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Autore: xtomlindad    11/06/2012    3 recensioni
OS inerente alla long-fic Domino. Vi conviene leggere prima quella e poi questa altrimenti non ci capirete nulla.
Francesca, xx.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Mancanze
-Louis-

 
Quando me ne andai da quella casa, sentii subito un vuoto dentro di me. Sicuramente incolmabile.
Ero certo che se me ne fossi andato da lì, quello che avrei voluto fosse il mio ragazzo, mi avrebbe velocemente dimenticato e giustamente avrebbe vissuto una storia d’amore con un’ altra persona, più possibilmente una donna, avrei sperato. Non volevo impormi sul bene altrui, o sul giusto ed il sbagliato, ma se lui avesse scelto una donna quando sarei tornato da lui non avrei sofferto, poiché cosciente che nessun altro uomo poteva renderlo felice come avrei potuto farlo io.
Il nostro rapporto doveva rimanere solo di pura amicizia, perché è così che era nato un ‘noi’.
Se ci fossimo messi insieme, dopo, quando ci saremmo lasciati, cosa sarebbe successo? Non penso saremo rimasti insieme; mentre se, invece, il nostro rapporto di natura amichevole fosse rimasto integro allora ciò sarebbe potuto durare per sempre. Almeno, avrei avuto la certezza di averlo al mio fianco per tutto il tempo di cui noi due avevamo bisogno.
A questo punto, il mio dolore interiore, la mia sofferenza, non sarebbe stata rilevante, poiché il secondo fine era il bene di una persona che secondo me era più importante di me stesso: Harry Edward Styles.
Quando lo incontrai per la prima volta pensavo addirittura che fosse un, non so, angelo caduto dal cielo. Un qualcosa di sovrannaturale, ed a sentirne i commenti delle ragazze della nostra scuola capii che non sarebbe mai diventato mio. Ora, per una ragione od un’ altra, ne avevo la certezza.
Avere sempre la certezza di qualcosa sicuramente non è bene, ma avere dubbi è ancora peggio: ti illudi e basta, e questo è controproducente.
 
Stavo vagando senza meta, con un borsone sulle spalle, e la testa da tutt’ altra parte. Insomma il mio obbiettivo principale era poter stare, quanti, un anno o due lontano da lui, in modo che potesse rimuovere il ricordo della nostra felicità insieme, che potesse rifarsi una vita anche senza di me al suo fianco; invece ora mi ritrovavo, quasi quattro anni dopo, fuori da un ospedale.
 
Flashback:
Ero appena scappato, come un codardo con la coda tra le gambe, senza nemmeno lasciargli un biglietto oppure una spiegazione, ma dovevo farlo. Attraversai la strada, di corsa, senza mai guardarmi indietro, quando dei fari mi abbagliarono. Mi scostai, quasi all’ improvviso, ed evitai quella che sarebbe potuta sembrare una brutta morte, ma non avevo calcolato che essere investiti non era l’unico modo per morire e fare una brutta fine.
Nemmeno il tempo di pensare, che mi ritrovai steso sull’asfalto del marciapiede su cui poco prima ero caduto. Nero, vidi solo quello.
 
Mi dissero che mi era entrato un proiettile nel cervello, che quando un passante mi trovò ed accorse in mio aiuto ero quasi senza speranze, che ero in un lago di sangue, che le speranze di salvarmi erano rare. Rimasi quasi quattro anni in coma, perché l’operazione, a quanto pare, portò gravi conseguenze. Dovetti fare anche tre mesi di riabilitazione, ed il fatto che io riuscii a riacquistare le mie capacità celebrali e i miei ricordi era, a detta dei dottori, un record.
Quando mi dimisero dall’ ospedale, decisi che era ora di ritornare da Harry, la persona che non avevo mai dimenticato, ma quando tornai al campus, il rettore mi disse che i miei tre migliori amici si erano diplomati giusto un mese prima, e si erano trasferiti altrove, mentre il quarto, Niall, disse che cambiò addirittura Paese. Tornò in Irlanda.
Oh, quanto cercai i nuovi indirizzi dei miei amici, ma passarono i giorni prima di trovare uno straccio di indizio. Dopo aver chiesto a destra e manca riuscii a raggiungere la meta: un pianerottolo che dava su di una porta d’ingresso in legno bianco.
Bussai, lentamente, come se ogni colpo potesse uccidermi. Nessuno venne ad aprire, allora bussai nuovamente, una, due, tre volte. Scagliai colpi a raffica, ed ad un tratto scoppiai a piangere, mentre le mie nocche divenivano bianche, e il dolore alle mani si faceva più insistente.
Mi accasciai, lì, davanti a quella porta color bianco insignificante, quando una voce maschile interruppe le mie lacrime miste ad i miei pensieri.
-Ha bisogno?- chiese la voce rauca maschile.
Sostava sulle scale, evidentemente stava appena rientrando in casa, quella che io avevo appena maledetto, o almeno questo era ciò che potevo intravedere siccome ero seduto sui primi scalini e, indossando un cappello, tenevo la mia testa tra le mani mentre i miei occhi erano arrossati e la mia vista opaca.
Indossava un pio di scarpe nere. Mi stropicciai gli occhi e ne potei benissimo distinguere marca e modello: air force nere, nike.
-No- risposi con un pizzico di voce. Di quella poca voce che mi era rimasta in gola.
-Sicuro?- annuii, e mi alzai, dirigendomi verso l’uomo, verso la fine della gradinata.
Gli passai accanto, senza degnarlo di un’ occhiata, con il respiro accelerato e con il magone.
-Louis- sentii sussurrare da quella voce.
-Come scusi?- mi girai, alzando finalmente lo sguardo, e trovando davanti a me un ragazzo sui ventiquattro anni: capelli rasati, jeans stretti sopra e larghi sotto, nike nere, un cappello ed una felpa.
Lo guardai negli occhi.
-Forse mi ha scambiato per un’ altra persona- dissi tutto d’ un fiato.
“Anche se mi pare di averti già visto, da qualche parte” pensai.
Lo guardai, attentamente, per poi avanzare di qualche passo, e scrutarlo attentamente negli occhi verdi.
-Forse ha ragione lei- ammise ad un tratto il giovane –Forse mi sto confondendo- esplicò, per poi rivolgermi un sorriso forzato.
Si girò, ed in silenzio salì la rampa di scale che lo avrebbe portato davanti casa sua. Estrasse un paio di chiavi, cui attaccato c’era un portachiavi con un orsetto.
“BooBear” pensai.
-Dove sono finiti, i tuoi ricci ribelli?- chiesi con un filo di voce spezzato dalle lacrime.
-Li ho tagliati molto tempo fa. Più precisamente un anno dopo che tu te ne andasti- era impassibile, sosteneva il discorso senza abbassare la testa, ma fissando la porta a testa alta.
-Mi dispiace- ammisi infine.
-Mi hai rovinato la vita, Louis. Credi che tornare da me, così, e scusarsi, basti?-
-Credi che essere vittima, così, di una sparatoia e poi tornare da te, sia facile?-.
Si voltò nuovamente, ed osservò il mio viso con espressione confusa e crucciata.
-Cosa vuoi dire?-
-Sono stato in coma, Harry- ammisi.
Confessarlo, ammettere che quell’ episodio era realmente avvenuto, era un colpo al cuore. Era la prima volta che ne parlavo con qualcuno, oltre che con i medici, ovvio, ma questi non contavano con la mia emotività.
-Mi sei mancato- disse, senza un filo di espressività nel tono di voce.
-Anche tu-
-Non è vero. Non te ne saresti andato sennò-
-Ma che cosa ne sai tu?- chiesi retoricamente assottigliando gli occhi –Io l’ho fatto per te-
-Per me?-
-Sì, perché ti amo-.
Mi guardò. Continuò a guardarmi con insistenza, per poi squadrarmi.
-Entra, dobbiamo parlare-.
 
Sono passati cinque lunghissimi anni da quel primo giorno al mio trasferimento al campus. Sono passati quasi cinque anni dal mio incidente. E’ passato più di un anno dal mio risveglio; ed è quasi passato un anno dal mio ritrovato amore.
Ora, io ed Harry viviamo felicemente, anche se lui preferisce non raccontare questa storia, perché lo fa soffrire, e preferisce raccontare solo la prima parte, lasciando le persone con la loro immaginazione e una seconda parte di storia in incognito.
Ora ho ritrovato anche Rochelle, mi era mancata anche lei; mentre di Niall, che non ho ancora trovato, e di Zayn preferisco non parlare. Queste, sono altre storie.
 









 

A.A: Angolo Autrice:
Ed ecco uno dei tanti  intrecci OS che vi avevo promesso.
Spero vi piaccia, tanto come la long fic DOMINO.
Baci Baci, Francesca.

  
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