CAPITOLO 1
28 gennaio 1941
Il cielo era
di un
colore arancio quando la porta di un’abitazione in Washington
Avenue, a Nuova
York, si aprì. Un uomo in divisa
l’attraversò, seguito da una fanciulla in
lacrime e da una coppia di anziani. Il sole non era ancora sorto e i
lampioni
in strada luccicavano fiochi, illuminando il giovane uomo. Indossava
una divisa
mimetica di colore scuro, la casacca ordinatamente abbottonata e gli
anfibi ai
piedi casualmente allacciati. Sotto il braccio stringeva un elmetto
foderato di
foglie, tenute assieme da una retina verde scuro e sulla spalla sinistra reggeva una sacca
di colore chiaro
contenente lo stretto necessario.
Il viso era
in
penombra, ma il suo volto era chiaramente segnato da cose che un uomo
di soli
28 anni non avrebbe mai dovuto vedere. Dai suoi occhi di ghiaccio
trasparivano
la tristezza e la malinconia di chi, pochi giorni prima del proprio
matrimonio,
viene strappato dalla felicità duramente conquistata per
andare a combattere in
un’isola sperduta, al fianco di altri giovani che lo stesso
destino crudele
aveva costretto a rasare la propria testa.
L’uomo
fissò negli
occhi uno ad uno i suoi cari, con la consapevolezza che quella sarebbe
potuta
essere l’ultima volta che li avrebbe visti. Catherine, la sua
promessa sposa,
stringeva tra le mani un fazzoletto di lino bianco e lo portava
continuamente
alla bocca singhiozzando; le lacrime scorrevano imperterrite sulle sue
candide
guance, non lasciandole scampo. Il giovane le si avvicinò e
le passò un pollice
sulla guancia destra, portando via con sé una delle sue
numerose lacrime.
- Oh,
Cathy.-
La fanciulla
si lanciò
fra le sue braccia, stringendolo forte e macchiandogli momentaneamente
la
giacca, mormorando parole incomprensibili, ma che non facevano altro
che farlo
stare male. Male, perché sapeva che se la sua partenza
provocava tale dolore
nella giovane, allora ne provocava mille volte tanto nel cuore della
sua povera
mamma. ‘’Come è amara la
vita’’, pensò il ragazzo.
‘’Passi tutto il tempo a
sperare di andartene da un buco di città e di sfuggire dalla
morsa di una madre
iperprotettiva e assillante e poi ‘puff!’, il
momento arriva e non è
assolutamente come lo immaginavi. Anzi, paradossalmente, ti trovi a
sperare
l’esatto contrario.’’
Posando un
bacio sui
candidi capelli biondi della ragazza, l’allontanò
lentamente da sé, voltando lo
sguardo verso i suoi genitori.
- Non fare
sciocchezze
là fuori.-
La voce dura
di suo
padre riecheggiò nel silenzio dell’alba. Johnatan
Ward non era mai stato un
tipo di molte parole, né tantomeno espansivo. Forse fu
proprio questo suo
essere così chiuso ad impedirgli di avere altri figli; ma in
cuor suo il
giovane sapeva che il suo cuore era pervaso di tristezza e di amarezza.
Amarezza nel vedere il suo unico figlio andare in contro alla morte,
senza
poter far nulla per evitarlo.
- So
prendermi cura di
me stesso, padre. Prometto che vi renderò orgoglioso.-
Le mani di
padre e
figlio si strinsero fra loro e, seppur solo per un istante, gli occhi
del
vecchio si velarono di lacrime e apparente tristezza, che scomparvero
in un
battito di ciglia.
- Lo siamo
già,
tesoro.-
In un solo
singhiozzo,
la voce flebile di sua madre si fece sentire e il giovane non
poté che voltare
lo sguardo verso di lei amaramente, maledicendosi per tutto il dolore
che stava
recandole. I lunghi capelli castani stavano ormai diventando bianchi ed
egli
non riusciva a non chiedersi se ciò fosse dovuto al passare
degli anni o al
dolore incolmabile che le pervadeva il cuore ogni volta che lo vedeva
partire.
Le lunghe ciocche erano sparse sulle spalle e la camicia da notte di
merletto
la faceva sembrare una di quelle donne antiche in attesa del ritorno
del
proprio marito. Nonostante le rughe e le lacrime, il suo candore gli
ricordava
tanto la fata che da piccolo vedeva in lei.
E, quasi
fosse tornato
bambino, le lanciò le braccia al collo, nascondendo il volto
nel suo grembo e
lasciandosi cullare dal suo amore materno.
-
Perdonatemi, madre.
Perdonatemi per tutta la sofferenza che vi sto arrecando.-
Un sorriso
amaro si
fece spazio fra le labbra della donna, che accarezzò il suo
capo rasato.
- Non hai
nulla da
farti perdonare, tesoro. Ti voglio bene, non dimenticarlo mai. E
sta’ attento.-
Annuendo, il
giovane
si distaccò da lei e asciugò velocemente le poche
lacrime che gli erano
sfuggite con la manica della giacca. Sistemò lo zaino sulle
spalle e si avviò
per la strada mal illuminata, volgendo l’ultimo sguardo alla
sua casa natia e
alle tre persone che vi abitavano. Li salutò con un gesto
della mano, per poi
sparire oltre l’angolo. I suoi passi pesanti risuonavano nel
silenzio dei
vicoli e le mille ombre della notte stavano via, via scomparendo,
lasciando
spazio ai segni caratteristici del giorno.
Arrivato in
piazza, si
radunò assieme ai suoi coetanei e ai suoi ragazzi,
realizzando che, ormai,
erano loro la sua famiglia e doveva fare di tutto per proteggerli. Li
osservò
da lontano uno ad uno, prima di mischiarsi a loro. Riconobbe Jack
Mills, il
figlio del sarto avente appena 18 anni, e Matthew Speer, suo coetaneo.
- Non
preoccupatevi,
tanto è solo per precauzione. La situazione qui è
calma, non certo come in
Europa, dove Hitler sta prendendo il sopravvento.-
-
Già. Poveri Inglesi,
credono di poterla scampare, ma sono solamente un isoletta insulsa. Se
le altre
potenze non si schierano dalla sua parte, non potranno nulla contro i
tedeschi.
Ma d’altronde, chi volete che sia così pazzo da
ostacolare il Führer?-
- Dicono che se la faccia
con sua nipote. E’ un pazzo.-
Seduto sul bordo del camion,
il giovane ascoltava i
discorsi dei ragazzi, sussultando e scuotendo la testa ad ogni commento
insensato. Voleva credere e sperare che avessero ragione, ma la sua
coscienza
lo costringeva ad essere realista. La situazione non era delle migliori
e, da
come si erano messe le cose con il Giappone, era inevitabile che ci
fosse
almeno uno scontro fra i due paesi. Sperava solo che non avesse luogo
dove
erano diretti. Nel fulcro dello scontro diplomatico e geopolitico fra
Giappone
e Stati Uniti d’America.
Un fischio lo scosse dai
suoi pensieri e voltò lo sguardo
a sinistra. Il vice gli fece segno di salire a bordo, davanti, dove era
seduto
il comandante.
- Tenente, da questa parte.-
Il giovane salì a
bordo, volgendo l’ultimo sguardo alla
piazza della sua città. L’avrebbe più
rivista? La risposta era racchiusa in due
parole. Quelle incise sul marchio del camion che si avviava verso il
porto:
PEARL HARBOR.