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Autore: Ally M    20/06/2012    5 recensioni
"...sarebbe stata bellissima se non fosse stato per quegli occhi, così seri e terribili che sembravano gridare aiuto ad ogni battito di ciglia."
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Belle, Jefferson/Cappellaio Matto
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Mad Beauty

 

[… The ugly things I do for beauty

If you could see what’s real in me

Then beauty maybe wouldn’t be so cruel…]


Quando l’aveva incontrata per strada quasi non l’aveva riconosciuta, era stata lei a fermalo.

L’ultima volta che l’aveva vista era stato quando l’aveva accompagnata fuori dall’ospedale, quando per l’ennesima volta si era raccomandato di cercare il signor Gold e lei aveva continuato a fissarlo con quei grandi occhi azzurri pieni di confusione.

Quando l’aveva rivista non c’era più nulla di quella confusione nel suo sguardo, era stata sostituita da qualcos’altro.

Paura

Lui sapeva riconoscere la paura, l’aveva vista riflessa in troppi occhi per non percepirla a prima vista, l’aveva vista negli occhi di Regina quando sembrava che il piccolo principe Henry non si dovesse più svegliare, l’aveva vista negli occhi di Sua Maestà la Salvatrice del Mondo Emma Swan quando sfruttava la sua magia per costruire il capello, in quelli di Snow White la sfascia famiglie.

Nessuno di quelli sguardi però lo aveva colpito come quello di Belle.

Aveva i lunghi capelli castano rossicci in ordine, pettinati in onde morbide che ricadevano sul leggero vestitino bianco, il volto privo di trucco, fresco, la pelle di un colore più sano rispetto a quando l’aveva liberata dalla camera in cui Regina l’aveva fatta rinchiudere, sarebbe stata bellissima se non fosse stato per quegli occhi, così seri e terribili che sembravano gridare aiuto ad ogni battito di ciglia.

Je-Jefferson.. giusto?” la sua voce era uscita bassa, si era guardata intorno per un secondo, per poi tornare ad osservarlo.

“Tu mi hai liberata..” aveva continuato sempre senza smettere di guardarlo fisso negli occhi.

Si liberata, portata via, ma dove ti ho portata? Dove sei finita?

“Non era giusto quello che Regina ti stava facendo..” si era fermato per un attimo grattandosi il sopracciglio “Sono tante le cose ingiuste che Regina ha fatto.. sono contento di essere riuscito a rimediare ad almeno una di esse..”

Belle si era mordicchiata il labbro e aveva corrugato le sopracciglia, fece per parlare, ma qualcosa la trattenne.

“Come stai?” le aveva chiesto Jefferson.

Lei aveva tirato fuori da qualche parte un sorriso, finto, che non arrivava agli occhi “Tutto benissimo…” non aveva aggiunto altro, si era fermata, mordicchiandosi nuovamente il labbro, come se qualcosa di troppo importante potesse sfuggirle di bocca.

“Tu come stai?”

Una grandiosa domanda fatta a un uomo solo, che non poteva vedere la figlia, che aveva lottato tanto per trovarsi in mano un pugno di mosche.

“Benissimo..”

Si erano guardati in silenzio per un po’, Belle aveva continuato a mordicchiarsi il labbro, gli occhi che continuavano a implorare aiuto fino a quando Jefferson non le aveva chiesto se voleva andare a prendere un tè da lui.

La risposta di lei era stata talmente immediata che lo aveva sorpreso e quasi gli aveva fatto fare un balzo indietro, subito aveva detto di si, con un tono di voce più alto e lo sguardo per un attimo pieno di speranza.

Jefferson le aveva fatto segno di seguirlo e dal centro della città, in poco meno di dieci minuti di passeggiata nei boschi, trascorsa in religioso silenzio da parte di entrambi, erano arrivati.

Belle aveva guardato casa sua con enorme meraviglia, facendogli i complimenti, lui aveva fatto un cenno con la mano e mentre andava in cucina per preparare il tè aveva chiuso la sala dei capelli a chiave.

Lei non doveva sapere, non doveva vedere nulla che potesse portarlo a raccontare, aveva già fatto quell’errore e l’aveva pagato a caro prezzo.

Si era seduta sul divano, circondata da un bianco abbacinante che contrastava con il calore dei suoi capelli in modo armonico, sembrava che quello fosse sempre stato il suo posto, a casa sua, sul suo divano.

Belle bevve un sorso di tè e probabilmente perché erano da soli cominciò a parlare.

Lo ringraziò, era l’unica persona che conosceva a Storybrooke che non avesse il cuore corrotto dalla magia, che magari poteva capire quello che lei stava passando.

Gli raccontò di Tremotino, di come da quando aveva nuovamente riacquistato i suoi poteri fosse diventato oscuro, freddo, solo concentrato sul riacquisire la supremazia che aveva sul mondo delle fiabe.

Gli raccontò del fatto che non le permetteva di vedere suo padre, che lo aveva picchiato a sangue quando aveva provato ad avvicinarsi a lei, che non voleva che parlasse con nessuno, che poteva uscire solo quando doveva andare in biblioteca a prendere dei libri da leggere con la promessa di non rivolgere la parola ad anima viva.

Aveva iniziato a piangere, forte, si era portata le mani davanti agli occhi e il suo corpicino che sembrava fatto di cristallo tremava.

Jefferson le aveva appoggiato una mano sulla spalla e si era limitato a dirle che sapeva cosa provava, anche lui non poteva vedere una persona che amava e che questo ogni giorno lo uccideva.

Quando Belle aveva fatto per chiedergli qualcosa lui l’aveva fermata e le aveva chiesto se Tremotino avesse mai alzato le mani su di lei.

Belle aveva scosso la testa, dice di amarmi, gli aveva risposto, ma come puoi amare quando il tuo cuore è pieno di sete di potere e di odio?

Jefferson non aveva saputo rispondere a quella domanda, si era limitato a rafforzare la stretta sulla spalla.

Erano rimasti in silenzio finché Belle non si era accorta che era tardi e doveva ritornare indietro, lui le aveva detto che poteva tornare quando voleva e lei l’aveva preso in parola.

Tornava tutti i giorni da lui, alle cinque, giusto in tempo per il tè e parlavano, parlavano di tutto, in un giorno in cui Jefferson era particolarmente malinconico le aveva raccontato tutto, chi era, cosa aveva fatto e chi aveva perso.

Era stato a quel punto che Belle lo aveva baciato, le loro labbra al sapore di tè ai frutti rossi si erano incontrate e sembrava che la mano di Jefferson fosse stata fatta per posarsi sul suo fianco, mentre l’altra aveva trovato rifugio naturale nei lunghi capelli di lei.

In un secondo però lei si era allontanata da lui, guardandolo sbigottita, si era agitata, tanto, aveva cominciato a camminare avanti e indietro fino a quando non aveva trovato il coraggio di uscire da casa sua e tornare da Tremotino.

Jefferson aveva pensato che quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe rivista ma il giorno dopo lei tornò e questa volta fu lui a baciare lei.

Lei quella volta non era scappata, si era stretta a lui come se da quello dipendesse la sua vita e aveva continuato a baciarlo, togliendogli il respiro dalle labbra.

I baci erano continuati per tanto tempo fino a quando non furono più abbastanza le mani erano corse ad accarezzare zone che prima Jefferson aveva potuto solo immaginare, le labbra avevano assaporato la sua pelle, la pelle di Belle sapeva di rose.

Aveva trovato il suo posto dentro di lei, immerso nella sua carne tanto da non capire più dove finisse il corpo della ragazza e iniziasse il suo.

La teneva stretta a sé dopo, con una forza e una rabbia che le lasciavano segni rossi sulla pelle chiara.

Odiava vederla andare via, guardarla rivestirsi per tornare nella sua nuova prigione.

A volte si chiedeva se un giorno sarebbe riuscito a salvarla anche dalla gabbia in cui Tremotino l’aveva rinchiusa, a sapeva che no, non poteva.

Si doveva accontentare di averla così, un paio d’ore al giorno, sapeva fin troppo bene che se solo avesse provato ad affrontare Tremotino avrebbe messo la parola fine sia alla sua vita sia a quella di Belle.

Un giorno Belle gli aveva detto di raggiungerla al parco giochi, quello nuovo creato da Regina in mezzo al bosco ed erano rimasti seduti in disparte a guardare Grace giocare.

Lui non poteva avere nulla di suo nella vita, non poteva avere Grace, non poteva avere Belle, aveva tutto e niente fra lei mani.

Un giorno raccontò questi pensieri a Belle, erano stesi sul divano, nudi e senza fiato.

“Io vorrei essere tua”

Jefferson l’osservò rivestirsi di fretta, inciampando come al solito mentre si infilava i collant, l’aveva guardata andare via come sempre poco prima di cena e scoppiò.

Distrusse tutto quello che gli capitava a tiro, lacerò la fodera del divano che profumava della pelle di Belle, le tazzine da tè, maledicendo se stesso per averla invitata a casa sua quel giorno.

Lo aveva sempre saputo in che cosa si stava cacciando, dal primo momento in cui lei lo aveva fermato per strada, non poteva negarlo.

Quando le forze lo abbandonarono piombò nel caos che aveva creato e si lasciò andare sul divano distrutto.

Sarebbe stato solo, fino alle cinque del giorno dopo, quando per poche ore sarebbe ritornata sua.

Lui aveva tutto e niente fra le mani.

Viveva di ricordi e di aspettative

Poteva amare solo nel buio

Quella sera cenò con una tazza di tè, corretto.

 

 

 

 

 

Piccole precisazioni:

-          La canzone citata all’inizio della storia è “Beauty of The Dark” di Mads Langer.

-          Spiacente per i sostenitori di Tremotino e Belle ma io proprio non riesco a credere che lui possa amare, anche nell’ultima puntata mi è sembrato chiaro.

-          Erano secoli che non scrivevo qualcosa e sono abbastanza arrugginita quindi se avete qualcosa da dire, critiche e simili sono bene accetti.

 

Spero che la storia vi sia piaciuta. Alla prossima!

 

   
 
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