ai miei occhi.
“Oh cugino” quasi urlò Oyamaneko, contraendo all’improvviso i muscoli inguinali.
“Ti eccita proprio tanto ricordare il nostro legame di sangue mentre lo facciamo, vero?” le chiesi.
“Sì!” rispose lei ebbra di piacere e non ero sicuro che stesse rispondendo a me “Sì, sì, sì!”
Ringhiai e invertii le posizioni riprendendo il controllo. La martellai fino a farla urlare e mi sentii esplodere di piacere. Le afferrai i capelli e la baciai profondamente. Per un attimo il tempo sembrò fermarsi, lei sbatté le palpebre e mi guardò negli occhi. Li aveva rossi, lo Sharingan ci si attivava sempre quando facevamo l’amore, probabilmente lo usavamo inconsciamente per aumentare il piacere.
“Hai gli occhi bellissimi, sembrano rubini” le dissi.
“Anche i tuoi”
Il tempo riprese a scorrere come un fiume in piena e l’orgasmo ci travolse, spazzando via parole e pensieri.
Mi accasciai su di lei, appoggiando l’orecchio sul suo seno sinistro: potevo sentire il suo cuore battere freneticamente.
“Ti amo, Itachi”
Io la amavo? Ovviamente sì... e allora perché non riuscivo mai a dirglielo? Perché non c’ero mai riuscito?
“Non fa niente” mi sussurrò lei accarezzandomi i capelli. Restammo così per un po’, sudati, stretti, seminudi, a occhi chiusi.
Poi aprii gli occhi e le dissi.
“Dai gli altri ci aspettano”
Ci rivestimmo in silenzio, sorridendo, baciandoci di tanto in tanto.
Mano nella mano, camminammo fino al giardino.
Shisui, Nagisa e Sasuke si stavano affrontando in duelli finti ma pericolosi.
Mio fratello sfoderò lo Sharingan e previde le mosse della ragazza che voleva distrarlo con una serie di shuriken prima di fregarlo con un kunai in combo con una carta bomba.
“Katon: goukakyuu no jutsu!”
Shisui velocissimo afferrò la ragazza e prima che Sasuke potesse battere ciglio, mio cugino era dietro di lui e gli puntava un kunai alla gola.
“Wow che velocità” mi complimentai, mentre con calma, gli toglievo il kunai dalle mani.
“Non per niente mi chiamano Shisui il Fulmineo” rispose mio cugino compiaciuto.
“E chi ti ci chiama, la tua ragazza?” sputò velenosa Oyamaneko ridendo.
“No, posso ritenermi piuttosto soddisfatta. Il mio fidanzato è uomo”
“Perché, vuoi insinuare che il mio sembra una donna?”
“Tu l’hai detto cara...”
Shisui sospirò pesantemente e andò a sedersi  con la schiena contro un albero.
Guardai Sasuke e vidi che mi fissava con gli occhi spalancati e pieni di speranza.
“Che c’è?”
“Mi insegni a padroneggiare l’elemento Acqua?”
Respirai profondamente nel tentativo di trattenermi, avevo voglia di gridare e di saltare dalla felicità.
Erano anni che Sasuke non mi chiedeva più di allenarmi con lui, probabilmente aveva ritenuto che non potessi insegnargli più nulla. Quando eravamo piccoli mi stava sempre dietro, chiedendomi di allenarmi con lui e anche se avevo pochissimo tempo mi piaceva tantissimo stare con lui e allenarlo.
Avevo perso le speranze che sarebbe accaduto di nuovo.
“Padroneggi già Fuoco e Fulmine, tre elementi non ti sembrano troppi?”
“Voglio padroneggiarli tutti e cinque”
Scossi il capo e gli misi una mano sulla spalla.
“Un ninja perfetto non è colui che padroneggia tutti e cinque gli elementi. Un ninja perfetto è colui che combatte per la pace, non per la guerra.”
“Eh? Per favore niisan, non ci sei mai a casa, almeno oggi che ci sei...”
“E va bene” acconsentii fintamente irritato “Vieni, abbiamo bisogno di uno specchio d’acqua”
Ci recammo al lago interno al quartiere Uchiha. Camminando tra le case e le bancarelle notai quanto fossero belle quelle strade pulsanti di vita.
“Allora niisan, ecco lo specchio d’acqua, insegnami”
“Allora prima di tutto devi sapere che l’elemento acqua è diverso dagli altri. Non ha bisogno di essere concentrato, non si disperde, ma per essere sfruttato al meglio il chakra deve scorrere liberamente in ogni parte del corpo. L’acqua è fluidità fisica e mentale, non devi avere blocchi di chakra concentrati in singole parti del corpo, né barriere psicologiche. Devi in breve rilassarti e lasciare che il chakra scorra in tutte le tue fibre, se non scorre, significa che sei tu stesso a porti dei blocchi...”
Sasuke pendeva pendendo dalle mie labbra.
Oh quanto mi erano mancati questi momenti con lui!
Ero un ninja molto dotato ma fama e successo non mi interessavano. Quello per cui pregavo ogni giorno era, oltre alla prosperità di Konoha, la vita di mio fratello. Non volevo niente, solo che lui campasse cent’anni di pace e serenità. Mi sarei sporcato volentieri le mani di sangue innocente per garantirgliela.
“Allora” continuai “Il chakra di tipo acqua è legato alla riproduzione e alla sessualità.  L’acqua è sorgente di vita. Quindi le parti del corpo in cui si concentra prevalentemente sono l’addome e le gonadi”
“Per gonadi intendi...”
Sasuke arrossì leggermente e distolse lo sguardo.
“Esatto. Quindi quelle sono le parti che dovrai rilassare di più” conclusi.
“Ok”
Sasuke raddrizzò la schiena e chiuse gli occhi.
Attivai lo Sharingan per studiare i suoi flussi di chakra e localizzai il Suiton.
“Rilassati, lo stai concentrando, non rilasciando”
“Niisan ma se io penso a determinate zone del corpo, non posso rilassarmi”
“Non c’è motivo di imbarazzarti, Oututo. Rilassati e lascia che il Suiton si diffonda dai punti di maggior concentrazione”
“Niisan, non ci riesco!”
Il modo stizzito con cui me l’aveva detto mi fece sospettare che c’era qualcosa che non andava e che non mi aveva detto.
“Non imparerò mai a padroneggiare l’acqua, insegnami la Terra”
“Sasuke non è da te. E’ normale avere delle difficoltà, stiamo agli inizi”
“Il Suiton non è per me” sentenziò lui.
Distolsi lo sguardo, a disagio.
Consideravo Sasuke ancora un bambino, il bambino di otto anni che mi veniva sempre dietro e che voleva attenzione e protezione, candido, vivace, dolce e intelligente.
Però decisamente era mio dovere affrontare quel discorso.
“Sasuke, hai problemi sessuali?” gli chiesi candidamente.
“No, cosa te lo fa pensare?” mi rispose aggressivo.
“Come ti ho spiegato la connessione tra acqua e sessualità, hai rinunciato a imparare il Suiton. Inoltre è mezz’ora che stiamo tentando di compire un passo che il più fesso dei ninja  impiega cinque minuti per farlo” spiegai “Difficoltà basilari con il Suiton è il sintomo maggiore di problemi di contatto tra l’io e la libido, al contrario un’abilità spiccata con il Suiton è indice di buona salute e abbondante energia sessuale”
Sasuke mi voltò le spalle.
“Non sono fatti tuoi, Itachi”
“E’ vero” risposi “Ma ti conviene parlarmene. Saresti sicuro che non ti prenderei mai in giro perché ti ho visto in situazioni molto più imbarazzanti e ormai sono abituato, che non direi mai niente a nessuno perché adoro i segreti, che potrò darti un minimo di aiuto perché sono più esperto di te e soprattutto che non sfrutterò la situazione per saltarti addosso perché sono tuo fratello. Di contro non ne vedo, poi decidi tu”
“Uffa, vinci sempre tu” sbottò lui saltando su un ramo.
Lo raggiunsi.
“Io ho una ragazza” esordì.
“Ottimo, come si chiama la fortunata?”
“Non importa” mi rispose lui “Il problema è che non l’ho mai baciata”
E allora baciala,  avrei voluto dirgli, ma ero sicuro che sotto c’era di più.
“E’ bellissima” mi raccontò “Ha i capelli rosa e gli occhi verdi, è bellissima”
“Bene” mi lasciai sfuggire.
“Credo di essere innamorato di lei, insomma...”
“E allora?”
“E allora perché non ho mai voglia di baciarla? Perché non mi attrae? Perché il pensiero di fare sesso con lei non mi fa né caldo, ne freddo?”
“Sei mai stato con altre ragazze?” chiesi assottigliando gli occhi per darmi un’aria da psicologo professionale.
Mi stavo divertendo, sì, divertendo, ad ascoltare le confidenze di mio fratello. Non perché fossero ridicole, tutt’altro, ma perché mi facevano sentire importante per lui, mi dicevano che lui si fidava di me e mi appagava meravigliosamente poterlo aiutare.
“No” mi rispose lui “E’ questo il problema”
“Sasuke” mormorai “Devi lasciarti andare. Tu ed io abbiamo subito un’ educazione rigida, ma devi capire che il sesso non è niente di sporco.”
“Non è questione di lasciarmi andare, io non provo nulla” sbottò lui arrabbiato e imbarazzato nello stesso momento.
Ebbi l’impressione che fossero mesi che volesse parlarne con qualcuno.
“Nulla?”
“Niente. Non provo desiderio di quel tipo, non mi piace quando Sakura mi tocca tra le gambe, non faccio sogni di quel genere, non mi sono mai toccato, né ho mai avuto lo stimolo a farlo”
Respirava a fatica come parlare di quegli argomenti lo affaticasse più di un allenamento intensivo di marcia.
“Oh la questione è complessa” riconobbi schiettamente.
“Complessa?” sbottò lui ridendo amaramente “Sono malato, non potrò fare mai figli”
Cercai di consolarlo “Non dire sciocchezze oututo”
“Facile per te” sputò lui aggrottando le sopracciglia “Per te deve essere stato una passeggiata, ah sì, tu sei fidanzato dall’età di dodici anni. Sei sempre perfetto in tutto ciò che fai, tu. Sei un figlio perfetto, un fratello perfetto, un fidanzato perfetto, un ninja perfetto. Sai sempre tutto, non sbagli mai. Una volta mi hai detto che sei il mio muro da superare, ma non potrò mai raggiungerti. Mai”
Smisi immediatamente di divertirmi: le sue parole quasi mi fecero sentire male,  la mia stessa esistenza lo stava facendo soffrire.
Sentii freddo dentro.
Mi chiesi se mi volesse bene o se provasse solo rancore per me. Forse mi odiava... mi odiava? Era giusto che mi odiasse, così per raggiungermi e sconfiggermi sarebbe cresciuto, migliorato, ma perché il pensiero che mi odiasse mi faceva venire da piangere? Se odiarmi era ciò che era meglio per lui, perché io non lo volevo? Per egoismo.
Ero solo un egoista.
E da egoista, invece di aiutarlo, non riuscii a evitare di riversargli i miei problemi sulle spalle, come al solito.
“Io non ho nulla.” risposi con lo sguardo basso “Sono solo un bravo soldato. Ma che me ne faccio delle mie tecniche ninja? Non mi servono a niente, solo a uccidere. Io odio uccidere.
Ho una bella fidanzata, vorrei sposarla, ma non farei mai un figlio perché so che dovrebbe vivere per uccidere. La vita di uno shinobi non ha senso. Sono solo, non ho amici, tutti mi temono o mi invidiano, nessuno mi vuole veramente bene. Ho l’affetto dei miei genitori o la loro cieca adulazione? Se non fossi tanto bravo e bello, non mi vorrebbero tanto bene quanto sembrano volermene ora. Ed essere così “perfetto” se vuoi definire questo schifo perfezione, per me è una maledizione, perché mi ha portato a essere odiato dal mio unico fratello”
Mi lasciai andare probabilmente dopo anni di comportamento da automa, nascondendo il viso tra le mani.
“Oh Itachi” sentii Sasuke sussurrare “Io non ti odio, non ti odio capito? Mamma e papà ti vogliono bene perché sei tu, non perché sei un bravo ninja, se ne fregano che tu sia un bravo ninja. Figurati, mamma vuole bene anche a me che sono una schiappa in confronto a te, papà lascialo perdere, secondo me è un alieno. Fratello, io non ti odio, io ti voglio bene”
Mi abbracciò e sentii il mio cuore fermarsi nel petto per un attimo.
“Tu mi vuoi bene?” mi chiese stringendomi forte.
Non risposi né alle sue parole, né all’abbraccio, però non lo respinsi come avrei fatto in condizioni psicologiche ottimali.
“Niisan, mi vuoi bene?”
“Sì” risposi senza fiato per l’emozione “Sì ti voglio bene”
Dirlo dopo tanto tempo fu talmente liberatorio che qualche lacrima sfuggì dai miei occhi e rigò le mie guancie.
Finalmente risposi all’abbraccio di mio fratello. E no, non scomparve, non era un sogno o un’illusione.
“Non piangere niisan, fai venire da piangere anche a me” mi rimproverò dolcemente Sasuke.
Mi tirai leggermente indietro e mi portai una mano davanti agli occhi, cercando di asciugare le lacrime senza farmi vedere.
Risi del mio ridicolo tentativo.
“Tutto questo è semplicemente innaturale” dissi, ma ero consapevole di aver appena vissuto uno dei migliori momenti della mia vita.
“A volte anche i fratelli maggiori hanno bisogno di essere confortati” bisbigliò Sasuke con una risata leggera.
Cercai di riprendere il controllo della situazione.
“Ah per quella cosa del sesso, dovresti iniziare prima di tutto a chiamare sesso ciò che è sesso. Non “quella cosa lì” o “quel genere”. Sesso. I nomi servono per essere usati. Su, ripeti insieme con me “sesso”.
“Sesso” ripeté Sasuke ridendo “Niisaan è imbarazzante.”
“Non deve esserlo. Ora ripeti dopo di me. Pene”
“Cosa? Ma perché?”
“Ripetilo”
“Va bene” Sasuke sbuffò imbarazzato “Pene” disse velocissimo.
“Ora dopo di me. Vagina”
“Cos... ma... “Va-va-vagina”...”
“Avanti, vagina”
“Niisan, ho capito, vagina”
“Ce l’hai bene in mente?”
“Non ho mai vista una”
Sorrisi divertito.
“Chiedi a Sakura di fartela vedere, non in modo diretto mi raccomando eh...”
“Cosa?” Sasuke appariva decisamente perplesso “Come fai a sapere il suo nome? Io non te l’ho detto”
“E secondo te sono stupido io? Lo sa tutta Konoha che ti frequenti con quella ragazza adorabile”
Guardai il cielo, era quasi l’una.
“Bene, ora non abbiamo tempo, ma un giorno devo mettermi a farti ripetere tutti questi termini.”
“Vedi che io li conosco eh”
“Lo so, ma  è molto significativo che un ragazzo di quindici anni non riesca a pronunciare la parola vagina senza balbettare”
“Oh ma che vuoi...” si schernì lui burbero.
“Poi a mali estremi...” soppesai con fare vago.
“Cosa?” chiese lui impaziente.
“Le chiedi di farti un pompino, deve piacerti per forza” affermai con assoluta sicurezza, incrociando le braccia.
“Cosa? E se non mi piace che faccio?”
Il mio oututo smaniava, sembrava avere una crisi di panico.
“Vuol dire che non è capace” risposi crudelmente schietto “Se non senti niente prova con un’altra ragazza, magari più esperta”
Sasuke mi guardò scandalizzato.
“E se non funziona” continuai implacabile “Prova con un uomo, magari il tuo migliore amico. Molti si sono sbloccati così.”
“NIISAN!” Sasuke totalmente scioccato, corse via verso casa, salutandomi con un’occhiata inorridita.
Saltai giù dal ramo e lo raggiunsi.
“Niisan”
A quanto pareva il mio fratellino si era già dimenticato di essere arrabbiato con me.
“Niisan non raccontarmi mai della tua adolescenza” disse risoluto.
Sorrisi interiormente, era letteralmente adorabile.
L’altro Uchiha abbassò lo sguardo, continuando a correre.
“Per quell’altra cosa” mormorò a fatica “Scusa per prima... è solo che a volte mi sembri così irraggiungibile... non pensavo che tu...”
“Io non sono perfetto.”
Fui serio e deciso, anche un po’ duro.
Sasuke ne aveva bisogno.
“Smettila di cercare di imitarmi, è ovvio che se vuoi essere come me ti sentirai sempre una brutta copia. Lo sarai. Nessuna persona può diventare identica a un’altra, è un proposito destinato a fallire. Sii te stesso, sembra una frase banale e forse lo è, ma la gente tende spesso a dimenticarlo. Sii te stesso e fa forza sulle tue capacità, esplora i campi che interessano di più a te, non a me”
“Oh”
Restò per un po’ in silenzio.
“Ho anch’io un consiglio da darti, niisan. E’ lo stesso che tu hai dato a me. A volte mi sembra che viva in un certo modo solo perché sei obbligato. Beh se non ti va, non farle, nessuno ti condannerà se scenderai di qualche gradino. Se ti soffoca, togliti la maschera. E tendimi la mano qualche volta, non la rifiuterò. Non rifiuterò mai di stringerti la mano.”
Restai inebetito per qualche secondo.
Erano parole sagge, il mio oututo era cresciuto.
Non ero sicuro che mi facesse piacere e non ero sicuro che avrei seguito i suoi consigli.
Arrivammo a casa, mamma Mikoto ci accolse con un gran sorriso sulle labbra.
“Bentornati principi della mamma!” quasi urlò entusiasta “Gli altri sono già tutti seduti, mancate solo voi”
Mentre, sogghignando, andai a lavarmi le mani, sentii di sfuggita mamma che mi accarezzava la testa.
Ancora lo faceva, nemmeno avessi otto anni.
Mi piaceva, comunque.
Il resto del mondo, fratellino compreso, aveva sempre aspettative su di me.
Si aspettavano che Itachi fosse perfetto, che risolvesse il problema, che non avesse mai bisogno di nulla.
Solo mamma Mikoto capiva che alla fine ero solo un ragazzo e non ero onnipotente, che a volte avevo bisogno di essere aiutato, di essere coccolato persino.
Siccome io mi ritenevo ed ero incapace di chiedere aiuto o affetto, le sue continue attenzioni incondizionate mi piacevano, mi aiutavano a sopravvivere.
Quando io avevo bisogno di aiuto, lei c’era sempre.
“Ti sei lavato le mani?” mi chiese “Tieni, a te la pietanza più grande. Vuoi un po’ d’acqua?”
“Sì, grazie”
Riuscivo a essere così spontaneo con lei, nelle mie manifestazioni d’affetto.
Lei mi voleva bene ed io gliene volevo a lei.
Nessuna barriera, nessun complesso.
“Com’è bello il figlio mio” sospirò lei divertita.
Fugaku prese la parola, zittendo la moglie.
Non sorrideva, ma sembrava contento di qualcosa.
Nei suoi occhi brillavano orgoglio e compiacimento.
“Vorrei informarti, figlio mio, che quest’anno ti hanno assegnato il kunai d’oro come miglior ninja dell’anno con una percentuale del 100% di missioni completate con successo”
Tacqui, non me ne importava nulla di premi e riconoscimenti.
“Dopotutto non potevo aspettarmi niente di diverso da mio figlio”
“Mh”
Lo ringraziai con un’occhiata di sbieco e continuai a mangiare. I rapporti con mio padre non erano buoni come quelli con mia madre.
Mio padre era orgoglioso di me, ma non riuscivo mai a capire se voleva bene a suo figlio o al ninja perfetto che tanto onore portava al clan.
In un certo senso la sua ammirazione mi dava sicurezza, mi segnalava che mi stavo comportando bene, che non stavo commettendo errori.
Per quanto mi riguardava, gli volevo bene, i ricordi d’infanzia in cui lui difendeva me e la mamma dall’inferno della guerra con la katana sguainata erano indelebile nella mia memoria.
All’epoca mio padre mi sembrò un supereroe, ora mi sembra soltanto un uomo con idee assurde e un orgoglio troppo grande, tuttavia non potevo far altro che essergli grato per avermi protetto, comprenderlo perché ero esattamente come lui, orgoglioso e tormentato,  di volergli bene perché era mio padre e non potevo farne a meno.
Non ero mai riuscito a dirglielo e probabilmente non ci sarei mai riuscito.
Lui sarebbe morto ed io sarei rimasto con quel rimorso per sempre.
“Cugino ritorna tra noi” mi richiamò Shisui scuotendomi per un braccio.
“Ho preparato una torta enooooooorme” disse la mamma sorridendo “Però prima devi scartare i regali”
“Inizio io!” urlò Sasuke correndo in camera propria.
Tornò con un pacchetto piccolissimo, me lo lanciò tra le mani.
Ero curioso, anche se all’esterno mostravo una certa impassibilità.
Con mani decise lo aprii e rimasi a bocca aperta, non sapevo se essere meravigliato o terrorizzato.
La mia famiglia tacque, ebbi solo l’animo di guardare mia madre, che pallida si era portata le mani alla bocca.
Mio padre invece sembrava scettico e impassibile.
Era una strana vaschetta sigillata, piena di liquido viscoso.
Dentro c’erano due occhi, occhi umani.
Alzai lo sguardo e per un attimo vidi mio fratello con le orbite vuote e nere, il sangue che gli colava lungo le guance.
Non volevo i suoi occhi.
Posai la vaschetta sul tavolo come se scottasse.
“Niisan sono sintetici” mi spiegò subito Sasuke con un sorriso sconcertato “Hai pensato che fossero veri?”
“No” negai con il cuore che mi batteva forte contro le costole “Ma sono di gomma?”
“No, sono di materiale sintetico”
Sasuke sembrava deluso, forse si aspettava che avrei apprezzato il suo macabro regalo “Sono finti, ma funzionano veramente. Se subisci danni agli occhi per qualsiasi motivo, puoi sostituirli con questi.”
Continuai a guardarlo perplesso.
“Sono costruiti da uno studio medico ninja, non c’è da averne paura” Sasuke parlava a disagio, dispiaciuto che il suo regalo non mi fosse gradito “Non si deteriorano e non provocano rigetto. Se non ti piacciono, li porto indietro... ti compro un’altra cosa oggi pomeriggio... io...”
“No, vanno bene” risposi pensieroso.
Sapevo che stavo diventando cieco, attaccato da una strana malattia sconosciuta.
Sasuke doveva essere preoccupato che io perdessi la vista in missione, lontano da casa.
Forse ero stato un po’ avventato a inorridire davanti quel regalo che, in effetti, poteva pure salvarmi la vita.
“Grazie fratellino” dissi guardandolo intensamente negli occhi, stringendogli una spalla per fargli capire che dicevo sul serio.
“Di niente” borbottò lui distogliendo lo sguardo, ancora un po’ offeso.
“Quanto li hai pagati?” chiesi.
Doveva averci rimesso una piccola fortuna.
“Non si dice!” intervenne mamma Mikoto “Amore, il mio regalo è qui”
Con fatica, senza aiuto del marito, prese un pacco gigantesco, lo poggiò su una sedia e lo aprì davanti ai miei occhi.
Era un televisore di ultima generazione.
“Wow” commentai, non riuscendo a nascondere il mio stupore “Vi siete dissanguati”
Generalmente non me ne importava nulla dei regali, non sapevo perché proprio quel giorno sembravo un bambino a Natale.
“Non lo sapevo che tua madre ti facesse qualcosa di così costoso”
Era evidente che si stesse rodendo di complessi di inferiorità.
Sorrisi divertito e lo incoraggiai.
“E voi padre cosa mi avete regalato?”
“Oh non importa” disse Fugaku in fretta.
“Su padre non fate il bambino. Non m’importa del valore economico delle cose”
Davvero non me ne importava nulla, non mi piaceva il lusso, anche se non disdegnavo le comodità casalinghe.
Ciò che veramente contava era la serenità e l’amore di cui ero circondato e che mi stava rilassando completamente la testa.
Nessun problema da risolvere, nessun agguato da sventare, nessun pover’uomo da uccidere, nessun attacco a Konoha da respingere, solo i miei genitori vivi e sorridenti accanto a me,il mio fratellino che aveva detto di volermi bene, il mio migliore amico con cui avevo condiviso tutto, vita e ideali, e la mia innamorata che mi guardava con languore, Konoha prospera e al sicuro.
Era tutto perfetto, almeno per un giorno.
Cosa poteva importarmene se il regalo di papà costava di meno di quello della mamma?
L’uomo mi porse un pacco morbido.
Era una tuta ninja nera, semplice, con il collo alto.
Sorrisi e mi sforzai di ringraziare, anche se l’ultima cosa che volevo vedere in quel momento era un gadget da shinobi.
“Questa è imperforabile” spiegò Fugaku “Nemmeno la katana può scalfirla e assorbe gli urti senza danneggiare colui che la indossa. Con questa se ti esplodesse una carta bomba in mano e non sentiresti niente”
Non era un cattivo regalo, riflettei.
“Grazie padre, stasera la proviamo”
“Va bene” concluse l’uomo sforzandosi di non sorridere troppo.
Allenarsi con me lo riempiva di compiacimento e orgoglio per le mie capacità, anche se sostanzialmente era inutile per entrambi.
“Allora dopo di questo, il mio regalo è azzeccato” si intromise Nagisa “Ecco a te moccioso”
Presi la carta bomba che mi stava porgendo.
“Una carta bomba?” chiesi scettico.
“Lo sapevi che avresti fatto così, mio caro. Questa carta bomba può esplodere un numero infinito di volte, piuttosto sta' attento a non perderla.”
“Oh” mugugnai “Grazie suppongo”
“Tanto non mi importa se non ti è piaciuto” sogghignò lei strafottente “Piuttosto chiedi alla tua cuginetta cosa ti ha fatto”
Mi girai verso di lei.
“Oh Itachi-san, il regalo te l’ho dato stamattina, non ti ricordi?”
I miei genitori, benché la nostra relazione con Oyamaneko andasse avanti da anni, non ne sapevano nulla.
Poteva scoppiare uno scandalo e non ne valeva la pena, mentire mi era sempre stato congeniale.
Era palese che Oyamaneko si riferisse all’amplesso, ma non avevo nessuna intenzione di accettarlo come regalo, non dopo che io al suo compleanno le avevo regalato il ventaglio originale di Madara Uchiha.
E sapevo che nemmeno lei aveva intenzione di spacciare qualcosa che facevamo almeno tre volte a settimana come un regalo di compleanno.
Bastò una mia occhiata fredda per farla crollare.
“Non ho fatto in tempo a comprarlo, va bene Itachi-san?! Cosa posso farci, sono stata occupata con le missioni! Ti giuro che oggi pomeriggio stesso scendo a Konoha e vado a comprartelo.”
“Si va bene” sospirai con condiscendenza.
Sapevo che lei odiava quando assumevo un atteggiamento accondiscendente, lo trovava falso.
Sbuffò infastidita e si girò dall’altra parte.
“Amico, io non mi sono dimenticato ma non posso dartelo adesso. Diciamo che non si può trasportare. Per godertelo oggi pomeriggio dovrai venire a fare due passi con il tuo cugino più figo”
“Non sarà mica una ragazza in affitto?” s’informò Oyamaneko preoccupata.
“No, no cugina, anche se confesso di averci pensato” rispose Shisui.
“Maiale” borbottarono le due ragazze in sincronia.
“Ehm...”
Mikoto si alzò e interruppe la conversazione.
“Vado a prendere la torta! Vieni ad aiutarmi Fugaku!”
“Shisui  ti ammazzo se mi porti Itachi sulla cattiva strada” sibilò la mia ragazza all’orecchio del cugino.
Vidi Sasuke fare un’ espressione strana, poi Fugaku e Mikoto tornarono con la torta.
Era originale, a forma di nuvola, ricoperta di panna alla ciliegia.
Shisui piazzò venti candeline nere e le accese sputando fuoco.
“Vai figliolo, spegni le candeline” mi incitò Fugaku.
Lo guardai raggiante.
“No, aspetta!” mi fermò mio fratello “La canzone!”
Quale canzone?
“Tanti auguri a te! Tanti auguri a te!”
Fui colto da una voglia improvvisa di spaccare il pavimento e seppellire la mia testa, persino mio padre cantava, mio padre.
“Tanti auguri a Itachi, tanti auguri a te!”
“Ora spegni le candeline!”
Soffiai più forte che potevo sperando in pace e ricchezza per Konoha e salute e serenità per la mia famiglia.
“Auguri amore della mamma!” esplose la donna e mi abbracciò all’improvviso, stampandomi un bacio sulla guancia a tradimento.
Arrossii un poco non ero più abituato a tali dimostrazioni di affetto.
“Auguri figliolo”
Mio padre mi strinse brevemente.
“Niisan augurii!” urlò Sasuke saltandomi in braccio “Auguri!”
Per sostenere il suo peso fui costretto a sedermi.
“Auguri cugino” affermò Shisui tirandomi uno schiaffone dietro la nuca, mentre ancora tenevo mio fratello seduto sulle mie gambe.
“Buon compleanno piccolo Itachi”  biascicò Nagisa facendomi l’occhiolino.
“Auguri cugino” concluse Oyamaneko. Si chinò e mi guardò le labbra, indecisa.
“Baciami in bocca” pensai “Fregatene di tutto”
Invece lei mi lasciò un bacio umido sullo zigomo, indugiando un paio di secondi.
Fui contento lo stesso e le sorrisi.
“Bene ora mangiamo la torta!” propose il mio migliore amico.
Toccò a mio padre fare le porzioni, in quanto capofamiglia.
A me servì una porzione generosa, al resto dei commensali, decisamente dietetica.
Gustai quella torta come se non toccassi dolci da cinque anni. Era meravigliosamente dolce, la panna alla ciliegia lasciava un sapore vellutato sulla lingua, la crema cioccolato all’interno mi deliziava con la sua morbidezza, il pan di spagna era perfetto e il liquore al suo interno mi scaldava la gola.
“E’ buoni-sfima, mamm-gn-ma” mi complimentai.
“Itachi non parlare con la bocca piena” mi riprese papà Fugaku.
“E’ troppo dolce” si lamentò Sasuke.
“Oh come siete antipatici voi, Itachi tesoro della mamma, grazie”
“Io sto con Itachi” affermò Shisui prendendosi da solo il bis.
Quando la torta fu a metà, Mikoto la portò via per conservarla “per stasera, altrimenti ne devo fare un’altra?”
“Non ti preoccupare Itachi, ci pensa tuo cugino” disse risoluto Shisui “Andiamoci a fare un giro giù in centro”
“Va bene” acconsentii “Padre, mamma venite anche voi?”
“No” rispose subito Mikoto “Noi resteremo qui a... pulire”
“Sì, a pulire” le fece eco il marito.
“Ho capito” sentenziai divertito “E’ meglio che ci leviamo subito dai piedi”
I nostri abiti erano quasi adatti per uscire, dovemmo attardarci solo cinque minuti perché Nagisa e Oyamaneko volevano rimettersi il rossetto.
Uscimmo da casa, il cielo era limpido, azzurro chiaro, il sole splendeva alto e i suoi raggi erano roventi.
Nonostante il sol leone, le strade del quartiere erano affollate.
Era una bolgia allegra, da ogni parte mi arrivavano gli auguri per il mio ventesimo compleanno.
“Auguri, Itachi-chan!”
“Buon ventesimo, Itachi-san!”
“Augurissimi, Itachi-kun”
“AUGURI, auguri, auguri!
Vedevo volti sorridenti e familiari dovunque mi girassi, era un paradiso.
Quando arrivammo all’inizio della strada principale di Konoha, la mia ragazza si voltò verso di me, mi passò la mano sul viso facendomi tremare e propose con vivacità: “Amore, vado a comprarti il regalo, se non ci rincontriamo, ci vediamo a casa tua!”
“Io vado con lei” stabilì Nagisa “Così mi prendo qualcosa anche per me”
Le due ragazze iniziarono ad allontanarsi e restai a fissare la schiena di Oyamaneko finché sparì tra la folla.
“Oh cos’è quell’espressione triste? Spassiamocela!”
Shisui aveva ragione, era arrivata proprio l’ora di spassarcela.
Su proposta di Sasuke, andammo all’Ichiraku ramen.
Riconobbi il vecchio Teuchi, erano dieci anni che dimostrava sempre la stessa età. Sua figlia invece era cambiata molto, aveva tinto i capelli di rosso ed era diventata molto più sicura di sé.
“Itachi-san, auguri!” mi disse con un’aria gentile ma decisamente autoritaria “Oggi offre la casa, cosa vuoi? Patatine? Ramen? Birra?”
Guardai Ayame sorridendole. L’avevo vista quando ero piccola, l’avevo vista crescere, le ero affezionato.
Ero affezionato a lei, a suo padre e a ogni altro abitante di Konoha. Volevo bene a tutti loro e avrei dato la vita per difenderli.
“Ohi Sas’ke!”
Mi girai e vidi la ragazza del mio fratellino con il loro rumoroso migliore amico, Naruto Uzumaki, il Jinchuuriki della Volpe.
“Ohi, Itachi-san, auguri!” mi urlò dandomi una pacca sul braccio un po’ troppo confidenziale.
Dalle apparenze sicuramente Naruto Uzumaki sembrava un cretinetto, ma avevo imparato che “non è saggio giudicare una persona dall'apparenza e dai propri preconcetti”.
Ero sicuro che quel Naruto Uzumaki sotto quel sorriso eccessivo e stupido avesse stoffa.
Doveva averla per gestire il mio fratellino.
“Auguri, Itachi-san” mormorò la ragazza dai capelli rosa con un breve inchino.
Non mi ero fatto un’idea precisa di lei, ma mi sembrava innocua e carina.
“Sas’ke, ci stanno i saldi all’armeria, vieni con noi?” chiese amichevolmente Naruto.
“Baka!” La ragazza colpì l’amico con un pugno che presumibilmente gli fece vedere le stelle.
Non era così innocua, in fondo.
“Ti pare cortese invitare Sasuke-kun a uscire con noi il giorno del compleanno del fratello?”
“Ma che ho fatto di male?” piagnucolò il biondo.
“Dobe” rincarò Sasuke.
“Sasuke, stanno facendo venti yen a kunai! E gli shuriken giganti cinquecento yen l’uno!” insistette Naruto saltellando.
“Cinquecento, hai detto?” s’informò Sasuke “E a quanto stanno facendo i wakizashi?”
“Mille yen mi hanno detto!” trillò raggiante Naruto.
“Umh niisan...”
Sasuke sembrava tormentato da un dilemma esistenziale.
“Va’ a fare pure shopping coi tuoi amici, ci vediamo a casa!” concessi con un lieve sorriso.
“Sei sicuro che...”
“Sbrigati oututo prima che quei fessi dei negozianti svendano tutto e comprami una katana nuova che la mia è stata tagliata in due. Tieni, eccoti cinquemila yen”
Mi faceva piacere che Sasuke frequentasse gli amici, che fosse socialmente inserito.
Lo guardai allontanarsi con Naruto e la ragazza, poi mi voltai verso Shisui.
“Scommetto che hai già ordinato”
“Si cugino, dango e the” rispose il mio amico sorridendo.
Gustai i dango con supremo piacere, era da tanto che non ne assaggiavo di così buoni.
Come cucinavano Teuchi e Ayame, non cucinava nessuno.
“Umh” mugugnai inghiottendo lo gnocco verde “Delizioso”
“Sì e non hai visto il meglio. Grazie Ayame-chan! Arrivederci signor Teuchi!”
Mio cugino mi afferrò per il polso e mi trascinò al centro della strada, dove la folla era più gremita.
A quell’ora Konoha era molto rumorosa: il chiacchiericcio della gente, le urla dei mercanti di frutta, i passi, lo sferragliare degli utensili delle botteghe... quanto mi erano mancate la voce di Konoha.
E i colori... dio  quanti colori.
I colori pulsavano di vita: dall'azzurro chiaro del cielo al marroncino del suolo battuto, dal beige degli edifici al bordeaux dei tetti, il bianco dei lenzuoli stesi ad asciugare, i mille colori che indossavano i passanti fino al rosso acceso di cui era tinto il kanji del paese del fuoco sul palazzo dell'Hokage.
“Vieni” mio cugino aveva gli occhi che gli brillavano.
Lo seguii guardandomi attorno come un bambino che si stupisce per ogni dettaglio, mi incantavo a guardare gli alberi verdissimi, i banchi del mercato, salutavo le persone.
Sembravo un'altra persona.
“Da questa parte Itachi”
Alzai gli occhi e mi ritrovai davanti ad un arco gigantesco celeste. Kanji dorati erano incisi dappertutto .
Lessi “Antica dolciumeria Akimiki. Addolciamo i vostri palati dall'era del Primo Hokage”
“Wow!”
Squittii come una ragazzina ed entrai di corsa, sorpassando Shisui.
Un tripudio di rosa confetto, marrone cioccolato e bianco panna mi travolse la ragione, i profumi mi stordirono, quasi sentii sulla lingua quella dolcezza intensa delle paste esposte nelle tante vetrine scintillanti.
Adocchiai un dolce gonfio ricoperto di zucchero a velo, cioccolato e crema dorata.
“Quanto costa, gentile signora?” chiesi alla proprietaria, con un inchino rispettoso.
“Uchiha-sama, per lei è tutto pagato. Si serva a volontà”
“Oh miei dei” esclamai.
Presi un dolcetto alla frutta e mi girai verso Shisui.
“Cosa hai fatto?”
“Ho comprato tutta la merce presente al momento in negozio, abbuffati Itachi”
Spalancai gli occhi incredulo, la proprietaria mi sorrise incoraggiante.
“Grazie cugino, sei il migliore” ringraziai con la voce resa roca e dolce dalla meraviglia.
Girai per tutti i corridoi e gli scompartimenti, mangiando quello che ispirava di più.
Mantenni un contegno, ovviamente, mangiai educatamente, non toccai mai i dolci con le mani, ma non mi feci alcuno scrupolo sulla quantità. Chissà quando e se avrei riavuto un’ occasione del genere.
Memorizzai bene ogni sapore.
A ogni morso ringraziavo Shisui con lo sguardo, che mi fissava intenerito, quasi paterno.
Smisi solo quando ebbi lo stomaco in tensione, mi feci preparare due guantiere enormi e variegate, presi due bottiglie di spumante e uscii con le braccia stracolme di leccornie.
“Grazie amico mio” ripetei sorridendo in una maniera che mi faceva apparire completamente Out of the Character “Dove andiamo a consumare questa roba?”
“Sulla montagna degli Hokage ovviamente” rispose lui prendendosi un cioccolatino al liquore.
“Avanti, dammi una guantiera e una bottiglia”
“Va bene”
Mentre andavamo sulla montagna, incontrammo una marea di persone conosciute, prevalentemente ex compagni e maestri d'accademia.
“Ciao Itachi”
“Ciao Shisui
“Buongiorno Uchiha”
“Buon compleanno Itachi”
avrei voluto fermarmi a chiacchierare con ognuno di loro e l'avrebbe fatto se avesse avuto tutta la vita davanti.
Con i dolci e lo spumante sottobraccio ci arrampicammo sul complesso di statue.
“Scarta le guantiere, cugino” mi ordinò gentilmente Shisui.
Non attesi oltre e aprii una confezione, servendomi e invitando mio cugino a servirsi.
Masticando un pasticcino alla crema, guardai in basso.
Si vedeva tutta Konoha, che quasi rosseggiava sotto i raggi del sole obliqui del tramonto. Mi diverti a riconoscere il palazzo dell'Hokage, l'Ichiraku, l'Ospedale, casa mia, casa di Oyamaneko, l'armeria, la lavanderia e tutte le abitazioni che conoscevo.
Qualcuno aveva già acceso le lanterne, quindi diversi palazzi apparivano punteggiati di luci dorate.
Si intravvedeva anche la piazza a forma di stella.
Konoha era bellissima.
Accarezzai la testa della statua del Secondo Hokage e mi sentii emozionato.
“La amo” confessai a Shisui guardando Konoha con il cuore che mi batteva forte d'amore patriottico.
Amavo Konoha e ogni suo abitante, sarei morto per loro.
Sapevo che Shisui poteva capirmi, perché provava i miei stessi sentimenti.
“La amo anch'io” mi rispose “Se potessi dare la vita per mantenerla sempre così bella e rigogliosa, la darei anche adesso”
C'era sempre stata una fortissima intesa tra me e il mio migliore amico sull'amore per il nostro villaggio.
Io e Shisui ci scambiammo uno sguardo breve ma ricco di significati.
Il nostro legame era più forte che qualsiasi vincolo romantico, amichevole o parentale. Eravamo compagni e lottavamo entrambi per la pace e per Konoha.
Sentii che in quel momento eravamo in completa sintonia, come quando combattevamo fianco a fianco per amore del villaggio.
Mi era mancato Shisui, mi era mancato sentirmi tanto in sintonia con lui, come se lo stesso cuore battesse in due corpi diversi ed era inebriante.
Sorseggiai lo spumante, guardai Konoha, poi guardai mio cugino. Aveva ancora lo sguardo sognante puntato sulla città.
“Se io dovessi morire” bisbigliò all'improvviso “Promettimi che continuerai a lottare per la pace e la salvezza del villaggio”
Non pensai nemmeno un momento a prenderlo in giro per quelle parole così fataliste.
“Certo” risposi senza esitazione.
“Me lo prometti Itachi?”
“Certo, lotterò fino alla morte”
Provai una sensazione di dejà vu e la testa mi girò un po'.
Avevamo finito tutti i dolciumi e con i fondi di bottiglia brindammo più volte.
“A te Itachi, che tu possa fare una vita piena e una morte eroica”
“Preferisco una vita lunga e tranquilla, a dir la verità. Io invece brindo a me e te, alla nostra amicizia. Che possa durare in eterno”
“A Konoha”
“A Konoha”

Ci avviammo verso il quartiere Uchiha, solo quando calò la notte. Era senza luna, buissima, ma io mi trovavo discretamente bene nell'oscurità.
Però il quartiere era deserto, troppo deserto.
C'era troppo silenzio, le case erano tutte buie.
Immediatamente compresi che il quartiere era stato attaccato e incollai la mia schiena a quella di Shisui, in maniera che potevamo tenere d'occhio il campo a 360°
Attivai lo Sharingan e mi guardai attorno alla ricerca di presenze di chakra estraneo. Non c'era nessuno, nessuno in vita, ma le case erano piene di cadaveri.
“Che cazzo succede?” pensai, mi voltai verso mio cugino, ma non vidi nessuno alle mie spalle.
Il cuore mi balzò in gola, bloccandomi il respiro.
Saltai su un tetto e impugnai un kunai.
Non mi permisi di chiudere gli occhi e mi guardai ancora intorno, Non c'era nessuno in vita.
Scattai verso casa mia, per vedere Sasuke e i nostri genitori. Poi avrei cercato il mio migliore amico. Se fosse successo qualcosa a loro mentre io non c'ero, non me lo sarei mai, mai perdonato.
Saltai in strada ed entrai in casa.
Compresi immediatamente quello che stava succedendo, anzi quello che era successo per tutto il giorno.
Vidi me stesso, all'età di tredici anni.
La katana stretta tra le mani, gli occhi pieni di lacrime, il coprifronte ben in vista a simboleggiare che stava lavorando per conto del villaggio della Foglia.
“Amore, ma cosa succede?”
Oyamaneko si stava rivolgendo non a me, ma al ragazzino maledetto che stava per ammazzare i miei genitori.
“Mi dispiace Oyamaneko-chan, agisco per la pace mondiale”
Le parole che pronunciai allora con tanto orgoglio, ora mi sembravano vuote, fanatiche.
La mia ragazza guardò il ragazzino e sembrò capire tutto con una sola occhiata.
Sapevo cosa stava per succedere.
Corsi verso di lei, ma riuscii solo a zoomare sul suo viso terrorizzato, mi accorsi di non avere un corpo, ero un semplice punto di vista, un testimone senza corpo.
Potevo solo vedere la mia fidanzata che voltava le spalle al piccolo Itachi e correva su per le scale. Il piccolo Itachi la afferrò per i capelli e le tagliò la gola da dietro.  Lei urlò e lui pianse.
Volevo piangere anch’io, ma non ci riuscivo.
Il corpo di Oyamaneno ruzzolò per le scale.
Riuscivo solo a vedere e vidi me stesso chinarmi su di lei, passar la mano tra i capelli insanguinati. Il me stesso tredicenne la guardò per qualche secondo, poi le aprì la mano destra, prese una collana e la indossò.
Era la collana che lei mi aveva comprato in ritardo per il mio tredicesimo compleanno, la avrei tenuta al collo per sempre. Desiderai toccarmela, ma non avevo braccia per farlo.
Mio malgrado seguii il mio alter ego nella stanza dei miei genitori. Non volevo guardare, riguardare, ma era come se fossi legato all’assassino che avrebbe fatto a pezzi mamma e papà.
Bussò, entrò nella loro stanza.
“Ciao figliolo, ti aspettavo” ci accolse Fugaku, aveva la spada sguainata e lo sguardo dell’animale che sta per morire ma non se ne rende conto.
“Mi dispiace padre, l’hai causato tu” rispose gelido il mio alter ego. Mikoto si portò le mani alla bocca e iniziò a piangere.
Conoscevo il copione a memoria, non avrei permesso che si fosse ripetuto.
Negli occhi dell’altro Itachi brillò lo Sharingan Ipnotico, mio padre fu veloce a distogliere lo sguardo, mia madre fu catturata nell’illusione.
“Inginocchiati madre”
“No, no” cercai di distogliere lo sguardo ma non potevo, non avevo una testa da girare.
Mamma Mikoto cadde in ginocchio come se delle catene invisibili l’avessero intrappolata e una mano le tirasse i capelli verso il basso. Aveva la gola chiara esposta.
Sentii dei passi fuori, Sasuke stava arrivando.
“Non entrare ti prego” pregai dentro di me, ben sapendo come sarebbero andate le cose.
Mio padre urlò la mia preghiera ad alta voce: “Sasuke non entrare!”
Accadde tutto in un attimo.
Mio padre si lanciò con la spada sguainata verso suo figlio e lui evitò facilmente il colpo e gli sfilò la katana dalle mani fluidamente.
“Inginocchiati padre”
Fugaku si divincolò contro l’aria.
“Non lo sapevi che i genjutsu si possono lanciare anche con un dito?”
Come appariva crudele la mia voce alle mie stesse orecchie! Sapevo che stavo recitando, innanzitutto con me stesso, ma risentirmi fu comunque agghiacciante.
Fugaku imprecò e cadde in ginocchio.
“Stai tradendo il tuo sangue, Itachi”
“E tu hai tradito il villaggio. La guerra: è questo che vuoi padre? Migliaia di innocenti sterminati per abbeverare la tua sete di potere?”
Le ginocchia di mio padre cozzarono il pavimento, ma continuò a divincolarsi dalle invisibili corde dello Sharingan.
Lo aveva anche lui ma non poteva certo battere un Ipnotico nel pieno del suo potere.
Mio padre si arrese, abbassò il capo e strinse la mano di sua moglie.
Non ci avevo fatto caso quando sterminai il villaggio, non ci avevo fatto mai caso.
Il piccolo Itachi alzò la katana.
“No, no!” urlai ma nessuno parve sentirmi. Mi gettai tra la katana e i miei genitori in maniera folle e stupida. Che cosa speravo di fare?
La lama mi attraversò e falciò le teste dei miei genitori. Mi sentii mancare il fiato, implodere, esplodere e alle sensazioni di angoscia attuali si aggiunse un fiume di ricordi disperati. Ricordai quanto le mie mani tremassero contro la katana, i dubbi dell’ultimo momento, il mio respiro mozzo, le lacrime trattenute a stento negli occhi, il dolore fortissimo al cuore dopo aver colpito i miei genitori.
Avrei ricordato lo sguardo deluso e disgustato di mio padre per sempre. Mio padre che mi aveva sempre sostenuto e ammirato, negli ultimi istanti della sua vita aveva provato schifo per me. Schifo perché avevo tradito la mia famiglia.
Vidi Sasuke entrare con il fiatone.
“Non farlo niisan!”
Troppo tardi.
Era troppo tardi, il passato non poteva essere cambiato. Lasciai mio fratello in balia dell’altro me stesso, sapevo che l’avrebbe traumatizzato e guastato a dovere.
Aleggiai per il corridoio come un fantasma, raggiunsi l’ingresso e uscii.
Non mi stupii di trovare un fiume in piena al posto della strada.
Shisui se ne stava in piedi, sull’argine, con una cavità oculare vuota e un sorriso enigmatico. Lo vidi gettarsi nel fiume all’indietro, sorridendo.
Non era andata così, lo sapevo, ma non importava.
Mi avvicinai all’argine, non sentivo più nulla, ero morto dentro.
Vidi il corpo di Shisui affondare sempre di più, i suoi contorni diventare sempre più nitidi e lo raggiunsi, come avrei dovuto fare sette anni prima.
Mi lasciai cadere in quelle fredde acque di morte.
Non riuscii a respirare per circa un minuto, fui colto dal panico, ma mi tranquillizzò il pensiero che avrei raggiunto Shisui quando il suo corpo si fosse posato sul fondo e che se fossi morto quando avevo “ucciso” il mio migliore amico, i miei genitori sarebbero sopravvissuti e mio fratello avrebbe avuto una vita felice.
Quando mi sentii veramente soffocare però persi il controllo, annaspai, sputai, inspirai acqua.
Lacrimai e sentii un bruciore insopportabile al petto, spalancai gli occhi.

Mi svegliai tossendo.
Ero al covo nord nella mia stanza che dividevo con Kisame, Tobi e Deidara.
Puzzava tutto di morte  e putrefazione lì, faceva tutto schifo.
La odiavo l’Akatsuki, la odiavo.
Continuai a tossire, non riuscivo a fermarmi.
A nessuno fregava un cazzo.
Rifiatai ispirando dal naso, mi portai le mani davanti alla bocca, sputai sangue.
“Oggi è il compleanno di Itachi-san!” esclamò Tobi “Auguri Itachi-san, auguri!”
Mentre con una mano mi tenevo lo stomaco e avevo premuto l’altra davanti alla bocca, guardai con odio Tobi che saltellava per la stanza urlando che era il mio compleanno.
Perché mi prendi in giro, Madara? Oltre al danno, pure la beffa?
Avrei voluto tanto farla finita, come nel sogno.
Non avrei passato mai più un compleanno come quello che avevo sognato, non avrei potuto mai più baciare la mia ragazza o brindare con il mio migliore amico al cospetto della magnificenza di Konoha. Chissà se avrei mai rivisto la mia amata Konoha.
Non avrei mai più potuto tendere la mano a mio fratello, lui me l’avrebbe spezzata, come avevo fatto io con lui anni prima.
Ma nemmeno darmi la morte mi era concesso, non potevo permettermi di morire adesso.
Dovevo tenere d’occhio l’Alba dall’interno il più a lungo possibile e dovevo aspettare che il mio fratellino fosse abbastanza forte da uccidermi, era necessario perché cercando di raggiungermi diventasse tanto forte da difendersi da Danzo e da Madara e glielo dovevo di farmi uccidere, dopo quello che gli avevo fatto. Io sarei morto per mano sua e lui sarebbe diventato un eroe.
Per questo continuavo a lottare, ad aggrapparmi pateticamente alla vita.
Aprii la scatola di pillole con le mani che mi tremavano e ne ingurgitai un paio.
Non potevo permettere alla malattia di stroncarmi prima.
Per mio fratello e per Konoha dovevo continuare a vivere, a recitare all’interno dell’Akatsuki, a prendere quelle pillole che mi avvelenavano sempre di più.
E intanto per sopravvivere, cercavo un po’ di serenità, un po’ di famiglia nei sogni.
Quel compleanno che avevo vissuto in sogno, benché concluso tragicamente, era stato il giorno più bello degli ultimi cinque anni. Avevo rivisto il mio fratellino, Konoha, i miei genitori, Shisui e Oyamaneko.
Poco importava se non era reale dopotutto la vita e il sogno sono pagine di uno stesso libro.




Ciao, immagino avrete capito perchè alcuni personaggi sono OOC. Perchè non sono reali, ma la proiezione di ciò che Itachi spera/crede che siano, l'intera fic è un sogno da "appagamento di desiderio" di Itachi venata di qualche paura infantile, lui stesso non è una rappresentazione onesta ma idealizzata di come vorrebbe essere.
Itachi ha sognato i suoi desideri almeno fino ad un certo punto, cioè finche le sue paure, quelle vere, e rimorsi non hanno preso il sopravvento.
Non ci sono particolari simbolismi (dell’esempio: la bottiglia è un simbolo fallico) , il significato del sogno è da intendersi quasi letteralmente (la bottiglia è una bottiglia). Voleva vedere Konoha, suo fratello, sua madre, suo padre, il suo migliore amico e la sua ragazza, così l'ha  sognato.
La fic in realtà è una specie di regalo di compleanno per il grande personaggio che è Itachi: gli ho voluto regalare almeno un giorno perfetto, con la sua famiglia *_*


NdA: 
1.     Oyamaneko significa lince, l'ho trovato piuttosto adatto come nome per questa fantomatica fidanzata di Itachi.
2.     Il collegamento tra il Chakra Suiton e il sesso non l’ho inventato io, l’ho scoperto mentre facevo ricerche sull’elemento Acqua
3.     "Non è saggio giudicare una persona dall'apparenza e dai propri preconcetti." è una vera citazione di Itachi.
4.     Itachi  crede ancora che Tobi sia Madara in questa fanfiction, nel manga non ne ho la minima idea di cosa sa su Tobi. Itachi e Tobi sono i pg che mentono di più :S
5.     L'ultima frase è una citazione da Schopenhauer.

Un grazie speciale ♥ a chi ha letto questa fan fiction, se volete ditemi che ne pensate ^_^

   
 
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