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Autore: Flami Destrangis    16/06/2012    10 recensioni
“Per un attimo le sembrò di aver dimenticato tutto. Il telefono perso, il motivo per cui si trovava lì, le preoccupazioni degli ultimi mesi. Kogoro, Shinichi, Conan, Sonoko.. le sembravano solo nomi lontani. Poi, la realtà tornò a bussare con insistenza alla porta. E per quanto lei non volesse aprire, prima o poi la realtà si stufava di aspettare. Estraeva la chiave di scorta e apriva la porticina della sua mente, irrompendo come un fiume in piena.”
In un giorno di primavera, Conan scompare improvvisamente. L’ultima immagine che Ran ha di lui è quella di un bambino che corre, attirato da una strana Porsche nera parcheggiata nelle vicinanze. Due giorni dopo, il suo corpo viene ritrovato nei pressi del porto. Chi è stato? Ran è sempre più confusa, al dolore per la morte di Conan si aggiunge lo strano e improvviso silenzio di Shinichi. Perché non la chiama più?
Per mantenere viva la speranza di ritrovarlo, Ran decide di partire. Un viaggio alla ricerca di Shinichi, un percorso che la porterà in giro per il Giappone, tra città sconosciute, antichi templi e una leggenda che assomiglia fin troppo alla sua storia. Finché la leggenda non si tramuterà in realtà.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Kogoro Mori, Ran Mori | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Poiché la sorte a te mi ha strappato,

a te, fratello infelice, crudelmente mi ha tolto.”

 

(Catullo)

 

1. La tartaruga del tempo

Per quel giorno avevano previsto pioggia. E in effetti il cielo grigio che Ran intravide attraverso la tenda leggermente scostata non lasciava prevedere nulla di buono.

Non pioveva da quasi due settimane. La primavera era ormai al termine e l'estate sembrava essere scoppiata di botto. Negli ultimi giorni il sole si era impossessato del cielo e aveva fatto prigioniera Tokyo. I maglioncini avevano lasciato il posto alle magliette a maniche corte, i sandali avevano spodestato gli stivali e gli ombrelli erano stati accantonati nell'angolino più buio di casa. Ma quel giorno no, quel giorno il sole non c'era. Aveva deciso di nascondersi dietro qualche nuvola, per schiacciare un pisolino indisturbato. Tutti hanno bisogno di riposarsi prima o poi.

Ran si alzò piano, controllando l'ora. Erano solo le sette di mattina.

Non aveva dormito granché, eppure non aveva sonno. Non aveva più avuto sonno da due mesi a quella parte. Due mesi. Sessantadue giorni che le erano strisciati addosso lentamente, nel ricordo di chi non c'era più e nell'attesa di chi non voleva decidersi a tornare. Non era vero che il tempo volava. Il tempo non passava mai. Scorreva lento come una piccola tartaruga, che, alla faccia di Zenone, Achille aveva già superato da un pezzo. Ran si sentiva come un sassolino incastrato nel guscio della tartaruga del tempo. E il mondo, l'Achille dal piede veloce, correva più rapido del tempo, divorandosi freneticamente la vita. Il più lento è destinato a rimanere indietro: era questo che Ran aveva imparato in quei due mesi.

Sì, se le avessero chiesto di descrivere con un solo aggettivo la sua vita, avrebbe detto che era lenta. Terribilmente lenta.

Si inoltrò nell'appartamento semibuio, cercando di non calpestare qualche lattina di birra lasciata per il corridoio da suo padre. Nell'ultimo periodo beveva più del solito, e aveva preso la cattiva abitudine di lasciare tutte le scorie del suo vizio in giro per casa.

Ran sospirò, raccogliendo uno dei reperti, per poi scaraventarlo nel cestino non appena giunta in cucina. Nella casa regnava un silenzio di tomba, disturbato solo dal russare regolare di Kogoro, che, attraverso la porta chiusa e a più di un corridoio di distanza, le sembrava solo il ronzio di una mosca.

Il silenzio non era una peculiarità di quella mattina. Da quando Conan non c'era più, in quella casa regnava la tristezza. Il lavoro andava male e Kogoro perdeva sempre più velocemente il suo prestigio. Presto persino i clienti più affezionati si sarebbero stancanti, e avrebbero cambiato agenzia. E allora sì che sarebbero iniziati i guai.

La ragazza cercò di non pensarci, mentre preparava velocemente il suo caffè mattutino. Di guai ne aveva già passati tanti, e non aveva voglia di pensare ai guai futuri. Quale futuro, poi? I guai erano il suo presente. Non aveva senso parlare di passato e futuro in quel momento. La sua vita era diventata un interminabile presente.

Bevve tutto d'un sorso. Non aveva fame, ma mandò giù a forza qualche biscotto. In quel periodo stava mangiando decisamente troppo poco, e stava dimagrendo a vista d'occhio. Ripensò alle parole che Sonoko le aveva detto la sera prima:

Se non ricominci a mangiare, dovrò costringerti con la forza. Guarda che non sto scherzando, Ran. Forse stare in quella casa ti fa male. Perché non vieni qui da me? Anche a tempo indeterminato: per te la mia porta sarà sempre aperta.”

Andare via da quell'appartamento? Sì, ci aveva già pensato. Forse le avrebbe fatto bene, eppure non se la sentiva di abbandonare suo padre proprio ora che le cose andavano via via peggiorando. Le sembrava un comportamento da codardi.

Si fece una doccia e scelse i primi vestiti che le capitarono sottomano. Lasciò un biglietto sul tavolo per suo padre, ben sapendo che comunque al suo ritorno l'avrebbe molto probabilmente ritrovato ancora addormentato.

 

Vado a trovare Conan.

Ran

 

 

In quella domenica grigia senza scuola le strade non erano particolarmente affollate. Forse perché erano appena le otto, o forse perché il sole aveva deciso di portarli tutti lassù con sé, dietro le nuvole.

Passò accanto al parco di Beika, e si fermò per raccogliere qualche fiore. Non voleva andare da lui a mani vuote. Si sentì un tuono in lontananza. Eppure ancora non pioveva.

Con un gesto ormai meccanico, tirò fuori dalla borsa il cellulare, per controllare se aveva ricevuto una chiamata, un'email, un messaggio.. qualsiasi segno di vita.

Niente. Shinichi non accennava a farsi sentire da due mesi. Non era mai rimasto in silenzio per così tanto tempo. Era come se con Conan se ne fosse andato via anche lui. Eppure lei ci sperava ancora, nonostante tutto. Sperava che fosse implicato in un caso difficile, e che, una volta risolto, potesse tornare da lei. Aveva cercato di parlarne con il dottor Agasa, ma con due occhi pieni di lacrime lui le aveva detto: “Forse è meglio la speranza della certezza.”

E basta. Non era riuscita a sapere nient'altro.

Aveva provato a chiamare Yukiko, la madre di Shinichi. La voce di lei le era sembrata spenta, terribilmente priva di voglia di vivere. Così diversa dalla Yukiko di sempre. Aveva affermato di non aver avuto nuove notizie da parte del figlio, e alla fine, prima di salutarla, le aveva detto: “Chissà, essere al tuo posto sarebbe forse meglio.”

Ma perché? Perché la facevano sentire come una privilegiata quando invece era l'ultima tra le schiave? L'ansia la stava corrodendo da dentro. Che fine aveva fatto Shinichi? E soprattutto, perché, anche se tutti non avevano più sue notizie, nessuno sembrava intenzionato a cercarlo?

Dove sei?” si ritrovò a dire, gli occhi al cielo, sola al parco di Beika.

Sentì le lacrime avvicinarsi e cercò di reprimerle. Non voleva piangere, almeno non ancora. Si incamminò, i fiori in mano e la tristezza dietro che la seguiva come il più fedele dei cani. Arrivata davanti al cimitero, tirò un respiro e si fece forza. Entrò, salutando il custode che ormai la conosceva. Era sempre la prima a recarsi lì ogni domenica mattina. E le piaceva farlo da sola, per scambiare in pace qualche parola con Conan.

Giunta davanti alla lapide ricercata, si sedette e sostituì i fiori lasciati una settimana prima.

Ciao.” disse, osservando la foto del bambino occhialuto. La scritta sottostante, Conan Edogawa, la fece rabbrividire. Le faceva sempre effetto leggere il nome di lui su quella pietra fredda.

Come stai? Spero che almeno tu stia riposando tranquillo. Io sto sempre peggio.”

Si zittì per un po', come se lui potesse risponderle. In fondo, un po' ci sperava. Sperava che quella foto iniziasse a parlare.

Era successo tutto troppo in fretta, e lei non aveva nemmeno avuto il tempo di rendersene conto. Stavano camminando per le strade del centro, lei, Conan e Kogoro, alla ricerca di un nuovo cellulare per il detective. Improvvisamente Conan si era fatto pensieroso, e aveva cominciato a fissare qualcosa, che Ran aveva identificato con una Porche ormai inconsueta parcheggiata sul ciglio della strada. Tutto d'un tratto, Conan le aveva detto: “Ran, mi sono appena ricordato che il dottor Agasa mi aveva chiesto di fare una commissione per lui.. faccio una corsa fino ad un negozio qui vicino! Ci sentiamo!”

Ed era scappato via, senza nemmeno consentirle di rispondere. Ran non ricordava nulla di particolare, solo quella vecchia Porche. Aveva tentato di seguire Conan, ma lui si era velocemente dileguato. E non si era fatto più sentire.

Ran ricordava tutto perfettamente: l'ansia, la preoccupazione, la paura di quei giorni. Cosa poteva essere successo a Conan? Perché non tornava a casa? Il cellulare rimaneva spento, e il dottor Agasa sosteneva di non avergli affidato alcuna commissione. Perché Conan si era allontanato con quella scusa? Cosa o chi aveva visto? Era sempre stato un bambino curioso. Un po' troppo curioso. La preoccupazione si era trasformata in dolorosa certezza quando, due giorni dopo, il corpicino del bambino era stato ritrovato dall'altra parte della città, in un vicolo buio vicino al porto. Qualcuno gli aveva sparato. Ma chi?

Era questa la domanda che la tormentava e a cui la polizia non riusciva a trovare risposta. Chi poteva uccidere un bambino? E soprattutto, perché? E come aveva fatto Conan ad arrivare dall'altra parte della città?

Shinichi. Forse lui avrebbe potuto trovare la soluzione dell'enigma. Lui, il giovane genio del Giappone, ce l'avrebbe fatta. Ma era sparito nel nulla. Anche lui scomparso da due mesi esatti. Ma a nessuno sembrava importare: o meglio, nessuno sembrava seriamente intenzionato a cercarlo.

Mi sento sola da quando non ci sei.” si ritrovò a dire.

Solo allora si accorse che aveva cominciato a piovere. I capelli bagnati le si attaccavano alla fronte e i jeans ormai fradici le pesavano sulle gambe. Aveva dimenticato l'ombrello. Meglio così: la pioggia le avrebbe lavato via la tristezza di dosso.

Scusami. Vengo qui e sono solo capace di darti cattive notizie.”

Perché era successo tutto veramente? Perché non poteva essere solo un brutto sogno?

Non era sicura di saper affrontare la prova che aveva di fronte: andare avanti giorno per giorno con la certezza della morte di Conan e l'insicurezza sulla sorte di Shinichi.

Tra una settimana cominceranno le vacanze estive.” disse, quasi senza accorgersene, “Sai, Heiji è tornato a casa giusto la scorsa settimana. E' rimasto qui più di un mese, per cercare di capire cosa ti fosse successo. Ma neanche lui ce l'ha fatta.”

Stava pronunciando frasi sconnesse, una dopo l'altra, senza riuscire a fermarle.

Sentì che aveva gli occhi lucidi. Le lacrime lottavano per uscire. Ma non voleva piangere lì, davanti a Conan. Si raggomitolò su se stessa, stringendo con le braccia le gambe al petto e lasciò che la testa sprofondasse in mezzo alle ginocchia. Restò in quella posizione per qualche minuto, la pioggia che le sferzava addosso senza pietà. Quando, improvvisamente, non sentì più quel martello d'acqua sbatterle sopra. Alzò lo sguardo spaesata, e vide un ombrello sopra di sé. Si girò, per controllare chi fosse quel passante generoso venuto a soccorrerla, e vide una bambina dai grandi occhi azzurri sorriderle leggermente. Era Ai.

Ciao.” le stava dicendo, sedendosi accanto, in modo che l'ombrello riparasse entrambe, “Anche tu sei venuta qui per scambiare qualche parola con Conan?”

Ran annuì, osservando attraverso le ciglia fradice di pioggia quella bambina un po' troppo grande per la sua età. Ai era stata profondamente colpita dalla morte di Conan: ma Ran aveva sempre avuto l'impressione che lei sapesse, che sapesse qualcosa di più. Quando Ran le aveva dato la notizia della morte di Conan e del ritrovamento del corpo in un vicolo nei pressi del porto, Ai era impallidita e aveva incominciato a tremare. Le lacrime erano venute subito dopo. E poi c'era stata una frase, che Ran non aveva mai compreso appieno, ma su cui non aveva mai avuto il coraggio di indagare. Una frase sussurrata velocemente, a bassa voce, tra un singhiozzo e l'altro: “Tra poco toccherà a me.”

Una frase che aveva il sapore della rassegnazione. Ed era quello che caratterizzava Ai da due mesi a quella parte: la rassegnazione. Ran aveva quasi l'impressione che la bambina fosse scesa dall'autobus della vita, per accomodarsi alla fermata in attesa che un altro autobus la passasse a prendere.

Da quando Conan non c'è più, mi sembra che il filo conduttore che mi teneva legata a Shinichi si sia spezzato.”

Ran aveva pronunciato quelle parole tra sé e sé, quasi pensando ad alta voce. E non poté non notare il sussulto che avevano provocato nella bambina.

Già, perché Ai sapeva tutto, ma non aveva trovato il coraggio per dirle la verità. Non voleva coinvolgere Ran in quella brutta faccenda. Conan aveva probabilmente assistito a qualcosa che non doveva vedere, gli Uomini in Nero se n'erano accorti, e tutto era finito come era finito. Ai aveva paura di essere la prossima. Senza più Conan con lei, si sentiva sola e abbandonata. Si sentiva impotente davanti al nemico.

Per quanto comprendesse la sofferenza di Ran, aveva deciso di tacere. Raccontarle la verità su Conan significava anche raccontare la verità su di lei. Significava andare troppo oltre, e compromettere l'incolumità della ragazza. Ai cercava di affievolire i sensi di colpa pensando che anche Shinichi avrebbe voluto così. La vita di Ran andava messa al primo posto. Ma era davvero giusto lasciarle quell'illusione?

Nel frattempo, Ran aveva continuato a parlare:

Alle volte mi viene in mente di mollare tutto. Di partire e di cercalo.”

La bambina ebbe un altro sussulto. Questa era decisamente la peggiore delle idee. Muovere le acque intorno alla sorte di Shinichi era come mordere la coda al cane che dorme.

Doveva parlare. Doveva dire qualcosa. Dirle tutto era la soluzione più semplice, eppure non se la sentiva. Meglio la certezza o la speranza?

Strinse la mano della giovane.

La speranza dà la forza di andare avanti.”

Che frase stupida, pensò. Aveva detto quelle parole senza pensarci.

La speranza non può durare in eterno, Ai. Prima o poi lascia il posto alla rassegnazione.”

Ran sospirò, mentre guardandosi intorno vide che aveva smesso di piovere. L'arcobaleno brillava in un cielo che andava via via rischiarandosi.

Ai le aveva chiesto di sperare, eppure lei si sentiva sempre più vicina alla rassegnazione. Se continuava ad aspettare, presto o tardi sarebbe anche lei scesa dall'autobus, per accomodarsi alla fermata accanto a quella bambina che ora fissava la foto di Conan con un velo di tristezza negli occhi.

Ran aveva sperato, Ai si era già rassegnata. Speranza e rassegnazione. Ecco cos'erano loro due. Ma in quel momento Ran capì che la totale passività stava pian piano uccidendo la speranza. Bisognava fare qualcosa, in un modo o nell'altro, per tenere viva quella speranza. Perché al mondo niente è eterno, e ci tocca lottare anche per un unico sentimento.

 

 

Angolino autrice:

Salve a tutti, fan di Detective Conan!

Dopo un bel po’ di tempo, ritorno con una nuova long. L’idea è nata da un semplice pensiero: ma se a Conan dovesse sfortunatamente (facciamo corna) succedere qualcosa, cosa ne sarebbe di Ran? Insomma, come reagirebbe lei davanti all’improvviso silenzio di Shinichi? E Ai e gli altri le direbbero la verità? Ecco, questa è l’idea di base della storia. Una fan fiction che vorrei dedicare a tutti coloro che mi hanno sempre sostenuta e a chi vorrà leggerla.

Non ho messo l’avvertimento OOC, anche se penso che in parte sia implicito in una “What if..?” . Nel caso secondo voi sia indispensabile metterlo, potreste dirmelo? Così provvedo a modificare gli avvertimenti :)

Un grazie speciale va a Kikari_ , che mi ha dedicato la sua meravigliosa one-shot “Aria”. Spero che tu possa passare di qui e leggere questa piccola dedica!

Ok, penso di aver detto tutto. Grazie a tutti coloro che hanno letto :)

A presto con il secondo capitolo!

Flami

  
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