Non eravamo fatti per stare insieme.
Credo di averlo sempre saputo, in fondo. Troppo simili, e allo stesso tempo troppo diversi. Troppo amici.
Non era destino, e quel destino l’hanno forzato i nostri amici, ripetendosi, e ripetendoci – come per arrivare a crederci – che insieme saremmo stati bene, che saremmo stati stupendi.
E la cosa spaventosamente grottesca è stato vedere quanto sarebbe stato vero: in un’altra vita, in un altro mondo, magari uno dove io non sono la metallara ribelle e intelligente e lui il fanatico del rap in costante rischio di bocciatura, ossessionato dalla trasgressione alle regole, che poi è il mondo più bieco per sottomettersi ad esse. In uno dove non ci conosciamo da sette anni, dove io non conosco tutto di lui, dove non so le parole esatte da dirgli in ogni singolo istante, magari, e dico magari, la nostra storia sarebbe durata. Magari in una realtà parallela dura, e noi siamo felici, non so.
Io so che ci siamo lasciati, e sto bene. Che siamo tornati amici come prima, e sto bene.
Quando un amore, se di amore si può parlare, finisce, non si dovrebbe essere tristi, addolorati?
Mi prendo in mano il cuore, e lo osservo. Integro, vivo, palpitante, nessuna crepa. Solo un piccolo livido, tempo qualche giorno e sparirà.
La conclusione è ovvia: non era amore, era amicizia.
Non eravamo fatti per stare insieme, ma per essere amici.
Magari migliori amici, ma nulla di più.
E va bene così.