Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: SweetTaiga    14/06/2012    11 recensioni
Ero la romantica del gruppo, una volta. Quella che credeva nell'amore.
Ora son quella cinica, io: la ragazza che a testa alta insegue i sogni e rinnega l'amore. Quella che ripete "ce la faccio da sola, va bene così". Quella sicura, quella forte. Quella per cui il cuore è un organo, punto. Tuttavia, mentre in giro spargo satira, nell'ombra coltivo poesie. Forse sono ancora quella romantica, sotto questo strato d'insensata razionalità.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




Ai “pochi” che rimarranno per sempre: grazie.
Al mio –ormai ex-  Liceo: vaffanculo.
A voi, che avete dovuto aspettare tanto: scusate.
Al mio batterista preferito: grazie, addio.

 
 
 
         3. Il mito, l’inetto e l’idiota


Non ho mai pensato seriamente alla necessità di essere protetta da qualcuno.
Ho sempre ringhiato forte per difendere ciò che è mio, ho sempre affilato gli artigli e sbiancato i denti.
Ma a volte, quando le scene strappalacrime dei film mostrano una damigella in pericolo ed il suo grande eroe che, dopo averla salvata, la cinge tra le braccia, allora penso…  Niente, non penso a niente, non cambia nulla. So che dovrei sentirmi smuovere dentro, ma provo solo un vago fastidio in fondo allo stomaco.
Emozione? Forse. Ma poi spengo il televisore e torno alla mia vita di tutti i giorni.
Gli eroi sono per i fumetti, nella realtà abbiamo solo qualche idiota che si crede super.
Non ho bisogno di un eroe: io sono un’eroina, io sono la salvatrice di me stessa.

Bè, certo… Se Robert Downey Jr. nelle vesti di Iron Man – o anche senza vesti! – venisse in città, probabilmente incendierei causalmente la camera e getterei l’estintore fuori dal balcone. Ma questi sono futili dettagli.

 

Meglio mettere subito in chiaro una cosa.
Non sono un dannato supereroe.
Mai stato, e mai lo sarò.
Non ho ricevuto nessun potere in dono.
Nessun bel regalo.
Nessuna chiave per una vita speciale fatta di spettacolo e grandi avventure.
Vendicatori?
Fantastici Quattro?
X-Tizi?
Che vadano tutti a farsi fottere.

[Fumetto: Ghost Rider ]

 


Svegliarsi con un assurdo mal di testa da dopo-sbornia e dover andare a lavoro non è sicuramente il migliore approccio con il sabato mattina.
Fortunatamente in Biblioteca non c’è molta gente e Madame Lacroix è andata, come ogni sabato, a trovare sua figlia in una cittadina a poche ore da Londra. Decisa a rianimare l’ambiente, comincio a cercare tutti i vecchi fumetti che gli appassionati hanno donato col tempo: se vogliamo che arrivino i giovani, dobbiamo dare loro un valido motivo.
I primi superstiti della polvere e della muffa sono le prime uscite di Topolino, qualche numero dei  Peanuts e vecchi giornaletti su Capitan America. Un ottimo bottino iniziale, dire.
Tutto ciò mi riporta alla mente il mio esame di maturità: il mito americano in contrapposizione alla figura dell’inetto di Svevo, la bizzarra contrapposizione tra la giovane America che si espandeva e l’eterna Italia che lentamente appassiva, perdendo lo slancio dei suoi avi, delle sue origini, dei grandi imperatori. Un blando tentativo di riuscire, dopo cinque anni di assoluta assenza di soddisfazioni scolastiche, a riappropriarmi del mio orgoglio e di dimostrare ai miei professori che c’era molto, molto di più al di là dei loro orizzonti grezzi e limitati.
Che c’era molto, molto di più oltre la matematica.
Che c’era un mondo meraviglioso fatto di collegamenti sottili, di tecniche moderne legate a primitive teorie.
Che c’era un modo diverso di osservare il passato, di mirare al futuro, di analizzare il presente.
Ricordo il senso di svilimento che mi assillò per tutta la durata del liceo scientifico, ricordo l’eterna lotta tra me e i professori, ricordo il loro rifiuto per ogni forma di originalità ed innovazione.
Ricordo il sentirmi limitata, ricordo la mia classe piena zeppa di persone bugiarde e infime e meschine e pronte a tutto pur di difendere i propri interessi. Ricordo la mia ingenuità nel tentare di trovare del buono in quell’ammasso di marciume, ricordo soprattutto la delusione nell’apprendere che, conclusosi l’esame, quelle persone sarebbero scomparse completamente dalla mia vita. Non tutte, ovviamente. Pochi sono rimasti, i pochi con cui posso ancora ritenere di sentirmi al sicuro, i pochi che non mi hanno mai voltato le spalle.
D’altra parte, ricordo anche il senso di onnipotenza alla fine dell’esame, quando la commissione esterna si complimentò con me ed i docenti interni non poterono fare altro che stringermi la mano.
Ricordo le sere d’estate in cui – sempre con quei “pochi ma buoni” – giravamo per ore in macchina, con i finestrini aperti e lo stereo che riproduceva continuamente le canzoni di Vasco.
Ricordo quando, stanchi dell’afa e del caldo e della nostra cittadina piccola e banale, stanchi di vedere sempre le stesse facce, ci svegliavamo all’alba e andavamo in spiaggia, dormivamo sotto le stelle, ci buttavamo in mare a mezzanotte nel tentativo di placare o assecondare quelle emozioni contrastanti che ci ribollivano nel petto: ansia, paura, angoscia, attesa, speranza, aspettativa.
Ricordo che, se durante il liceo mi ero sentita spesso un essere misero e insignificante, che tentava invano di coprire il suo fallimento con maschere d’illusioni vane, da quell’estate in poi iniziai a sentirmi come un’eroina, come se avessi il potere di cambiare il mondo.
La mia tesina era intitolata “dal mito all’inetto”. Io stavo compiendo il processo al contrario.
E capii cosa volesse dire avere vent’anni.
Sogni, sogni, migliaia di sogni che potevo finalmente trasformare in realtà.
Ora anche quel periodo è ormai superato. Non sono un inetto, non sono un eroe: rappresento quell’uomo comune alla scoperta di se stesso, quello di cui si cantava in “Impressioni di settembre”.
Trasportata da queste emozioni mi rendo a malapena conto che l’ora di pranzo è ormai passata da un pezzo.
Do un’ultima spolverata all’ultimo tesoro trovato, un vecchio e rattoppato numero di Iron Man, e mi incammino verso l’uscita per andare a comprare un panino con salame e melanzane – un pasto leggero, giusto per sopravvivere alla polvere, ai ricordi nostalgici, alla rabbia repressa, al mal di testa e alla stanchezza.
Tuttavia non faccio in tempo a scrivere il cartello “torno subito” da appendere all’ingresso della Biblioteca che il mio incubo mi si materializza davanti – manco fossimo a Hogwarts!
« Ciao, sgorbio », esclama Richard con un ghigno.
Malfoy in confronto a lui è un simpaticone, penso con un sospiro, da buona fan accanita della Rowling.
Evito di rispondergli e gli passo accanto con noncuranza, portando con me un po’ di nastro adesivo per incollare il cartello.
Do una veloce occhiata alla sala per accertarmi che non vi sia nessuno.
« Sto per chiudere, vuoi rimanere dentro ad ammuffire tra i libri? », chiedo, più per dispiacere verso i libri – non si sa mai cosa potrebbe fare ai miei tesori, questo pazzo furioso! – che per reale interesse. Fosse per me, potrebbe anche andare a fare compagnia ai topi nelle fogne, o rimanere chiuso nel bagno di un Auto-grill per sempre, o magari cadere casualmente in mare, o…
« Preferirei la muffa a te, ma sono costretto ad uscire. Ho un messaggio per te da Madame Lacroix », risponde lui.  A malincuore lo lascio passare e, dopo aver chiuso a chiave, mi dirigo a passi svelti verso il negozio più vicino.
Nella mia mente solo due parole: CIBO, ORA!
La fame è tanta che dimentico persino di insultarlo o deriderlo o semplicemente di lanciargli qualche sguardo carico di odio e rancore.
Semplicemente, per risparmiare energie preziose, lo ignoro.
Lui, imperterrito ed inarrestabile, mi segue fino al negozio, e poi fino alla panchina nel parco. Mentre scarto il mio panino si siede accanto a me.
« Sembri una barbona », commenta.
Non so se lo dica a causa delle gambe incrociate, dei jeans strappati – per moda, ovviamente -, dei capelli disastrosi, del trucco sbavato a causa del sudore o del fatto che io stia mangiando come se fossi appena tornata da un viaggio nel deserto lungo dieci anni, ma comunque continuo ad ignorarlo: le melanzane richiedono la massima attenzione.
« Ti hanno mangiato la lingua, per caso? », domanda, alzando un sopracciglio e lisciandosi la giacca con fare regale.
Per dispetto, con le melanzane ancora in bocca, gli caccio la lingua in una smorfia che spero lo faccia desistere dal continuare a rivolgermi la parola.
Il suo sguardo disgustoso mi fa capire di essere riuscita nell’intento di infastidirlo. Per la gioia quasi mi affogo!
« Sei disgustosa! », borbotta,  mostrandomi un’espressione inorridita degna del Premio Oscar.
Purtroppo il mio piano non ha funzionato completamente: Richard infatti continua a blaterare di un impegno improrogabile, del fatto che a causa mia sta perdendo tempo prezioso, della speranza di non dovermi più vedere e di non dovermi più consegnare alcun messaggio, dell’inutilità di…
Aspetta un attimo!
Voltandomi velocemente verso di lui rischio quasi di far cadere il mio meraviglioso, adorato panino.
« Smettila di blaterare cose inutili! Qual è il messaggio che dovevi riferirmi? », gli dico stizzita, capendo improvvisamente che se avesse parlato prima non avrei dovuto sprecare mezz’ora della mia vita in sua compagnia.
« Oh, giusto! », esclama.
Ma non aggiunge altro. Continua a guardare fisso di fronte a sé, con un mezzo sorrisino ebete ed irritante stampato su quella faccia odiosa che si ritrova.
« Allora? », domando.
Il mio mal di testa è troppo forte per reagire in qualunque modo alle sue provocazioni. Succede sempre così: mi ubriaco e la mattina dopo non sono capace neanche di chiedere un bicchiere d’acqua al bar.
Com’è che si dice? Di notte leoni e di giorno…
« Come sei impaziente! », commenta lui alzando gli occhi al cielo e aprendo la mia lattina di estathe e sorseggiandone un po’.
« Ma è alla pesca! », esclama sputando il liquido appena ingerito, senza darmi nemmeno il tempo di lamentarmi per il furto.
« Vostra signoria lo preferisce al limone? », domando ironicamente.
Lui però l’ironia sembra non notarla ed annuisce con convinzione. « Assolutamente sì! »
Sbuffo sonoramente addentando il panino. « Allora starò attenta a non comprare mai il the al limone. Mai, mai, mai », mi riprometto.
« Non sei per niente gentile, sai? », domanda, pulendosi le labbra ancora bagnate con un fazzolettino di stoffa bianco.
« Perché mai dovrei esserlo con te? »
« Perché sono adorabile », risponde con convinzione.
Sono così sbalordita dalla sua ottusità che per un attimo resto senza parole. Ma solo un attimo, eh. Giusto il tempo di fargli godere la beata illusione di quell’idiozia.
« Un dito dell’occhio è decisamente più adorabile di te », aggiungo senza scompormi, appallottolando la carta del panino e lanciandola nel cestino più vicino.
Canestro!, esulto mentalmente.
Ricordando improvvisamene il perché della sua fastidiosa presenza ricomincio a fissarlo. « Allora, si può sapere che devi dirmi? »
Lui si volta verso di me, allacciando insistentemente quei suoi occhi neri ai miei.
« Voglio invitarti in un posto », sussurra, avvicinandosi lentamente.
Resto immobile ad osservare il suo volto che, centimetro dopo centimetro, si avvicina al mio. Gli occhi sempre più vicini, sempre più neri, sempre più profondi. Le sue labbra continuano imperterrite la loro avanzata, sempre più rosee, sempre più vicine, sempre più… incurvate verso l’alto.
Faccio appena in tempo a sollevare di nuovo lo sguardo sui suoi occhi che quell’idiota scoppia a ridere.
« Cosa dicevi a proposito del mio non essere irresistibile? »
« Ho detto che non sei adorabile, non che non sei irresis..»Cazzo.
La sua risata riempie l’intero parco. Alcune coppie di anziani, incuriosite da quell’improvvisa esplosione di ilarità, si voltano a guardarci.
« Smettila, razza di idiota! E’ ovvio che non intendevo assolutamente dire qualcosa del genere! », gli urlo in faccia, sentendo le guance arrossarsi in maniera decisamente poco consona – ma per la rabbia, ovviamente.
Come se potessi considerare irresistibile uno scorbutico, acido, insopportabile esserino insignificante. Un esserino insignificante e gay, sottolinea la mia coscienza.
« Però non ti sei sottratta »
« Non so di cosa tu stia parlando »
« Sì che lo sai »
« Va’ al diavolo », gli dico, alzandomi per tornare in Biblioteca. Un omicidio non sarebbe esattamente il massimo per il mio curriculum.
« Ci andrò, ma prima devi venire tu in un posto »
Mi infila un biglietto rosso tra le mani, dandomi le spalle.
Resto per un attimo a fissarlo, incapace di comprendere se sarebbe meglio urlargli di usare il pezzo di carta per soffiarsi il naso o aprire quel dannato biglietto e mettere a tacere la mia insopportabile curiosità.
Poi, vedendo che non si volta verso di me, decido di sbirciare. Giusto un po’.
Lettere dorate ed aggraziate recitano:

“Il mio adorato Richard questa sera reciterà in Orgoglio e Pregiudizio.
Non potrò esserci, ma tu non puoi mancare. Fai molte foto.
Un abbraccio,
Madame Lacroix”

Davvero fantastico il modo in cui un invito può tramutarsi in una condanna a morte solo per la comparsa di quel nome odioso. Il mioadorato Richard. Puah! Non riesco a trattenermi dall’esibire ai passanti un’espressione disgustata.
« Non affannarti a cercare il mio profilo migliore », mi urla Richard, fermo al limitare del parco. « Tanto sono bello eirresistibile da tutti i punti di vista! »
Irresistibile. Certo.
Soprattutto se si parla di omicidio premeditato: una preda davvero irresistibile.






NOTE:
Eccomi qui, con un ritardo inumano e l’ansia da prestazione.
Il capitolo risulterà certamente meno “scoppiettante” del solito, ma chi di voi scrive mi capirà: tutto ciò che mettiamo nero su bianco è influenzato dalle nostre emozioni. E al momento le mie sono in bilico tra l’angoscia e la rabbia.
Della serie, giusto per rimanere in tema : “persino le mie ansia hanno l’ansia” ( Charlie Brown )
Non starò qui a dilungarmi. Voglio solo chiedervi scusa per il ritardo e promettervi che dopo l’esame di maturità cercherò di essere più puntuale con le pubblicazioni.

Grazie a tutti voi : )

La vostra SweetTaiga, più esaurita che mai!



   
 
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: SweetTaiga