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Autore: aspasia776    10/06/2012    1 recensioni
Per Kurt Hummel non è certo piacevole svegliarsi in ospedale. Specie se scopre di non ricordare più gli ultimi 13 anni della sua esitenza. Ma un certo Blaine dai capelli terribilmente ricci e neri sembra non voler fare altro che aiutarlo a recuperare la memoria. Probabilmente è perchè, come continuano a ripetergli suo padre e i suoi amici, si amano e vivono insieme già da qualche tempo. Da un promt del Gleeky Cauldron
Genere: Commedia, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Blaine/Kurt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno! Seconda storia che pubblico per EFP. La voglia di scrivere ancora non mi lascia e sul Gleeky Cauldron ho visto questo prompt che mi ha ispirato parecchio. Spero di non copiare nessuno, in caso vi autorizzo a lapidarmi, e che queste primo sconclusionato capitolo non vi faccia venire voglia di abbandonare per sempre il sito, e in quel caso autorizzo gli amministatori a lapidarmi... o a colpirmi con palle da dodgeball, forse è meglio. Cmq ecco a voi il prologo. Incrocio le dita e spero non faccia troppo schifo.
 


 

April Rhodes era una maledetta bugiarda. Certo, aveva una voce straordinaria e potente che non si capiva da dove tirasse fuori, dato che era addirittura più bassa di miss uccidereiperunriflettorepuntatoinfaccia Rachel Berry, ed era stata gentile a regalargli i suoi giornali, ma quel dannatissimo Chablis non lo aveva affatto aiutato a sentirsi meglio con se stesso. Dopo i primi timidi sorsi il sapore non gli era più parso così male e a poco a poco si era fatto coraggio continuando a bere sempre più fiducioso in qualche effetto miracoloso. Che ovviamente non era arrivato.

Anzi, mentre si trascinava verso lungo il corridoio attento a non farsi notare, si sentiva sempre peggio. Aveva la gola secca, un cerchio alle testa, la vista annebbiata e un fortissimo senso di nausea. E non aiutava che anche quella mattina avesse già fatto il suo immancabile volo nel cassonetto. Puck e il branco di trogloditi di cui si circondava non avevano preso molto bene il fatto che ora era entrato nella squadra di football, e ogni giorno non dimenticavano di farglielo notare. Almeno non lo avevano chiuso in un bagno pubblico. Ma ora la sua giacca era sporca di uovo e l’odore gli stava decisamente facendo venire voglia di vomitare. O forse era il fatto che era ubriaco. Incredibilmente, vergognosamente e terribilmente ubriaco.

Se in quel momento stava cercando di confondersi fra la folla, ed era la prima volta, non era tanto per paura dei suoi coetanei quanto per non farsi scoprire dagli insegnanti. Alle spinte, le granite in faccia, le battute squallide era abituato, ma se qualcuno dei professori lo avesse visto avrebbe capito subito il suo stato e ci sarebbero state conseguenze … di sicuro avrebbero avvertito suo padre. Ora che si era appena aperto con lui ed aveva a sorpresa ricevuto il suo sostegno non voleva che pensasse che si vergognava di quello che era. Perché lui non si vergognava. Nonostante il disprezzo che i suoi compagni gli rovesciavano continuamente addosso, nonostante le risatine e le occhiate beffarde che ignorava ostinatamente mentre attraversava la scuola squadrando tutti dall’alto in basso, nonostante gli sguardi straniti che pure i docenti non gli evitavano quando lo vedevano passare, non lo avrebbe mai negato.

Lui era Kurt Hummel, un ottimo soprano (sottovalutato da Will Schuester), un cultore della moda, una futura stella di Brodway e, suo malgrado, un kicker niente male. Ed era gay.

Era come se trovare il coraggio di confessarlo a Burt gli avesse fatto abbattere un muro: che senso aveva nascondersi ancora? Probabilmente non l’avrebbero tormentato, o forse si, la sua voce non propriamente mascolina lo avrebbe reso comunque oggetto di scherno, ma dover tenersi dentro quel segreto, fingere di essere qualcun altro era un peso troppo grande, e lui si era stancato ormai da tempo di sopportarlo. Se pensava che solo poche settimane prima aveva finto di essere innamorato di Rachel Berry (di Rachel Berry diamine!!!!!!!!) per evitare le avance di Mercede Jones si vergognava da morire.
Tuttavia se stava arrancando alticcio nella speranza che nessuno se ne accorgesse era perché qualche segreto lo aveva ancora, come di essere innamorato, ad esempio. E non di un ragazzo particolare, no certo, sarebbe stato troppo facile. Lui era innamorato di Finn Hudson, il quarterback della squadra di football,  il fidanzato della capo cheerleader, e il ragazzo più popolare della scuola. Anche se la sua aria un perennemente po’ persa e la sua recente entrata nel Glee club gli avevano fatto perdere non pochi punti in classifica. Poco importava comunque, quel ragazzo era così etero che era addirittura imbarazzante, bastava vedere come si muoveva scomposto quando cercava di “ballare” alle prove per capirlo. Era la nemesi della grazia. Ma aveva un sorriso gentile, ed aveva preso le sue difese quando Puck lo aveva fatto sbattere su un armadietto. Prima o poi sarebbe riuscito a fargli capire che era meglio farla finita con le donne, ne era sicuro. Doveva solo escogitare un piano.

Ma ora come ora i problemi erano altri, tipo non riuscire a vomitare nel corridoio davanti a … Bambi?? Davanti a lui c’era davvero un cerbiatto a due zampe che gli stava dicendo qualcosa su quanto puzzava di alcool???  Povero cucciolo, anche a lui era morta la mamma. Aveva vissuto la stessa esperienza, e ogni volta che ci pensava gli veniva da piangere. Apri la bocca per consolarlo ma non fece nemmeno in tempo a finire la frase che si trovò piegato sulle ginocchia mentre rimetteva la colazione. Poi divenne tutto nero: “Ottimo” fu l’ultimo suo pensiero “ci mancava solo un bello svenimento come ciliegina a questa bella mattinata.”






La prima cosa di cui si rese conto dopo fu che era disteso (è ovvio che tu sia disteso, sei appena svenuto) su qualcosa di morbido (questo e strano),che gli faceva male la testa (ottimo, speriamo che cadendo non mi sia procurato una commozione celebrale) e che era assurdamente stanco. Pure aprire gli occhi era una fatica terribile. Dovette ricorrere a tutte le sue forze per farcela. E quando ci riuscì quello che vide lo lascio perplesso. Era in ospedale! Non credeva di aver preso una sbronza così pesante, ma le orribili federe e l’obbrobriosa camicia che indossava non mentivano.  Chissà come avrebbe reagito suo padre? Quello che non riusciva ancora a capire era perché fosse collegato a così tanti tubi e chi fosse quella signora sconosciuta seduta vicino al suo letto  mentre sfogliava una rivista. Decise di concentrarsi sulla seconda questione, forse era la cosa meno traumatica da scoprire. In qualche modo quella donna aveva un’aria familiare, doveva averla già vista.

Rimase in silenzio (aprire la bocca era troppo faticoso) per cinque minuti prima di avere un’illuminazione. Certo si era invecchiata parecchio da quando l’aveva vista solo una settimana prima. Le dava come minimo dieci anni in più. Però era molto più curata, niente più capelli stopposi e imbarazzanti completi jeans, ma un bel caschetto biondo e un tailleur molto elegante. Che cambiamento! Si annotò mentalmente di complimentarsi.

C’era solo una cosa che lo lasciava perplesso.

Un piccolo, minuscolo, insignificante particolare.

Cosa diavolo ci faceva Carole Hudson al suo capezzale?

  
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