Vorrei dedicare questa fanfiction a
tutte quelle persone
portatrici di malattie, di cancro, di leucemia. La storia è
il frutto di un
sogno che mi ha particolarmente colpita e addolorata. Mi piacerebbe con
queste
righe trasmettere un po’ di serenità e di pace a
chi ne ha bisogno, a chi non
riesce a trovare più la gioia, la speranza,
a chi piange e si dispera perché crede di non
potercela fare e non per
una delle tante piccole difficoltà che si presentano
puntualmente a ostacolarci
che a confronto perdono importanza. Dedichiamo anche se per poco il
nostro
pensiero alle persone meno fortunate di noi, perché non lo
facciamo mai: siamo
troppo impegnati a pensare a cosa indossare, a che smalto mettere
l’indomani, a
che videogioco comprare prima. Vorrei ricordare, così come
lo ha fatto una mia
cara amica, che gli studi dell’uomo vanno avanti e si
riuscirà senza dubbio a
trovare una soluzione; nulla è impossibile!
Perciò non abbandonate mai la
speranza e il sorriso perché nella vita non bisogna mai
rinunciare.
Inoltre
vorrei qui nominare la mia cara amica ImoH il cui sogno è
quello di trovare una soluzione per il cancro e io sono sicura che ci
riuscirà.
Sasuke odiava il mondo, la vita,
soprattutto la propria.
Che significato poteva avere per lui
dopo tutto il dolore e
la disperazione che aveva passato?
La sua famiglia, o almeno quando
ancora era un effettivo
membro di essa, lo riteneva una copia mal riuscita di suo fratello
Itachi.
Quest’ultimo, il degno
erede del prestigioso clan Uchiha,
era considerato perfetto da tutta la città: apparteneva a
una famiglia ricca e
famosa, era così intelligente da essersi diplomato alla
prematura età di 16
anni, inoltre era bellissimo con un corpo mozzafiato, capace di
ammaliare chiunque.
Insomma era ricercato da tutte le
ragazze.
C’era solo un piccolo ma
importantissimo dettaglio: a lui
non interessavano.
Frivole, superficiali, vanitose,
pettegole, stupide… credeva
che le donne potessero creare solamente fastidio. E guai, tanti guai.
Fu proprio questo il motivo che
indusse il padre, Fugaku, a
cacciarli entrambi di casa.
Si, perché la gente ha la
mente chiusa nella propria
ottusità e perché la vita ti disprezza e ti volta
le spalle se sei diverso
dagli altri.
Anche a Sasuke, che a quel tempo era
solo un bambino che non
aveva alcuna colpa in tutto ciò, aveva negato un tetto e una
famiglia. Tutto
quello che aveva.
Fugaku era ossessionato da Itachi.
Era così perfetto che lo
temeva persino lui; credeva infatti che un giorno avrebbe guidato la
famiglia
di testa propria.
Per questo ordinava sempre a Sasuke
di dover fare meglio di
lui, di doverlo superare.
E Sasuke provava, passava intere
giornate sotto i libri, a
praticare tutti gli sport, ci riprovava, sputava sangue. Non ci era mai
riuscito e il genitore lo disprezzava.
Ma gli Uchiha non falliscono mai
quindi avrebbe dovuto
addossarsi la responsabilità delle proprie colpe.
La madre, ricorda ancora il minore,
era rimasta inerme con
il volto rigato dalle lacrime davanti l’ingresso. Sasuke non
l’ha mai perdonata
per non aver detto nemmeno una parola a loro difesa. Una madre che non
protegge
i propri figli infondo non può essere considerata come tale.
La sua vita aveva insomma preso una
piega inaspettata e
adesso, poiché a malapena possedevano i soldi per poter
mettere qualcosa sotto
i denti, si stava dirigendo verso una stupida scuola pubblica piena di
altre
piccole e insignificanti forme di vita. Perché siamo solo le
mere pedine di uno
stupido gioco.
Il liceo: perché questa
parola scaturiva tanto entusiasmo nei
suoi coetanei? Sasuke non riusciva proprio a trovare una risposta
abbastanza
soddisfacente.
Entrò in quella che doveva
essere la sua nuova classe, così
orribile nella sua apparente magnificenza. I banchi erano occupati da
ragazze
in piena crisi pre-mestruale e da ragazzi pronti a saltare addosso a
qualsiasi
forma vivente che respirasse. Sasuke, terrorizzato
dall’eventualità di essere
contagiato da forme di vita talmente ortodosse, si accomodò
tra gli ultimi
posti rimasti liberi.
Il moro si accorse di una strana
situazione venutasi a
creare fra i compagni: tutti sembravano troppo intenti a chiacchierare
tra loro
per accorgersi di un ragazzo lasciato in disparte. Aveva la pelle scura
color
del bronzo, i capelli corti color del grano e due occhi azzurri
più limpidi del
cielo. Caratteristiche insolite per un giapponese.
Non sembrava affatto uno dei soliti
sfigati che venivano
volutamente esclusi…
Se il biondo veniva estraniato dalla
classe, al contrario
lui se ne stava volutamente in disparte; Sasuke non era mai stato una
persona
particolarmente socievole, anzi a lui non importava proprio legare con
i suoi
nuovi compagni di classe.
Il misterioso ragazzo lo
guardò e lui ricambiò lo sguardo,
sospettoso: perché da quegli occhi si riusciva distintamente
a scorgere
rassegnazione?
Davvero molto strano…
***
I giorni trascorrevano e la strana
vicenda sembrava rimanere
immutabile.
Il piccolo Uchiha rimaneva a fissare
il biondo anche per
intere mattine, incontrando in questo modo più volte il suo
sguardo.
All’ennesimo scambio di occhiate fugaci, il biondo
regalò a Sasuke un sorriso
stanco, ma comunque bellissimo e sincero.
Non sopportava questa situazione:
perché tutti erano così
schivi nei suoi confronti? Perchè solo lui sembrava riuscire
a sentire la
disperata richiesta di aiuto di quel giovane?
***
Suonata la campanella della
ricreazione, il professore di
Giapponese antico uscì dall’aula così
come la maggior parte dei suoi compagni.
Sasuke voleva capire il motivo
dell’ingiusto comportamento
così afferrò delicatamente per il polso una
ragazza dagli insoliti capelli
rosa, seduta due banchi a destra rispetto al suo. Se non ricordava male
doveva chiamarsi
Sakura. Le sembrava una tipa abbastanza pettegola, una tipica ochetta
che viene
a sapere di tutti i fatti della classe e li comunica a mezzo mondo
senza alcun
pudore. Il moro inoltre sapeva che Sakura aveva un debole per lui
quindi era
perfetta; aveva giurato di averla vista sbavare letteralmente quando lo
aveva
intravisto negli spogliatoi dopo l’ora di educazione fisica.
Così, facendo leva
sul suo indiscutibile fascino, le chiese: “Saresti
così gentile da spiegarmi
una cosa?”. La rosa annuì, deglutendo
rumorosamente. Le lasciò il polso.
“Perché
quel ragazzo viene sempre lasciato solo e nessuno della classe sembra
preoccuparsi di ciò?”
“Ma come, tu davvero non
sai…?”
Sasuke la guardò,
stranito. “Cosa dovrei sapere?”
“Naruto, questo
è il suo nome, ha la leucemia”
E Sasuke si sentì morire.
***
Dopo la sconvolgente rivelazione
decise di passare la ricreazione
in classe, diversamente dal solito.
Se non aveva capito male,
perché la ragazza parlava così
velocemente tanto da desiderare di regalarle una museruola, i compagni
evitavano volutamente Naruto perché,
nell’ipotetico caso della sua morte, in
questo modo nessuno si sarebbe addolorato della mancanza di qualcuno
che
nemmeno conoscevano.
Mai a Sasuke la gente era sembrata
più stupida e crudele.
Soprattutto crudele.
E poteva l’egoismo umano
arrivare a tal punto?
Spinto non si sa da quale sentimento,
si avvicinò al biondo.
“Naruto, dopo la scuola
vorrei scambiare quattro chiacchiere
con te. Ti va?”
Sasuke, nel porre quella domanda, si
perse in quel cielo limpido
e infinito. L’interpellato gli rivolse un’occhiata
stupita e… felice?
“Si
Sas’ke…” e per la prima volta
udì la sua voce squillante
che lo intenerì per la piccola storpiatura del proprio nome.
***
Subito dopo la fine delle lezioni si
erano diretti verso
l’atrio dell’edificio scolastico, pieno di ciliegi
in fiore. Respirando si
riusciva distintamente a sentire il loro dolce odore pervadere
l’aria.
Si appoggiarono contro il robusto
tronco di uno di questi,
godendo del bellissimo silenzio che regnava nel luogo. Incredibile come
la
scuola, solitamente brulicante di ragazzi ululanti e casinisti, potesse
assumere anche quell’insolito aspetto.
I due, nonostante
l’imbarazzo iniziale e la propria poca
loquacità che Sasuke non aveva preso in considerazione,
parlarono a lungo del
più e del meno.
Il ragazzo scoprì che il
biondo era totalmente diverso da
come appariva in classe. Quando iniziava non smetteva più di
parlare, tranne
quando vinto dall’imbarazzo decideva di chiudere le piccole
labbra rosee,
inoltre aveva un carattere allegro e solare. Tutto, unito al corpo
efebico che
aveva, lo rendeva simile ad un bambino.
Solo che in quegli occhi luminosi a
volte era possibile
scorgere un sentimento che un bambino non dovrebbe nemmeno conoscere e
Sasuke
lo sapeva bene.
Si, Sasuke inconsciamente desiderava
cancellare quella
solitudine che osava deturpare quegli enormi zaffiri, proprio come
Itachi aveva
fatto con lui.
***
“Sas’ke posso
farti una domanda? Perché tu sei l’unico in
classe ad avermi rivolto la parola?”
Il moro non rispose, non ne aveva il
coraggio. Come poteva
dirgli che la gente era così codarda, cattiva e la vita
crudele con chi non lo
meritava?
“Rispondimi, ti prego. Non
rimanere in silenzio anche tu. Io
odio il silenzio. Mi fa sentire maledettamente solo e io non voglio
sentirmi di
nuovo così, non dopo che almeno tu mi hai rivolto la parola,
non mi hai
ignorato” ormai parlava velocemente, sopraffatto
dall’agitazione. La voce gli
tremava “Ho fatto o detto qualcosa di male? Anche
se… io non ho fatto proprio
nulla… E’ forse perché sono diverso da
voi?”
Quasi piangeva. Gli si strinse il
cuore a vedere quei due
pezzi di Acquamarina pieni di lacrime.
“Tu non sei diverso da me,
non sei diverso da noi, Naruto.
Guardati: hai un viso come il mio” gli sfiorò
dolcemente una guancia “due
braccia come le mie” strinse le mani bronzee tra le proprie
“due gambe come le
mie” gli sfiorò le ginocchia “un cuore
che batte proprio come il mio” e poggiò
delicatamente una mano contro il piccolo petto. “Dimmi, in
cosa ti sembra di
essere diverso?”.
Sasuke non sorride mai, o almeno non
lo fa da quando la vita
ha deciso di lasciarlo bellamente in balia del dolore. Ma lo fece, lo
fece per
l’unica persona per cui ne valeva la pena.
Anche Naruto gli regalò un
sorriso bellissimo, capace di
sciogliere anche il cuore più duro, nonostante le paffute
guance fossero ormai
rigate da piccole gocce salate. Si strofinò le maniche sul
volto, imbarazzato,
cercando di nasconderle.
“Naruto, puoi sfogarti. Io
non ti lascerò solo, te lo
prometto”.
E il biondo lo abbracciò,
forte, come a non volerlo lasciare
mai più.
Nascose iI volto fra il collo
profumato e la spalla diafana,
smorzando i singhiozzi che turbavano quel petto glabro a contatto con
il
proprio. Sasuke ricambiò la stretta, cingendogli la schiena
e disegnando
ghirigori immaginari contro il tessuto della maglietta arancione nel
tentativo
di calmarlo.
“Perdonali Naruto,
perdonali se puoi. Sono sicuro che ci
riuscirai, perché tu non sei come loro”.
Sei diverso, sei migliore.
E se la vita ti volta le spalle
afferrala e costringila a
guardare verso di te.
Sasuke odiava la vita, soprattutto la
propria. Ma l’avrebbe
volentieri donata a Naruto.
A lui che infondo una non
l’aveva mai avuta e che forse la
meritava più di tutti.