Probabilmente
era la bocca impastata, gli
occhi socchiusi, forse la testa pesante, o la luce che filtrava dalle
tapparelle non ben chiuse, anzi, sicuramente dovevano essere le
tapparelle.
Stava in silenzio, un silenzio delicato, giusto per non rovinare quel
quadro di
perfezione assoluta.
Il vento ci giocava, con le tapparelle, muovendole lentamente. Il sole
si
aggiungeva sempre più al gioco, passando dall'essere
un’ombra luminosa dietro
le case, a un disco di fuoco sempre più brillante. S'era
creato come un mosaico
sulla sua pelle. Luce ombra, ombra luce. In movimento perpetuo.
Continui a torcerti i capelli, li attorcigli con noncuranza con
l'indice, e poi
li lasci così, piccoli ricci corti, che ritornano normali al
primo soffio.
E lei, lei era appoggiata.
Se ne stava lì, rincantucciata con la testa sul tuo petto.
Silenzio.
Il vento, quello della mattina, non quello della sera o del tardo
pomeriggio,
proprio quello della mattina, quello che sembra esistere solo per
ricordarti di
svegliarti.
Lo svegliarsi così, lentamente, con noncuranza, senza
fretta, le ore di sonno
perse nel pensare invece che nel dormire, i suoi occhi, i suoi capelli,
ed ora
la testa pesante, alcol.
La bocca impastata, sapore di fumo, alcol, senza avere fumato, bevuto;
ricordi
che si rincorrono, i suoi occhi.
Tutto è normale nella tua vita, ti svegli ogni mattina, ti
alzi, pensi, fai di
tutto senza darci il minimo peso, salvo che, una mattina, ti alzi con
un'idea
in testa, solo anche degl'occhi magari, o poco più, e sei
fregato. Fregato,
fino in fondo. Niente soddisfatti o rimborsati, hai avuto l'idea? Te la
tieni.
Corpo diviso a metà.
Dalla vita in giù solo le coperte, dalla vita in su solo
l'aria copre il resto,
maglietta caduta durante la notte.
Pian piano i sensi si risvegliano, con deliberata lentezza, come se
volessero
prenderti in giro, e ti accorgi di una fonte di calore dove dovresti
sentir
freddo, dove sei senza coperta.
I suoi capelli sono sopra i tuoi occhi - la musica nell'altra stanza
è sempre
più dolce - la sua testa nel tuo petto, la sua mano nella
tua, un'unione, uno
scambio reciproco di calore, anime a contatto?, e non capisci
più nulla. Nulla,
la sensazione di essere soli in una stanza affollata, proprio soli,
mentre il
mondo scoppia di vita e tu muori dentro.
Era mentre ti baciava, mentre ti faceva sentire qualcosa più
che felice – il
cielo così vicino – che capivi che era importante,
ma anche tanto, e non ne
trovavi le parole, i gesti, tutto quanto per dimostrarlo.
L’avere troppi sentimenti ti ha fatto scivolare in
un’irreale apatia, essere
così vicino al cielo, tolta lei, le tue ali, t’ha
fatto sfracellare al suolo.
Fa male.
Per colpa sua credi negli angeli; non quelli con le ali, no, non
maltratti così
tanto la tua testa, ma nemmeno quelli con le aureole, no. Credi in
quelli che
ti sanno portare a casa ovunque tu sia, quelli che ti fanno andar via
quando
quello che ti circonda diventa sempre più estraneo; hai
seguito la sua voce, ti
sei perso.
E immaginare lo svegliarsi, lo svegliarsi con quell'idea in testa
ricorrente, i
suoi occhi, e girarsi, trovarseli di fronte che ti fissano, accusatori,
dopo
che girandoti troppo nel letto l'hai svegliata.
E immaginare quanto fosse bella persa nel sonno, sognando qualcuno di
diverso,
e sentirla respirare piano, dolce, mentre tu rimanevi lì a
fissarla per ore.
Fuori dalla sua testa, appoggiata su di te, potevi anche fissarla, ma
dentro,
dentro di lei, quello che sognava, no, non c'eri.
Lo capisci sempre troppo tardi, tardi, quando la fine arriva.
Ed è arrivata, mentre dormiva, mentre dormiva tranquilla, e
lì, solo lì, hai
realizzato come la mente delle persone, i loro rapporti,
siano così
strani: farse, tragedie, commedie, tutti intendono qualcosa, qualcosa
che
l'altro non potrà mai capire.
Così
arrivavi alla conclusione che mentre
respiravi per vivere, per viverla, lei pensava ad un altro; mentre i
vostri
respiri erano uniti, ce n’era un altro nella sua testa, un
altro sussurro, più
in profondità magari, ma c’era.
Ma a te non importa.
T’importa averla abbracciata un’ultima volta,
averle detto ancora quello che
provi, che provavi, mentre lei s’alzava, sapendo che nulla
sarebbe stato come
prima.
Nulla.
Tanto vale pensare a qualcun altro.
Sì sa mai.
Sempre così, gli occhi delle persone ti fottono, ti prendono
in profondità,
t’intrappolano, e non ne esci più.
I suoi occhi nella tua testa.
Fottuto.