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Autore: SassyUnicorn    11/06/2012    4 recensioni
Avete mai immaginato un risveglio con luce soffusa, odore di buono e qualcuno al vostro fianco che vi stringe per tenervi al caldo?
Ma un Frank Iero l’ha pensata diversamente quando, dopo la festa dagli amici di Holly, ubriaco fradicio e incapace di intendere e di volere, ha ceduto alle braccia del suo migliore amico ed è andato a dormire da lui.
Il problema sta nel fatto che al suo risveglio Frank non solo ha trovato odore di frittelle, poca luce in giro e il suo migliore amico a due palmi dal viso.
Ora, mettete da parte il risveglio e immaginate un Gerard Way con quei suoi capelli neri, la faccia pulita e pallida con quei vaghi tratti femminili e il suo dolce profumo che va da quel retrogusto di sigaretta, passa per una caffetteria e poi di tuffa in un barattolo di vernice.
Questo è il Gerard Way che sta dormendo affianco a Frank, ora unite il tutto: aggiungete le ombre sul viso di Gerard, tirate le labbra in un sorriso calmo e posate dolcemente la sua manina vicino al cuore che batte pazzo di Frank.
Che dire, un risveglio decisamente a doppio taglio per il povero, piccolo Frankie.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Avete mai immaginato o vissuto un risveglio con luce soffusa, odore di buono e qualcuno al vostro fianco che vi stringe per tenervi al caldo?
Sarebbe perfetto direte voi, no?
Ma un Frank Iero l’ha pensata diversamente quando, dopo la festa dagli amici di Holly, ubriaco fradicio e incapace di intendere e di volere, ha ceduto alle braccia del suo migliore amico ed è andato a dormire da lui.
Il problema dove si presenta?
Il problema sta nel fatto che al suo risveglio Frank non solo ha trovato odore di frittelle, poca luce in giro e il suo migliore amico a due palmi dal viso.
Ora, mettete da parte il risveglio e immaginate un Gerard Way con quei suoi capelli neri, la faccia pulita e pallida con quei vaghi tratti femminili e il suo dolce profumo che va da quel retrogusto di sigaretta, passa per una caffetteria e poi di tuffa in un barattolo di vernice.
Questo è il Gerard Way che sta dormendo affianco a Frank, ora unite il tutto: aggiungete le ombre sul viso di Gerard, tirate le labbra in un sorriso calmo e posate dolcemente la sua manina vicino al cuore che batte pazzo di Frank.
Che dire, un risveglio decisamente a doppio taglio per il povero, piccolo Frankie.
 
 
***
 
Sospirai guardandolo fisso dalla mia angolazione perfetta; testa sul cuscino a due palmi dal suo naso.
Quelle ciocche ribelli che mi sfioravano il viso le immaginavo come sue carezze, che cosa gay.
Gliele spostai dietro l’orecchio cercando di fare delicatamente per evitare che si svegliasse. In quel momento Gerard che dormiva era l’unica cosa che avrei voluto vedere. Era perfetto e questo mi faceva arrossire per non so quale assurdo motivo.
Il suo respiro calmo mi sfiorava le labbra che formicolavano per la voglia di baciarlo.
Un momento.
Posso spiegare.
So che non è una cosa normale voler baciare il proprio migliore amico ma.. Insomma, il vostro migliore amico non è Gerard Way, sicuramente. Non ha quei modi affettuosi e amorevoli, calmi e dolci quando vuole e prepotenti se si arrabbia per qualcosa che vuole ottenere.
Come quando quella mattina, dopo aver fatto colazione ed essermi ripreso da quel risveglio tutto fusa e profumo di Gerard, ce ne stavamo nella sua stanza.
Io seduto sulla scrivania con le gambe penzolanti e lui che cercava di disegnare.
“No cazzo, no!” lo aveva ripetuto almeno dieci volte nell’arco di venti minuti e io ogni volta ridacchiavo ma non osavo immischiarmi, doveva completare una tavola per l’accademia ed era colpa mia se era in ritardo, il giorno prima l’avevo praticamente trascinato per locali.
“Ti preparo un caffè.” non aspettai una risposta e scesi in cucina, come se fossi a casa mia, ormai erano 13 anni che giravo per quelle stanze. Donal e Donna erano a lavoro e Mikey doveva essere a scuola. Oddio, anche io sarei dovuto andare ma la sveglia in camera di Gerard sembrava non esistere.
Preparai le tazze, due cucchiaini di zucchero a me e uno scarso a Gerard. Versai il caffè e mi feci coraggio davanti alle scale, ce la potevo fare a salire senza rovesciare il tutto, no?
“Geeeeeeeeee” mi lamentai a metà scala. Sentii la sedia sul pavimento e la figura di Gerard avvolta in quella felpa nera larga e comoda mi si piantò davanti. “Aiutami, ti prego!” lo guardai implorante e lui scosse la testa sorridendo.
“Non cambierai mai!” prese la sua tazza e senza muoversi ne prese un sorso.
“E perché dovrei?!” gli risposi a tono bevendo anche io.
Non so perché ci ritrovammo seduti sul legno delle scale a bere il nostro caffè.
Con Gerard era sempre così, il tempo passava senza che tu te ne accorgersi, era tutto così naturale che agivi senza preoccupartene ed era sul serio la sensazione più bella che io abbia mai sentito. La libertà con un amico.
Lo guardai continuando a sorridere mentre lui era nascosto dietro la sua tazza.
Sospirai e allargai il sorriso quando il suo sguardo si posò su di me.
“Programmi per oggi?” mi chiese poggiando la sua tazza vuota alla sua destra.
Scossi la testa e continuai a bere.
“Resti a pranzo? Penso di essere solo quindi..”
“Cucino io.” completai la sua frase e ritornammo a ridere.
 
Mi trascinò di nuovo nella sua stanza e mi permise di accendere la radio mentre lui tentava ancora di disegnare. Non c’avevo capito molto, doveva essere una tavola di anatomia o robaccia simile. Per me fra una matita e un pezzo di legno non c’è molta differenza e ogni volta che glielo facevo notare ridendo sotto i baffi lui si incazzava e  si mette a sbraitare su come il disegno e l’arte in generale renda liberi e senza pensieri e come sia lo specchio della sua anima.
L’anima di Gerard, su quella c’era da discutere.
Da bambini Mikey ruppe le tempere di Gerard, era in astinenza da disegno e Donna non gli dava retta.
Tentò di rubare dei soldi dal portafoglio della madre ma senza riuscirci e beccandosi una settimana di punizione. Un pomeriggio sulla mia veranda si mise a piagnucolare qualcosa come “Mi venderei l’anima per delle tempere!” io, scemo come solo un bambino di 12 anni può essere, mi ricordai di avere delle vecchie tempere in garage da qualche parte.
Cosa feci? Mi feci firmare un foglio, o meglio un tovagliolo, con scritto che Gerard mi donava la sua anima!
Dove l’avevo visto? Ai Simpson, ovvio!
Penso di avere ancora da qualche parte quel foglietto.
Possedere l’anima di Gerard sarebbe stato come manipolare la sua arte, possederlo in tutti i sensi.
Farlo mio..
Ma Gerard non era mio, non in quel senso almeno.
Gerard era dell’arte.
Gli scompigliai i capelli sopprimendo la voglia di accarezzarlo dolcemente.
Imprecò senza mezzi termini e mi spinse via. Risi e mi buttai sul letto.
Il suo profumo mi aleggiava intorno e mi sentivo anche mezzo stordito.
“Gee ma che devi disegnare?” gli chiesi sbuffando.
“Te l’ho detto cinque volte, devo fare una tavola di anatomia!” buttò esasperato la matita sulla scrivania che rotolò per terra.
Mi puntellai sui gomiti giusto in tempo per trovarlo piegato nel prendere la matita e, quindi, per ammirare la sua schiena\fondoschiena pallida. Guardai subito altrove tirando su nervosamente con il naso.
Sbuffò di nuovo e si alzò dalla sedia, io mi ributtai con la schiena sul letto.
“E perché non riesci?”
“Non lo so! Frankie, cristo è stressante quando non riesco a disegnare due ossa!” aveva un tono alto ma sapevo benissimo che non era arrabbiato con me ma bensì con le tavole maligne.
“Ti serve una musa.” buttai lì ridacchiando. Lui fermò il suo vagare per la stanza e mi puntò gli occhi addosso.
Alzai la testa e lo trovai a fissarsi la punta delle scarpe.
“Fanculo!” sbottò dopo un po’ e ricominciò a vagare.
“Cristo Gerard Arthur Way. O ti fermi o ti lancio fuori da quella finestra!” indicai per bene la finestra e sbuffai battendo le mani sul materasso.
 
 
“Sei sicuro di voler la panna con quei cosi?” gli chiesi scettico indicando i noodles. Gerard annuì convinto con le guance porpora per via della (già) terza birra.
Cercò di berne ancora ma gli rubai la bottiglia bevendone l’ultimo sorso. Lui mi si appiccicò addosso cercando di riprendersi la bottiglia e io mi trovai spiazzato. Gli mollai subito la birra e mi divincolai vicino ai fornelli per evitare altri incontri “ravvicinati”, i suoi occhi mi facevano sempre un certo effetto. Purtroppo.
“Senti, non è meglio se ti faccio un sandwich?” gli chiesi disperato.
Grugnì qualcosa e si butto con il sedere sul tavolo. “Fai un po’ quello che vuoi! Basta che muovi il culo perché ho fame!” marcò le ultime parole per farmi capire il concetto e ridendo iniziai a tagliare via la crosta dal pane, come piaceva a lui.
“Si mangia su o giù?” gli chiesi con in mano i piatti con i due sandwich.
“Sul divano.” Accordò lui prendendo il suo.
Partì un film a caso e Gerard si sbranò il sandwich e metà del mio, non avevo per niente fame.
Mi buttai letteralmente sulle gambe di Gerard e poggiai la guancia sulla sua pancia morbida cercando di raggomitolarmi per stare caldo.
“Hai freddo?” mi chiese continuando a guardare il film ma la sua mano era già arrivata sul mio braccio e mi stringeva un po’ a lui.
Questi, sono questi i piccoli gesti di Gerard Way che ti portano ad innamorarti incondizionatamente di lui.
O forse sono io che sono irrimediabilmente gay.
Sospirai piano, ormai i sospiri uscivano da soli, sperando di non essere sentito.
La mano di Gerard era ormai sulla mia guancia e mi spostava delle ciocche dietro le orecchie.
“Indovina un po’..” dissi svogliato.
“Hai sonno?” completò la mia frase e io annuii pigramente rannicchiandomi ancora di più. “Se vuoi andiamo sopra, tu dormi e io cerco di disegnare..” sembrava una proposta accettabile.
Cercai di tirarmi su senza successo e Gerard mi prese in giro, “Vuoi anche essere portato in braccio?!”
Sapevo benissimo che stava scherzando, lo sapevo, insomma si capiva dal suo tono e dalla risatina che seguì la domanda ma una piccola vocina da qualche parte vicino al fegato mi diceva “sii,dì di si!” e io come un fesso risposi.
“Si.” Mi guardò stranito, “Si, voglio essere preso in braccio, non sono poi così pesante!”
Dopo varie preghiere mi trovavo con il viso affondato nel collo di Gerard che saliva le scale.
Mi trattenni dal dargli un bacio per assaggiare quella pelle bianca e calda che profumava di buono.
Gerard Way mi renderà pazzo.
Al piano di sopra, di nuovo in quel covo che era la stanza di Gerard, non mi lasciò subito, forse indeciso su dove buttarmi.
“Sai che sei leggero?” scherzò dondolandomi, io gli feci la linguaccia. Ma sul serio, non volevo proprio scendere, sarei rimasto lì fra le sue braccia per ore.
“Allora non lasciarmi..” azzardai con un sussurro e il viso seppellito sulla sua spalla. Non osavo alzare il viso, non che il mio collo me lo permettesse, ero immobile, tipo statua di sale. Respiravo piano e per quei due o tre secondi di silenzio sperai con tutto me stesso che non mi avesse sentito, ogni secondo un colpo al cuore. Eppure non mi pentivo, insomma se mi era uscito era quello che volevo, no?
Non lo sentivo nemmeno respirare, insomma che cazzo avevo detto?!
Non era un “amami” non era un “sposami” non era niente di che eppure fu come l’inferno.
Mi morsi furiosamente un labbro e mi sforzai, davvero, per alzare il viso e rendermi conto del perché di tutto quell’attesa. Cercai di sorridere e ridacchiare, ma quello che uscì fu una smorfia accompagnata da un suono strano.
“Scher-“ cercai di riparare ma quello che mi bloccò fu molto, molto piacevole.
Presenti l’immaginarsi un cuscino quando sei stanco, te lo immagini comodo e morbido che ti avvolge e ti fa riposare. Bianco morbido e perfetto, il paradiso. Lo sogni tanto e quando, finalmente lo raggiungi e ti ci siedi ti sembra qualcosa di, appunto, paradisiaco.
Così, quelle labbra screpolate e morbide (cazzo se erano morbide) mi bloccarono.
Un bacio. Un bacio di Gerard Way.
Un bacio veloce, troppo, seguito da occhiate fra lo spaventato e l’imbarazzato.
Le sue iridi verdi schizzavano dai miei occhi alle mie labbra, le sue mani mi stringevano più di prima e il mio cuore si stava fermando.
“E chi ti lascia..” fu un sussurro nel mondo reale, ma nel mio, quello dove tutto era fatto di unicorni e chitarre, quel sussurro arrivo come un onda. Ma che onda, una tempesta! Colpito in pieno viso aggiungerei.
Aprii la bocca per replicare non so nemmeno io cosa ma di nuovo quelle due labbra magnifiche occuparono le mie in un bacio degno di tale nome.
Piccoli baci umidi e poi fece capolino la sua lingua che mi tracciava le labbra e chiedeva il permesso di incontrare la mia. Io non ci pensai due volte a schiudere le labbra. A dire il vero il tutto avveniva senza che me ne rendessi conto, ma tutto era fottutamente bellissimo.
Feci pressione sulle braccia di Gerard per tornare con i piedi per terra.
Mi posò lentamente a terra senza staccare le labbra dalle mie. Gli afferrai una mano d’istinto.
Piano, accompagnata dalle carezze che dedicava alle mie labbra e al mio palato, la sua mano accarezzò la mia fino ad intrecciare le sue dita con le mie. Dolce vero?
Mi forzai sulle punte preso dall’emozione e gli circondai il collo con il braccio libero per avvicinarlo ancora di più a me ma lui prese a camminare, mi spinse lentamente all’indietro e le mie gambe cedettero a contatto con il materasso. Caddi io, ma lui appiccicato a me.
Quelle labbra ancora attaccate alle mie e non davano segno di voler staccarsi. La mano ancora saldamente intrecciata alla mia strisciò sul letto fino a trovarsi sopra le nostre teste.
Ossigeno, maledetto ossigeno.
Si staccò di qualche centimetro da me e i nostri occhi si incontrarono, i suoi ancora un po’ imbarazzati.
Nessuno dei due parlò, il mio pollice che accarezzava il suo collo e il suo respiro affannato mi confondeva un po’.
Agire o aspettare?
Che cazzo di dilemma.
Chiusi gli occhi senza un perché e sentii le sue labbra sulla mia guancia, piegai istintivamente la testa di lato e quelle labbra passarono al mio lobo, al mio collo e di nuovo alle mie labbra.
 
 
Avvinghiati come due pezzi di un puzzle continuavamo a fissarci fra vari sorrisi imbarazzati.
Un pomeriggio intero passato a scambiarci baci e carezze, come due fidanzatini alle prime armi. Si stese sul letto e lo sguardo gli cadde sulla scrivania e si rialzò velocemente con un sonoro sbuffo, io ridacchiai.
“Che palle..” guardò la scrivania e poi me, con una faccia che esprimeva mille scuse. Sorrisi e mi sporsi per lasciargli un bacio.
“Vai a finire.” lo intimai ma lui restò fermo a guardarmi ancora un po’.
“Non ci riesco!” disse rassegnato.
“Te l’ho detto, ti serve una musa!” lo punzecchiai stendendomi con i palmi sotto la testa.
“Allora spogliati.” Il suo tono di voce mi arrivò a dir poco serio. Lo guardai divertito e anche i suoi occhi erano seri, oddio, seri fino a quando non vide la mia faccia rossa, poi si, scoppio a ridere.
“I tuoi arti hanno una forma perfetta e sei così magro che non sarà difficile disegnare la forma delle ossa.” Mentre parlava continuavo a guardarmi le braccia mezzo offeso.
“Ehy non so-“ non finii la frase che me lo ritrovai di nuovo addosso con un faccino supplicante.
E cosa puoi fare? Ribellarti al tuo migliore amico che ti chiede un aiuto disperato?
No, non puoi.
“Si però mi fa freddo!” mi lamentai per la decima volta da quando mi aveva letteralmente strappato la maglia dal petto senza che io avessi ancora accettato.
Devo però ammettere la cosa mi è piaciuta abbastanza. Quanto sono gay.
Sicuramente le braccia di Mikey sarebbero state più facili da disegnare ma non osai farglielo notare dopo che mi aveva minacciato con una 6H dall’aria minacciosamente appuntita.
Anche se stavo fottutamente congelando buttato sul letto come un salame.
“Se vabbhè, io dormo” mi lamentai, di nuovo, prima di appisolarmi e risvegliarmi, non so quanto dopo avvolto da un abbraccio di Gerard.
Mi strinsi al suo petto sorridendo.
“Tu dormi sempre” mi prese in giro lui graffiandomi scherzosamente la schiena.
Lo ignorai e sollevai il viso per baciarlo.
“Finito di disegnare?” lui annuì.
“E quindi ora non lasciarmi” sussurrai di nuovo senza pensarci, direi che quando ho il profumo di Gerard intorno capita troppo spesso. Lui ridacchiò e mi baciò i capelli.
“Ma.. quindi..” balbettò Gerard, dopo minuti intere di carezze, tracciando linee invisibili sulla mia schiena.
“Ti amo.” Sussurrai talmente piano che mi venne il dubbio: ma l’ho detto o no?
Arrossii strizzando gli occhi e sperando due cose totalmente diverse: -speravo che Gerard non mi avesse sentito per paura di aver detto la cosa sbagliata al momento sbagliato; -speravo che Gerard mi avesse sentito per non doverlo ripetere di nuovo.
Sorrise, poi si lasciò sfuggire una risata e iniziò a baciarmi il viso, le mani, il collo, il petto, tutto.
Lo presi come un “ti amo anche io”.
E feci bene.
 
 
 
 
 
OMG questa OS vegeta nella mia cartella da Marzo e non l’ho mai finita.
Oggi l’ho ritrovata e riletta e mi è piaciuta troppo. Che poi per piacere a me vuol dire che è bella!
Molto molto molto mielosa e vorrei passare anche io una giornata simile con Gerard, sob.
Niente pretese, spero solo vi sia piaciuta.
Baci,
Ann
   
 
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