Un uomo anziano scende i pochi scalini che lo separano dal suo giardino.
Ha indosso dei pantaloni grigi, un maglione verde bosco e degli stivali
di gomma per non bagnarsi i piedi.
I capelli bianchi e corti non sono radi come ci si aspetterebbe da un
uomo di quell’età, e il viso tondo è
sereno e sorridente ricorda quello di un bambino che si avvia
allegramente verso il suo gioco preferito. Anche gli occhi sono
inusuali, vispi occhi azzurri da giovane in un rugoso viso da vecchio.
Ha un vecchio bagnafiori verde in mano mentre s’incammina
verso le sue adorate piante: gigli, iris, margherite, crisantemi,
papaveri… erano il decoro del coloratissimo giardino del
signor Robinson.
Tutte le specie di fiori, esotici o meno, crescono rigogliose e sane se
curate dalle amorevoli mani dell’uomo.
La sua schiena, già leggermente curvata
dall’età, si piegava faticosamente per bagnare la
pianta di camomilla che John usava per fabbricarsi infusi ogni sera.
Cura ogni fiore come fosse un figlio… forse come quel figlio
che non aveva mai avuto ma che, in cuor suo sapeva, avrebbe tanto amato.
L’hobby, diventato poi vera e propria passione del signor
Robinson era conosciuto in tutto il quartiere, e per questo
l’uomo era molto stimato, ma la sua passione, diceva lui, non
poteva dirsi veramente sua, il vero talento era sua moglie.
Era una piccola donna vispa e rotondetta con lunghi capelli bianchi che
ricadevano lisci sulla camicia da notte quando, ogni sera, si sedeva
davanti alla toletta per pettinarli con la sua spazzola preferita. A
volte era lui stesso a pettinarli perché amava molo
coccolare la moglie, vedere il suo viso a cuore sorridere nello
specchio e i suoi occhi verdi accendersi di quella luce che non si era
mai spenta in tutti gli anni in cui erano stati insieme.
Si erano molto amati fin da ragazzini, quando s’incontravano
nel cortile della scuola e lui aveva iniziato a farle la corte in quel
modo impacciato che caratterizza i primi amori, e ogni giorno della
loro vita finché un anno e mezzo prima la sua Susi
l’aveva lasciato solo.
Se l’era portata via un infarto che l’aveva colta
di notte. Accanto a lui.
Per sei mesi non si era dato pace. Si erano ripromessi di stare sempre
insieme, qualsiasi cosa succedesse, essere sempre l’uno il
sostegno dell’altra.
E John si sentiva tanto solo senza la sua meta, la sua Susi.
Avevano vissuto insieme per quasi cinquantacinque anni e avevano
condiviso ogni momento: quelli felici e quelli tristi, i matrimoni dei
loro amici e la morte dei loro rispettivi genitori, la gioia di quando
dopo tanti tentativi erano finalmente in attesa di un bambino, il
dolore di quando l’aveva perso e la tragedia di quando gli
annunciarono che non avrebbe più potuto avere altri figli.
Dopo quell’orribile momento, John decise che sarebbe sempre
stato al fianco della moglie, che l’avrebbe sempre fatta
sentire importante e preziosa, dandole tutto l’amore che era
in grado di darle. Voleva in tutti i modi cercare di colmare quel vuoto
che, lui ben sapeva, solo un figlio avrebbe potuto colmare nel cuore di
una donna.
E fu questo ricordo che un anno prima aveva riscosso l’uomo:
aveva fatto tutto il possibile per renderla felice e morendo prima di
lui era riuscito a non farla sentire sola nemmeno un minuto. Anche se
ora dormiva in un letto che sembrava vuoto e quando si svegliava non
trovava nessuno accanto quando si girava verso l’altro lato
del letto sapeva che lei non lo aveva mai provato. Sapeva che non aveva
mai provato quell’infinita solitudine di girare per casa e
sentire il silenzio assoluto, il silenzio che si sente anche
semplicemente quando si prepara da mangiare per uno, si lava un solo
piatto, una sola forchetta… John si sentiva abbandonato, ma
il pensiero che lei non avesse passato tutto questo era
l’unica cosa che lo rincuorava.
La sua Susi aveva vissuto felicemente con lui fino alla fine. E ora lui
doveva vivere in sua memoria fino al momento in cui non si fossero
ricongiunti.
Quindi, in ricordo della moglie così, dedita al
giardinaggio, aveva iniziato a curare con attenzione tutte quelle
piante che per sei mesi si era limitato ad innaffiare.
E aveva aggiunto un dettaglio molto importante a quel piccolo ma
importantissimo giardino…
Susi non aveva mai voluto piantare delle rose, nonostante fossero il
suo fiore preferito. Diceva sempre che era dovere di John regalargliele
quando doveva farsi perdonare o solo così, per un gesto
dolce senza che ci fosse una particolare ricorrenza, e non voleva che
le fossero regalate quelle che lei stessa coltivava.
Così ora John ne aveva fatta crescere una grande e
rigogliosa pianta al centro del giardino. Le rose erano tutte di un
rosso vivo e quasi brillante, il più bello di tutti i fiori
che l’uomo curava. Aveva scelto quelle rosse
perché la sua Susi amava spesso ripetere quando lui gliene
donava un mazzo: “Oh, rosso! Il rosso della passione dei
giovani, quella che abbiamo anche dentro il cuore, vero brontolone
mio?”.
E ogni giorno lui sembrava curare quei fiori con la cura che si riserva
a chi si ama, accarezzandoli quasi come fosse lei.
Ogni giorno John viveva tranquillo, nella memoria dei bei momenti, ci
pensava così intensamente che a volte riusciva a vederla,
sua moglie, che cucinava imprecando quando si scottava o
perché non aveva tutti gli ingredienti per cucinare un dolce
per lui. A volte pensava che sarebbe diventato pazzo e avrebbe iniziato
a parlare con queste ombre che, aveva l’impressione,
aleggiassero ancora per casa.
Viveva solo e la sua routine era sempre quella da un anno a quella
parte, girava sorridente per il giardino o, sempre sorridente, si
sedeva in veranda a sorseggiare qualche infuso guardando il tramonto,
nessuno avrebbe mai notato quei piccoli gesti che faceva trasparire
l’infinita solitudine e tristezza dell’uomo. Non
sedeva mai sulla poltrona di sinistra o sull’altro lato del
tavolo, non allungava mai i piedi sull’altra parte del divano
e ogni sera si coricava dalla stessa parte del letto. Lasciava il posto
per la sua Susi. Erano piccoli gesti che dimostravano quanto si fossero
amati e lui non ci avrebbe mai rinunciato, come non avrebbe mai
rinunciato, la sera, a poggiare una rosa sul cuscino dove nessuno
dormiva. Forse sperava così che la sua Susi, da
lassù, avrebbe visto come lui la pensasse sempre.
Lo faceva ogni sera prima di andare a dormire. Finché, anche
lui, non si svegliò più.