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Autore: CoconutJuice    15/06/2012    1 recensioni
Lei lo guardò. I suoi capelli erano mossi dal vento e i suoi occhi erano una turbine d’emozioni difficili da scorgere. Lui non aveva mai visto niente di più bello. Il suo sguardo effimero si spostò sull’elicottero in partenza e, voltandosi, lo ammirò. Quello era il suo destino.
- Non andare..- Un unico, dolce sussurro sovrastò il rumore delle eliche rotanti alle sue orecchie.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1

28 gennaio 1941

Il cielo era di un colore arancio quando la porta di un’abitazione in Washington Avenue, a Nuova York, si aprì. Un uomo in divisa l’attraversò, seguito da una fanciulla in lacrime e da una coppia di anziani. Il sole non era ancora sorto e i lampioni in strada luccicavano fiochi, illuminando il giovane uomo. Indossava una divisa mimetica di colore scuro, la casacca ordinatamente abbottonata e gli anfibi ai piedi casualmente allacciati. Sotto il braccio stringeva un elmetto foderato di foglie, tenute assieme da una retina verde scuro e sulla spalla  sinistra reggeva una sacca di colore chiaro contenente lo stretto necessario.

Il viso era in penombra, ma il suo volto era chiaramente segnato da cose che un uomo di soli 28 anni non avrebbe mai dovuto vedere. Dai suoi occhi di ghiaccio trasparivano la tristezza e la malinconia di chi, pochi giorni prima del proprio matrimonio, viene strappato dalla felicità duramente conquistata per andare a combattere in un’isola sperduta, al fianco di altri giovani che lo stesso destino crudele aveva costretto a rasare la propria testa.

L’uomo fissò negli occhi uno ad uno i suoi cari, con la consapevolezza che quella sarebbe potuta essere l’ultima volta che li avrebbe visti. Catherine, la sua promessa sposa, stringeva tra le mani un fazzoletto di lino bianco e lo portava continuamente alla bocca singhiozzando; le lacrime scorrevano imperterrite sulle sue candide guance, non lasciandole scampo. Il giovane le si avvicinò e le passò un pollice sulla guancia destra, portando via con sé una delle sue numerose lacrime.

- Oh, Cathy.-

La fanciulla si lanciò fra le sue braccia, stringendolo forte e macchiandogli momentaneamente la giacca, mormorando parole incomprensibili, ma che non facevano altro che farlo stare male. Male, perché sapeva che se la sua partenza provocava tale dolore nella giovane, allora ne provocava mille volte tanto nel cuore della sua povera mamma. ‘’Come è amara la vita’’, pensò il ragazzo. ‘’Passi tutto il tempo a sperare di andartene da un buco di città e di sfuggire dalla morsa di una madre iperprotettiva e assillante e poi ‘puff!’, il momento arriva e non è assolutamente come lo immaginavi. Anzi, paradossalmente, ti trovi a sperare l’esatto contrario.’’

Posando un bacio sui candidi capelli biondi della ragazza, l’allontanò lentamente da sé, voltando lo sguardo verso i suoi genitori.

- Non fare sciocchezze là fuori.-

La voce dura di suo padre riecheggiò nel silenzio dell’alba. Johnatan Ward non era mai stato un tipo di molte parole, né tantomeno espansivo. Forse fu proprio questo suo essere così chiuso ad impedirgli di avere altri figli; ma in cuor suo il giovane sapeva che il suo cuore era pervaso di tristezza e di amarezza. Amarezza nel vedere il suo unico figlio andare in contro alla morte, senza poter far nulla per evitarlo.

- So prendermi cura di me stesso, padre. Prometto che vi renderò orgoglioso.-

Le mani di padre e figlio si strinsero fra loro e, seppur solo per un istante, gli occhi del vecchio si velarono di lacrime e apparente tristezza, che scomparvero in un battito di ciglia.

- Lo siamo già, tesoro.-

In un solo singhiozzo, la voce flebile di sua madre si fece sentire e il giovane non poté che voltare lo sguardo verso di lei amaramente, maledicendosi per tutto il dolore che stava recandole. I lunghi capelli castani stavano ormai diventando bianchi ed egli non riusciva a non chiedersi se ciò fosse dovuto al passare degli anni o al dolore incolmabile che le pervadeva il cuore ogni volta che lo vedeva partire. Le lunghe ciocche erano sparse sulle spalle e la camicia da notte di merletto la faceva sembrare una di quelle donne antiche in attesa del ritorno del proprio marito. Nonostante le rughe e le lacrime, il suo candore gli ricordava tanto la fata che da piccolo vedeva in lei.

E, quasi fosse tornato bambino, le lanciò le braccia al collo, nascondendo il volto nel suo grembo e lasciandosi cullare dal suo amore materno.

- Perdonatemi, madre. Perdonatemi per tutta la sofferenza che vi sto arrecando.-

Un sorriso amaro si fece spazio fra le labbra della donna, che accarezzò il suo capo rasato.

- Non hai nulla da farti perdonare, tesoro. Ti voglio bene, non dimenticarlo mai. E sta’ attento.-

Annuendo, il giovane si distaccò da lei e asciugò velocemente le poche lacrime che gli erano sfuggite con la manica della giacca. Sistemò lo zaino sulle spalle e si avviò per la strada mal illuminata, volgendo l’ultimo sguardo alla sua casa natia e alle tre persone che vi abitavano. Li salutò con un gesto della mano, per poi sparire oltre l’angolo. I suoi passi pesanti risuonavano nel silenzio dei vicoli e le mille ombre della notte stavano via, via scomparendo, lasciando spazio ai segni caratteristici del giorno.

Arrivato in piazza, si radunò assieme ai suoi coetanei e ai suoi ragazzi, realizzando che, ormai, erano loro la sua famiglia e doveva fare di tutto per proteggerli. Li osservò da lontano uno ad uno, prima di mischiarsi a loro. Riconobbe Jack Mills, il figlio del sarto avente appena 18 anni, e Matthew Speer, suo coetaneo.

- Non preoccupatevi, tanto è solo per precauzione. La situazione qui è calma, non certo come in Europa, dove Hitler sta prendendo il sopravvento.-

- Già. Poveri Inglesi, credono di poterla scampare, ma sono solamente un isoletta insulsa. Se le altre potenze non si schierano dalla sua parte, non potranno nulla contro i tedeschi. Ma d’altronde, chi volete che sia così pazzo da ostacolare il Führer?-

- Dicono che se la faccia con sua nipote. E’ un pazzo.-

Seduto sul bordo del camion, il giovane ascoltava i discorsi dei ragazzi, sussultando e scuotendo la testa ad ogni commento insensato. Voleva credere e sperare che avessero ragione, ma la sua coscienza lo costringeva ad essere realista. La situazione non era delle migliori e, da come si erano messe le cose con il Giappone, era inevitabile che ci fosse almeno uno scontro fra i due paesi. Sperava solo che non avesse luogo dove erano diretti. Nel fulcro dello scontro diplomatico e geopolitico fra Giappone e Stati Uniti d’America.

Un fischio lo scosse dai suoi pensieri e voltò lo sguardo a sinistra. Il vice gli fece segno di salire a bordo, davanti, dove era seduto il comandante.

- Tenente, da questa parte.-

Il giovane salì a bordo, volgendo l’ultimo sguardo alla piazza della sua città. L’avrebbe più rivista? La risposta era racchiusa in due parole. Quelle incise sul marchio del camion che si avviava verso il porto: PEARL HARBOR.

 

 

  
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