è la prima volta che pubblico qualcosa di mio sotto gli occhi di chi, come me, vive per la scrittura.
Ho scritto queste parole tra la rabbia e l'incomprensione, la malinconia e la coscienza. Se si può chiamare coscienza quel lavoro dei neuroni delle mezzanotte e dieci. In realtà non ho mai spiegato le mie cose, anche se capisco che hanno bisogno di una spiegazione almeno minima. In poche parole la morale è che facciamo di tutto per non sembrare quello che siamo in realtà, ma poi arrivano quei momenti di coscienza che destabilizzano il nostro trucco e il nostro parrucco fatto appositamente per illudere. Illudere noi stessi. Non è la gente che ci spaventa, ma il nostro giudizio. E si vive precariamente tra la nostra vera natura e la natura distorta ed influenzata della nostra mente terrena. In una sorta di malinconia per quello che sarebbe potuto essere. E che poi, magari, si scopre che non è la nostra mente ad essere sbagliata, ma le nostre storie andate a male.
Si, anche se non si vede e non si legge, l'amore c'è, e non dico che la poesia non sia autobiografica. La sabbia, per quel poco che compare è l'elemento fondamentale.