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Autore: Hi Ban    18/06/2012    4 recensioni
Sasuke, in un solo mattino di riflessioni silenziose, aveva avuto modo di appurare che nella sua vita non poteva dare nulla per certo.
[…]«Eddai, Sas’ke! Che diamine vuoi che ci facciamo con una scopa e dei sacchi di plastica?»
«Tu potresti soffocartici, con i sacchi di plastica» gli fece presente l’Uchiha, mentre Sakura alzava gli occhi al cielo.
Si stava mentalmente dando della stupida per aver davvero creduto che, almeno per una giornata, avrebbero potuto convivere civilmente.
«E con la scopa, teme, che ci faccio?» lo schernì con un ghigno.
«Te la metti su–» non era decisamente da Sasuke ascoltare le stupidaggini di Naruto, tanto più darvi corda, ma la giornata era già partita male, perché non assecondare il flusso negativo che continuava a caratterizzarla?
Genere: Comico, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
- Questa storia fa parte della serie 'If you ever come back'
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Haru no kanji





Sasuke, in un solo mattino di riflessioni silenziose, aveva avuto modo di appurare che nella sua vita non poteva dare nulla per certo.
Principalmente, il fatto che aveva giurato vendetta a Konoha con rabbia non concordava minimamente con il suo provvidenziale ritorno al Villaggio. Eppure ora era lì, proprio a Konoha, più precisamente nel quartiere Uchiha, a casa sua.
In verità, su questo punto ci sarebbero state un sacco di cose da dire, come che la sua non era esattamente stata una redenzione voluta, ma era stata più che altro una decisione last minute in cui lui e Naruto si scazzottavano alla grande e poi quest’ultimo lo obbligava a tornare con lui al Villaggio, utilizzando lui sapeva solo quali stratagemmi per convincerlo. Ad onor del vero Sasuke non se li ricordava davvero, questi sotterfugi; quando Naruto ciarlava era poco cosciente, sanguinante e con quella che Sakura, mentre lo curava, aveva definito istericamente come un’emorragia interna potenzialmente grave.
Si era ritrovato a Konoha e non lo avevano rinchiuso in una cella, in attesa che qualcuno lo sgozzasse sulla pubblica piazza. Per qualche strana ragione non lo avevano arrestato – Naruto aveva più influenza sul Villaggio da quando si era quasi fatto ammazzare una ventina di volte per quel branco di ipocriti, Sasuke ritenne più che probabile credere che fosse stato proprio l’Uzumaki a mettere una buona parola per lui.
Che senso aveva tornare ad odiare tutti e progettare sovversioni contro il sistema, quando era palese che alla fine non aveva più nulla per cui combattere? La punizione per aver tentato di uccidere tre quarti del popolo di Konoha erano state una serie di restrizioni idiote, degne del consiglio di fessi del Villaggio, perciò era anche qualcosa di sopportabile. Semplicemente, preferivano avere uno degli ultimi possessori dello Sharingan dalla loro parte, piuttosto che trovarselo ancora come nemico. Sotto c’erano un’altra marea di questioni simili che, in fin dei conti, a lui non interessavano minimamente. Da quel punto di vista, comunque, Konoha sapeva prendere decisioni che andavano discretamente a loro favore.
Comunque, tanto valeva starsene dov’era, ignorando quel che lo circondava e vivendo la sua vita di cui, come gli avevano fatto notare alcuni, ne aveva già sprecata un bel po’.
Provava un profondo odio verso quel villaggio, quello era certo, ma probabilmente avrebbe imparato a conviverci con quel sentimento. Naruto e Sakura erano gli unici che vedevano nel suo ritorno qualcosa di logico e sensato, per loro era normale riaverlo lì, al villaggio con loro. Lo trattavano come se nulla fosse, il che rendeva tutto leggermente più semplice.
Non era solo il non tornare mai e poi mai a Konoha, però, che l’Uchiha aveva dato per certezza inconfutabile da alcun dubbio; se c’era un'altra cosa di cui Sasuke Uchiha, ex nukenin ed ex membro dell’Akatsuki era stato certo era che mai in vita sua si sarebbe ritrovato a fare pulizie di stagione, che si trattasse di pulire un bagno o un campo di battaglia dal sangue dei vinti non aveva la minima importanza.
Ecco perché quel pomeriggio il suddetto giovane, con uno straccio in mano e la pazienza in viaggio per Suna, perciò molto lontana da lui, si chiese con irritazione cosa ci fosse da fare.
Era davanti alla porta di casa sua, il legno sotto i suoi piedi scalzi era freddo e lui lo sentiva chiaramente. Un secchio d’acqua dimorava dinnanzi a lui e stava stringendo talmente tanto il panno che presto si sarebbe fuso con il suo palmo, scomparendo.
Era inizialmente uscito per iniziare dall’esterno, ma presto si era reso conto che se dentro la mole di lavoro era infinita, fuori probabilmente la questione era cento volte peggiore.
Era logico che, una volta tornato a Konoha, dopo anni passati tra Oto, villaggi non meglio identificati e covi poco igienici, casa sua non si sarebbe mantenuta pulita da sola ed era ovvio che al Villaggio non ci fosse una domestica di turno che passava di settimana in settimana ad estirpare le erbacce e a pulire i vetri.
In fondo era un ninja fuggiasco, era un po’ troppo aspettarsi un trattamento del genere. Tuttavia non si aspettava di trovare un disastro simile.
Che poi c’è da precisare che lui non ci aveva proprio mai pensato a dover pulire casa, visto e considerato che non aveva in programma di tornarci. Così dicendo si tornava inevitabilmente al discorso delle certezze e la cosa non lo metteva certamente più di buon umore.
E ora era lì, con il pallido sole di inizio aprile che gli riscaldava il collo e il venticello che gli spostava i capelli davanti alla faccia.
Sapeva come si facevano delle pulizie di casa, non era un completo idiota, il problema era proprio che lui non sapeva da dove iniziare. C’era tanto – troppo – da pulire e lui non era nemmeno certo di quel che effettivamente voleva fare. Voleva davvero pulire tutto? Forse doveva semplicemente trovarsi un altro posto dove stare, in fondo a quel luogo erano legati fin troppi ricordi dolorosi, tristi e il solo pensiero spesso gli faceva montare una rabbia che il più delle volte non sapeva se sarebbe stato in grado di gestire.
No, se c’era una cosa di cui era certo era che voleva starsene lì, nel quartiere Uchiha.
Allora perché non aveva fatto ancora neanche un passo e il secchio d’acqua era ancora lì?
Non sapeva cosa fare.
Era strano per lui trovarsi in una condizione in cui non sapere che gesto compiere o che mossa azzardare.
Fu quasi tentato di mollare lo straccio nell’acqua e andarsene, andando ad allenarsi con la katana in qualche zona fuori Konoha, per poi affrontare tutto al suo ritorno, quella sera.
Era una possibilità piuttosto allettante, visto e considerato che la porta di casa sua era la stessa da almeno un quarto d’ora e lui non si era ancora mosso.
Era impensabile vivere in una casa che vantava delle condizioni del genere, ma di quel passo avrebbe passato tutto il giorno ad attendere un’illuminazione sul da farsi senza concludere nulla.
In un moto d’ira, spazientito come non mai, fece per gettare il panno, ma proprio in quel momento una mano si piazzò sul suo braccio.
«Sas’ke-kun» disse a mo’ di saluto Sakura, che ora si trovava al suo fianco.
La squadrò per un attimo, chiedendosi quando fosse arrivata; lui non si era accorto proprio di nulla, il che voleva dire che era parecchio immerso nelle sue riflessioni inconcludenti.
Gli sorrideva gentilmente e aveva l’aria di chi la sapeva più lunga di quanto volesse dare a vedere.
Sasuke inarcò un sopracciglio, pronto a chiederle cosa ci facesse lì, visto che già aveva i suoi personalissimi problemi a cui badare.
«Ehi, teme! La casa non si pulisce da sola, eh!» proprio in quell’esatto momento, la voce di Naruto Uzumaki invase il giardino di casa Uchiha in maniera devastante, probabilmente perché quel luogo era immerso nel silenzio da troppi anni.
Una zazzera bionda fece capolino di fianco a Sakura e solo allora Sasuke fece caso a ciò che recava in mano Sakura e, a quanto pareva, anche Naruto.
L’Haruno sventolò con un sorrisetto una scopa e una busta con quelli che dovevano essere almeno una decina di flaconi differenti, mentre l’Uzumaki teneva sotto un braccio dei sacchi di plastica e tra le mani uno scatolone con lui solo sapeva quasi utensili ed attrezzi.
«Perché siete qui?» si arrischiò a chiedere, tanto valeva sapere se i loro piani accidentalmente avessero finito con il coincidere con i suoi, così come temeva Sasuke a ragion veduta.
«Eddai, Sas’ke! Che diamine vuoi che ci facciamo con una scopa e dei sacchi di plastica?»
«Tu potresti soffocartici, con i sacchi di plastica» gli fece presente l’Uchiha, mentre Sakura alzava gli occhi al cielo.
Si stava mentalmente dando della stupida per aver davvero creduto che, almeno per una giornata, avrebbero potuto convivere civilmente. «E con la scopa, teme, che ci faccio?» lo schernì con un ghigno.
«Te la metti su–» non era decisamente da Sasuke ascoltare le stupidaggini di Naruto, tanto più darvi corda, ma la giornata era già partita male, perché non assecondare il flusso negativo che continuava a caratterizzarla?
«E piantatela, voi due!» si mise in mezzo Sakura, facendo sbattere il manico della scopa sulla faccia di Naruto e ammonendo con un’occhiataccia l’Uchiha.
Quest’ultimo vide la scena come qualcosa di particolarmente familiare e probabilmente fu quella considerazione a smuovere qualcosa nel suo stoico animo.
Come poteva ritenere familiare qualcosa, a quel punto? Non era tutto come prima, erano passati un bel paio d’anni e di cose ne erano cambiate parecchie. Come facevano ad essere di nuovo semplicemente loro tre? L’Haruno gli lesse nel pensiero o, forse, volle solo toglierlo dall’impiccio di portare avanti la situazione da sé, visto che si era tristemente arenata su una Sakura con una mano a mezz’aria, un Naruto che si reggeva la faccia dolosamente e un Sasuke con lo sguardo vacuo.
«Siamo qui per darti una mano, Sas’ke-kun» gli disse semplicemente, anche se effettivamente non c’era bisogno di precisarlo, si era capito.
«Ah» fu la laconica risposta che concesse ai due ninja che si erano presentati con fare volenteroso sulla soglia di casa sua.
Ok, quella situazione non aveva proprio niente di normale.
«Oh, teme! Non dirmi che vuoi fare il grande Uchiha e che perciò non accetti il nostro aiuto perché anche se si tratta di togliere la polvere dai mobili vuoi fare tutto da solo e–»
Sasuke inarcò un sopracciglio e Sakura si chiese se effettivamente soffocarlo con un sacco di plastica non potesse rivelarsi una soluzione ad un sacco di problemi.
«Dobe» lo chiamò, ma l’Uzumaki era partito con la sua arringa d’accusa e nessuno sarebbe riuscito a smuoverlo.
«... e non ascolta nessuno lui perché no, non ha bisogno di nessuno che lo aiuti, lui è nato sapendo fare tutto, taglia il prato con la katana e–»
«Uzumaki» disse ancora, questa volta con una nota di rabbia che fece vacillare il suo tono fermo.
«… usa lo Sharingan per dare la tinta alle pareti e–»
«Naruto!» sibilò con rabbia e finalmente gli fu concesso l’onore dell’attenzione del jinchuuriki.
«Cosa, teme?!» ribatté spazientito di essere stato interrotto così brutalmente.
Era un discorso importante, il suo. Una pubblica esposizione del proprio pensiero riguardante Sasuke Uchiha.
Ah, dopo una frase del genere, se solo se la fosse ricordata dopo averla formulata, Naruto sarebbe potuto diventare Hokage anche ad occhi chiusi.
Sasuke non rispose subito, limitandosi ad osservarlo con sguardo bieco e interrogandosi mentalmente sul perché tenerlo in vita fosse così strettamente necessario.
Forse perché uccidendolo avrebbe commesso un reato.
O forse perché così tornava ad essere un nukenin e le cose si sarebbe leggermente complicate.
Probabilmente perché Sakura avrebbe dato di matto, sproloquiando sul team che si era ricomposto e lui che lo aveva sfasciato. Di nuovo.
L’ultima opzione era decisamente quello che lo tratteneva dal fare una strage in quell’esatto momento.
«Al piano di sotto ci sono sei stanze, due a testa» commentò soltanto, il volto tirato e l’aria di chi ancora stava tentando di comprendere se effettivamente quella che stava facendo fosse la scelta giusta.
Sakura annuì sorridente e Naruto la imitò.
Lui prese il secchio e aprì quella santa porta che fino a poco prima si era limitato a contemplare con ostilità.



«Naruto, sei un vero idiota!» Sakura rimproverò l’Uzumaki per quella che probabilmente fu la settima volta nel giro di dieci minuti.
Sasuke, appoggiato allo stipite della porta della stanza in cui si trovavano si limitò a sbuffare, sempre più propenso a credere che permettergli di aiutarlo fosse stata una nefasta decisione.
Si trovavano al piano di sopra, grazie a quale kami non si sapeva, ed erano passate sì e no tre ore, quando Naruto aveva deciso che era passato fin troppo tempo e di cose stupide non ne aveva ancora fatte.
L’Uchiha si premurò ancora una volta di non rendere palese il suo disappunto: se fosse stato da solo, a quell’ora più di metà casa sarebbe già stata pulita. Da precisare che non lo disse non per un possibile riguardo nei confronti dei due amici che si erano gentilmente offerti di aiutarlo, quanto più perché lo sapeva anche lui che difficilmente, senza una spinta di Naruto e Sakura, sarebbe riuscito ad aprire la porta da solo.
«Almeno abbi la decenza di stare fermo!» lo riprese l’Haruno, stampandogli con malagrazia un cerotto sul taglio che esibiva in fronte il ninja.
Sasuke sbuffò di nuovo, non riuscendo proprio a trattenersi.
Poco prima, mentre Sasuke e Sakura si accordavano su quali stanze lasciare per ultime, i due avevano sentito un tonfo provenire da una stanza che dava sull’altro corridoio. Poi avevano anche sentito qualcuno piagnucolare sommessamente e quel tale per ovvi motivi non poteva che essere Naruto.
Guarda caso Naruto era finito proprio con il mettere il naso nella sua stanza, ma non ebbe nemmeno la forza di urlargli dietro per quello.
Fortunatamente, oltre ad un «che camera spoglia che hai, Sas’ke!» non aveva elargito ulteriori commenti, così allo stesso modo Sakura.
Quando erano giunti per controllare cosa fosse successo – l’Uchiha ci era andato solo per accertare quello che sperava fosse il decesso dell’Uzumaki – avevano trovato il ninja sdraiato a terra, una mano a massaggiarsi la testa dolorante e sommerso da una mole non indifferente di vestiti.
Sakura era partita ad insultarlo, tirandolo su con un solo strattone, per poi prendere a medicarlo. «Sakura-chan!» piagnucolò come un bambino, tirandosi indietro quando la ragazza fece per controllare la presenza di ulteriori danni.
Esterni non ne avrebbe trovati, i problemi erano tutti interni, avrebbe voluto farle notare l’Uchiha, ma stranamente tenne la bocca chiusa.
«Zitto, baka! Possibile che tu non riesca a non fare disastri per cinque minuti di fila?» si informò spazientita.
«Non è colpa mia, ‘ttebayo!»
L’idiota – inutile cercare di appellarlo in altri modi, quello era il termine perfetto per lui – a quanto pareva era caduto da una sedia, come dimostrava quella rovesciata a terra per metà nascosta da maglie, pantaloni, tende ed altre stoffe a caso.
Facendoci caso, a Sasuke venne quasi spontaneo chiedersi cosa stesse facendo fino a poco prima.
«Cosa stavi facendo nell’armadio?» si informò pacatamente, benché era quasi certo che la risposta gli sarebbe piaciuta come un kunai piantato in un ginocchio.
«Ah, giusto!» in un raptus di coscienza rivelatrice, l’Uzumaki si liberò dalle grinfie della kunoichi, per portarsi alla matassa di vestiti che lo avevano sommerso poco prima.
Prese a rovistare tra tutti i tipi di abiti e non che gli passarono tra le mani per la bellezza di mezzo secondo, prima di venir scaraventati dall’altro lato della stanza.
«Dobbiamo pulire, non creare altro caos» gli fece presente con un ringhio l’Uchiha, che non trovava particolarmente bello vedere vestiti volare per la stanza.
In più da quando il dobe poteva permettersi tanta familiarità con le sue cose? Ok che non sapeva nemmeno dell’esistenza di metà dei capi di vestiario lì presenti, ma una cosa non c’entrava con l’altra.
«Sta’ zitto, teme! Ma dove diavolo è finita…» borbottò tra sé, come se tra quelle maglie e quei pantaloni stesse tentando di trovare la cosa più importante della sua vita.
«Cosa stai cercando?» chiese Sakura, suo malgrado curiosa di sapere qual fosse l’oggetto di tali appassionate ricerche da parte dell’Uzumaki.
Non le rispose, limitandosi ad un cenno della mano con cui le chiedeva di attendere.
Quando un calzino spaiato gli finì in faccia, Sasuke decise che era il momento di fermare l’allegro esploratore, prima che fare un falò di casa sua con susanoo solo per uccidere quell’idiota gli si presentasse come un’idea fin troppo allettante per lasciarla perdere.
Era pronto a sacrificare tutto pur di far scomparire quell’odioso essere dai capelli biondi.
«Che cosa diavolo stai–»
Fu interrottò da Naruto e l’Uchiha dovette fare un grande sforzo psicologico per non utilizzare qualche altra tecnica dalla portata distruttiva parecchio alta.
L’Uzumaki aveva spostato la sua attenzione dal pavimento all’armadio.
«Ah, trovata! Deve essere rimasta lì da prima… Oh, teme, armadi un po’ più bassi no, eh? Cos’è, ti allenavano già da piccolo a diventare un ninja coi fiocchi? Per prenderti una maglia dovevi scalare l’anta–»
«Dacci un taglio» lo ammonì e Naruto lo ascoltò anche.
Dopo aver mormorato qualcosa come «che Uchiha permaloso… lui probabilmente non era capace di scalarlo, l’armadio», ma lo ascoltò.
Sakura, che si era portata di fianco a Sasuke, osservò con quest’ultimo il compagno di squadra allungarsi tanto da raggiungere con la punta delle dita l’ultimo ripiano di quell’armadio che era davvero grande, convenne l’Haruno.
Quando raggiunse l’oggetto delle sue disperato ricerche si voltò dall’altro lato, dando le spalle a Sasuke e Sakura. Prese ad osservare il suo prezioso bottino di guerra da tutte le angolazioni possibili, facendo comunque attenzione a non mostrare nessuna parte del ritrovato ai due compagni.
Poi prese a sghignazzare e Sasuke si maledì con astio per aver lasciato al piano di sotto la kusanagi. Forse da qualche parte aveva comunque qualche kunai per togliere dalla faccia della terra quel surrogato di essere umano.
Perché rideva, adesso?
Le spalle erano scosse da sussulti piuttosto evidenti e l’Uzumaki stesso non tratteneva più le sue risatine divertite.
Cosa poteva aver trovato di tanto scandaloso nel suo armadio?
Naruto poi esordì in una risata aperta e Sakura inarcò un sopracciglio, decisamente confusa.
«Naruto?» chiamò, ma lui non si voltò verso di lei.
«Oh… oh, Sakura-chan! Tu non hai idea!» e il jinchuriki si piegò in due ridendo, tenendo stretto alla pancia l’oggetto incriminato.
Nessuno disse niente, la camera da letto di Sasuke era invasa solo dalle risate ilari del ninja.
«Ah, devo farti vedere una cosa! Vieni!» la chiamò con un gesto veloce della mano e la ragazza non se lo fece ripetere. Naruto si voltò di scattò, fulminando immotivatamente Sasuke.
«Tu sta’ lì, teme!»
Sasuke fu quasi tentato di raggiungere Naruto e aggirarlo, per poi togliergli dalle mani qualsiasi fosse la cosa che tanto lo faceva divertire. Togliere il giocattolo al moccioso, proprio come si faceva con i bambini cattivi, peccato che l’Uzumaki avesse la veneranda età di quasi diciotto anni e forse il ragionamento non poteva essere lo stesso.
Sakura si affacciò sulla spalla di Naruto e quest’ultimo si preparò a mostrarle l’ignoto dicendo: «Sakura-chan, sei pronta a vedere qualcosa che ucciderà tutta la stima e l’ammirazione che hai per lui?»
Sasuke sbuffò e osservò Sakura annuire seriamente, per poi assottigliare lo sguardo.
Probabilmente fu proprio la reazione della ragazza a scocciare maggiormente l’Uchiha, che si ritrovò, in un batter d’occhio, a fare i conti con due persone idiote.
Vedendo l’oggetto del reato precluso agli occhi del proprietario della casa Sakura gonfiò appena le guance, nel vano tentativo di non scoppiare a ridere.
Sasuke poteva vedere solo una parte del viso della ragazza, ma notò chiaramente come questa arrossì e poi fu presa da una serie di risatine convulse. La vide portarsi una mano alla bocca, mentre Naruto blaterava sconclusionati «Hai visto? Hai visto, Sakura-chan?».
Ridevano entrambi, ma l’Uchiha meditò davvero una strage di massa solo quando sentì Sakura sussurrare qualcosa che, per la sua sanità mentale, sarebbe stato il caso non sentire. Si mordeva il labbro inferiore nella speranza di placare la sua ilarità, ma come l’Uzumaki, evidentemente, doveva trovare di irresistibile comicità quel che stavano osservando.
«È tenero.»
Poteva benissimo riferirsi all’albero di ciliegio che si intravedeva fuori dalla finestra, ma gli occhi della ragazza erano proprio saettati su di lui.
«Te lo immagini lui così?» bisbigliò Naruto e quel tono complottistico non piacque particolarmente a Sasuke.
Sakura annuì con una risata e l’Uchiha sbuffò.
Cosa ci teneva di tanto scandaloso in quell’armadio Sasuke proprio non riusciva a ricordarlo, ma ad un tratto decise che era meglio mettere fine a quell’idiozia. Fece per muoversi, ma Naruto si voltò verso di lui.
«Eh, teme, sarai sicuramente stato tenero!»
«Mai quante te da morto, dobe» lo freddò con stizza.
«Saresti stato uno spasso da vedere con questa!» e così dicendo svelò l’arcano oggetto della loro incontrollata ilarità.
Sakura sorrise in maniera intenerita quando Naruto sventolò davanti a sé un qualcosa di scuro e piccolo. Sembrava…
Sasuke inorridì in maniera più o meno dignitosa, ma il suo autocontrollo fu particolarmente minato da quella vista.
«Non hai foto di quando la indossavi, teme? Sei sicuro? È esilarante immaginarsi il grande vendicatore con questa addosso!» Naruto riprese a ridere, mentre Sakura gli sfilava dalle mani quella che a suo tempo doveva essere stata la tutina per bambini che gli aveva fatto indossare sua madre appena nato.
Ora se la ricordava anche lui; era blu scuro e con un piccolo scoiattolo che si rotolava con una ghianda davanti.
Tenerissima, certo.
Ora gli veniva in mente anche il motivo per cui aveva relegato quel simbolico capo di vestiario sul ripiano più alto dell’armadio, dove era stato certo che nessuno sarebbe riuscito ad entrarne in possesso.
Ecco l’ennesima certezza del giorno che andava a farsi benedire.
Sasuke se ne stava fero ed immobile, non più attaccato allo stipite, ma leggermente spostato in avanti. La sua espressione era una maschera di indifferenza che celava particolarmente male l’irritazione e quello che era quasi sicuramente imbarazzo.
Sakura continuava a guardarla, con quello sguardo adorante e il sorriso che si allargava una volta di più. Decise che la sua dignità aveva subito già abbastanza attacchi per un solo pomeriggio in cui si ci era prestabiliti l’obiettivo di mettere in ordine la casa che non vedeva la pulizia da diversi anni a quella parte.
«Onestamente non capisco questo tuo desiderio di morire giovane, Uzumaki» sibilò, pur mantenendo un certo contegno, mentre si portava davanti ad una Sakura che non riuscì a sostenere il suo sguardo per più di una manciata di secondi, prima di abbassare il suo, sorridere e porgergli la sua tutina con un gesto imbarazzato.
«Adesso non è più l’Uchiha freddo che sembra, eh, Sakura-chan? Adesso è un piccolo scoiattolino tenero e– ma che modi, teme! È un cimelio, non trattarla così! Stavo solo–»
«Scavando la tua stessa fossa con le mani?»
«No, mostrando a Sakura-chan qualcosa che le permetterà di aprire gli occhi su di te, per poi decidere che io sono un miglior partito per lei!» asserì con sufficienza, mentre tentava invano di riprendere la tutina dalle mani di Sasuke.
L’Uchiha non parve apprezzare il tentativo per la terza volta che l’Uzumaki lo mise in pratica, perciò decise che spostarsi proprio mentre il ragazzo gli si fiondava addosso poteva essere una buona tattica di combattimento.
Naruto finì direttamente con la testa contro il muro alle spalle dell’amico e il cerotto si tolse dal taglio su cui l’Haruno l’aveva messo.
«Avrò quella tutina, teme! Va mostrata ai posteri, ‘ttebayo!»
Sakura comprese che sarebbe stato inutile tentare di dividere i due, che ora erano presi in un’ardua battaglia molto virile per il possesso di una tutina – una tenera tutina, precisò mentalmente –, perciò si rese più utile altrove.
Li conosceva, i suoi due idioti: «Vado a prendere qualcosa per medicarvi dopo.»
Quando la ragazza tornò Sasuke e Naruto erano intenti a confrontarsi in una maniera tutta loro. Sakura trovò particolarmente sconcertante il constatare come i suddetti passassero dallo sfidarsi a battaglie potenzialmente mortali a stupidaggini come quella.
L’Uchiha era seduto sulla schiena dell’Uzumaki, con aria parecchio annoiata e teneva in mano la tutina, mentre Naruto si dimenava come un’anguilla, nell’inutile tentativo di scrollarsi di dosso il compare e prendere quella che era la schiacciante prova che testimoniava che Sasuke Uchiha non era nato stronzo, ma un po’ di tenerezza l’aveva avuto anche lui, a suo tempo.
L’Haruno abbandonò la piccola scatola contenente disinfettante e cerotti per terra, per poi portarsi davanti ai due. Sasuke la osservava con un misto di stizza e indifferenza, visto e considerato che ancora non le aveva perdonato quell’affronto. Sakura, dal canto suo, dovette trattenersi dal sorridergli amorevolmente e abbracciarlo come si fa con un tenero peluche. Immaginarselo come un bambino di pochi mesi era qualcosa che le mandava in panne il cervello, ma era inevitabile, dopo la rivelazione portata a galla dal Jinchuriki.
«Sakura-chan, saltagli addosso, a te non potrà negare la tutina!» strillò l’Uzumaki, che aveva fatto di quel pezzo di stoffa la sua campagna per la vita.
Forse aveva bisogno di qualche missione in più, se prendeva così seriamente delle stupidaggini del genere; ne avrebbe parlato con Tsunade hime, l’esagitazione non contenuta di Naruto Uzumaki non era qualcosa su cui si poteva tergiversare.
«Non dire idiozie, baka!» e così dicendo lo colpì con un pugno che lo fece lamentare come un bambino.
Poi sospirò. E sorrise, mentre portava una mano al borsellino che teneva attaccato alla vita.
Sasuke aggrottò leggermente le sopracciglia, mentre Naruto borbottava frasi sconnesse.
«Sas’ke-kun, con la tutina eri davvero adorabile» disse con un sorriso che si sforzò di non tramutare nella risata intenerita che lottava con forza per manifestarsi.
Sasuke non sapeva proprio come ribattere, specialmente perché non si sarebbe mai aspettato che gli dicesse qualcosa del genere.
Naruto che lo prendeva in giro era un conto, poteva tentare di mettere in piedi il suo cruento assassinio, ma a Sakura cosa poteva rispondere?
Lei lo tolse dall’impiccio di trovare qualcosa da dire, perché poggiò le mani ai fianchi e si piegò verso Naruto, che la fissò interrogativo.
«E anche tu, razza di baka, eri tenero con una tutina, sai? Un vero amore di marmocchio, specialmente con quei quattro peli gialli che avevi in testa!»
La reazione di stupore fu la stessa in entrambi i ragazzi, ma si manifestò in maniera decisamente diversa. Naruto aprì la bocca tanto da farle toccare terra e fissò Sakura come se non l’avesse mai vista in vita sua. Sasuke si diede un contegno quasi subito, anche se inizialmente lui aveva spalancato gli occhi più di quanto l’Haruno gli avesse mai visto fare e, nonostante l’indifferenza che subito mostrò, anche lui era parecchio interessato a capire cosa volesse dire la ragazza.
Felice che almeno per una volta fosse stata lei a prendere in contropiede loro e non il contrario, Sakura si concesse ancora un attimo per ammirare le facce dei due, poi svelò anche lei il mistero: «Eravate davvero teneri!»
Così dicendo, tirò fuori dal borsellino che teneva allacciato su un fianco una piccola cornice in cui si trovava una foto, più precisamente quella che con molte probabilità minava in gran modo la dignità e l’immagine di forza che i due avevano dato agli abitanti delle cinque terre.
Sasuke, il vendicatore un po’ folle pronto ad uccidere tutto e tutti per un motivo che dopo tanto, ormai, nemmeno lui riusciva più a tenere tra le mani e Naruto, il salvatore di Konoha e il Jinchuriki più nobile che si fosse visto da anni erano presenti entrambi in tutina, uno affianco all’altro sul letto, presi tutti e due ad osservare l’obiettivo della macchina fotografica come fosse qualcosa di davvero strano.
Il primo aveva un’espressione quasi di sfida – era pronto a distruggere l’infido oggetto che gli stava rubando un pezzo della sua gloriosa immagine, forse? – mentre il secondo doveva trovare la cosa divertente.
Erano loro anche da bambini, eh.
Naruto chiuse e aprì la bocca una decina di volte, prima di decidere che tenerla aperta rendeva meglio il suo stato d’animo. L’Uchiha, invece, la bocca ce l’aveva ben sigillata e gli occhi erano ridotti a due fessure, benché probabilmente non se ne fosse accorto.
«Oh, dai, siete carini!» tentò di smuoverli l’Haruno, che trovava seriamente la cosa alquanto esilarante.
«Dove l’hai trovata?» riuscì a chiedere il jinchuriki, facendo leva sui gomiti per tirarsi leggermente su, ma Sasuke non sembrava intenzionato a spostarsi di un solo millimetro.
«Uhm» Sakura si poggiò un dito sotto al mento, come a voler richiamare alla mente qualche particolare in più per poter rispondere. «Stavo cercando il kit per medicarvi, anche se noto che non ne avete bisogno, e sono finita in una stanza praticamente vuota… c’erano degli scatoloni e–»
«È la camera dei miei genitori» la interruppe laconicamente Sasuke, facendo calare nella stanza un silenzio piuttosto pesante.
Sakura deglutì a disagio, sentendo su di sé lo sguardo di Sasuke e quello di Naruto che di tanto in tanto l’abbandonava per provare a guardare l’Uchiha.
Quest’ultimo, dal canto suo, quando aveva precisato quale fosse la camera non l’aveva fatto con l’intento di dare quella piega alla situazione. Forse avrebbe fatto meglio a tenersela per sé una cosa del genere, ma quando lo aveva detto non aveva pensato a possibili conseguenze.
«Io…» Sakura si ritrasse indietro di un mezzo passo, quando Sasuke decise che condividere qualcos’altro con loro non poteva far precipitare più di così la faccenda.
«Dalla loro stanza ho tolto subito tutto, prima ancora di iniziare a pulire il resto. Ho messo tutto dentro degli scatoloni. Ho fatto la stessa cosa con le cose di Itachi.»
Aveva parlato senza guardare nulla in particolare; aveva fissato lo sguardo su un punto al di là del volto di Sakura, ma senza vederlo veramente. Non pensava che prima o poi sarebbe realmente arrivato a fare una cosa del genere, ma era difficile anche per lui accettare che stava realmente riammettendo quei due nella sua vita.
Sakura dopo un po’ sorrise o, perlomeno, gli angoli delle sue labbra si sollevarono timidamente, colpita da quella confidenza e stranita tanto quanto Naruto. Probabilmente nessuno si aspettava che la giornata avrebbe preso una piega del genere, ma forse, in fondo in fondo, tutti e tre si aspettavano che qualcosa succedesse.
Dopo interminabili minuti di silenzio, in cui nemmeno Naruto disse nulla, fu di nuovo Sasuke, stranamente, a prendere la parola: «Non l’avevo mai vista, comunque, altrimenti l’avrei gettata.»
In effetti, quando aveva pulito quelle due camere, lo aveva fatto quasi con gesti automatici, senza rendersi realmente conto di quel che toccava, prendeva o spostava. Quella foto gli doveva proprio essere sfuggita, visto e considerato che davvero non sarebbe rimasta in casa a lungo se l’avesse trovata prima.
Lui e il dobe in una foto insieme? Neanche per sogno.
Naruto tentò di voltarsi verso di lui, benché la sua schiena fosse di tutt’altro parere, per fissarlo interrogativamente.
«Per distruggere le prove, Uchiha?» lo schernì ancora.
«No, per togliere di mezzo la tua faccia. Dicono porti sfortuna avere la foto di un dobe in casa» commentò con superiorità, mentre Naruto lo aggettivava in modo poco carino per rispondere a quel che aveva detto.
In un attimo, poi, l’Uzumaki si tolse di peso Sasuke di dosso, facendolo cadere a terra. Si alzarono entrambi, portandosi l’uno dinnanzi all’altro.
«Non sono il tuo divano!» si lamentò Naruto, incrociando le braccia al petto e sporgendosi minacciosamente verso il ninja.
«Non sei degno di esserlo, evidentemente» ribatté con totale indifferenza, benché non si azzardasse a perderlo di vista nemmeno per un attimo. Poco prima lo aveva preso in contropiede, ma non sarebbe successo ancora.
Da bravo Uchiha qual era, sarebbe stato più logico per Naruto guardarsi le spalle: chissà che accidentalmente, mentre si affacciava alla finestra, non finisse disgraziatamente di sotto.
Erano tipetti orgogliosi, i ninja del ventaglio, eh.
«Avete intenzione di darci un taglio, voi due? Sempre che non vogliate che i cerotti li usi per danni che ho provocato io!» Sakura si mise in mezzo, mostrando ad entrambi un pugno chiuso sospeso a mezz’aria.
Era diventata forte, certo, non al livello dei due compagni, ma incuteva una certa paura, la ragazza.
«Su, abbiamo ancora un po’ da pulire, se continuate a comportarvi come vostro solito non finiremo più!»
Così dicendo l’Haruno prese per un braccio un Naruto poco partecipe e lo spinse fuori dalla porta, cosa che non dovette fare con Sasuke, visto che si avviò da solo.
Prima di lasciarlo uscire, la ragazza gli porse la foto.
Sapeva che non l’avrebbe buttata, poteva dire quel che voleva, ma non se ne sarebbe disfatto. Dove effettivamente l’avrebbe fatta finire era qualcosa che Sakura non poteva sapere.



Ci misero davvero un bel po’ a finire di pulire, spostare, buttare e riassestare.
Quando finalmente si sedettero sul letto di Sasuke e si rilassarono erano quasi le sette e fuori il sole era già andato via. Naruto non faceva altro che lamentarsi, accusando dolori improbabili a diverse parti del corpo, comprese le dita dei piedi.
«Zitto, dobe, sta’ zitto» lo ammonì per l’ennesima volta l’Uchiha, che si era vagamente stancato di sentirlo lamentare dolori a destra e a manca.
Di quel passo avrebbe provveduto lui ad aggiustarlo in modo che avesse realmente qualcosa di cui dolersi, ma forse avrebbe finito con il lasciarsi prendere la mano e, si sa, da morti non si ci può lamentare più con grande facilità.
«Quanto sei noioso, Sas’ke! Potresti almeno mostrarti grato per il nostro aiuto!»
«Io non vi ho chiamati» commentò piccato, ma come risultato ebbe un’alzata d’occhi al cielo da parte di Sakura – pure la ragazza aveva compreso, vagamente, la psicologia insensata di Sasuke e non poteva che ritenerla stupida, anche se era e sempre sarebbe stato l’unico ragazzo verso cui provava qualcosa di ben chiaro – e una specie di sbuffo seccato da parte di Naruto.
In verità parve più una specie di ululato spazientito, cosa che fece comprendere a Sasuke che forse era meglio limitare un po’ la vicinanza che aveva con l’Inuzuka.
«Sì, teme, abbiamo capito, se vuoi puoi andare a tagliare il prato con la katana!» lo schernì con un sorriso, tirandosi in piedi e portandosi davanti a lui.
Lui rimase seduto. Non si sarebbe di certo scomodato per lui.
«Dove hai messo la tutina?» chiese cospiratore, con un sorriso tutto tranne che rassicurante.
«Levati dai piedi, Uzumaki» gli concesse solo come risposta.
«Oh, dai! Voglio solo vederla di nuovo!» piagnucolò con quella che voleva essere un’espressione da cane bastonato.
Sasuke ritenne che un cane lo sembrava veramente, lui di certo non ci avrebbe pensato due volte a bastonarlo.
«L’ho buttata» disse allora, totalmente indifferente all’espressione incredula e sofferente dell’Uzumaki. Anzi, si permise di rincarare la dose: «È in uno dei sacchetti fuori.»
Naruto si fiondò di corsa fuori dalla porta, credendo ciecamente a quanto detto dall’Uchiha.
Sakura rise sommessamente e Sasuke si voltò verso di lei.
Inarcò un sopracciglio, gesto a cui lei rispose con un sorriso divertito.
«Non hai buttato né la tutina né la fotografia» si giustificò ancora, chiarendo la sua ilarità alla vista del comportamento di Naruto.
Lei li conosceva meglio di quanto i due potessero immaginare e Sasuke rimase più che altro stupito dal fatto che la ragazza riconoscesse ancora ogni suo gesto come se fosse sempre stato lì con loro.
Non erano bastati anni a farlo svanire dai loro ricordi e Sakura era certo che nemmeno lui era cambiato con gli anni. Era cresciuto, certo, ma il suo modo di fare era rimasto sempre lo stesso.
«Come fai ad esserne sicura?» domandò l’Uchiha, nemmeno lui troppo certo se sapere la risposta potesse essergli effettivamente d’aiuto in qualche modo.
«Non vedo perché avresti dovuto farlo. In fondo è un ricordo e tu… beh, il tuo passato non vuoi dimenticarlo, ti serve per fare le scelte giuste, Sas’ke-kun. È un pezzo di te, suppongo che tu non voglia perderne altri» concluse quell’ultima parte del breve discorso con un filo di voce, la sicurezza che l’aveva spinta a dare una risposta del genere improvvisamente era venuta a mancare.
Non sapeva nemmeno di pensare cose del genere, eppure nel momento in cui il ragazzo le aveva posto la domanda, dire tutto quello era stato quasi automatico.
Nella sua mente, probabilmente, non era una considerazione che aveva una forma, ma c’era, credeva in quel che aveva detto.
Sasuke non rispose subito, lasciandola ad oscillare tra il timore di aver detto qualcosa di troppo e la curiosità di ricevere un suo parere su quanto espresso.
Non sapeva cosa aspettarsi, in fondo era pur sempre Sasuke il ragazzo di fianco a sé.
Proprio in quel momento, un Naruto trafelato varcò la soglia della porta di corsa, fiondandosi direttamente addosso a Sasuke.
«Non c’è nei sacchi!» lo accusò con rabbia ed incredulità.
L’indifferente reazione dell’Uchiha non contribuì a migliorare il suo umore.
In tutta quella faccenda, Sakura aveva trovato una disgrazia maggiore di una tutina dispersa: «Non dirmi che ci hai rovistato dentro! Sei un idiota!» e così dicendo gli tirò in testa un pugno decisamente non leggerissimo.
«Ma era per una buona causa!» si giustificò.
«Anche ucciderti, dobe, sarebbe per una buona causa» si intromise Sasuke, rischiando poi di cadere dal letto a causa dell’impeto con cui Naruto gli si lanciò addosso.
«Che diavolo stai facendo?» ringhiò in risposta a quell’affettuoso modo di Naruto di fargli sapere quanto bene gli voleva.
Sakura si limitò a tirare le gambe sul letto, portandosi le ginocchia al petto.
Se non altro, quella scenetta le portava una specie di sensazione di felicità; ricordava molto i pomeriggi con il team sette, quando quei due non facevano altro che rotolarsi a suon di botte.
«Sei solo geloso che ora Sakura preferisce me a te, dopo averti visto conciato in quel modo!» commentò in maniera parecchio infantile, quando finalmente decisero che alzarsi e comportarsi da persone normali potesse essere una cosa vagamente furba.
«Ha visto anche te, dobe» gli ricordò con una certa soddisfazione.
«Ma io avevo fascino, tu no!»
Quella discussione non avrebbe mai avuto una fine e Sakura si rifiutava di dire la sua, anche perché lei era sempre della sua opinione, tutina o non tutina. Non erano bastati anni di tragedie e rincorrimenti vani per farle cambiare idea, ci voleva ben altro perciò.
Poi era davvero tenero, da piccolo.
Anche Naruto lo era, non si poteva scegliere quando si parlava di bambini!
Quando i due ebbero smesso di discutere di idiozie, con tanto di insulti gratuiti, ci fu un momento in cui nessuno disse nulla. Naruto vagava per la stanza, alla ricerca dell’agognata tutina, mentre Sakura e Sasuke se ne stavano in silenzio, una sul letto, l’altro appoggiato al muro.
L’Uchiha era quasi certo di non sapere cosa fare, in quel momento. Non sapeva nemmeno come interpretare quella giornata, ammesso e non concesso che ci fosse un modo preciso in cui interpretarla.
Avevano pulito casa sua insieme, riuniti come erano stati anni fa. Era la prima volta, da quando lui era tornato, che erano solo loro tre, senza questioni di vario genere come la sua lealtà, i suoi progetti, le sue intenzioni.
Probabilmente era passato un mese o due, da quando le cose erano drasticamente cambiate, ma non era da lui tenere il conto del tempo.
Semplicemente in quella casa, durante quel pomeriggio di pulizie primaverili, se così le si voleva definire, si era ristabilito un equilibrio. Un equilibrio precario, che poggiava sull’esuberante allegria e sull’ottimismo di Naruto, sull’insicurezza e sulla speranza di Sakura e su di Sasuke, che ancora non aveva ben capito su cosa reggersi lui stesso.
Necessitava di certezze, probabilmente, di qualcosa che non sarebbe svanito – la sua famiglia – né gli sarebbe volato via dalle mani senza neanche dargli il tempo di accorgersene – l’obiettivo che si era trascinato dietro per anni.
Però, guardando Naruto arrampicarsi sull’armadio e Sakura scuotere la testa con desolata accettazione, si disse che forse qualcosa di stabile l’aveva trovata anche lui, benché per anni l’avesse negato a se stesso.
«Ci sono due stanze libere al piano di sopra» disse con calma, senza concentrarsi sulle reazioni intorno a sé. Sakura spalancò gli occhi, chiedendosi se effettivamente avesse capito bene, mentre Naruto fece quello che sapeva fare meglio: l’idiota.
Sentendo quanto detto, e leggendolo secondo i modi di parlare di Sasuke Uchiha, comprese quello che realmente il ragazzo voleva dire e perse l’equilibrio precario che gli aveva permesso di salire sull’armadio. Cadde per terra e prima di tirarsi su si massaggiò il fondoschiena dolorante con una smorfia.
Si avvicinò lentamente a Sasuke, quasi temesse che si aizzasse contro di lui da un momento all’altro. Con un sopracciglio inarcato e un’espressione interrogativa prese a studiare il ragazzo, che lo gelò con un’occhiataccia.
«Cosa vuoi, dobe?»
E il dobe rispose alla domanda abbracciandolo di slancio, facendolo barcollare all’indietro. Effettivamente più che abbracciarlo sembrò saltargli addosso con quella che poteva benissimo essere una mossa di combattimento volta ad uccidere l’avversario per soffocamento.
«Ah, ma come sei tenero, ‘ttebayo!»
«Staccati di dosso, idiota!»
Sakura scoppiò a ridere, benché anche lei fosse piuttosto sorpresa dalla domanda.
L’imprevedibilità di quel ragazzo un giorno l’avrebbe uccisa definitivamente.
«Oh, Sakura-chan, se vuoi possiamo anche condividere la stessa stanza, sai che per me– ouch» la scarpa che gli giunse in testa da parte dell’amica gli fece comprendere che forse la risposta era negativa.
Sasuke non dovette attendere sì o no di rito, la risposta dei due l’aveva già capita nel sorriso di Sakura e nell’euforia immoderata di Naruto.
Qualcosa di stabile e sicuro l’aveva trovata anche lui, a quanto pareva. Non c’erano dubbi né esitazioni, loro ci sarebbero stati sempre, con il suo volere o contro.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma era certo che non sarebbe mai venuto un giorno in cui la sicurezza di quei due sarebbe venuta meno e forse era una cosa che poteva capire anche dal fatto che non lo avevano lasciato nemmeno quando era stato lui ad abbandonare loro.
Ora quella casa sembrava decisamente meno scura e vuota.
Forse era la presenza di Sakura e Naruto a portare quel cambiamento.
Forse era solo l’equilibrio che si era stabilizzato.
Forse era la sensazione di primavera, che finalmente invadeva di nuovo quei muri e portava un po’ di colore dove per un sacco di tempo non ce n’era stato.



Buondì!
Allora, non ho molto da dire, anche perché la storia l’ho scritta un paio di mesi fa e ad essere sincera non mi ricordo cosa volevo dire a riguardo…
L’immagine a cui mi sono ispirata per la foto dei due in versione mocciosetti è questa, senza gli elementi di intralcio vari e ovviamente un po' diversa.
È in un futuro molto alternativo in cui Sasuke torna trullo trullo e senza tutte le complicazioni del caso: molto semplificata la cosa, lo so, non ha nemmeno molto senso, ma quando l’ho scritta avevo voglia di mettere giù qualcosa di tranquillo e senza tutti i rompicapo che sta piantando in giro Kishichan. Perciò sono solo Naruto, Sasuke e Sakura che puliscono la casa di Sasuke e poi tornano a fare finta di essere il team 7. Non è un brutto scenario, no? Invece Kishimoto deve piantare disgrazie e cagate ovunque!ç___ç
La tutina!** Buon cielo, non so da dove mi sia venuta fuori, ma l’idea appena mi è venuta in mente è stato amore a prima vista!*O*
Boh, io me ne torno a godermi le vacanze, specialmente perché quest’estate non ho intenzione di fare nemmeno mezzo compito, non leggerò nulla e non farò esattamente un caaaaaaacchio!:D
Byebye!
  
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