Stava guardando il suo tumore sulle lastre, lo schermo bianco dietro che le illuminava rendendole sempre più grandi, quando sentì il rumore della porta che si apriva.
Si girò di scatto e vide House entrare. “È quello il nostro bel batuffolino tumorale?” gli chiese, sarcastico come sempre. Cosa ci faceva lì? Perché era venuto? Aveva chiesto a Foreman di non dire a nessuno dove si curasse, e ora lui era in quella stanza.
Perché doveva sempre impicciarsi in tutto?
“Crescono così in fretta” commentò ancora, fragandosene del suo silenzio. Silenzio che diceva tutto quello che non riusciva a dire lui, silenzio che diceva “Vattene” e “Resta”.
“Come facevi a sapere che ero qui?” chiese, inquisitore. Dove aveva lasciato una traccia?
“Tu che ne dici?” ribatté retorico, guardando fuori dalla finestra.
“Foreman” rispose per lui, amaro. Era un’affermazione, non una domanda. Eppure gliel’aveva promesso…
“In effetti sarebbe stato più facile. No, ti ho seguito” confessò candidamente, come un bambino che confessi orgogliosamente di aver rubato la torta dal davanzale della vicina. Spudorato.
“Non hai pensato che forse significa che non voglio che tu sia coinvolto nella terapia?” domandò, velenoso. Non voleva che lo vedesse in quello stato, assolutamente no. House era imprevedibile.
“Non sono qui in qualità di dottore, ma come pilastro dominante di rinforzo” rispose, deciso. James si stupì di quella risposta e se ne sentì vagamente compiaciuto e soddisfatto: non era del tutto indifferente al suo cinico amico.
“Vai a fare il pilastro nel parcheggio” replicò, nascondendo il barlume di gioia sotto una maschera cattiva, come faceva sempre lui.
“No” affermò deciso. La luce determinata nei suoi occhi non lasciavano via di fuga: non era un’offerta d’aiuto, era un’imposizione. Ma gli andava bene anche così.
“Quante volte ti ho detto che volevo stare solo e tu mi hai rotto le palle? Te lo devo. Ti do la mia parola che non dirò una parola” continuò il diagnosta, sapendo di averlo già convinto. Stava per cadere alla sua forzata attenzione, e James se ne rendeva conto.
“Anche se mi rendo conto che molto probabilmente me ne pentirò, va bene” sospirò falsamente rassegnato, sorridendo in sé.
Forse non tutto era impossibile. Forse, tutto nascondeva qualcosa di buono, anche un cancro.