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Autore: Beauty    10/06/2012    5 recensioni
Ciao a tutti! Questa storia è una mia personale rivisitazione de "La Bella e la Bestia", la mia favola preferita...
Catherine, diciottenne figlia di un mercante decaduto, per salvare il padre dalle grinfie di un misterioso essere incappucciato, accetta di prendere il suo posto. Ma quello che la ragazza non sa è che nelle vesti del lugubre e malvagio padrone di casa si cela un mostro, un ibrido mezzo uomo e mezzo animale. Col tempo, Catherine riuscirà a vedere oltre la mostruosità dell'essere che la tiene prigioniera, facendo breccia nel suo cuore...ma cosa succede se a turbare la felicità arrivano una matrigna crudele e un pretendente sadico e perverso?
Riuscirà il vero amore ad andare oltre le apparenze e a sconfiggere una maledizione del passato? E una bella fanciulla potrà davvero accettare l'amore di un mostro?
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il mostro e la fanciulla'
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Rolf si piegò sulle zampe anteriori, scoprendo i denti aguzzi e giallognoli in un ringhio feroce. Il doberman lanciò delle occhiate attente intorno a sé, che comprendevano la decina di mastini che gli si erano radunati intorno. Un bulldog si avvicinò di un passo, con la bocca gocciolante di bava.

Stavano aspettando. Erano pronti, pronti ad attaccare.

Quando Lord William gettò nel recinto una coscia di manzo, i cani vi si avventarono sopra, sollevando un polverone di terra e iniziando a dilaniare la carne con ferocia, ringhiando e mordendosi a vicenda per accaparrarsi un pezzo più grosso.

Lord William osservava la scena con il suo solito sorriso simile ad un ghigno.

Hanno fame, pensò.

Era passato diverso tempo da che aveva ucciso l’ultima volta, e i cani cominciavano ad essere inquieti. Lord William aveva allevato quei cani al fine di farne una macchina di morte, li aveva addestrati sin da cuccioli ad uccidere, sottoponendoli ad una dura disciplina: li teneva a digiuno per giorni in modo da renderli più famelici, spesso erano legati e frustati al fine di incattivirli. Lord William aveva insegnato loro a riconoscere gli odori delle proprie vittime: quando fiutavano la pista, allora era praticamente impossibile fermarli, non ritornavano al padrone se non prima di aver sbranato la preda.

Erano stati addestrati per uccidere, e ora la prolungata assenza di carne e sangue li stava rendendo sempre più inquieti e nervosi. Ma Lord William non si preoccupava troppo di questo; sapeva come tenerli a bada e, in ogni caso, presto avrebbe di nuovo avuto bisogno di loro.

Il pensiero lo rese immediatamente di malumore. Non che uccidere lo facesse sentire male; aveva sperperato il patrimonio di famiglia già da un pezzo, e non avrebbe potuto continuare a condurre la vita lussuosa che tanto amava, se non sfruttando la sua abilità al gioco e liberandosi di quei rifiuti umani che si opponevano al pagamento dei loro debiti. Insomma, scatenare i suoi cani contro quei nobili era una specie di necessità, per lui; senza contare il fatto che provava una specie di gioia perversa, nel farlo, si sentiva quasi come se, con quel gesto, stesse liberando il mondo intero da individui mediocri e inutili che non avrebbero meritato di vivere un secondo di più.

Quello che l’aveva fatto rabbuiare in quel momento era stato il pensiero di chi sarebbe stata la sua prossima vittima. Non ne conosceva né l’aspetto né il nome. Non sapeva niente di lui.

Niente, tranne il fatto che si scopava la sua donna.

Lord William digrignò i denti e strinse i pugni intorno alla staccionata del recinto, fino a conficcarsi alcune schegge di legno nei palmi. Ormai era fatta: quell’idiota di Henry Kingston aveva acconsentito a vendere sua sorella per salvare la faccia, ora l’unico ostacolo che si frapponeva fra lui e Catherine era quel maledetto che se la portava a letto.

Di nuovo quella visione: Catherine bella, sorridente, svestita. E ancora quella sensazione, quel fuoco infernale che lo bruciava dentro, lo distruggeva lentamente.

Lord William si strinse ancora di più al recinto, piegando il capo in avanti e lasciando che i capelli castani gli ricoprissero gli occhi.

Lei è mia…lei è mia!

Si asciugò la fronte imperlata di sudore, imponendosi di ritrovare la calma. Avrebbe ammazzato quel bastardo, oh, sì, eccome se l’avrebbe fatto, l’avrebbe ammazzato e si sarebbe ripreso Catherine, che lei lo volesse o no. Ma prima doveva trovarlo.

E solo il mercante sapeva dove si trovava…

 

***

 

Rosalie si aggrappò al corrimano della scala, iniziando a salire i gradini. Suo fratello era in paese, Lydia invece era uscita in giardino. In casa c’erano solo lei e suo padre. E Lady Julia.

La ragazzina giunse al secondo piano, attenta a non far rumore. Da che Catherine era morta e suo padre si era ammalato, lei se ne era sempre stata ben attaccata alle gonne di Lydia; aveva ottime ragioni per pensare che Lady Julia la credesse in giardino con l’anziana governante. Per questo doveva badare bene a non far rumore, a non farsi scoprire. Quella era la sua occasione per scoprire cosa stesse veramente tramando Lady Julia.

Rosalie era sicura che qualcosa non quadrasse, in tutta quella storia. Suo padre era malato da troppo tempo, ormai; a casa loro non s’era mai vista l’ombra di un medico, e Lady Julia si ostinava a propinare al mercante le medicine che aveva appreso dal suo terzo marito. Ma era evidente che la cosa non funzionasse, altrimenti suo padre sarebbe già guarito da un pezzo.

Anzi, a Rosalie sembrava quasi che le sue condizioni peggiorassero di giorno in giorno. Se prima la malattia era ridotta ad una semplice febbre e ad un po’ di debolezza, e il mercante riusciva ancora a mettersi seduto a letto e a parlare con lei, ora suo padre passava le giornate disteso a letto, scosso da brividi di freddo, rantolando di tanto in tanto senza riuscire ad articolare delle parole chiare, e nemmeno ad aprire gli occhi. Perfino un cieco avrebbe capito che la situazione era grave, e che continuava a peggiorare; ma Lady Julia non voleva sentire ragioni. Secondo lei le sue medicine erano più che efficaci, e anzi era lei, Rosalie, a peggiorare la situazione: con le sue continue visite, i suoi schiamazzi, lo affaticava troppo. Doveva stargli lontana.

Ecco cos’aveva fatto Lady Julia: le aveva categoricamente proibito di entrare nella stanza di suo padre.

Ma Rosalie, dopo tanto tempo trascorso a non fare nulla, alla fine si era decisa ad agire; non sapeva bene cosa avrebbe fatto, ma iniziare a capire cos’avesse intenzione di fare la sua matrigna era già un passo avanti. La ragazzina desiderò con tutto il cuore che sua sorella fosse lì: Catherine avrebbe saputo cosa fare. Ma Catherine non c’era più. Ora era in Paradiso, accanto a sua madre, le aveva detto Lydia, nel tentativo di consolarla. Cathy non era più con loro, e ora toccava a lei prendere in mano le redini della situazione.

Rosalie attraversò in punta di piedi il corridoio, ritrovandosi a pochi centimetri dalla stanza di suo padre, ringraziando che la porta fosse aperta. Lady Julia era lì dentro; Rosalie ne sentiva il fruscio della gonna e i colpi secchi dei suoi tacchi sulle assi del pavimento. La ragazzina si avvicinò, appiattendosi con la schiena contro lo stipite della porta. Sporse un po’ il viso ovale verso l’apertura, in modo da vedere ma di non essere vista.

Lady Julia era in piedi, china su un bicchiere d’acqua e una boccetta contenente un strano liquido violaceo, mentre canticchiava una melodia a labbra serrate. Era come al solito vestita in maniera impeccabile. Ormai avevano smesso il lutto, e Rosalie indossava un abito di taffetà rosso; allo stesso modo, Lady Julia indossava un abito di seta viola scuro, scollato, così che sul petto si intravedesse la sua inseparabile collana d’oro con incastonato il rubino rosso.

Rosalie osservò la matrigna versare nell’acqua una goccia del liquido contenuto nella boccetta, la quale colorò immediatamente l’acqua di viola. Lady Julia si avvicinò al mercante lentamente, con un sorriso compiaciuto sulle labbra; l’uomo scosse piano il capo, socchiudendo le palpebre. Non appena la vide, il mercante sbarrò gli occhi, cercando di aprire la bocca per urlare, ma Lady Julia lo zittì, avvicinandogli il bicchiere alle labbra.

- Bevi questo, caro…- sussurrò, con voce melliflua.- Ti farà star meglio, vedrai…

Il mercante mugolò, scuotendo con energia il capo, rifiutandosi di bere; Lady Julia digrignò i denti, innervosita, afferrandogli il mento con il pollice e l’indice.

- Andiamo, da bravo!- ringhiò, premendogli il bicchiere contro le labbra.

Lo costrinse ad ingurgitare tutto il liquido d’un fiato, fino all’ultima goccia.

- Ecco, così…

Il mercante tossì violentemente, mentre un po’ del liquido violaceo gli sfuggiva dalle labbra, macchiando il cuscino; tuttavia, l’uomo si calmò immediatamente, voltando il capo di lato e chiudendo gli occhi.

Lady Julia ghignò, avviandosi verso l’uscita.

Rosalie si spostò prontamente dal suo nascondiglio, correndo a nascondersi dietro ad una cassapanca poco lontano; si rannicchiò su se stessa, abbracciandosi le ginocchia, riuscendo a celare completamente la sua presenza grazie al suo fisico esile e minuto.

Udì i passi di Lady Julia uscire dalla stanza; Rosalie la sentì dirigersi verso la propria camera.

La ragazzina sgusciò fuori dal suo nascondiglio, avanzando carponi fino alla stanza della matrigna. Trovò la porta socchiusa; si inginocchiò, sbirciando attraverso lo spiraglio aperto.

Vide Lady Julia seduta alla toeletta, mentre si acconciava i capelli biondi, legandoli dietro la nuca e avvolgendoli in una retina argentata; le dava le spalle, ma Rosalie riusciva comunque ad intravederne il viso giovane e affascinante che si rifletteva nello specchio di fronte a lei. Lady Julia continuò a pettinarsi ancora per qualche minuto, quindi posò la spazzola. Si rimirò allo specchio, osservando con attenzione il proprio viso e il collo, esaminandosi con aria critica. La distanza non era molta, e Rosalie poté vedere chiaramente che la pelle sul dorso delle mani della matrigna era leggermente raggrinzita, meno soda, mentre sugli occhi erano spuntate alcune rughe di vecchiaia.

La ragazzina capì che anche Lady Julia le aveva notate, ma la matrigna non si scompose. Rosalie la vide portare l’indice e il medio sul rubino al suo petto, cominciando a disegnare dei piccoli cerchi sulla pietra.

Sotto gli occhi increduli della ragazzina, la pelle sulle mani ridivenne immediatamente liscia e soda, mentre le rughe sugli occhi scomparvero. Sulle labbra carnose di Lady Julia si dipinse un sorriso trionfante.

Rosalie rimase paralizzata, i grandi occhi castani sbarrati. Era incapace di muoversi, non riusciva a respirare regolarmente, ansimava.

E’ una strega!, urlò una voce nella sua testa.

Lady Julia continuava a rimirarsi compiaciuta nello specchio.

E’ una strega! Oh, santo cielo, è una strega! Una strega!

La sua matrigna era una strega. Ne era sicura. Quella era magia nera, Lydia gliel’aveva detto un migliaio di volte. Era magia nera, peccato mortale.

Doveva fare qualcosa, si disse. Doveva avvisare Henry, o Lydia. Doveva portare suo padre via da lì.

Doveva…

Indietreggiò, appoggiando una mano su un’asse smossa. Il legno scricchiolò, uno scricchiolio forte e acuto. La ragazzina trattenne il fiato.

Lady Julia si voltò di scatto; non appena scorse Rosalie, i suoi occhi si riempirono d’odio. Si alzò velocemente, facendo andare in frantumi alcune boccette di profumo sul pavimento. Si diresse a passo svelto in direzione della figliastra; Rosalie lanciò un grido, mentre la donna l’afferrava per la radice dei capelli e la tirava in piedi. Lady Julia la strattonò con rabbia fino alla sua stanza, dove entrò chiudendo la porta.

Non appena furono dentro, Lady Julia, furente, fissò per un secondo un’atterrita Rosalie negli occhi, prima di darle un sonoro ceffone che la scaraventò a terra. Rosalie finì distesa sul tappeto, tenendosi una mano premuta contro la guancia, mentre i grandi occhi scuri le si riempivano di lacrime.

- Piccola spia!- ululò Lady Julia.

Sembrava quasi posseduta, i capelli biondi scompigliati le ricadevano disordinatamente sul volto arrossato dalla rabbia, gli occhi fiammeggianti.

Strega!, pensò Rosalie.

- Piccola spia!- ripeté, in un sibilo.

Lady Julia si volse verso il camino, e con un gesto fulmineo afferrò l’attizzatoio di ferro.

- Questa me la pagherai, piccola stronza!- gridò, sollevando in aria l’attizzatoio; Rosalie indietreggiò, strisciando disperatamente sul tappeto.

- Te l’insegno io la punizione per chi spia!

- Signora Kingston!

Lady Julia si bloccò con ancora l’attizzatoio a mezz’aria, voltandosi verso la porta chiusa.

- Signora Kingston!- la voce dolce di Lydia giunse dall’esterno della stanza.

- Cosa c’è?- gracchiò Lady Julia, irritata.

- Una visita, signora Kingston. Dice che è urgente.

Lady Julia ringhiò, scaraventando a terra l’attizzatoio che sbatté sulle mattonelle del pavimento con un rumore fastidioso e metallico.

- Va bene. Digli che arrivo subito.

Si volse a guardare Rosalie.

- Con te facciamo i conti dopo - sibilò.

Lady Julia uscì sbattendo la porta, lasciando Rosalie distesa sul tappeto, confusa e terrorizzata.

Strega.

 

***

 

Lord William passeggiava nervosamente su e giù per il salotto.

Aveva domandato di parlare con il mercante Kingston. Si sentiva nervoso, ma sapeva che era solo perché presto avrebbe avuto Catherine tutta per sé; il come non lo preoccupava minimamente. Non avrebbe avuto problemi a trattare con suo padre: gli avrebbe esposto le stesse ragioni che aveva utilizzato per abbindolare quell’idiota di Henry, il mercante gli avrebbe detto dove si trovava sua figlia e il gioco sarebbe stato fatto.

La sua sicurezza venne leggermente meno quando, anziché il mercante Kingston, vide scendere dalle scale sua moglie, un po’ scarmigliata e con l’aria di chi ha una gran fretta.

Lord William si sentì montare la rabbia; le donne non capivano nulla di denaro, ed erano più suscettibili al pianto; sarebbe stato più difficile del previsto. S’impose di ritrovare la calma, mentre la signora Kingston gli si avvicinava.

Chinò lievemente il capo in segno di saluto, baciandole una mano.

- Buon pomeriggio, Lord William - salutò Lady Julia, sforzandosi di essere cordiale.- Prego, sedetevi - disse, indicando una poltrona poco più distante. Lord William si sedette, seguito subito da Lady Julia, che si accomodò su una poltroncina di fronte a lui, accavallando le gambe.

- In cosa posso esservi utile?- domandò la donna.

- A dire il vero, signora Kingston, speravo di poter scambiare due parole con vostro marito…- fece Lord William.

- Mio marito è malato - rispose Lady Julia.- Non è in condizioni di parlare, al momento. Ma potete dire a me.

E sbrigati, che non ho tempo da perdere!

- Oh…mi dispiace…- fece Lord William.

Maledizione!

- Signora Kingston…- esordì.- Io ero venuto a chiedervi la mano di vostra figlia.

- Io non ho figli, Lord William - rispose Lady Julia, secca.

- Oh, sì! Perdonatemi…Intendevo la vostra figliastra, la signorina Catherine Kingston.

Lady Julia lo squadrò, aggrottando le sopracciglia, innervosita. Strinse il bracciolo della poltrona, conficcandovi le unghie laccate.

- Mi dispiace deludervi, Lord William, ma la mia figliastra è…

Lady Julia si bloccò appena in tempo; il suo cervello aveva cominciato a lavorare da solo, a tutta velocità. Lord William era l’uomo più ricco di tutto il paese, e voleva sposare Catherine. La sua figliastra era morta, ma questo non voleva dire niente. Lady Julia si era liberata di Catherine per un caso fortuito, ma ora aveva un’altra mocciosa in casa, una sgualdrinella che aveva scoperto il suo segreto e di cui, quando suo marito fosse morto, avrebbe dovuto tollerare il peso. Un fardello di cui liberarsi, insomma, e possibilmente senza usare la magia e senza sporcarsi le mani.

Per un uomo ricco, questo non sarebbe dovuto essere un problema…

- …la mia figliastra è in visita da alcuni amici.

A Lord William venne la nausea, a quella risposta. Buon cielo, possibile che lo credessero davvero così idiota?

- Che sfortuna - commentò, stando svogliatamente al gioco.- Ma in quanto alla mia richiesta…?

- Sarò franca, Lord William - disse Lady Julia, alzandosi dalla poltrona e iniziando a passeggiare per il salotto.- Mi sorprende che voi vogliate sposare la mia figliastra, pur sapendo che è priva di dote. Tuttavia, visto il vostro rango e la vostra rendita, sono ben disposta ad accettare.

- Vi ringrazio, signora Kingston - disse Lord William.- Ma ora penso che sarebbe il caso di…

- Non ho ancora finito, Lord William.

Il giovane ammutolì, rimanendo immobile a fissare Lady Julia che, con un sorriso sulle labbra, riprendeva a parlare.

- Ho detto che accettavo. Ma ha tutto c’è un prezzo. Quanto siete disposto a pagare, per avere Catherine?

- Qualunque cosa!- saltò su Lord William.

Era vero; avrebbe fatto qualunque cosa, pur di avere Catherine Kingston per sé.

- Molto bene - sorrise Lady Julia.- Si da il caso, Lord William, che io abbia una seccatura di cui sbarazzarmi. Vi ricordate dell’altra mia figliastra, Rosalie? Quella che vi ha sporcato la camicia - ghignò Lady Julia.

Lord William annuì, serio.

- Ebbene, diciamo che è diventata un po’ troppo…petulante, per i miei gusti - Lady Julia si avvicinò a Lord William, fino a sfiorare le sue ginocchia con il proprio abito.- Senza contare che mio marito è malato. Gli resta poco tempo da vivere. Sarebbe un’ingiustizia che la piccola Rosalie rimanesse sola al mondo, non vi pare?

- Certamente - rispose Lord William, ghignando.

Lady Julia sorrise, compiaciuta. Era fatta; si sarebbe sbarazzata di Rosalie e di suo padre. Quanto a Catherine, beh, non era un problema, avrebbe detto la verità a Lord William solo più tardi, quando ormai fosse stato tutto compiuto. E chissà, forse col tempo avrebbe dimenticato quella serpe della sua figliastra; era un giovane bello, ricco…proprio quello che faceva al caso suo.

Lady Julia si avvicinò ancora di più a Lord William; con un gesto veloce e leggero, si sedette sulle sue ginocchia, cingendogli il collo con le braccia.

- Fate questo per me, e Catherine sarà vostra…- sussurrò, con le labbra a pochi centimetri da quelle di lui.

Lord William annuì, senza staccare gli occhi da quelli della donna.

- Quando?- chiese, in un soffio.

- Domani. Il giorno di Natale sarà perfetto. D’altronde, chi muore il venticinque dicembre va in Paradiso…- ghignò Lady Julia, prima di posare un bacio umido sulle labbra di Lord William.

Lord William rimase immobile, ricambiando il bacio e cercando di reprimere il senso di schifo che questo gli stava procurando. Penoso, ecco che cos’era. Penoso. Tutti molluschi che cercavano di nascondere con delle menzogne la colpa di una sgualdrina, ricorrendo a mediocri giochi di seduzione per convincerlo a cedere ad un nauseante ricatto.

Beh, poco male. Avrebbe accontentato quella vipera di Lady Julia, e dopo Catherine sarebbe stata sua. Aveva già ucciso molte volte, e il fatto che questa volta la vittima sarebbe stata poco più che una bambina non faceva differenza.

Gettò un’occhiata fuori dalla finestra: aveva iniziato a nevicare, ma quella neve fredda e bagnata non sarebbe bastata a spegnere il fuoco che sentiva accendersi in lui ogni volta che pensava a Catherine.

Lady Julia continuò a baciare il giovane, guardando la neve cadere. Presto, si disse, quella neve avrebbe coperto il corpo di colei che aveva scoperto il suo segreto.

Rosalie, rannicchiata sul suo letto, in lacrime, guardava i fiocchi di neve che cadevano così come il suo mondo le stava crollando intorno, piano, pezzo dopo pezzo, finché non ne fosse rimasto altro che acqua e nulla.

 

***

 

Catherine si svegliò sorridendo. Aveva sognato di nuovo quel bel giovane dagli occhi azzurri, e aveva udito quella voce femminile calda e rassicurante.

Si tirò a sedere, gettando un’occhiata fuori dalla finestra. Era ancora notte, ma la ragazza riuscì a distinguere chiaramente dei fiocchi di neve che cadevano lenti dal cielo. Avrebbero avuto la neve per Natale.

Catherine spalancò le imposte, inspirando l’aria notturna. Il giorno seguente sarebbe stato il 25 dicembre; i domestici le avevano detto che era da più di dieci anni che al maniero questa ricorrenza non si festeggiava. La ragazza aveva perlustrato tutto il castello alla ricerca di un albero di Natale o di qualche addobbo, ma non ne aveva trovati. Alla fine, aveva concordato con Ernest e Peter di fare una sorpresa ad Adrian.

La ragazza si era impegnata a fondo, e il giorno seguente sarebbe stato un Natale speciale.

Il padrone di casa era un po’ orso, ma Catherine era sicura che gli sarebbe piaciuto.

Sentì un tuffo al cuore; continuò ad osservare la neve, mentre sentiva le guance imporporarsi al pensiero del padrone di casa.

 

Angolo Autrice: Allora, prima di tutto mi scuso se sto procedendo un po’ lenta, ma sto cercando di dosare tutti gli elementi in maniera che la storia dia spazio a tutto in maniera uniforme. In questo capitolo ho dato poco spazio ha Cathy e al mostro, ma nel prossimo torneranno al centro della scena, e si avrà una svolta nella loro vicenda…che succederà? Quali novità porterà il Natale nelle loro vite? Sarà tutto come prima, o qualcosa fra loro cambierà? E che cosa avranno in mente Lady Julia e Lord William per la piccola Rosalie, che è venuta a conoscenza del segreto della matrigna?

Lo scopriremo nel prossimo capitolo J!

Nel frattempo, ringrazio tutti coloro che leggono, in particolare BizarreBiscuit e keikoten per aver aggiunto questa storia alle seguite, DQPVF per averla aggiunta alle preferite e per la sua recensione, e jekikika96 ed Ellyra per aver recensito.

Ciao a tutti, al prossimo capitolo!

Bacio,

Dora93

  
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