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Autore: Erisachan    10/06/2012    2 recensioni
Devo proteggere Becky.
Ripetei a me stesso mentre mi pulivo il naso con il dorso della mano e varcavo la soglia di casa.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer...no, non sono miei, sono della Marvel, per loro fortuna, chiaramente non vengo pagata per scrivere sta roba e blablabla.




Little Lion Man



You'll never be what is in your heart
Weep Little Lion Man,
You're not as brave as you were at the start
Rate yourself and rake yourself,
Take all the courage you have left
Wasted on fixing all the problems
That you made in your own head

But it was not your fault but mine
And it was your heart on the line
I really fucked it up this time
Didn't I, my dear?
Didn't I, my...

Tremble for yourself, my man,
You know that you have seen this all before
Tremble Little Lion Man,
You'll never settle any of your scores
Your grace is wasted in your face,
Your boldness stands alone among the wreck
Now learn from your mother or else spend your days Biting your own neck

Mumford & Sons - Little Lion Man - Sigh No More


“Mamma non c’è più tesoro”
Ricordo benissimo papà dire queste esatte parole rivolto a Rebecca che lo fissava con i suoi occhi grandi di bambina e non diceva nulla.
Papà aggrottò le sopracciglia per un momento, si era aspettato che si mettesse a piangere, che gli chiedesse perché, cosa intendesse dire con quella frase. Sapevo cosa si aspettava perché erano le stesse cose a cui avevo pensato io.
Invece Rebecca annuì, prese la mano di papà stringendola - con mani così piccole che seppure unite non arrivavano a coprirla per intero - e lo guardò negli occhi con una fermezza che non si confà per nulla alla bambina che era allora.

Invidiai mia sorella.
Mi sentii inferiore.
Perché lì dove lei era riuscita ad accettare la morta della propria madre, io scuotevo la testa come un bambino viziato, rinnegando una realtà che odiavo con tutto me stesso.

Ricordo che volevo piangere mentre tornavamo dall’ospedale, avevo ancora negli occhi il volto di mia madre, i suoi occhi chiusi, il viso provato dalla malattia; ho sentito dire tante volte che nella morte sembriamo tutti più sereni. A me mia madre sembrava solo triste.
“Non è il momento di piangere, devi pensare a Becky d’ora in poi.”
Mi aveva detto papà, poco prima che entrassimo in casa.
Quindi avevo ricacciato indietro le lacrime; le avevo rinchiuse in fondo alla gola dove sarebbero rimaste, impedendomi di respirare forse, ma non le avrei fatte uscire. Mai.
Devo proteggere Becky.
Ripetei a me stesso mentre mi pulivo il naso con il dorso della mano e varcavo la soglia di casa.

Fu solo molto tempo dopo che capii cosa aveva provato mia sorella in quel momento.
Perché seppure dovesse essere triste non aveva versato una lacrima di fronte alla notizia della morte di nostra madre.
Io e Becky eravamo più simili di quanto credessi.
Becky non piangeva per lo stesso motivo per cui non l’avevo fatto io.
Perché aveva qualcuno da proteggere, e quando si ha qualcuno a cui si tiene in quel modo, non c’è tempo per piangere, non c’è tempo per essere deboli.

Poi...
Poi un giorno degli uomini bussarono alla porta di casa nostra ed io sapevo ancora prima di aprire che era successo qualcosa di brutto. Io e papà avevamo litigato per l’ennesima volta, ero seduto sul mio letto a ripensare alle parole che gli avevo rivolto, a come avrei chiesto perdono al suo ritorno, perché aveva ragione lui, non mi stavo comportando da fratello maggiore, non ero un bravo figlio. I bravi ragazzi non vanno in giro a fare a botte con i vicini di casa, non stanno fuori dopo il coprifuoco a bighellonare con gli amici. Sapevo che aveva ragione e dopo ogni litigata ripetevo a lui e a me stesso che sarei cambiato, che mi sarei comportato bene. Solo, ogni volta che arrivava l’ora di tornare a casa, ogni volta che qualcuno cercava di attaccare briga con me, restare per strada e rispondere agli insulti mi sembrava sempre una scelta più semplice che tornare a casa e affrontare il vuoto lasciato da mia madre. Era più facile prendere qualche pugno che sapere che aperta quella porta non avrei più rivisto i sorrisi che mi avevano accolto fino a quello che mi sembrava solo un momento fa.
Quella volta toccò a me dire alla mia sorellina che papà non sarebbe più tornato, che aveva raggiunto nostra madre. La guardai negli occhi e le dissi eravamo rimasti soli.
La abbracciai perché non sapevo che altro fare, perché avevo bisogno di quell’abbraccio io stesso, dovevo di sentire la concretezza del corpo della mia sorellina stretto al mio, sentire il suo respiro contro il mio petto, sapere che lei era ancora lì, che papà se ne era andato ma lei era rimasta con me.

Nella mia mente si susseguivano le immagini nella nostra ultima uscita insieme a papà, il luna park, la ruota panoramica dove eravamo saliti tutti insieme, le risate di Becky e i rimproveri di papà mentre facevo dondolare il seggiolino nel punto più alto del giro. Mi aggrappai con tutte le mie forze a quel ricordo, a quei sorrisi, alla sensazione della mano di Becky stretta nella mia mentre passeggiavamo verso casa al tramonto con nostro padre accanto a noi.
Mi aggrappai alla memoria di quel giorno felice e decisi che avrei fatto qualcosa di concreto per aiutare Becky, per ridarle quel sorriso che avevo paura non avrei visto staccandomi dal nostro abbraccio.

Io e Rebecca piangemmo l’uno sulla spalla dell’altro.
Quel giorno permettemmo a noi stessi di essere semplicemente quello che eravamo davvero. Due bambini rimasti soli.
E un bambino, quando resta da solo, piange e grida e si lamenta, fino a restare senza voce.

L’indomani saremmo diventati due adulti, perché nel mondo in cui vivevamo non c’era spazio per chi non riusciva ad alzarsi sulle proprie gambe e questo noi lo sapevamo bene.

Ma quella notte no, quella notte, semplicemente, piangemmo, perché il mondo ci aveva portato via nostra madre e poi nostro padre, perché sapevamo entrambi che avremmo dovuto lasciare la mano che stavamo stringendo coricati su un letto troppo piccolo per contenerci entrambi. Piangemmo perché la realtà aveva deciso di bussare alla nostra porta e nessuno di noi due era davvero pronto ad aprirla e lasciarla entrare, purtroppo però, chiuderla e fingere che nulla fosse successo non era possibile.


Note della scribacchina...allora..che dire, niente in realtà, ste note stanno quì semplicemente perché il mio senso estetico mi dice che ci stanno bene. Quindi...me ne vado ecco, ringrazio tutti quelli che passeranno, leggeranno e in particolare modo quelli che troveranno il tempo di lasciare un commento <3
Ci si vede \O/
   
 
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