Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Due Di Picche    15/06/2012    2 recensioni
«Allontanati Valley, non riesco a guardare i fuochi».
«Non li vedresti comunque e poi non sono così belli».
«Se è per questo nemmeno tu sei un bello spettacolo». La mia voce cominciò a tremare quando mi accorsi che le mie parole non combaciavano con i miei pensieri.
«Stai mentendo».
«Non è vero!», ribattei. Non avrei mai ammesso davanti a lui di provare qualcosa nei suoi confronti.
«Allora provamelo. Guardami come sempre, con ira. Dimmi che mi odi, Ginevra!»
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Due parole...

Ecco finalmente il terzo capitolo! Lo ammetto, sono in ritardo e mi scuso con tutti quelli che hanno incominciato a seguire questa storiella. Le ultime settimane di scuola mi hanno tenuta fin troppo occupata, tanto da non riuscire a correggere e rivedere i vecchi capitoli. Però eccomi qui con un nuovo capitolo. Ringrazio Alyce_Maya per i commenti e per le correzzioni in classe XP.
Non espettatevi sdolcinerie da nessuno dei due protagonisti: Aaron è uno che essenzialmente pensa al fattore estetico di lei e Ginevra non fa altro che criticarlo e ripetersi dentro di se quanto odia i soggetti come lui.
Buona lettura <3

*** 


3.Perché non andremo mai d’accordo… 
 
Tenevo l’ombrello ben stretto nella mano destra. Quell’immancabile ombrello giallo che mi accompagnava sempre durante le giornate di pioggia. Era luglio e il diluvio universale aveva deciso di perseguitarmi quella settimana. Odiavo allenarmi quando pioveva, odiavo la pioggia.
Entrai dal cancello della scuola. Indossavo un paio di short, una felpa e le infradito. Non avevo le cose di allenamento quel giorno, anche perché, con un nubifragio simile, la voglia di esercitarmi era pari a zero. Molte volte il mio umore variava a seconda del tempo anche se, ultimamente, cambiava in presenza di Valley.
Non gli avevo ancora restituito l’I-Pod, perché, tra concerti e interviste, era molto occupato. Faceva la bella vita invece di studiare. Io dovevo corrergli dietro con i libri, io dovevo badare a mia madre ricoverata d’urgenza all’ospedale, io dovevo allenarmi. Perché la vita di certe persone è così dannatamente tranquilla mentre la mia no? Ora anche il meteo mi remava contro.


 
La vidi arrivare sotto quell’ombrello giallo, nel suo abbigliamento inestinguibilmente succinto. A parte la felpa, mi chiedevo che bisogno ci fosse di’indossare gli short e le infradito durante una giornata di pioggia.
L’aspettavo all’entrata della scuola. Ovviamente non avevo l’ombrello perché Sven, con la sua lussuosa macchina, era riuscito a darmi un passaggio. Perché, pur essendo un batterista che aveva appena passato una notte a far baldoria, ora mi trovavo a scuola? La risposta la conoscevo anche troppo bene anzi, si stava avvicinando sempre di più.
Con passo veloce, Ginevra, mi arrivò dinanzi. Alzò lo sguardo scocciato, quello che riservava solo a me e disse “Andiamo in palestra”               
“Non hai il borsone da allenamento” difatti solo una stracolla nera occupava la sua spalla. Perché dovevamo spostarci dall’altra parte del mondo per qualche ora di fisica? “E poi qua siamo già all’asciutto”
Ci bastava entrare a scuola per studiare in fin dei conti.
“Io non ho l’ombrello” dissi cercando una scusa per non muovermi da lì. Sinceramente non volevo nemmeno sporcarmi le scarpe.
“Non voglio farmi vedere a scuola con te. Oggi poi molti club hanno le riunioni e solo Gens sa che ti do ripetizioni. Sarebbe umiliante.” La sua scusa era plausibile. Non volevo nemmeno io esser visto con la terribile Wilson.
Mi pose il suo ombrello giallo e si mise il cappuccio “Andiamo in palestra”
“Possiamo stare in due sotto lo stesso ombrello” era strana, ma strana forte. Perché preferiva bagnarsi piuttosto che fare una romantica passeggiata sotto la pioggia con me?
Ma che stavo pensando?! Stare sotto lo stesso ombrello di Ginevra sarebbe stato tutt’altro che romantico. Ero un gentleman, o quasi, ma non con lei. Perciò, alla fine, non rifiutai di lasciarla sotto la piaggia.

 
Corsi il più velocemente possibile verso la palestra mentre Valley se la prendeva comoda. Mi bagnai leggermente tralasciando i piedi, ora imbrattati di fango. Il perché delle infradito? Arrivata a casa si sarebbero asciugate più in fretta di un semplice paio di scarpe da ginnastica.
Mi accomodai in uno spogliatoio deserto dove c’era anche un tavolo. Approfittai della lenta camminata del mio studente per darmi una sciacquata ai piedi e alle gambe sporche.
Aaron arrivò e, con aria scocciata, si sedette sulla panca di fianco al tavolo. Mi osservò. Anche se non capivo cosa avesse tanto da guardare. Mi stavo solo asciugando le gambe con uno dei tanti asciugamani puliti posti nello spogliatoio, dopo tutto.

 

Se non fosse stata Ginevra Wilson, le sarei già saltato addosso. I miei pensieri erano poco puri come sempre. Era bella, cioè esteticamente parlando meritava parecchio. Tuttavia, visto che si trattava della ragazza con il carattere più odioso e falso del mondo, perdeva parecchi punti nella classifica.
“Fisica giusto? Sicura di non volere tu una vera lezione di fisica?” fulminato all’istante da quel suo sguardo di fuoco.
Arrivò a passo svelto nella mia direzione e di sedette di fronte a me. Prese fuori i libri e li sbatté sul tavolo.
Poi mi pose un oggetto nero che riconobbi subito: il mio I-Pod. “Questo è tuo, tu hai il mio.”
Avevo ascoltato parecchie volte quelle poche canzoni che possedeva. Dalla musica classica alla pop, uno schifo insomma, perciò non avevo alcuna intenzione di ricattarla per farglielo riavere, anche perché rivolevo indietro il mio, a qualunque costo. Per me, il mio lettore musicale era essenziale per vivere, non per niente mi nutrivo di musica, della mia musica.

 
Aprii i libri di fisica e cominciai a leggere ad alta voce l’argomento che trattava i passaggi di stato dell’acqua. Un argomento da elementari ma che sicuramente Valley, con la sua media del tre, non aveva ancora capito.
Parlavo sperando di essere ascoltata. Sembrava quasi attento quel giorno e qualcosa riusciva a capire. Non per niente era un argomento semplice:  l’acqua che passava dallo stato liquido, al solido e al gassoso.
“Perché l’altra volta sei scappata via?” la sua voce interruppe la mia spiegazione.
La domanda non riguardava l’argomento che stavamo affrontando, riguardava me. “Zitto. Non sono affari tuoi”
“Avevi un’espressione terribile”
“Sono qui per farti studiare”
Ricordare il giorno del ricovero di mia madre era doloroso. Ed era l’ultimo argomento di cui volevo parlare, soprattutto con Valley.
“Non pensavo che fossi capace di fare certe espressioni, di sbiancare tutto d’un tratto” parlava, continuando a far riemergere le mie ferite senza rendersene conto.
La pioggia picchiettava sui vetri. La voce di Aaron si fece profonda “Ogni persona normale si sarebbe preoccupata vedendoti in quelle condizioni. Forse anche tu sei fragile.”
Alzai gli occhi dal libro. Perché continuava a girare il coltello nella piaga? Ma cosa poteva saperne lui di me. Fragile? No, non lo ero, non potevo dimostrarmi fragile agli occhi di nessuno. Ero stata solo molto scossa dall’avvenimento.
“Dio! Quanto ti odio Valley.” Dissi alzando gli occhi verso l’alto e stringendo sempre di più l’evidenziatore tra le mani tanto da far sbiancare le nocche.


 
Si stava arrabbiando. Io la stavo facendo arrabbiare continuando a esporle le mie curiosità sul suo conto. Stava perdendo la pazienza e sotto sotto, era divertente.
“Sai: tu effettui molti cambiamenti di stato durante la giornata, soprattutto il passaggio da liquido a gas, è stato strano quel giorno vederti passare da liquido a solido” dalla mia bocca sarebbero uscire solo cazzate, perciò mi limitai a mescolare le stupidaggini con l’argomento di studio.
“E con questa frase arriva un due. Possiamo continuare analizzando il calore adesso e non me?”
La battuta mi stava arrivando, ma per fare effetto mi sporsi verso di lei con il busto, avvicinando i nostri volti. Era dannatamente bella e i suoi occhi possedevano varie sfumature di nocciola chiaro. “Si, meglio il calore. Vuoi sentire il mio calore corporeo? Sono un tipo molto caldo”

 
E dopo quella frase gli scaraventai il libro di fisica in testa. Arretrò e continuammo quell’insulsa lezione in maniera più seria. Niente tentativi di seduzione, niente chiacchiere sulla mia vita. Solo fisica.
Dovevo ammettere, però, che gli occhi verdi di Aaron mi avevano fatto un brutto effetto da vicino. Mi avevano incantato. Un verde insolito, un verde mai visto. Ma forse perché non guardavo mai veramente negli occhi le persone.
Il suo sguardo mi rimase impresso per molto più tempo del previsto, tanto che dovetti farmi distrarre dagli assurdi discorsi della mia amica Sue per il resto della settimana.
“Verresti al mare domani?” mi aveva chiesto un giorno con tono supplichevole. Ora guardandola meglio notai che aveva gli occhi azzurri. Azzurri. Verdi. No! Azzurri!
“Ma non lo so. Dato che non piove più, dovrei riprendere i miei allenamenti”
“Ammettilo che ci stai prendendo gusto a dare ripetizioni a Valley”
Per poco il tè al limone che stavo sorseggiando non mi andò di traverso. Fulminai Sue immediatamente ma lei continuò a parlare “Anch’ io sarei felice di dare ripetizioni al famoso batterista dei Black Out”
In quel momento, sentendo il nome della band di Valley mi ritornò in mente una canzone. Una canzone che mi aveva commosso. Arrossii al solo pensiero di aver apprezzato una canzone di un gruppo rock e Sue se ne accorse immediatamente. Lo sguardo imbarazzato non mi si addiceva proprio.


 
Mentre sfogliavo il mio caro I-Pod mi ricordai di aver messo il conteggio per le canzoni. Ogni volta che ascoltavo una canzone il mio lettore musicale l’ho annotava. Era un’applicazione nuova e divertente che avevo scaricato da poco.
Questo sistema smascherò Ginevra. Il numero delle volte che aveva ascoltato la canzone “Princess on Ice” venne alla luce, ed era veramente alto. Era una canzone da rock melodico, molto romantica e molto dolce, composta dal mio migliore amico, Matt. Una canzone che faceva commuovere le ragazze e che non voleva lasciare le classifiche. Una canzone diversa che perfino l’orecchio della Wilson lo aveva capito.
“Cosa sorridi Aaron?” Marina mi spuntò alle spalle e notò il mio ghigno malizioso mentre fissavo l’I-Pod.
La cantante dei Black Out era bella da sempre e ogni volta che incrociavo le sue iridi blu mi perdevo in un vuoto incolmabile, le parole mi morivano in gola, il fiato mi veniva mozzato. Da sempre, lei faceva questo effetto su di me.
“Abbiamo una nuova fan, o almeno una fan delle canzoni di Matt” dissi facendo posto alla ragazza su quel divano di pelle bianca.
Marina si sedette accanto me. Il suo abbigliamento mozzafiato era tremendamente sexy. Di lei mi piaceva tutto, dal corpo, al carattere, al sorriso. Era lei che volevo da anni, era lei che mi ero lasciato scappare anni fa, e ora soffrivo come un cane mentre lei era felicemente impegnata con Sven. E contro il capo io non avevo alcun potere.
“Le canzoni di Matt sono sempre le migliori. Ne sta preparando alcune stupende, non vedo l’ora di cantarle”
“Penso che la tua voce le renda ancora più belle però”
“Grazie!”
A lei avrei fatto tutti i complimenti del mondo, era l’unica cosa che le potevo ancora darle. Parole.

 
Quel giorno il sole era alto. Faceva caldo. Sentivo l’estate sulla pelle anche se non avevo ancora toccato il mare. Non è che non potessi recarmi con Sue alla spiaggia più vicina, semplicemente non volevo. Tutto poteva succedere se mi assentavo un attimo dalla mia quotidianità, tutto poteva mutare se perdevo il controllo degli eventi con distrazioni.
Notai Valley. Con aria schietta se ne stava seduto sulle prime gradinate del campo da calcio. Arrivai lentamente con addosso i miei short, le infradito e una canottiera. L’ultima volta quel batterista pervertito mi aveva rimproverata riguardo il mio abbigliamento, ma sinceramente faceva troppo caldo per una tuta da ginnastica.
Le cose di allenamento le avevo lasciate a casa, la mia tracolla pesava già un bel po’ per colpa dei libri e dei quaderni, per quel somaro che stava di fronte a me. E poi le mie amiche erano tutte al mare.
“Ciao.” Dissi in un tono scocciato e gelido. Sbadigliai poi prendendo fuori i libri di fisica. Lui non mi degnò di uno sguardo. Continuava a guardare vero l’alto. Il cielo blu che si estendeva sopra di noi. In quel momento sicuramente la sua testa era fra le nuvole.
“E’ proprio blu il cielo.” Mormorò sorridendo. “Troppo blu” il suo sorriso si afflosciò in un istante.
Sospirai “Sono qua per spiegarti la termodinamica non per osservare il cielo” dissi seccata dall’atteggiamento menefreghista nei miei confronti.
 


Odiavo il blu. Odiavo il cielo. Gli occhi di Marina erano di quel colore. Tutte le sue tonalità mi ricordavano quell’unica sfumatura in cui mi era facile perdermi.
“Mi chiedo perché io non riesca a comporre canzoni …” dissi d’un tratto preso da una vena malinconica. Nella nostra band Sven e Matt componevano, Marina le adattava o modificava e io, beh suonavo la batteria.
“Come mai questo pensiero profondo?” mi chiese Ginevra con il suo tono basso e svogliato nel star a sentire le mie lamentele.
Le dissi la prima cosa che mi passo per la testa. L’unica che mi aveva tormentato negli ultimi giorni “Sembra che a una buona parte del genere femminile, piacciano i ragazzi che scrivono canzoni.” Poi la fissai e le dissi, con tono di rimprovero “ Te compresa!”
Mi guardò perplessa sbattendo più volte le palpebre. Non era un modo per abbordarla. Lei non mi interessava, chiaro?
“Ah, lascia stare! La vita di un musicista fa schifo ogni tanto” volevo farle svuotare il sacco su “Princess on Ice” ma, me ne accorsi solo più tardi del motivetto che stava canticchiando in sottofondo mentre mi preparava gli schemi per fisica. Era proprio quella maledetta canzone.
 

Parlando di musica mi tornò in mente una melodia particolare. Le parole le ricordavo appena, però la sinfonia era rimasta indelebile nella mia mente  per un po’ di giorni.
Silenzio. Poi Aaron mormorò “Con un movimento mi hai incantato/ Con un passo mi hai ispirato / E ora con la tua danza compongo / Ieri, oggi, domani / Il vestito regale lo porterai in eterno / La tua lama ha tracciato un segno indelebile sul mio cuore / Ooooh, mia principessa sul ghiaccio …”
Nello stesso istante in cui smisi di canticchiare anche lui si zitti. Lo guardai. Coordinati? Sospirai alzando gli occhi al cielo “Ti prego, amo la termodinamica, facciamo questo argomento Valley”
Mi sentivo terribilmente in imbarazzo in quel memento e incominciai a parlare di fisica ad alta voce, sperando che Valley memorizzasse qualche parola. Io intanto avevo memorizzato qualcosa di proibito nella mia testa: il ritmo della batteria di Valley che scandiva quella maledetta canzone.

 

Era strano non avere un’ardente discussione con Ginevra, da trovare quasi piacevole la sua compagnia. Il suo volto, sempre serio, non lasciava trasparire alcuna emozione, era come se qualcosa la turbasse nel profondo, e non erano sicuramente i miei studi. Più volte mi ritrovai ad osservarla di nascosto con la coda dell’occhio, più volte cercai di immaginare i suoi pensieri anche se, il mio sguardo, finiva sempre sulle sue gambe per poi risalire fino al bordo dei suoi short.
Ritrassi i miei occhi verdi da lei. Continuavo a ripetere parola dopo parole le varie spiegazioni di fisica capendone perfino il significato.
 

Era strana quella tranquillità. Lui non faceva battutine e io continuavo le spiegazioni mantenendo lo sguardo sul libro. Mille pensieri turbavano la mia mente. Preoccupazioni che mi assillavano da giorni, mesi, anni.
“Ma allora studiate veramente!” esclamò una voce famigliare che mi fece interrompere la spiegazione sul secondo principio della termodinamica. Alzai lo sguardo irritato e notai Sue, con il borsone da allenamento che si gustava un bel gelato alla fragola.
“Che ci fai qua?” dissi con tono sorpreso ma scocciato. Era seccante farmi vedere in presenza di Valley.
“E’ così che ti rivolgi ad una tua amica? Grazie! Comunque non c’è allenamento?”
“Già. Bell’amica!” fulminai Aaron quando intervenne di proposito con quell’ultima frase. giusto per stuzzicarmi.
In quel momento notai lo sguardo cristallino di Sue scintillare mentre osservava il famoso batterista da quella distanza ravvicinata.
La ragazza cicciottella fisso prima Valley e poi me. Rabbrividii immaginando cosa stava per dirmi “Oddio! È proprio Aaron dei Black Out”

 

Non lasciai rispondere Miss Scontrosità. Mi alzai in piedi e tesi la mano a quella caramella bionda bionda che mi stava di fronte “Si. Sono proprio io. Aaron James Valley al suo servizio …”
“… Sue Mason” disse lei arrossendo mentre le facevo il bacia mano da vero gentleman. Io infondo ero un gentiluomo anche se non lo facevo con Ginevra. In quel momento, quest’ultima mi guardava con sguardo schifato.
“Ginny, posso chiedergli un autografo?” e c’era bisogno di chiederlo alla Wilson? Mah.
“Fai quello che vuoi” evviva l’amicizia. Dal modo in cui Ginevra lo disse, sicuramente la povera Sue conosceva il vero carattere dell’amica. Rude, sboccato e sfacciato.
Subito dopo mi ritrovai a fare la mia firma su una rivista di musica dove c’era un mio bel primo piano. Ero venuto veramente bene in quella foto, ora capivo perché quella Sue fosse pazza di me. La biondina mi sorrise e io ricambia. Sapevo ormai come comportarmi con i fan.
 

Una scena pietosa era appena avvenuta davanti ai miei occhi. Sue sarebbe stata tutto il tempo ad adorare il suo Valley, ed era sicuramente venuta apposta. Altro che allenamento, quello era sfruttamento d’amicia.
“Oggi comunque non c’è allenamento” le dissi appoggiandomi con la schiena al duro cemento delle gradinate.
“Ma come. Una delle rare volte che vengo ad aiutarti tu non porti neanche le cose. Uff”
“Avevate detto che andavate al mare, così …”
Mi dava fastidio che Aaron ascoltasse le nostre conversazioni. Ma finché se ne stava in silenzio, con un sorriso ebete stampato in faccia, era buona cosa.
“Ma noi volevamo andare al mare anche con te, Ginny.” Il suo tono si fece lagnoso. Odiavo quando si lamentava di me e assumeva un atteggiamento bambinesco.
“Io non …” tentai di ribadire il perché non volevo andare al mare ma, la voce di Aaron si sovrappose alla mia. Mi stava guardando da un po’ con un punto interrogativo stampato in faccia e finalmente si era deciso a intervenire.
“Che male c’è a prendersi un giorno di riposo? Così lo prendo anch’io” in altre parole tutto giocava a suo favore.
Sue, come avevo previsto, aveva interpretato quelle parole in tutt’altro modo. “Cioè? Verresti anche tu al mare con noi?”

 

Facevo proprio uno strano effetto alle ragazze, alle fan. Dicevo qualcosa e loro la prendevano per tutt’altro. Non che non volessi andare al mare e vedere delle belle ragazze in bikini, ma Sven me lo avrebbe proibito all’istante.
Come ribadivo sempre, essere una star è assai dura. Se mi avessero riconosciuto in spiaggia, la fine del mondo sarebbe avvenuta all’istante, ritrovandomi poi, su una rivista di gossip di fianco della Wilson.
La Wilson! Mi feci pensieroso al solo immaginarla in costume da bagno.
Scossi la testa “Non penso che sia una buona idea”
“Ecco. Bravo. Stai a casa a studiare. Io farò lo stesso. Non ho nemmeno il costume e odio il sale nei capelli”  a giudicare dall’insistenza, pensai che odiasse proprio il mare. Da quando l’avevo conosciuta non mi era mai capitato di vederla sorridere, secondo me aveva bisogno di una vacanza, era perennemente sotto stress.
 

“Dai Ginny? Ti prego. Ti prego. Ti prego. Solo un giorno? Il costume si compra, il pullman non costa tanto poi” Sue cercava di corrompermi in tutti i modi possibili per qualcosa di cui non me ne importava niente. I suoi occhi da cerbiatta erano maledettamente dolci e languidi, come si poteva dirle di no? Io potevo.
“Si, vai Wilson. Fuori dai piedi.” Disprezzavo il lato ironico di Valley ma cercai di non farci caso. Anch’io lo volevo fuori dai piedi, ma allo stesso tempo desideravo che studiasse perché se lui non si fosse dato da fare per superare gli esami di riparazione, io non sarei potuta diventare capitano delle cheerleader.
“Lo sai, se continui così Ginny, potrebbe sembrare che vuoi a tutti i costi stare in compagnia di Valley. Ti capisco, ma una volta ogni tanto potresti dedicare una giornata anche alle tue amiche”


 
Ginevra nascose il volto dietro il libro di fisica. Si sentiva in imbarazzo dopo quell’affermazione. Per la prima volta la trovai adorabile. Bella. Zitta. Imbarazzata. Queste erano le qualità che stranamente le si addicevano e che, a parte la prima, non possedeva. Alla fine cedette,  ed io esultai alla prospettiva di averla fuori dai piedi per una giornata intera-
Mi dispiaceva? Ma neanche un po’. Ok, non avrei avuto il mio panorama giornaliero ma avrei potuto accontentarmi di qualunque ragazza. Si, la Wilson fuori dai piedi!

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Due Di Picche