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Autore: Nemsi    12/06/2012    8 recensioni
Essere i paldini del pianeta Terra comporta molte sofferenze e rinunce, anche le più impensabili.
Breve raccolta che analizza i protagonisti di The Avengers e il loro rapporto con l’amore e il sesso.
01. Tony Stark
02. Bruce Banner
03. Clint Barton
04. Steve Rogers
05. Natasha Romanoff
06. Thor
07. Loki
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Loki, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Nulla di tanto trascendentale, solo una breve raccolta di one-shot  [lo so le trame me le sogno di notte ù.ù NdA] in cui i protagonisti di The Avengers si analizzano e raccontano il loro rapporto con il sesso e (forse) l’amore.
E come non cominciare, se non con il nostro genio miliardario playboy preferito? =P
Dedicata a Max che sopporta con santa pazienza i miei scleri...

 

Tony Stark

1115 parole


Adoro il sesso. E’ la più grande gioia della vita. Seguito dall’inventare. E dalle ciambelle. Semplicemente non posso farne a meno.
E’ come uno stupefacente, solo vagamente più salutare. E io sono un drogato di prima categoria.
Non mi sono mai fatto scrupoli di alcun genere. Mi son sempre piaciute le belle donne. E io piaccio a loro. L’equazione perfetta.
Sono un genio, miliardario e festaiolo. Inoltre, ho dalla mia il magnetismo animale degli Stark. Inutile dire che avevo un intero oceano di pescioline a guizzarmi intorno. So bene che alcune mi avvicinavano spinte da meno nobili motivazioni che una notte da guinness in cima ad un grattacielo. Non sono stupido. E per quanto il mio orgoglio ne possa uscire deluso, so che probabilmente sono state molte più di quelle che io voglia ammettere. Ma non rimpiango nulla. Do ut des. Io usavo loro, loro usavano me. E’ equo. Ne uscivamo tutti vincitori. E nessuno ferito. Verbi al passato, perché ora c’è solo Pepper.
Ecco, lei mi destabilizza.
Non posso fare a meno di pensare che prima era tutto più semplice.
Un paio di drink, qualche battuta, una notte a rotolarci tra le lenzuola (o sul divano o sulla terrazza o su... ok ho reso l’idea) e la mattina dopo arrivederci e tante belle cose. Nessun sentimentalismo. Solo semplice appagante sesso. Ora è diverso.
A lei ci tengo. E questo incasina le cose.
Non posso più essere libero di fregarmene altamente, ed essere fottutamente egoista. E non solo sotto le coperte.
La prima volta che siamo finiti a letto è stata tragica. O comica, dipende dai punti di vista.
Credo di non essere mai stato tanto imbranato. Ho inanellato gaffe come le medaglie di un atleta professionista alle Olimpiadi. Le ho macchiato il vestito con il borgogna, l’ho punta con il gancetto del reggiseno e ci siamo quasi ribaltati quando ho perso l’equilibrio mentre...vabbè, dettagli. Ho anche rischiato di fare cilecca. E a me non capita mai...ok quasi mai.
Dal canto suo, Pepper si è incastrata tra i miei capelli, è inciampata nelle mie scarpe e mi ha graffiato nel togliermi i boxer. Siamo stati goffi come due adolescenti maldestri. Almeno la prima volta. Con la seconda ci siamo rifatti. La terza poi, meritavamo una standing ovation.
Però non è questo quello che conta. Ciò che non posso scordare è successo dopo.  
Ho passato il resto della notte a guardarla dormire. Non l’avevo mai fatto prima.
E l’ho realizzato con una chiarezza disarmante.
Posso ferirla.
E non solo quando indosso l’armatura e volo per la città, lucente e figo da paura, per salvare New York dai cattivi. Mi spingo sempre al limite, più del dovuto e troppo spesso. Probabilmente quando il Padreterno ha distribuito l’istinto di autoconservazione, dovevo essere ubriaco in qualche angolo e me lo sono perso.
Io sono fatto così.
Se c’è un obbiettivo da raggiungere è inutile giraci intorno ed inventarsi scuse. Un fallimento è un fallimento. E quando si tratta di IronMan, un fiasco implica la morte di qualcuno. E questo io non lo accetto. Non potrò mai accettarlo. Non sono un fottuto soldato e dei danni collaterali non riesco a farmene una ragione. Un buon piano, non deve prevedere perdite a priori, o è un piano di merda. Statistica e buon senso non contano. Se qualcuno muore perché non sono stato... “abbastanza”, sono le mie mani ad essere lorde di sangue. E nessuna cazzo di scusa patriottica può lavarlo via. Delle volte, invidio a morte Cap e quel suo fottuto animo corazzato da perfetto soldatino.
In fondo me lo sono scelto, per cui non ha senso lagnarsi.
Certo, il reattore Arcam che ho nel petto serve a mantenermi in vita e una volta questo mi sarebbe bastato. Adesso, dopo quello che ho visto e ho causato, costruendo e vendendo strumenti di morte, essere vivo non è abbastanza. Devo fare qualcosa per riparare ai miei errori. Ad ogni costo.
Tutto questo non c’entra niente con il sesso e la mia relazione stab-...ilita. Evitiamo inutili divagazioni.
Ergo, io posso farle veramente male. E lei può fare altrettanto. Eccome se può. E non c’è armatura che tenga.
Questo mi... intimorisce un po’.
No, stronzate. Mi terrorizza, ecco la verità.
Basta un suo sguardo.
A volte, scorgo nei suoi occhi celesti una critica taciuta o tristezza malvelata, e mi fingo cieco. Ma il peggio non è quando faccio qualche cazzata oppure esagero con le mie manie di protagonismo.
Ogni tanto non riesco ad ignorarlo. Le sto spiegando una nuova idea e sono assolutamente esaltato. E non solo per il progetto. Ma perché, finalmente, ho qualcuno con cui condividerlo, che mi comprenda appieno e non finga soltanto. Ed ecco che la perdo per strada. E sono di nuovo solo. Ovviamente, faccio finta di nulla. Sono un maestro d’indifferenza, se voglio. Se sono particolarmente irritato, invece, sgancio qualche battutina acida che fa più danni di un’atomica su Bikini. Ferendo entrambi, sotto la superficie, in profondità.
Non so quanto a lungo, anche una come Pepper, potrà riuscire a reggere il mio bipolarismo da manuale. E  questo mi fa una paura fottuta.
Di perderla. E di finire come loro. I miei genitori.
Di mio padre ricordo poco. Se non la sua freddezza. Un iceberg emana più calore.
Era sempre troppo occupato, troppo preso, troppo impegnato per me. E probabilmente anche per mia madre. Mia madre... lei era bellissima.
So che è banale e che ogni strizzacervelli da quattro soldi mi diagnosticherebbe un complesso di Edipo irrisolto, ma lo era davvero. Così dolce e premurosa da non sembrare reale. Mi era sempre accanto, non mi sgridava mai né mi cacciava via come faceva mio padre. Eppure crescendo l’ho odiata. Non riuscivo a sopportare quel suo perbenismo così anni 50. Era una donna piena di talenti, eppure si relegava al ruolo di soprammobile, sempre al suo fianco, fedele e docile come un cane. Anche quando lui non meritava altro che un calcio in culo. Non l’ho mai sentita alzare la voce, neppure quando se ne stava ore ed ore ad ubriacarsi. Pesandoci bene, probabilmente è per questo che Cap riesce a farmi saltare la mosca al naso con una facilità disarmante. Me la ricorda da morire. E questo mi fa incazzare.
Il mio grosso problema irrisolto rimane lui: Howard Stark.
Il Grande Uomo, l’indiscusso genio, il pessimo padre.
Adesso, però, posso capirlo. Non sopportava la più solitudine e cercava compagnia in fondo alla bottiglia. Oppure, cercava di annegare i sensi di colpa per essere il più grande produttore di armi del mondo intero. Peccato che quei fottuti figli di puttana sappiano nuotare da dio.
Ecco come si cresce con un padre anaffettivo ed una madre perbenista.
Si diventa geni solitari, privi del ben più piccolo scrupolo morale, con il pallino degli affari e tendenze da supereroe represso.
Ed irrimediabilmente sessodipendenti.

   
 
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