Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: braver than nana    12/06/2012    5 recensioni
{ larry stylinson are real.. bitch. }
Da lontano, dentro la mini nera lavata a lucido, Louis vide per la prima volta il Directions. Sul volantino che Stan gli aveva portato a lavoro, e che poi aveva messo nel portafoglio senza neanche rendersene conto, c’era scritto sotto la grande scritta rovinata con il nome del locale un semplicissimo ‘all that you’re searching for’ che lo aveva fatto ridere e riflettere.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nome: So many directions – the one.
Autore: braver than nana
Rating:
giallo
Conteggio parole:
1787
Riassunto:
Da lontano, dentro la mini nera lavata a lucido, Louis vide per la prima volta il Directions. Sul volantino che Stan gli aveva portato a lavoro, e che poi aveva messo nel portafoglio senza neanche rendersene conto, c’era scritto sotto la grande scritta rovinata con il nome del locale un semplicissimo ‘all that you’re searching for’ che lo aveva fatto ridere e riflettere.
Note:
questa idea mi girava in testa da un po' e naturalmente l'ispirazione viene solo quando sto sotto esami #soundlegit. Volevo ricordare al mondo che amo il fatto che mio nonno abbia una panetteria! 

So many directions – the one.

In città, il Directions, volenti o nolenti, lo conoscevano tutti. Le vecchiette di Kenginston ne parlavano storcendo le labbra raggrinzite quando si incontravano per strada, gli uomini d’affari lo avevano nominato davanti al caffè della colazione nei bar, le ragazzine si passavano le informazioni quasi sempre del tutto sbagliate arrossendo e sussurrando. Da quando un potente uomo d’affari, il cui nome ancora era tenuto nascosto, aveva aperto quel locale nel centro di Soho tutti, nessun cittadino di Londra e dintorni era stato escluso, ne aveva sentito parlare.

Si raccontava di questo grande vecchio magazzino all’apparenza malandato e decadente, con una vecchia insegna illuminata da vecchie lampadine intermittenti, che al suo interno racchiudeva il paradiso.

Louis, ovviamente, ne aveva sentito parlare così tante volte, in versione ogni volta così diversa, che ogni tanto si domandava se un posto del genere esistesse sul serio. Josh, qualche settimana prima, gli aveva accennato qualcosa tra le risate –come se in un locale per gay ci fosse qualcosa di estremamente divertente– ma non era riuscito a dargli molti particolari. Poi Stan lo aveva raggiunto a lavoro, un paio di giorni prima, portando con se un biglietto tutto stropicciato che diceva di aver trovato tra i tergicristalli della sua macchina tutta rotta.

Avrebbe voluto liquidarlo con il solito non rompere, non vedi che sto lavorando!, nonostante quel giorno nella boutique c’era meno movimento del solito, ma la curiosità l’aveva assalito e, dopo aver abbandonato il maglione color corallo di cachemire della nuova collezione su uno scaffale qualsiasi, lo aveva trascinato vicino alla cassa facendo finta di lavorare su le prime carte a disposizione, intimandogli di fare in fretta.

«È l’invito alla serata di inaugurazione» aveva sparato subito, con la voce emozionata e imbarazzata di una quattordicenne davanti al suo primo nudo integrale, e lui aveva alzato lo sguardo terribilmente azzurro cupo, per colpa del cattivo tempo di quel giorno, e aveva alzato elegantemente un sopracciglio.

«Stan,» gli aveva allora detto con calma «lo sai, vero, che quel locale è aperto da almeno un mese?»

Il suo amico era diventato di un colore simile a quello del maglione che Louis aveva in mano fino a pochi minuti, aveva abbassato lo sguardo sul biglietto e aveva letto la data vecchia di almeno tre settimane, balbettando.

Poi era arrivata la versione del suo capo, che diceva di aver visto da lontano questo edificio malandato, con una fila lunga almeno tre metri dalla porta, e di aver visto –giuro sul pacco di Johnny Depp aveva detto, mettendo una mano sul cuore- uscire da una porta di servizio, il ragazzo più bello che i suoi occhi avessero mai visto con solo uno slip di lattex e fumarsi una sigaretta come se niente fosse. E di aver intravisto Ben Barnes e Colin Firth pomiciare tra la folla.

Alla fine si era anche messa sua madre, e a quel punto le cose avevano iniziato a farsi imbarazzanti, perché per quanto la ritenesse una mamma giovane e comprensiva, con la quale si confidava e alla quale aveva confessato la sua omosessualità a soli sedici anni, sentirla parlare di come le sue amiche raccontavano dei bei fusti che avevano intravisto nel locale, con tanto di ammiccamenti vari, la voglia di sotterrarsi diventava sempre più grande.

 

Aveva deciso di fare un salto quando a fine mese, con in tasca i soldi del lavoro al negozio più quelli che puntualmente gli mandava suo padre per riempire il vuoto della sua continua assenza che ormai non pesava più, si era reso conto di non sopportarle più tutte quelle voci, quei sussurri, quelle mezze notizie.

Nessuno che conosceva era veramente riuscito a entrarci, nessuno aveva delle vere informazioni, però tutti continuavano a venire da lui a raccontare qualsiasi pettegolezzo riuscissero a rimediare. Come se l’essere gay implicasse voler sapere quello che succedeva in quel posto!

Si era vestito come un qualsiasi venerdì sera, aveva fatto la barba e sistemato i capelli. Poi aveva chiamato Stan e Ed, nonostante quest’ultimo ancora riusciva a digerirlo poco, e gli aveva detto di farsi trovare per le undici davanti alla fermata di Piccadilly. Sapeva che sarebbero arrivati con almeno mezz’ora di ritardo quindi aveva preso la macchina di sua madre e, dopo averla salutata con un bacio, aveva deciso di iniziare a fare un giro per almeno rendersi conto a cosa andava incontro.

Soho non gli piaceva più di tanto. Più che altro era la reputazione di Soho che non gli faceva voglia di trascorrere le sue serate da quelle parti, anche perché i night club non erano esattamente i luoghi in cui trascorrere le sue serate ideali. A lui bastava un buon film, i suoi amici di sempre, un trancio di pizza. Nick si lamentava sempre della sua poca voglia di iniziativa, parlando con la sua voce lasciva e irritante, di come stesse sprecando l’età migliore della vita di un giovane gay, e lui lo lasciava ciarlare perché se non fosse stato la spalla su cui aveva pianto tutte le sue insicurezze nel periodo della scuola, adesso lo avrebbe decisamente mandato a quel paese.

Da lontano, dentro la mini nera lavata a lucido, Louis vide per la prima volta il Directions. Sul volantino che Stan gli aveva portato a lavoro, e che poi aveva messo nel portafoglio senza neanche rendersene conto, c’era scritto sotto la grande scritta rovinata con il nome del locale un semplicissimo ‘all that you’re searching for’ che lo aveva fatto ridere e riflettere. Chiunque fosse il proprietario di quel posto era di sicuro qualcuno di molto intelligente, e a questo punto di sicuro molto più ricco di quanto lo era prima di aprire il locale.

La fila, come gli aveva detto Aiden, era lunga ma meno di quanto si sarebbe aspettato per un venerdì sera. Ad occhio e crocce in un quarto d’ora sarebbero anche riusciti ad entrare se nel tempo che sarebbe passato dal tornare a Piccadilly, prendere quei due ritardatari cronici e tornare la situazione fosse rimasta simile.

Poi però era successo. La porta di servizio si era aperta, nel viottolo dove la sua macchina aveva intenzione di fare manovra, ed era apparso un angelo. A pensarci era impossibile fosse una creatura celeste visto che usciva dal posto di perdizione più conosciuto di Londra, ma se le maratone di Supernatural e di Britan’s Next Top Model gli avevano insegnato qualcosa, o era un angelo o un modello. E la luce gialla che veniva dalle sue spalle però, probabilmente dal camerino sudicio che ospitava i ballerini di quel posto, lo aveva leggermente confuso. Il fisico modellato, i ricci ribelli, lo sguardo magnetico.

Poi sorrise, e fu come sentirsi morire perché quel ragazzo aveva il sorriso più bello del mondo e le fossette più dolci, e il cellulare squillò nella tasca dei pantaloni facendogli ingranare la marcia e scappare via.

Si passò una mano tra i capelli al primo semaforo rosso, prendendo il telefono per dare un’occhiata alla chiamata persa e appoggiò la schiena al sedile spugnoso. Era una specie di trucco, un tranello, ne era sicuro. Una persona con quello sguardo non poteva lavorare in un posto del genere.

Guidò senza rendersene conto, salutò i due ragazzi che salirono sulla sua macchina e tornò in quel posto senza praticamente dire una parola –Stan parlava abbastanza anche per lui– e una volta che il locale apparve di nuovo all’orizzonte ebbe improvvisamente paura. Doveva veramente entrare lì dentro e magari rivedere quel ragazzo per rovinare l’idilliaca visione che aveva avuto, sostituendola con uno spogliarello di quattro soldi? Sporcandola con la musica alta che mentre camminava come un automa sentiva arrivare alle orecchie, annegandola nell’alcol che gli avrebbero servito ad un sudicio bar.

Aveva visto la fila scorrere e una volta arrivato a due passi dalla porta, con in mano la patente e nella testa il vuoto si era ricordato di un discorso che aveva sentito fare da Matt, il ragazzo del suo capo, un giorno di un mese fa quando ancora nessuno gli aveva raccontato di quel posto.

«E così la maggiore esibizione sono questi quattro ragazzi, quattro bellissimi ragazzi che il boss ha trovato non si sa bene dove. Sono tutti praticamente dei ragazzini e mi hanno raccontato che tre di loro, un biondino con l’aspetto così ingenuo che solo l’idea di sporcare tutta quell’innocenza te lo fa venire duro, un tipico bad-boy sempre strafatto ma con un corpo da paura e un altro tipo con la faccia da bravo ragazzo, tutto ricciolino, hanno una specie di tresca e se glielo chiedi fanno tutto davanti a te.»

Allora Aiden aveva riso, aveva appeso un paio di pantaloni verde acqua e si era girato lasciandogli un bacio sulla fronte. «E il quarto?» aveva detto.

«Il quarto è Harry.»

Così quando si era ritrovato a pochi metri da un palco sporco, con una bruttissima canzone a fare da sottofondo e le urla scalmanate di ragazzine e ragazzi in calore, aveva capito. Il posto era quello. L’attrazione principale stava iniziando. Il biondo, il bad boy, il ragazzo per bene erano già sul palco e quando Harry apparve tutto aveva senso.

Gli occhi chiusi e l’espressione seria quasi non lo facevano assomigliare al ragazzo in bermuda che aveva visto neanche mezz’ora prima eppure era lui. Lo stesso corpo, quella stella tatuata sul braccio che neanche si era accorto di aver memorizzato, i ricci ribelli che i suoi compagni accarezzavano mentre si faceva avanti, ancheggiando, perfettamente stabile su tacchi alti, dentro calze a rete che gli ricordavano vagamente un video di Lady Gaga.

Voleva disperatamente che aprisse gli occhi e lo guardasse. Lo voleva così tanto che avrebbe tirato un cazzotto a chiunque in quella sala soffocante aveva posato lo sguardo su di lui, voleva salire sul palco, coprirlo con il primo pezzo di stoffa disponibile e portarselo via, lontano. Avrebbe volentieri mandato a quel paese Ed che non faceva altro che emettere fischi di apprezzamento, o Stan che continuava a tirargli gomitate nelle costole per attirare la sua attenzione.

«Harry» ripeté sottovoce e lui aprì gli occhi ma non vide niente. Sorrise, ma mentre si muoveva, mentre ballava, mentre tutti imploravano un suo cenno e gli donavano i loro averi, lui non era lì.

Mandò giù il drink che qualcuno gli aveva messo tra le mani e realizzò che non c’erano tante direzioni, non c’erano mai state.

La direzione era una sola, quella che lo aveva portato in quel posto, e tutti in quel mese continuavano a ripeterglielo, continuavano a ricordarglielo, a implorarlo di alzare il culo e andare in quel locale perché era lì che si concludeva una ricerca che non aveva mai neanche immaginato di star iniziando. La direzione era una e portava a lui.

Gli occhi verdi si posarono un attimo su lui, le fossette tornarono.

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: braver than nana