Al numero 4 di Privet Drive tutto era tranquillo.

Dudley, appena tornato da una passeggiata con gli amici, guardava la televisione mangiando un pezzo di torta, zia Petunia e zio Vernon allestivano la sala per l’imminente arrivo di Marge.

Al piano di sopra, Harry Potter preparava le valigie.

La partenza per Hogwarts era ancora lontana ma una lettera da parte del Signor Weasley annunciava il definitivo abbandono di Privet Drive; grazie a quella lettera avrebbe potuto finalmente abbandonare i suoi zii e iniziare a vivere a casa di una famiglia di veri maghi.

Mentre Harry riponeva gli ultimi bagagli all’interno della valigia qualcuno suonò il campanello; con il cuore in gola Harry balzò fuori dalla camera e si precipitò per le scale ma quando aprì la porta di casa Dursley, invece di vedere il sorriso rassicurante del Signor Weasley si trovò di fronte al perenne broncio di Marge.

"Volevi farmi aspettare tutto il giorno di fuori?" lo ammonì la sorella di zio Vernon.

Harry, con l’umore a terra, tornò in camera senza neanche rispondere; si sbattè la porta alle spalle e si sdraiò sul letto. Gli ultimi mesi erano stati atroci e l’ odio nei confronti di Voldemort ardeva dentro di lui come un fuoco; la morte di Silente aveva lasciato un vuoto incolmabile e la maggior parte delle persone che amava gli erano state portate via proprio davanti agli occhi: all’età di neanche un anno erano morti i suoi genitori, a sedici anni il suo padrino Sirius, ovvero l’unico contatto rimasto con la famiglia, e proprio qualche mese prima era stato ucciso il preside di Hogwarts, la sua guida nel mondo della magia; un lume immobile in un mare in tempesta.

Proprio mentre Harry era sopraffatto da questi pensieri un rumore sordo pervase la piccola stanza, si voltò verso la finestra e vide Edwige che batteva con il becco sul vetro; aprendo la finestra lasciò entrare la piccola civetta candida e, con grande gioia, vide che portava una lettera per lui.

La calligrafia del Signor Weasley era inconfondibile e diceva:

"Ciao Harry,

sono molto dispiaciuto ma non posso proprio venirti a prendere a casa dei tuoi zii; comunque per tua fortuna, sei grande abbastanza da poter creare una Passaporta e raggiungerci da solo.

A presto

Arthur."

Non aspettava altro, finalmente avrebbe potuto dire addio a quella squallida casa e ai suoi odiosi zii; in fretta e furia scrisse una lettera d’addio e prese in mano tutte le valigie, il manico di scopa e la gabbia di Edwige; dal piano di sotto qualcuno gridò il suo nome ma Harry non lasciò andare i bagagli, si tolse una scarpa e la poggiò sul pavimento, sfoderò la bacchetta dalla tasca e puntandola contro lo stivale pronunciò: "Portus!".

Qualcuno saliva le scale e si avvicinava alla porta della camera, Harry afferrò con fermezza la scarpa:"uno…", la maniglia scattò, "due…" zio Vernon fece irruzione nella camera e con uno sguardo di puro odio gli disse :"che diavolo stai combinando?", dando un ultima occhiata alla sua stanza e al volto di suo zio Harry pronunciò:"tre!"

Sentì cedere il pavimento sotto di lui e tutto cominciò a ruotare in un turbine di colori; di tanto in tanto vedeva il volto di zio Vernon passare davanti ai suoi occhi con un espressione furiosa, il volto e la camera si dissolsero in un bianco candido e un senso di vertigini pervase Harry; proprio quando credeva di stare sul punto di vomitare sentì i piedi toccare terra e davanti ai suoi occhi comparvero i volti allegri di Ron ed Hermione.

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