Capitolo 13 – Disgusto
La vacanza di Elly Sorrentino in Italia si era
conclusa. La dottoressa italiana tornò con la piccola Stefania il 7 gennaio:
all’aereoporto stavolta c’erano ad attenderle la Chase e Cameron: “Ciao Elly!
Come stai?” – l’immunologa la abbracciò calorosamente, e subito prese in
braccio la bambina un po’ assonnata, mentre Chase si limitò ad una stretta di
mano – “Bene Allison!Un po’ stanca…a proposito come mai siete venuti a
prendermi?” – “La Cuddy ci ha chiesto questo piacere, e ti assicuro che pur di
sfuggire alle grinfie di House sarei stato disposto a qualsiasi compito…” –
“Più nervoso del solito?” – “Ahhh! Tu non sai quanto! La frattura è guarita ma
lui è peggiorato, se peggio di così poteva andare…”sospirò di nuovo Chase, come
al solito bersaglio preferito delle battute peggiori di House. Durante il
tragitto in macchina Cameron era stranamente assente, Elly se ne accorse ma a
dire la verità nessuno aveva voglia di parlare, persino la vivace Stefania,
spossata per il viaggio.
Accompagnarono l’italiana a casa sua e poi ritornarono
in ospedale.
Già all’ingresso si resero conto che tutti
erano più nervosi del solito, a partire dalla Cuddy. “House!!!Ti ho detto che
devi fare questo stramaledetto ambulatorio!!!” – “Non credere che lo farò!!!” –
“E io ti licenzio!!” – “Non potresti mai!”, Cameron si inserì nella furiosa
discussione: “Cuddy, stamattina il turno era mio. House mi doveva sostituire ma
ora sono tornata e lo vado subito a fare.” – “Fatti gli affaracci tuoi tu!”,
House la aggredì immediatamente, ma Cameron non si scompose: “Vado in
ambulatorio. Ci vediamo dopo.”, quindi si avviò tranquillamente verso
l’accettazione.
“House, sei proprio un villano! L’unica che in
questa baracca di fannulloni ti dà una mano…ti permetti anche di trattarla
così!” – “Capirai!”, sbuffò il nervosissimo diagnosta. “Beh comunque la
questione è risolta, quindi per favore vai a risolvere quel dannato caso che ti
ho dato stamattina.” – House non rispose subito, la fissò: “Dì la verità: sei
nervosa perché oggi è tornata l’italiana. – Cuddy non riuscì a nascondere
l’imbarazzo e la sorpresa – E non chiederti se, come, dove e quando ho saputo
dell’affaire Sorrentino. Sono affari tuoi, spero solo che non si ripercuotano
su di me più delle fasi del tuo ciclo!”, House si allontanò scocciato, ma dopo
pochi passi si voltò: “Comunque non è stato Wilson a dirmelo. Conoscevo anche
sei anni fa la differenza tra una donna incinta e una donna molto grassa.”, se
ne andò definitivamente.
La Cuddy rimase immobile qualche secondo,
meravigliandosi del fatto che in tutti questi anni House non avesse proferito
verbo sulla questione. Si riscosse e immediatamente il senso pratico le fece
prendere il controllo della situazione: aveva mille documenti da firmare.
House entrò nella sala riunioni. Lanciò un
breve sguardo alla lavagnetta ancora vuota e andò a prendere la sua tazza di
caffè. Fece un mezzo sorriso, pensando a Cameron che solerte ogni mattina
gliela riempiva e portava. Era il suo buongiorno quotidiano, ormai non ne
poteva fare a meno. Studiò la cartella del paziente. A quanto pare finalmente
la Cuddy gli aveva affibbiato un caso interessante. Foreman leggeva un
giornale, Chase faceva il suo solito cruciverba. Nessuno di loro si alzò per
controllare il nuovo caso: sapevano che se non c’era Cameron non si iniziava,
tanto valeva fare altro. “Chase, invece di dilettarti per conto tuo perché non
controlli questi due documenti?” – “Cosa sono?” – “Credo…fatture di prostitute
di lusso!” – “Ahh. Non sapevo che ora avessero anche la partita iva!” –
“Stupido, sono documenti che mi ha dato la Cuddy, li devi firmare per me, a
meno che non ci sia prescritto sopra un aumento delle ore di ambulatorio…” –
“Guarda che scherzavo anch’io.” – “Ah questo humor inglese non lo capirò mai!”,
House imitò l’accento inglese. Chase scosse la testa e si mise ad esaminare i
documenti, sotto lo sguardo divertito di Foreman. “Ehi tu, non ridere! Anche tu
hai il tuo bel daffare: il mio computer ha bisogno di una ripulita generale,
controllami le e-mail.”, Foreman sbuffò e si arrese ad abbandonare il suo giornale.
House, soddisfatto di aver trovato un’occupazione per tutti, si accorse di aver
dimenticato il Vicodin nel cassetto della scrivania. Oltrepassò la porta del
suo studio e aprì il cassetto dove era custodito il suo indispensabile flacone.
Tolse il coperchio e si apprestò a prendere tre pillole, quando un particolare
lo colpì. Sulla sua pillola non c’era la solita ‘V’.
House si sentiva pieno di rabbia. Non era mai
stato così arrabbiato col mondo, anzi con una persona in particolare. E
stavolta non si sarebbe limitato ad una battuta delle sue, quelle che tanto la
colpivano, ma erano confezionate perfino simpaticamente. No, stavolta voleva
distruggerla, voleva urlarle addosso che era una stupida!
Come se non si fosse accorto che quello che
trovava nel suo flaconcino di Vicodin non era Vicodin, era una droga molto più
leggera. Quella stupida credeva di poterlo ingannare.
Stava zoppicando verso il suo studio, ma poi,
impaziente di sfogare la sua rabbia, decise di andare a trovarla, dovunque
fosse.
La trovò nella stanza 2 dell’ambulatorio:
stava scrivendo una ricetta ad un ciccione seduto sul lettino. “Vieni fuori.” –
House fece uno sforzo enorme per non urlare – “Cosa c’è House?”, la ragazza non
lo guardò neppure e non si accorse di quanto fosse tremendo il suo sguardo –
“Ho detto vieni fuori, e fai presto prima che ti prenda a calci!” – il tono
rabbioso oltremisura fece finalmente alzare gli occhi di Cameron, che quasi si
spaventò – “House! Che ti prende?!” – il diagnosta perse la pazienza, le prese
un braccio e la strattonò violentemente fuori, tra lo sbigottimento generale.
“Allora, allora mia cara crocerossina!!! –
House non si curò minimamente di essere in una sala gremita di pazienti in
attesa – Dovresti sapere tu cos’è che non va!” – la guardò con gli occhi
spalancati e l’espressione più terribile che Cameron gli avesse mai visto –
“Ho-House…” – “Ca-Ca-Cameron!” – la prese in giro lui – “Aspetta, parliamone da
qualche altra parte con più calma…” – “No!” – “House – aggiunse con voce più
bassa – qui stai solo spaventando delle persone.” – “Non mi interessa delle
persone! Mi interessa solo sapere perché cazzo hai sabotato il mio Vicodin!!! –
House butta a terra furiosamente il flaconcino con le pillole – Senti, faccia
d’angelo, non mi guardare con quell’aria! Credi di essere più furba di me?!” –
“Io volevo…” – “Ah già! Tu volevi aiutarmi!!! Ma si, tu volevi aiutarmi! Come
ho fatto a non pensarci?! Scusate signori, il dottor House è uno stupido.
Questa poveretta voleva solo aiutarlo a disintossicarsi…Peccato che UNO: il
metodo è banale, stupido e infantile, e DUE: il dottor House non ha bisogno di
nessun’aiuto da una persona che afferma tutti i giorni con quei begli occhioni
verdi ‘Greg mio, io ti salverò, non ti ingannerò mai! Non ti cambierò mai!’.
Carina mia, ora mi hai davvero stancato. Tu puoi dire o fare quello che vuoi,
sempre una stupida ragazzina rimani! Vatti a trovare un altro relitto umano da
curare, tanto dopo questa trovata geniale non so che farmene di te!!!”
Cameron aveva ascoltato con gli occhi
spalancati lo sfogo di House. Non si aspettava che House non la scoprisse, ma
quella reazione era incredibile, soprattutto la stava davvero distruggendo.
‘Non posso piangere!’ si urlò mentalmente quando sentì le lacrime premerle le
palpebre. “Sei tu lo stupido House! Continua a rovinarti, continua! Intanto le
persone che tengono a te si…”, si bloccò, confusa: House si meritava ogni male
in quel momento ma lei non riusciva a continuare. “Si allontanano? E chi ti ha
chiesto di starmi vicino?! Te lo ha prescritto uno di questi medici
incompetenti?! Il Vicodin mi farà anche male ma non sono in pericolo di vita,
quindi tu a rigor di logica vicino a me non devi stare! Siamo d’accordo?!” –
“Sei solo uno stupido!” – “Ora piangi Cameron, sto aspettando! Piangete anche
voi, cari ex pazienti di questo ospedale! Lo vedete? altro che general
hospital, qui siamo al Princeton! Cameron rialzati! Cos’è ti fa male il
braccino?” – Cameron si massaggiava il braccio dolorante per lo strattone di
prima. La donna alzò gli occhi: doveva odiarlo! Doveva esprimere tutto l’odio
che aveva in corpo in quegli occhi!
Provò a sfidarlo, ma riabbassò subito lo
sguardo, perché ormai le lacrime scendevano abbondanti dal viso, le stavano
bagnando il camice. Ecco, ora era definitivamente umiliata davanti a lui,
davanti a tutte quelle persone. Oh, se bruciava quell’umiliazione! Più del
fatto che lui le stava dimostrando che per lei non ci sarebbe mai stato posto.
Più dell’odio che impregnava ogni parola di quell’uomo.
L’orgoglio, lo scatto repentino: lo schiaffo
ad House con la mano aperta.
Lui non fa una piega, prende la mano di
Cameron e deciso la allontana dalla sua guancia. Negli occhi ancora quell’odio
che non si ferma nemmeno davanti al pianto ormai disperato della sua
assistente. Nella sala gremita non si sente volare una mosca, dopo la
concitazione iniziale. Le parole fredde e atone di House risuonano urlate nelle
orecchie di Cameron: “Sai una cosa. Ti ho dato troppa confidenza in questi
anni. E si, un sentimento verso di te, fortissimo mi ha preso: disgusto.” –
Cameron sussulta come se la avessero colpita, gli occhi persi nel vuoto. La sua
mano è ancora in quella di House, prova a stringerla, in un ultimo disperato
tentativo: “perdonami…”, ma House è spietato, con lei ancora di più: lei che si
illudeva di conoscerlo, di capirlo. Lei che lo aveva persino convinto, no,
Cameron non mi sparerà mai alle spalle, lei è l’unica degna del mio rispetto e
della mia fiducia. “Ci ero cascato…”, sussurrà in un filo di voce che stavolta
Cameron non percepisce. Con quel misero imbroglio da quattro soldi, lei gli ha
dimostrato che non merita nulla da lui, che è come gli altri. Tenterà di
cambiarlo fino alla fine. Nulla di strano: tutti provano a cambiarlo.
L’importante è saperlo e prenderne le distanze. Cos’è che gli fa tanta rabbia
allora? Da dove nasce quella rabbia furiosa che sente ancora, dopo tutto quel
parlare, dentro di sé? House scuote la testa: non lo sa, non lo vuole sapere.
La guarda: lei ha il viso rivolto verso il pavimento bianco, le lacrime
continuano a cadere. Non potrebbe provare alcuna compassione ora. “Forse non
era quello che volevi sentire Cameron. – si libera dalla mano dell’immunologa
con un gesto brusco – Ma ora capirai finalmente che io voglio essere lasciato
in pace! Tanto di più da una persona verso la quale provo solo odio. Odio!”.
Chissà perché l’ha ripetuta quella parola.
Intanto, finalmente era arrivata la Cuddy. Capì
tutto: Cameron in lacrime, vicodin a terra, House con un’espressione
agghiacciante sul volto.
“Scusatemi signori, perdonateli, oggi il
dottor House non si sente affatto bene! Per favore dottori seguitemi nel mio
ufficio… Voi non temete, arriva subito un altro medico a completare le visite,
è tutto a posto!”
“Io non ti seguo da nessuna parte Cuddy. Ho un
caso da risolvere.” – “Tu non hai nessun caso House! Ora vieni con me!” – “Ehi
Cameron, non ti ho licenziata, quindi ti aspetto in sala riunioni per le
diagnosi.”, House ignorò completamente la Cuddy e si allontanò. La direttrice
sanitaria l’avrebbe picchierebbe se solo non ci fossero i cocci di Cameron da
raccogliere. Cameron però rifiutò ogni aiuto. “Tranquilla Cuddy, ora prendo una
boccata d’aria e mi riprendo.”
L’immunologà uscì quasi barcollando dalla
porta d’ingresso. La Cuddy la osservò per un attimo, poi le corse dietro: al
diavolo le carte. Cameron meritava qualcuno accanto. In qualche modo si sentiva
responsabile di quello che era successo.
“Ehi Cameron! Aspettami, vengo con te!”