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Autore: khika liz    19/06/2012    4 recensioni
Un ultimo giorno un po' particolare. Un ultimo giorno in cui capisci ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Un ultimo giorno che diventa l'inizio.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Al contrario.

The end.

Ore 06.30
La sveglia, puntuale come al solito, mi ridesta da quella sensazione angosciante che mi porto dietro da giorni. Come in uno stato di trance mi alzo dal letto e mi avvicino allo stereo, blocco l’allarme ed accendo il computer con gesti fin troppo automatici. Mi siedo sul letto incrociando le gambe ed apro un paio di finestre di  google. Mi faccio il solito giro tra i profili di Facebook, indugio sul Suo e poi chiudo tutto riaccendendo la radio. Mi dico che è passato troppo tempo, non posso essere ancora innamorata, non ha senso. Spengo la radio, mi dirigo verso il bagno, mi spoglio ed entro nella vasca. L’acqua calda, quasi bollente, mi ustiona un poco. Sento il calore entrarmi nelle membra, in ogni poro della mia pelle. Mi sdraio, il viso finisce sotto’acqua ed i capelli mi incorniciano il volto. Mi sento un po’ come una sirena. Lascio l’acqua aperta, facendola scorrere fino a riempire la vasca sino all’orlo. Rimango in apnea per un po’, per un bel po’. Mi rendo conto di essere davvero sott’acqua solo quando il fiato comincia a mancarmi e ciò che ho davanti diventa troppo sfocato. Riemergo e mi passo una spugna intrisa di bagnoschiuma sul corpo, Cerco di rilassare le spalle, il collo, la schiena. Mi faccio lo shampoo ed immergo di nuovo il viso, trattengo il respiro, chiudo gli occhi, apro la bocca e lascio che l’acqua prenda il posto dell’ossigeno.

Ore 07.30
Mi sono vestita, come ogni mattina, ho fatto colazione e lavato i denti, come sempre. Ora sono seduta sul divano, con l’ipod sulle gambe e la borsa accanto a me. Il telefono è da qualche parte in camera mia, forse sotto il letto, o ancora spaccato a metà davanti all’armadio – non ricordo nemmeno quanto tempo è passato da quando, con uno scatto d’ira, l’ho lanciato. Odio quel suono che emette una volta al giorno, quando la Wind mi informa che ci sono milioni di offerte, che non potrò mai utilizzare. Con chi potrei attivare il Noi due, o i 4000 messaggi a solo tre euro! Con chi?
Accendo la tv, faccio un giro per i soliti programmi. Controllo l’orologio, mastico una gomma, la sputo, mi alzo, cammino. Odio vivere da sola. Rientro in camera, eccolo il mio telefono, sotto la scrivania. Qualcuno mi sta chiamando, mi chino per raccogliere quell’aggeggio e guardo chi mi cerca. Luise, la stronza di turno. Luise mi odia, lo si capisce dagli sguardi che mi lancia quando crede che io non la veda, o quando sa per certo che la sto guardando. Non so perché ce l’abbia con me, forse perché vivo da sola. Forse perché non sono come lei. Non sono brava a sorridere a destra e a manca per farmi tanti amici. Il fatto è che non sono proprio brava a farmi amici.

Ore 08.00

Salgo sull’autobus ed occupo il mio solito posto , proprio di fronte alla porta d’uscita. Mi siedo accavallando le gambe, accendo l’ipod e mi metto le cuffie nelle orecchie. Dopo dieci minuti sono davanti l’ingresso della scuola. Non voglio entrare, come ogni mattina; non perché non abbia studiato, affatto, ma perché quello non è il mio elemento, non mi ci trovo in mezzo a così tanta gente che non capisce. Faccio un respiro profondo, ed entro. È l’ultimo giorno di scuola. L’ultimo per sempre. Certo, tra un paio di giorni comincia la maturità, il ripasso dell’ultimo secondo, ma oggi è il mio ultimo giorno.

Ore 09.30
La Preside ci ha appena fatto un in bocca al lupo generale, con i suoi adorabili verbi sbagliati e la sua acconciatura indecente. Mi giro verso il mio compagno di banco, Karl con la kappa, e tratteniamo un sorrisino: almeno non sono l’unica ad essere ossessionata dai congiuntivi. Io e Karl, comunque, non ci parliamo più di tanto: sorridiamo, discutiamo sull’ultimo compito di fisica, ci salutiamo e ci vediamo la mattina successiva. Niente messaggi il pomeriggio o bacetti ovunque. Ho come l’impressione che sia tanto simile a me, ma non ne sono poi così sicura. Non lo sono riuscita a capire in cinque anni, oggi non cambierà nulla.

Ore 11.00
È ricreazione. I ragazzi si fanno i gavettoni nel cortile. Me ne sto rintanata in classe con un libro tra le mani ed il telefono sul banco. Aspetto una sua chiamata. Imploro chiunque ci sia lì su che lei mi chiami. Che mi chieda come sto. Se la casa va bene, se mi manca. Ma mia madre non chiamerà, non dopo quello che le ho fatto, ovviamente. Perché farmi trovare mezza dissanguata l’ha quasi uccisa, scoprire che sono mentalmente instabile l’ha tramortita a morte. Per questo mi ha lasciata a casa da sola con lo strizzacervelli che viene ogni pomeriggio ed  una specie di balia che viene la sera. Un sospiro mi esce dalle labbra quando lei entra in classe. L’ho amata così tanto, chissà se l’amo ancora. Saluta la sua migliore amica ed il suo ragazzo e va via appena la campanella suona di nuovo. Ultima ora di scuola, quasi quasi mi mancherà questo posto: questo banco che ha quasi preso la mia forma, questa lavagna perennemente sporca, quell’armadietto con i vocabolari distrutti ed i quaderni di latino, queste finestre con le sbarre e quella porta mezza rotta, i termosifoni troppo freddi d’inverno e troppo caldi d’estate. È  un po’ come una seconda casa. Me ne rendo conto solo ora.

Ore 12.10
Mancano cinque minuti, poi tornerò qui solo per gli ultimi compiti in classe, l’ultimo esame orale e il ritiro del diploma. E poi? Non ho sicurezze. Cosa mi aspetta lì fuori? Cosa farò?

12.12
Tre minuti. Karl mi guarda fisso. Sento la sua mano intrufolarsi tra le mie. – Mi mancherai. – dice. Gli sorrido. “Anche tu”, mimo con le labbra, non ho la forza di parlare, in ogni caso la mia voce non sarebbe in grado di sovrastare la confusione che c'è in classe. – Dico sul serio, sarà strano senza te. – mi guarda negli occhi.
- Karl – mi costringo a rispondere – mancherai anche a me, dico sul serio.
Quando sento la sua mano stringere forte la mia capisco che siamo più simili di quanto io stessa voglia ammettere. Capisco che questa è come una casa e che mi mancherà. Capisco che sono fottuta, che se non mi do una svegliata sono cazzi amari. Capisco che devo lasciare perdere il passato e guardare avanti.

12.15
Driiiiiiin.
È finita. È finita sul serio. Cazzo.
La classe mi si svuota attorno, rimango solo io. Karl esce poco prima di me, mi fa l’occhiolino e mi saluta con la mano. Faccio un ultimo giro tra i banchi, li accarezzo con lo sguardo, sorrido tra me e me e poi esco anche io. Ho capito tutto troppo tardi. Troppo tardi.
Sono stata una stupida, ho sofferto così tanto, così a lungo, per cosa? Per nulla! Ho capito troppo tardi. Avrei dovuto fidarmi di Karl dal primo giorno, quando mi aveva fatto un cenno per invitarmi a sedermi accanto a lui. Avrei dovuto fidarmi di lui e di quel sorriso spiritoso. Lui non è come gli altri, come ho fatto a non capirlo prima? Mi sono fidata delle persone sbagliate, mi sono innamorata delle persone sbagliate.
Sono l’ultima ad uscire dal cancello. Faccio un cenno alle bidelle e loro mi sorridono affabili.

13.00
Sono a casa, lo strizzacervelli è già qui. Finalmente c’è un po’ di chiarezza nella mia mente: devo solo ricominciare tutto d’accapo. Dimenticare. Un nuovo inizio. Senza paura.

13.14
Lo strizzacervelli è fiero di me.

13.15
Lo strizzacervelli si chiama James.


13.17
Voglio fare la strizzacervelli da grande, voglio vedere le persone stare meglio.

13.19
James dice che mi darà una mano.

The beginnig.

 Nda:
E' uno sclero dovuto alla fine della scuola, sì. E, niente, spero vi piaccia u.u
Ringrazio la mia nuova beta che ha fatto un lavoro eccellente MissNoWayItsAllGood.

 
 
 
   
 
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