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Autore: andromeda2089    04/01/2007    9 recensioni
Immaginiamo che Al sia riuscito in qualche modo a recuperare la memoria, ricordando tutta la Verità, e quindi a creare la pietra filosofale, ridando il braccio e la gamba a Ed e riprendendosi il suo corpo.
Immaginiamo sia andata così…ma il corpo di Al sarà ancora adatto a lui?
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Roy Mustang, Winry Rockbell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'ultima alchimia E’ la mia prima fanfiction su FMA e in questo sito, spero piaccia a qualcuno, nel qual caso per favore recensite; le critiche sono altrettanto bene accette.
Questi personaggi non sono miei (purtroppo) ma di Hiromu Arakawa, se no Al rientrerebbe subito in possesso del suo corpo e Ed si ficcherebbe un po’ di sale in zucca…
Roy Mustang al potere!

Immaginiamo che Al sia riuscito in qualche modo a recuperare la memoria, ricordando tutta la Verità, e quindi a creare la pietra filosofale, ridando il braccio e la gamba a Ed e riprendendosi il suo corpo.
Immaginiamo sia andata così…ma il corpo di Al sarà ancora adatto a lui?

“Sento…il calore della tua pelle, fratello,
il fruscio del vento tra gli alberi, il sapore dell’aria fresca che mi entra nei polmoni…

Non posso, non voglio rinunciare a tutto questo…
di nuovo…

Addirittura il dolore mi è piacevole,
questo dolore che mi strazia le membra…così naturale…così diverso dal gelo di quell’armatura di cui finalmente mi sono liberato.
Mi sento pieno, ricco, vivo, come non mi ero mai sentito o, semplicemente, come non ricordavo potessi sentirmi. Riesco ad avvertire il sangue scorrermi nelle vene, ogni singolo battito del mio cuore mi rimbomba nella testa e i miei polpastrelli fremono nella nuova sensibilità acquisita…

Tutte cose che ho desiderato, rimpianto, implorato per troppo tempo.
Ora non voglio più lasciarle.

Non costringermi, fratellone, a ridiventare un’armatura vuota, un ammasso di metallo con vaga forma umana, non obbligarmi più a sentire il vento che passa tra le giunture a ricordarmi la mia insensatezza e innaturalità.
Non voglio.
Non voglio più chiedermi se sono umano.

Ti prego fratellone, lasciami andare, lasciami andare dalla mamma.”

Ed lo guardò attraverso il muro di lacrime nei suoi occhi e, la voce incrinata ridotta a poco più che un sussurro, disse:
“Al, non andare via, ti prego fratellino non lasciarmi di nuovo solo. L’altra volta ti ho riportato indietro, sono riuscito a farlo, posso farlo anche questa…”

“No, Ed, e poi tu non rimarrai solo, ci sarà Winry con te, lo so che sta diventando sempre più importante…e poi anche io, con la mamma…
Avverto il suo profumo, sai, la dolcezza che emana; sono sicuro che tra poco potrò finalmente rivedere i suoi occhi, specchiarmi e perdermi dentro di essi, lo sento.
Ci è sempre stata vicina, quindi, vedi, non sarai mai solo.”

Uno scatto convulso attraversò il corpo dell’alchimista più giovane, facendogli scorrere elettricità nei muscoli atrofizzati. La sua anima, la sua mente non riusciva più a controllare il corpo dopo la lunga separazione, e quest’ultimo a rispondergli a dovere. Come ingranaggi di due meccanismi diversi, anima e corpo non riuscivano più a compenetrarsi. I suoi organi interni stavano smettendo di funzionare, proprio come aveva detto Mustang, e tra poco sarebbe toccato anche al suo cuore.
Era a questo che pensava Ed guardando il fratello fisso negli occhi, a ogni battito del suo cuore temeva fosse l’ultimo. Sollevò la testa del fratello da terra, cercando di tenerlo fermo con il braccio appena riconquistato e ancora intorpidito, finché durarono gli spasimi di dolore.

Winry non riuscì più trattenersi e, in lacrime, fece per avvicinarsi ai due, ma la mano del Comandante Supremo Mustang lo fermò. I due fratelli dovevano potersi dire addio in pace e Winry, percependo i pensieri del comandante, annuì.

Intanto Al era ormai giunto allo stremo delle forze, ma si rabbuiò nel vedere le lacrime del fratello gocciolargli sul petto.

“ Non piangere per me fratellone,
finalmente potrò dormire, riposarmi come non facevo da tempo…
non hai idea di quanto abbia aspettato, di quante volte abbia desiderato questo momento,
di dormire…
Non essere triste per me fratellone,
veglierò ancora su di te, come nelle notti insonni di questi anni,
non ti abbandonerò.
Ma intanto ora, ti prego, per un po’ veglia tu su di me,
perché ho tanto, tanto sonno…”

Ed rimase a osservare il fratello dopo quelle ultime parole, mentre gli occhi del più piccolo si facevano torbidi e velati, mentre il suo corpo smetteva lentamente di tremare e la pelle diventava sempre più fredda, ma sul viso gli rimaneva quel sorriso dolce e buono, da anima candida e pura, da bambino che non era potuto crescere.

  
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