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Autore: akosmia    17/06/2012    0 recensioni
Eppure, quando lei lo stringeva nelle sue braccia, lasciandolo posare il capo sul suo petto, a Zeph sembrava di essere pieno di miliardi e miliari di sfumature luminose e le loro mani intrecciate avevano tutti i colori del mondo. Che gli importava se la sua anima era nera, se quando era con lei risplendeva di tutte le più belle sfumature?
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lucy Weasley, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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It’s a small crime and I’ve got no excuse

1.

 

 #031 – alba

Non aveva mai visto il sole sorgere.
Non che fosse una cosa grave, anzi. A Lucy non piaceva l’alba, per il semplice motivo che era fin troppo attaccata al suo letto da non riuscire a pensare di rinunciare a quelle preziose ore di sonno che, puntualmente, il mattino le strappava con brutalità. Se fosse stato per lei, avrebbe dormito per diciotto ore filate e sarebbe sempre stato troppo poco. In ogni caso, veder sorgere il sole, secondo sua cugina Rose, era un’esperienza irrinunciabile nella vita di ogni persona e, benché Lucy non l’avesse mai ascoltata –era sua cugina, le voleva bene, ma certe volte si perdeva in idee sciocche che una mente pratica come quella di Lucy proprio non riusciva ad afferrare -, quel giorno si ritrovò, in piedi, nel suo dormitorio ad Hogwarts, ad osservare la tenue luce che faceva capolino dalle tende rosse del suo dormitorio.
Scostò appena il tessuto pesante per osservare, fuori dalla finestra, lo spettacolo mai ammirato. Quella notte non era riuscita a dormire così profondamente come era solita fare come quando era bambina. Forse perché una bambina non le era più, forse perché il pensiero di star crescendo le aveva annodato lo stomaco e le aveva reso il sonno difficile da raggiungere. Aveva trascorso l’intera infanzia a pensare che non sarebbe mai diventata adulta ed era dura, ora, fare i conti con il passare degli anni.
Il sole tingeva di rosso ogni anfratto di cielo che riusciva a raggiungere, dipingendo il mondo di tonalità arancioni e gialle, colori vivi e brillanti che Lucy raramente aveva visto in vita sua. Forse, in fin dei conti, Rose aveva ragione: l’alba era uno spettacolo da vedere, almeno una volta nella vita.
Lucy osservò la sveglia posata sul suo comodino. Segnava le sette meno dieci, un orario che conosceva fin troppo bene.
Era il suo diciassettesimo compleanno.
Stai crescendo, Lucy Weasley.
Forse, alla fin fine, l’alba non era questo granché.

2.

#037 – udito

Si era sempre vantato di avere un ottimo udito – poteva sentire ciò che accadeva a diverse stanze di distanza, riusciva a sentire il leggero fruscio delle foglie mosse dalla tiepida brezza autunnale e percepiva distintamente il suono di passi accanto a lui. Nessuno era mai riuscito a coglierlo di sorpresa, neppure una volta.
Tranne una sola persona.
Non l’aveva mai sentita arrivare, neppure una volta. Non aveva mai udito il rumore delle sue scarpe contro il freddo pavimento di pietra, né l’ondeggiare dei suoi capelli scuri nell’aria o il suo respiro accanto a lui. Era come se fosse sordo ad ogni cosa che la riguardasse, sordo solo per lei.
Un pensiero del genere lo avrebbe riempito di orrore, se solo dentro di lui ci fosse stato posto. Avrebbe temuto come, senza neanche che lui le desse il permesso, Lucy Weasley aveva abbassato tutte le sue difese – perfezionate in tutti quegli anni -  e lo aveva reso terribilmente umano, ma non ne aveva il modo. Tutto quello che sentiva era lei – e, per quanto banale potesse sembrare, non c’era posto né per la paura, né per la sorpresa, né per nient’altro quando c’era lei. C’era lei, e tanto bastava.
«Ciao» gli si sedette accanto nel giardino di Hogwarts, Lucy Weasley, con il suo solito sorriso, i capelli che le ricadevano dolcemente sulla schiena, i suoi movimenti impercettibili persino a lui.
Dopotutto, gli angeli non fanno rumore.

3.

#084 – lui

A volte, era difficile credere che tutto quello era reale – era difficile credere che lui era reale, che quello che avevano non era frutto di una fantasia, prodotto della troppo fervida immaginazione di una ragazzina mai cresciuta. Non le bastava osservarlo, sfiorarlo casualmente nei corridoi, incrociare il suo sguardo durante i pranzi per renderlo reale. Non le bastavano neppure i baci che si scambiavano, il modo in cui lui la teneva stretta, la sensazione delle sue mani che le stringevano i fianchi – possessive, ma non troppo, perché lui non aveva bisogno di stringerla con forza per farle sapere che era lì, che era sua come lui era suo.
Le sembrava irreale e a volte si chiedeva se accadesse davvero, se lui – quel ragazzo così lontano, così distante da lei -, se Zeph Nott fosse davvero suo.
Non aveva mai sopportato le chiacchiere delle sue cugine o delle sue amiche riguardo i ragazzi: erano lunghi elenchi di qualità positive – solo quelle, ovviamente -, infarciti di così tanti ‘Lui è così speciale’ o ‘Lui è così fantastico ’ che a Lucy era venuta la nausea al solo pensare una cosa del genere. Eppure, ora non riusciva a pensare a nient’altro che a lui e la sua mente era piena di quei sorrisi rari che le donava, del modo in cui le scostava una ciocca di capelli dal viso quando erano stesi l’uno accanto all’altra, dei suoi occhi chiari così limpidi che Lucy poteva vedere nella sua anima, quasi.
Non riusciva a credere che fosse la realtà, che lui fosse vero.
Eppure, si disse mentre lo baciava e lo teneva stretto a sé, se anche quella fosse stata solo un’altra fantasia, sarebbe stata la più bella di tutte.

4.

#018 – nero

Zeph aveva sempre pensato che la sua anima fosse nera.
Dopotutto, neri erano i suoi capelli, neri gli abiti che indossava di solito, nero era il colore di famiglia. Di conseguenza, la sua anima non poteva essere altro che nera – una tonalità scura che ricorreva troppe volte nella sua vita, un colore che lo soffocava. Il suo cuore, si diceva, era un ammasso di ombre senza alcuna luce. Lui non era luminoso, lui era nero – scuro, soffocante, spaventoso.
La sua anima non aveva nulla di bello o di splendente: era solo ombra, l’ombra più scura che avesse mai incontrato.
«E’ la luce più vivida a proiettare l’ombra più scura, sai» gli aveva detto, un giorno, Lucy, mentre accarezzava dolcemente il suo volto come era solita fare. Era strano pensare a lei in quel modo. Lucy non era mai stata conosciuta per la sua dolcezza o per la delicatezza delle sue mani. Eppure, con lui era così – perché era sua, perché con lui era diverso.
Non le aveva dato retta. Le ombre che circondavano il suo cuore – le ombre della sua anima – erano scure e nere e non c’era via di scampo da loro. Lui non era luminoso, era solo un punto opaco nella sua vita.
Eppure, quando lei lo stringeva nelle sue braccia, lasciandolo posare il capo sul suo petto, a Zeph sembrava di essere pieno di miliardi e miliari di sfumature luminose e le loro mani intrecciate avevano tutti i colori del mondo. Che gli importava se la sua anima era nera, se quando era con lei risplendeva di tutte le più belle sfumature?

5.

#068 – lampo

A Lucy erano sempre piaciuti particolarmente i temporali. Fin da bambina, aveva trascorso i piovosi pomeriggi invernali accanto alla finestra, per non perdersi il minimo particolare di quello spettacolo naturale che tanto la affascinava. Osservava con attenzione i lampi e i loro brevi sprazzi di luce che inondavano il cielo e ascoltava il rumore assordante del tuono, così vivo, così reale. Ricordava come le sue cugine più piccole scappavano sempre in cerca dei loro genitori, durante i temporali, ma lei era sempre rimasta accanto a quella finestra, sempre pronta ad osservare lo spettacolo che tanto amava, senza paura. Era Lucy Weasley e non aveva paura, mai.
Era accaduto durante un temporale – Lucy lo ricordava bene, come se quella scena si fosse impressa nella sua mente, nel suo cuore, nella sua anima come nient’altro fino a quel momento. Era stato durante un temporale, con le difese abbassate, senza più alcuna paura, alcun timore – era Lucy Weasley e non aveva paura, mai, eppure quel sentimento che ora provava la terrorizzava e non sapeva che fare -, che lo aveva baciato per la prima volta. Zeph aveva ricambiato e un lampo era esploso nel cielo, illuminando, per un solo secondo, il mondo intorno a loro e quelle due figurine, strette in un abbraccio, sotto la pioggia, incuranti di tutto il resto se non di loro. E poi, la breve luce se ne era andata e loro due erano rimasti abbracciati nella pioggia, senza chiedersi nient’altro.
No, si disse Lucy, la luce non era sparita. Era lì, con lei, che le stringeva la mano e le sorrideva, come se fosse la cosa più naturale del mondo. La luce non era sparita: si era racchiusa nella sua figura. Zeph era il lampo che aveva sconvolto il cielo sereno della sua vita – eppure, Lucy Weasley amava i temporali più di ogni altra cosa al mondo.

 

Angolo Autrice
Questa raccolta nasce dall’idea della mia cara gemella , a cui ho partecipato più che volentieri, visto che le sue idee sono sempre geniali. Proprio per questo, vi rimando all’altra raccolta, per avere un’idea chiara di questa storia: qui.
Questa raccolta non pretende di essere chissà che, solo un’idea progettata un sabato sera in cui non avevamo niente da fare. Zephyr Nott è un personaggio interamente di nostra invenzione e niente, non ho molto da aggiungere. Spero vi siano piaciute entrambe le raccolte : )
El.

  
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