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Autore: _Chimi    17/06/2012    2 recensioni
Annie e Finnick,a mio parere la coppia più bella della saga.
Questa one-shot racconta di alcuni momenti dopo il loro matrimonio.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fa terribilmente freddo. Schegge di ghiaccio trapassano il mio corpo sudato e stremato. Sono ore che corro disperatamente, ma non posso fermarmi. Loro mi inseguono, io devo fuggire,lontano,devo andare via,altrimenti mi raggiungeranno. Vogliono il mio sangue,il mio dolore,la mia morte. Devo fuggire, accellera,diamine, accellera! Non ce la farò mai.Vado a sbattere contro qualche albero,sono troppo stanca. Pulisco il fango dai miei occhi con quello che rimane della manica della mia felpa. Mi stanno raggiungendo, e io non posso far nulla se non continuare a correre, affondando i piedi nel terriccio morbido e bagnato. Avverto la presenza di Aaron dietro di me. E’ solo un bambino,dagli occhi azzurri e i lineamenti infantili. Non è adatto a questo luogo. Nessuno lo è. Eppure eccoci qui,a fuggire da altre persone,che ci inseguono sotto la pioggia con un’ascia in mano,desiderose di farci a pezzi. Corri, Annie,corri. Un tonfo. Aaron! E poi, le urla. I tributi favoriti hanno raggiunto il mio compagno di distretto. Mi giro,non so cosa fare. Mi giro, giusto in tempo per vedere i suoi occhi. Folli,terrorizzati, che implorano aiuto. E un attimo dopo,spenti. Rosso,rosso dappertutto. Una testa rotola. Una testa bionda, con degli occhi azzurri, spenti.

“Annie, amore,cos’è successo?”
Finnick si alza di scatto e vede la ragazza sul pavimento, che si contorce e urla. Tiene le mani sul volto,come se cercasse di non guardare qualcosa o di proteggersi.
“Aaron!Aaron!Corri!” tace per un istante. Poi i lamenti riprendono:” E’ colpa mia…” singhiozza “è tutta colpa mia…Gli occhi! Aaron,chiudi gli occhi! No, Aaron,no…Spenti… Aaron,perché hai gli occhi spenti?”
Finnick scende dal letto e la solleva con delicatezza, stingendola a sé come se fosse una bambina. La riporta sotto le coperte,mormorandole che va tutto bene,è tutto passato,lui è lì con lei. Al suono della sua voce, Annie toglie lentamente le mani dalla faccia e incrocia il suo sguardo. Ha gli occhi color acquamarina. Non sono terrorizzati,folli,neanche spenti. Sono calmi. Quegli occhi le vogliono bene. Respira lentamente,contando,uno,due,tre. Inspira,espira. Finnick le ha detto di fare così. Quattro,cinque,sei. Il suo Finnick. Sette, otto,nove,dieci. Lo bacia delicatamente, sfiorando le sue labbra morbide e calde. Quel bacio esprime ciò che mille parole non potrebbero dire. Amore,fiducia,ringraziamento. Finnick le stringe la mano,finché non si riaddormenta. Adesso non sogna più l’arena. Sogna il mare, il suo distretto, Finnick. Un sorriso si apre sul suo volto. Dio,quanto è bella,pensa il ragazzo. I lineamenti lentamente si distendono,non c’è più traccia della follia che deturpava il suo volto fino a qualche momento prima. Il naso è piccolo e leggermente a patata,le labbra sono piene,gli occhi di un verde intenso che si intona alla perfezione con la sua carnagione chiara, in contrasto con i disordinati e  numerosi capelli neri. Finnick libera la sua mano dalla stretta, ed Annie sussulta. Con le dita, le accarezza la guancia scarna e fredda. Il sorriso sul volto della ragazza si fa ancora più ampio.
 
Annie si sveglia, felice. Allunga la mano,cercando Finnick, ma non incontra i folti capelli spettinati del ragazzo come si aspettava. C’è una gardenia al loro posto,il suo fiore preferito. Lo riconosce dal profumo. Si solleva su un fianco, e si accorge che sul cuscino di Finnick non c’è solo la pianta, ma anche una lettera, redatta con una grafia incerta. Il ragazzo deve aver sofferto molto scrivendo quelle parole. La legge tutta d’un fiato,e il mondo sembra crollare addosso.
Amore mio,quando leggerai questa lettera io sarò già lontano. Non devi preoccuparti per me: sono al sicuro, e quando tornerò, vivremo in un mondo libero,senza Hunger Games,senza ingiustizie o soprusi. Capisci,Annie?Avremo dei figli, e non dovremo temere per la loro sorte.
Te lo prometto. Ti amo. Mi manchi già.
Finnick
Annie si alza lentamente e si affaccia fuori dalla finestra. E’ preoccupata e si sente abbandonata,ma quando mai Finnick le ha mentito? Se le ha detto di non stare in pensiero,lei non lo farà. Dei bambini giocano per la strada. Accarezza con amore la sua pancia, pensando che appena tornerà,dirà a Finnick che è incinta,e che il figlio di cui parla nel biglietto sta già crescendo nel suo ventre.
 
L’ultimo spiraglio di luce,e poi il buio. “Non verrà più nessuno” dice Gale “Solo gli ibridi”.
Un dolore indescrivibile. Deve avere delle brutte ferite alla gamba sinistra e sulle braccia. Forse gliele hanno staccate. Ma deve continuare a salire,per Annie. Come farà a riaddormentarsi senza di lui?Chi la tranquillizzerà nel mezzo della notte?Chi le stringerà la mano fino a che non riprenderà sonno? Un dolore lancinante alla testa,e precipita all’ indietro. Prima di svenire,immagini confuse gli tornano alla mente: Annie che sorride,il mare,una barca a vela,gli occhi verdi di Annie,il tridente di Beetee,Mags,un cielo rosa,Annie nel suo abito da sposa,Annie senza di lui. Gli ibridi lo massacrano,maciullano la sua carne,la divorano con foga,strappando gli arti muscolosi,deturpando i lineamenti perfetti.
 
Il vuoto, il nulla,ecco cosa prova Annie. Rimane ferma, immobile, la gente si allontana temendo uno scatto d’ira. In realtà, la ragazza non avrebbe la forza di fare un solo passo. Rimane lì,ferma, non sa cosa pensare. Ha paura. La gente se ne va,la lascia sola,ed è in quel momento che capisce veramente cos’è successo. Urla,piange,si dispera. Un odio feroce si impadronisce di lei, un odio verso il mondo,verso Finnick che le ha mentito,verso quelli che erano in missione con lui,verso Capitol City,verso la vita.
Corre, corre,corre verso la scogliera,e sta per buttarsi giù,quando avverte un leggero dolore allo stomaco. Suo figlio. Suo figlio si è mosso dentro di lei. Fa qualche passo indietro e crolla a terra.
“Dimmelo, tu” singhiozza”dimmi tu come posso farcela”.
  
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