It’s a small crime and I’ve got no excuse
1.
#031 – alba
Non aveva mai visto il sole sorgere.
Non che fosse una cosa grave, anzi. A Lucy non piaceva l’alba, per il semplice
motivo che era fin troppo attaccata al suo letto da non riuscire a pensare di rinunciare
a quelle preziose ore di sonno che, puntualmente, il mattino le strappava con
brutalità. Se fosse stato per lei, avrebbe dormito per diciotto ore filate e
sarebbe sempre stato troppo poco. In ogni caso, veder sorgere il sole, secondo
sua cugina Rose, era un’esperienza irrinunciabile nella vita di ogni persona e,
benché Lucy non l’avesse mai ascoltata –era sua cugina, le voleva bene, ma
certe volte si perdeva in idee sciocche che una mente pratica come quella di
Lucy proprio non riusciva ad afferrare -, quel giorno si ritrovò, in piedi, nel
suo dormitorio ad Hogwarts, ad osservare la tenue luce che faceva capolino
dalle tende rosse del suo dormitorio.
Scostò appena il tessuto pesante per osservare, fuori dalla finestra, lo
spettacolo mai ammirato. Quella notte non era riuscita a dormire così
profondamente come era solita fare come quando era bambina. Forse perché una
bambina non le era più, forse perché il pensiero di star crescendo le aveva
annodato lo stomaco e le aveva reso il sonno difficile da raggiungere. Aveva
trascorso l’intera infanzia a pensare che non sarebbe mai diventata adulta ed
era dura, ora, fare i conti con il passare degli anni.
Il sole tingeva di rosso ogni anfratto di cielo che riusciva a raggiungere,
dipingendo il mondo di tonalità arancioni e gialle, colori vivi e brillanti che
Lucy raramente aveva visto in vita sua. Forse, in fin dei conti, Rose aveva
ragione: l’alba era uno spettacolo da vedere, almeno una volta nella vita.
Lucy osservò la sveglia posata sul suo comodino. Segnava le sette meno dieci,
un orario che conosceva fin troppo bene.
Era il suo diciassettesimo compleanno.
Stai crescendo, Lucy Weasley.
Forse, alla fin fine, l’alba non era questo granché.
2.
#037 – udito
Si era sempre vantato di avere un ottimo
udito – poteva sentire ciò che accadeva a diverse stanze di distanza, riusciva
a sentire il leggero fruscio delle foglie mosse dalla tiepida brezza autunnale
e percepiva distintamente il suono di passi accanto a lui. Nessuno era mai
riuscito a coglierlo di sorpresa, neppure una volta.
Tranne una sola persona.
Non l’aveva mai sentita arrivare, neppure una volta. Non aveva mai udito il
rumore delle sue scarpe contro il freddo pavimento di pietra, né l’ondeggiare
dei suoi capelli scuri nell’aria o il suo respiro accanto a lui. Era come se
fosse sordo ad ogni cosa che la riguardasse, sordo solo per lei.
Un pensiero del genere lo avrebbe riempito di orrore, se solo dentro di lui ci
fosse stato posto. Avrebbe temuto come, senza neanche che lui le desse il
permesso, Lucy Weasley aveva abbassato tutte le sue difese – perfezionate in
tutti quegli anni - e lo aveva reso
terribilmente umano, ma non ne aveva il modo. Tutto quello che sentiva era lei
– e, per quanto banale potesse sembrare, non c’era posto né per la paura, né per
la sorpresa, né per nient’altro quando c’era lei. C’era lei, e tanto bastava.
«Ciao» gli si sedette accanto nel giardino di Hogwarts, Lucy Weasley, con il
suo solito sorriso, i capelli che le ricadevano dolcemente sulla schiena, i
suoi movimenti impercettibili persino a lui.
Dopotutto, gli angeli non fanno rumore.
3.
#084 – lui
A volte, era difficile credere che tutto
quello era reale – era difficile credere che lui era reale, che quello che avevano non era frutto di una
fantasia, prodotto della troppo fervida immaginazione di una ragazzina mai
cresciuta. Non le bastava osservarlo, sfiorarlo casualmente nei corridoi,
incrociare il suo sguardo durante i pranzi per renderlo reale. Non le bastavano
neppure i baci che si scambiavano, il modo in cui lui la teneva stretta, la
sensazione delle sue mani che le stringevano i fianchi – possessive, ma non
troppo, perché lui non aveva bisogno di stringerla con forza per farle sapere
che era lì, che era sua come lui era suo.
Le sembrava irreale e a volte si chiedeva se accadesse davvero, se lui – quel
ragazzo così lontano, così distante da lei -, se Zeph
Nott fosse davvero suo.
Non aveva mai sopportato le chiacchiere delle sue cugine o delle sue amiche
riguardo i ragazzi: erano lunghi elenchi di qualità positive – solo quelle,
ovviamente -, infarciti di così tanti ‘Lui è così speciale’ o ‘Lui è così
fantastico ’ che a Lucy era venuta la nausea al solo pensare una cosa del
genere. Eppure, ora non riusciva a pensare a nient’altro che a lui e la sua
mente era piena di quei sorrisi rari che le donava, del modo in cui le scostava
una ciocca di capelli dal viso quando erano stesi l’uno accanto all’altra, dei
suoi occhi chiari così limpidi che Lucy poteva vedere nella sua anima, quasi.
Non riusciva a credere che fosse la realtà, che lui fosse vero.
Eppure, si disse mentre lo baciava e lo teneva stretto a sé, se anche quella
fosse stata solo un’altra fantasia, sarebbe stata la più bella di tutte.
4.
#018 – nero
Zeph aveva sempre
pensato che la sua anima fosse nera.
Dopotutto, neri erano i suoi capelli, neri gli abiti che indossava di solito,
nero era il colore di famiglia. Di conseguenza, la sua anima non poteva essere
altro che nera – una tonalità scura che ricorreva troppe volte nella sua vita,
un colore che lo soffocava. Il suo cuore, si diceva, era un ammasso di ombre
senza alcuna luce. Lui non era luminoso, lui era nero – scuro, soffocante,
spaventoso.
La sua anima non aveva nulla di bello o di splendente: era solo ombra, l’ombra
più scura che avesse mai incontrato.
«E’ la luce più vivida a proiettare l’ombra più scura, sai» gli aveva detto, un
giorno, Lucy, mentre accarezzava dolcemente il suo volto come era solita fare.
Era strano pensare a lei in quel modo. Lucy non era mai stata conosciuta per la
sua dolcezza o per la delicatezza delle sue mani. Eppure, con lui era così –
perché era sua, perché con lui era diverso.
Non le aveva dato retta. Le ombre che circondavano il suo cuore – le ombre
della sua anima – erano scure e nere e non c’era via di scampo da loro. Lui non
era luminoso, era solo un punto opaco nella sua
vita.
Eppure, quando lei lo stringeva nelle sue braccia, lasciandolo posare il capo
sul suo petto, a Zeph sembrava di essere pieno di
miliardi e miliari di sfumature luminose e le loro mani intrecciate avevano
tutti i colori del mondo. Che gli importava se la sua anima era nera, se quando
era con lei risplendeva di tutte le più belle sfumature?
5.
#068 – lampo
A Lucy erano sempre piaciuti particolarmente
i temporali. Fin da bambina, aveva trascorso i piovosi pomeriggi invernali
accanto alla finestra, per non perdersi il minimo particolare di quello
spettacolo naturale che tanto la affascinava. Osservava con attenzione i lampi
e i loro brevi sprazzi di luce che inondavano il cielo e ascoltava il rumore
assordante del tuono, così vivo, così reale. Ricordava come le sue cugine più
piccole scappavano sempre in cerca dei loro genitori, durante i temporali, ma
lei era sempre rimasta accanto a quella finestra, sempre pronta ad osservare lo
spettacolo che tanto amava, senza paura. Era Lucy Weasley e non aveva paura,
mai.
Era accaduto durante un temporale – Lucy lo ricordava bene, come se quella
scena si fosse impressa nella sua mente, nel suo cuore, nella sua anima come
nient’altro fino a quel momento. Era stato durante un temporale, con le difese
abbassate, senza più alcuna paura, alcun timore – era Lucy Weasley e non aveva
paura, mai, eppure quel sentimento che ora provava la terrorizzava e non sapeva
che fare -, che lo aveva baciato per la prima volta. Zeph
aveva ricambiato e un lampo era esploso nel cielo, illuminando, per un solo
secondo, il mondo intorno a loro e quelle due figurine, strette in un
abbraccio, sotto la pioggia, incuranti di tutto il resto se non di loro. E poi,
la breve luce se ne era andata e loro due erano rimasti abbracciati nella
pioggia, senza chiedersi nient’altro.
No, si disse Lucy, la luce non era sparita. Era lì, con lei, che le stringeva
la mano e le sorrideva, come se fosse la cosa più naturale del mondo. La luce
non era sparita: si era racchiusa nella sua figura. Zeph
era il lampo che aveva sconvolto il cielo sereno della sua vita – eppure, Lucy
Weasley amava i temporali più di ogni altra cosa al mondo.
Angolo
Autrice
Questa
raccolta nasce dall’idea della mia cara gemella Jè, a
cui ho partecipato più che volentieri, visto che le sue idee sono sempre
geniali. Proprio per questo, vi rimando all’altra raccolta, per avere un’idea
chiara di questa storia: qui.
Questa raccolta non pretende di essere chissà che, solo un’idea progettata un
sabato sera in cui non avevamo niente da fare. Zephyr
Nott è un personaggio interamente di nostra
invenzione e niente, non ho molto da aggiungere. Spero vi siano piaciute
entrambe le raccolte : )
El.