Bugiarda
Avevo semplicemente scelto di trasferirmi. Non di emarginarmi dal resto della mia famiglia.
Ma ora che ero tornata a casa, la verità era ingestibile.
Ricordai la prima volta in cui mi sentì così.
Allise aveva solo cinque anni ancora e dopo quattro mesi ne avrebbe compiuti sei, ma era riuscita ad arrivare ad una parte di me che nessuno comprendeva e che sembrava solo percepire. Quando quel giorno entrai a casa dei nonni per l’ottantesimo compleanno di Nonno lei non mi salutò.
Fu l’unica che ebbe il coraggio di urlarmi contro – Vattene Brutta Estranea!-
Bastò quello per immobilizzarmi sulla soglia. Era vero, era passato un mese da quando l’avevo vista l’ultima volta e uno dalla penultima e addirittura dalla terzultima.
Anche gli estranei in una piccola città capita di vederli più spesso.
All’età di cinque anni e mezzo mia cugina era davvero volubile e bastava poco a comprare il suo affetto. Un po’ come me, se era per ottenere qualcosa, poteva essere la tua migliore alleata o la tua peggior nemica.
Ma quel giorno l’unica cosa che chiese Allise fu il mio tempo da dedicarle.
Quando lasciai quella casa, lasciai all’interno la definizione di estranea e me ne uscì solo con le sue tristi parole – Perché te ne sei andata? Non vuoi più stare con me?-
Gli occhi mi pungevano per via delle lacrime. Volevo abbandonare delle cose che erano fin troppo radicate in me. Mi giustificai solo, in realtà non avevo risposto alla prima domanda, non del tutto. – Amore, Alex va ad un’altra scuola! Certo che voglio ancora stare con te! Solo che...-
- Nardò è più vicina alla tua scuola, vero? È per questo che stai lì e non qui, vero? – chiese Allise con gli occhi che si accendevano di entusiasmo.
- Certo Amore, è per questo.- Bugiarda. Rispondeva una voce dentro di me mentre Alexia mi guardava sottecchi con i suoi profondi occhi azzurri come i miei.
Non era da Allise che me n’ero andata ma da tutto il resto.
- Andrà meglio, è solo l’inizio. Ti abituerai.- mi sussurrò Alexia mentre stavamo per uscire dalla porta.
- Fatti sentire!- si raccomandò lo zio Sebastian.
- e Fatti vedere!- ribeccò lo zio Manuel.
- Chiama!- rimarcò la dolce zia Lucy accanto allo zio Luke e a mio cugino Steven.
Zia Simonette fu l’unica a non commentare, stringeva tra le braccia un’imbronciata Allise.
Ora Allise aveva come me dieci anni in più.
Io avevo l’età di Isobel a quel tempo e lei la mia. Nuovamente riuniti in famiglia e tutti non facevano che chiedermi del lavoro e di come andasse al nord la vita, fino alla domanda fatidica – Perché non ti sei fatta sentire?-
Ed io, affermata scrittrice ventiseienne, giovane matura, continuavo a giustificarmi.
- Sono stata impegnata con il trasloco e con nuovi progetti – ma in una cosa ero cambiata, lo facevo con disinvoltura.
Alexia alla fine della cena mentre tornavamo in albergo, dove alloggiavamo, mi disse – Visto? Te l’avevo detto che ti saresti abituata! –
- A cosa? – chiesi perplessa. Sapevo a quale discorso si riferiva.
- A mentire. – rispose riservandomi un sorriso triste.