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Autore: _Haily_    21/06/2012    2 recensioni
Gervhart, un uomo che costretto dalla guerra, abbandonò la sua terra, Edras, quando era ancora un bambino.
Cresciuto, vuole far ritorno alle sue origini, per trovare la vendetta che cerca da anni. Aiutato da Raki, sua amica d'infanzia, che nasconde uno straordinario segreto, il vecchio Rhoderich e la sensuale Asha, 'arma' di Gervhart, faranno ritorno a Edras, riscoprendo in esso, tutte le verità che si celano dietro al Re Nero.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Premessa: Oh! Non ci posso credere. Mi sono messa a scrivere una fan fiction .-. Dunque, partiamo dall'inizio: ho sognato tempo fa questa storia, si, in un sogno! Dopo di che ho pensato, buttiamo giù qualche abbozzo dei personaggi (si so disegnare, almeno quello riesco a farlo abbastanza decentemente!). Poi bhe, qualcuno ha voluto che ci facessi una storia scritta e.....eccomi qua! *-*
La storia è ambientata in un paesaggio fantasy-medievale, incentrata su Gervhart, che a causa della guerra si vede costretto ad abbandonare la sua terra.
Non voglio fare molti spoiler, comunque è affiancato da Raki, la sua amica d'infanzia che nasconde uno straordinario segreto, poi c'è Rhoderich e Asha, ma si verrannò a scoprire col tempo =W=
Cresciuto, Gervahart vuole ritornare nel suo paese, Edras (che poi è il titolo di questa fic), per riavere la sua vendetta, poi capirete il perchè.
Quindi la storia si basa sul loro viaggio, via via si vengono a scoprire i segreti e la vita passata dei vari personaggi e cosa si cela dietro all'individuo, chiamato re Nero, che stà monopolizzando Edras.
.-.
Ok che premessa del piffero XD Immagino non si sia capito niente, quindi vi conviene leggere *-*
Sia ben chiaro che la storia sarà lunghina e non so quanto tempo ci metterò a finirla e se la finirò, ma cercherò di impegnarmi, perchè veramente mi ha preso un sacco ^-^
Scusate se ci sono errori di battitura, ma non riesco mai a vederli manco se rileggo 3 volte ^-^'
Spero che come primo capitolo sia interessante!



 


Capitolo 1

Distruzione.Morte.Risposte





Un solo uomo è in grado di salvare il mondo?

Me lo sono sempre chiesta.

Adesso posso averne la risposta...


 





La notte, in cui tutto dovrebbe tacere, in cui il buio dovrebbe far da sovrano, le urla e le grida di un villaggio, lacerano il silenzio di quelle terre pacifiche, mentre il cielo si tinge di rosso, il rosso delle fiamme che circondano ogni casa, come divorate da mostri di fuoco cadono e si disintegrano al suolo.
Il fumo che dilaga nelle strade rende ancora più drammatico il paesaggio, persone che come piccole formiche impazzite scappano dal loro formicaio. Ci sono donne che corrono urlanti, con in braccio bambini, alcune sorrette e aiutate dai loro uomini che anche in una situazione così impervia non abbandonano le loro mogli e la loro prole, assai loro cara.
Perché i figli sono la loro unica speranza di portare avanti la loro dinastia, la loro famiglia, in caso della loro morte.
In quei tempi si viveva così, ma mai in quelle terre si sarebbe pensato a un disastro simile.
La sopravvivenza in quel momento era la cosa più sensata a cui pensare.
Passi svelti si allontanavano da quell'inferno, come se oltre dalle fiamme dovessero anche scappare da qualcos'altro…o da qualcuno.
I grandi scarponi di cuoio, alzavano polvere ogni qualvolta si appoggiavano al suolo, come tonfi pesanti, seguiti a loro volta da altri piccoli passi, più leggeri ma sempre veloci.
-Da questa parte!-
Una figura maschile, in testa al gruppo, dalla corporatura massiccia e una folta barba, aveva parlato con tono forte, voltandosi a guardare il resto delle persone dietro di lui con i suoi occhi verdi smeraldo, che alla luce delle fiamme avevano brillato.
Nel buoi si potevano distinguere due donne, vestite con una semplice tunica, lunga fino alle caviglie e un mantello col cappuccio che tenevano ben sopra alla testa. Le donne affannosamente riprendevano fiato, dovuto alla lunga e faticosa corsa, ma più di tutto dalla paura di essere scoperti. Una di queste si tolse il cappuccio, mostrando il suoi lunghi capelli biondi, voltando il viso vicino alle sue gambe, dove incrociò lo sguardo di un bambino, con lo stesso colore di occhi di quell'uomo alla loro guida.
-Gervhart, tutto bene?- la donna le sorrise dolcemente.
Il ragazzino mosse leggermente la testa in segno di affermazione.
Un altro uomo dietro di loro arrivò di gran passo, accostandosi di fianco all'altra donna, posandole gentilmente la mano sulla spalla.
-Ce la fai?- il suo viso si abbassò in modo da vedere il volto della donna, che apparve sorridente.
-Non ti preoccupare.-
-Posso portarla io se vuoi?-
La donna rivolse lo sguardo tra le sue braccia, in cui aggrappata alla sua tunica, fece capolino il viso di una bambina dai grandi occhi giallastri, che avrebbero potuto sembrare quelli di una creatura non umana.
-Tranquillo, ce la faccio…- abbozzò un sorriso, mentre dietro di loro le urla si levarono sempre più forti, costringendoli dallo spavento a girarsi preoccupati indietro.
-Muovetevi! Non possiamo permetterci di fermarci!- l'uomo che era stato sempre davanti a loro aveva riavuto la loro attenzione.
La ragazza con in braccio la bambina, che non doveva avere più di 5 anni, incrociò lo sguardo del suo uomo, annuendo come per dire che aveva ragione.
Forse erano stati troppo incauti, era bastato un attimo di distrazione che far si che non si accorgessero che erano stati seguiti. Se ne resero conto troppo tardi, quando l'uomo venne colpito alla schiena, fece solo in tempo a esalare un netto grido di dolore, per poi cadere a terra con un grosso tonfo davanti alla ragazza, incredula.
-Noooo! Noel!- Si inginocchiò vicino al corpo di suo marito, che non dava segni di risveglio.
L'altra donna bionda era rimasta paralizzata dalla paura, mentre fissava davanti a lei due uomini, uno era quello che aveva ferito l'uomo, grande e grosso, con una grossa mazza in legno, probabilmente era stato con quello che aveva sferrato il colpo, mentre l'altro dietro di lui, un pò più mingherlino, se ne stava a sghignazzare, conscio del fatto che avrebbe potuto ben contare su una guardia del corpo assai forte, e fu proprio lui a parlare.
-Niente superstiti ha detto il capo! Solo le bambine dobbiamo portargli!-
La donna a quelle parole strinse forte la bambina al suo petto, se l'avessero vista, sicuramente l'avrebbero portata via.
L'omaccione aveva preso quelle parole come un invito a fare fuori anche gli ultimi rimasti, e con fare minaccioso si avvicinò lentamente alle due, come se non avesse fretta.
La piccola ignara di tutto, si divincolò dalla stretta della madre.
-Papàààà!- aveva gridato piagnucolante tendendo la mano verso il corpo a terra.
-Ma guarda che sorpresa…- la voce gutturale uscì da sotto l'elmo arrugginito che portava, come il verso di un orco.
-Vorrà dire che prima ucciderò te e poi porterò via la bambina!- la sua mazza roteò in aria, pronta a colpire la donna, che si chiuse a riccio per proteggersi abbracciando anche sua figlia.
Fu un attimo, la mazza si fermò sulla lama della spada dell'unico uomo rimasto a difendere il gruppo.
I muscoli delle sue braccia che si vedevano dallo smanicato erano tutti in tensione, le vene pulsavano e piccoli spasmi erano la prova dell'immane forza che doveva avere per sostenere tale colpo.
-Lyra!- riuscì a gridare, stringendo i denti in una smorfia dolore.
La donna dai capelli biondi, sobbalzò a quel richiamo.
-Lyra! Portali via da qui!-
La ragazza ancora scossa e impaurita, stava cercando di riprendersi. Guardava il marito, poi guardava il corpo esanime dell'amico, e più le saliva la paura.
Ma i suoi pensieri vennero fermati da qualcuno che richiamò la sua attenzione, tirandole ripetutamente la gonna della tunica.
-Mamma!-
Gervhart la fissava con i suoi occhi verdi, allungati, come per dirgli di muoversi, di svegliarsi, perché non c'era tempo da perdere.
Lyra raccolse tutte le sue forze, spinta anche dalla protezione materna nei confronti del figlio.
-Gevahart và!- il suo tono e il suo sguardo erano cambiati.
Il ragazzino non se lo fece ripetere due volte, diede un ultimo sguardo al padre, che gli sorrise, come se avesse voluto dirgli 'và figliolo, è la cosa giusta', dopo di che si voltò, correndo nella direzione opposta al loro villaggio.
Il nemico guardò il ragazzino correre via, mollò la pressione sulla mazza di legno, liberando il padre di Gervhart dalla morsa, che stanco, mollò le braccia lungo i fianchi, sorreggendo con una la spada, che sembrava essere diventata pesantissima.
In quel momento di stallo Lyra si avvicinò velocemente alla donna, intimandola ad alzarsi.
-Eliz, andiamo!- l'aiutò ad alzarsi tenendo sempre un occhio di riguardo sui i due nemici.
-Non vi lascerò scappare!- era tornato all'attacco, ma ritrovandosi davanti ancora una volta lo stesso uomo con spada sguainata.
-Sono io il tuo avversario!-
Digrignò i denti, diventando ancora più spaventoso di quello che già non era, sbuffò facendo ripartire la sua mazza, infierendo più volte sull'uomo.
-Darshian!- Lyra gridò impotente, lo sguardo pieno di rancore per non riuscire a far qualcosa per aiutarlo. I suoi occhi dolci aumentarono in lui la forza, avrebbe fatto di tutto perché loro si salvassero. Perché un uomo difende a denti stretti ciò che più ama al mondo.
Il mingherlino si mostrò, pronto per seguire le due donne, ma Darshian spintonò con tutta la sua forza l'omaccione addosso a lui, riuscendo a prendere un pò di tempo.
-Lyra, andate adesso! Qualsiasi cosa succeda non voltatevi! Per nessuna ragione al mondo! Via!-
La ragazza avrebbe voluto piangere, ma trattenne le lacrime, avrebbe fatto in modo che i suoi sforzi non siano stati vani.
Stretta tra le sue braccia, portò via l'amica, riprendendo la corsa iniziata. Non si sarebbe voltata, neanche quando sentì i tintinnii della spada di Darshian, segno che aveva ripreso a combattere.
Ma lo aveva promesso a lui, e l'unica cosa che fece fu mordersi le labbra e trattenere le lacrime. Doveva mostrarsi forte, anche davanti a suo figlio.


Gervhart le stava attendendo con due cavalli, uno dal manto nero e l'altro più piccolo di colore marrone, vicino ad una piccola stalla in legno.
Le vide arrivare da lontano, correndo, ormai stanche. Con gli occhi cercò dietro di loro, speranzoso nell'arrivo del padre, ma non arrivò nessuno. Nonostante fosse un bambino di otto anni, aveva ben chiara la situazione: da un lato la disperazione per non essere riuscito ad aiutare il padre, dall'altra la consapevolezza che era rimasto l'unico 'uomo' a dover difendere le donne. E suo padre glielo aveva sempre insegnato, che se mai a lui fosse successo qualcosa avrebbe dovuto proteggere lui la mamma. Da un certo punto di vista si sentiva fiero, fiero di poter far vedere quanto poteva valere.
Le due donne sistemarono le selle dei cavalli, mentre Gervhart teneva d'occhio il sentiero da dove potevano sbucare i nemici.
La piccola era stata lasciata vicino al ragazzino, impaurita si teneva stretta ai suoi pantaloni, sempre sotto stretta osservazione della madre.
-Gervhart…- Lyra lo chiamò, facendo cenno di salire sul cavallo.
La piccola venne presa dalla madre, mentre il ragazzino si accingeva a salire.
Eliz, che fino a quel momento era stata coperta dal cappuccio, se lo levò, mostrando quasi gli stessi occhi della figlia, ma di un colore più scuro e i corti capelli castani che le arrivavano alle spalle.
Come presa da un richiamo si voltò verso la direzione da dove erano venute, con uno sguardo malinconico.
-Eliz?!- Lyra la chiamò interrogativa.
Per quale strano motivo, appena si girò e vide il suo abbozzo di sorriso con quella strana luce negli occhi, capì quello a cui stava pensando. Lei la conosceva bene.
-Eliz, ti prego! Andiamo via!-
-Non posso. Lo sai meglio di me…- il suo tono di voce era dolce e deciso.
-Ma lui non avrebbe voluto questo! Ti prego, fallo per Raki.-
La donna dagli occhi ambrati, guardò la piccola bambina che portava in braccio, con quegli occhi grandi, lucidi e interrogativi.
Eliz si avvicinò a Gervhart, ponendo la piccola sul cavallo davanti a lui, in modo da poterla tenere stretta.
-Gervhart, ti affido mia figlia.- accarezzò dolcemente la testa di Raki, scompigliandole un pò i piccoli ciuffi che le ricadevano lunghi sul viso. Le notò la spalla sinistra scoperta dal vestito, in cui si vide una strana macchia, quasi luccicante, che si apprestò subito a nascondere, sorridendole poi.
-Forse un giorno capirai il perché della mia scelta, forse mi odierai anche quando lo saprai…però sappi che ti ho sempre amata.-
Con gli occhi lucidi dal dolore, diede un piccolo bacio sulla fronte della figlia, per poi voltarsi dall'amica.
-Ne sei proprio sicura?-
-Dovresti saperlo, visto che tu conosci la mia natura.-
Lyra posò lo sguardo a terra.
-Non voglio perdere pure te.-
-E non sarà così…- Eliz accarezzò la guancia della ragazza, alzandole il viso. -La mia essenza…e quella di Noel…vive in Raki. Finchè ci sarà lei, noi vivremo. E poi…non è mica detto che finisca tutto così!-
Le sorrise amichevolmente.
-Andrà tutto bene…-
I due sguardi si incrociarono, i suoi occhi gialli con quelli castani di Lyra.
-Mi prenderò cura io di loro.-
I due volti si avvicinarono, fino a toccarsi con le fronti. Il legame che le univa doveva essere particolarmente forte.
Appena si staccarono, Eliz diede un ultimo sguardo a Raki, sorridendole, mentre la piccola sibilò un piccolo 'mamma'.
Avrebbe tanto voluto veder Raki crescere come una bambina normale, felice e ignara del suo 'essere', o almeno avrebbe voluto raccontarglielo lei stessa, ma c'era un motivo che la spingeva ad abbandonarla, e forse in seguito lo avrebbe capito.
Si avviò da sola di corsa, da dove erano venute insieme, questa volta però se ne andò sola e se sarebbe tornata, nessuno lo sapeva.
Lyra la vide sparire tra le siepi e quando non ne vide più l'ombra si rigirò, saltando a cavallo.
-Gervhart, tieni ben stretta Raki. Non lasciarla andare!-
Il ragazzo annuì.
Lyra partì col suo cavallo marrone, senza voltarsi. Non avrebbe dovuto avere ripensamenti.
La piccola Raki parlò a Gervhart.
-Dov'è la mamma?-
-Lei non verrà. Però ha detto che andrà tutto bene. Quindi non preoccuparti Raki, ci penso io a proteggerti adesso!-
Lo guardò con tanta ammirazione, nonostante quei suoi occhi taglienti, quelle sopracciglia già da uomo, il suo sguardo per Raki era qualcosa di meraviglioso, che riuscì a consolarla, a metterle il cuore in pace. Era una bambina che ancora non conosceva la reale situazione, ma gli bastavano quelle semplici parole dette da Gervhart per farla stare meglio, come una ninnananna.
Appena diede due sferzate al cavallo, che si impennò, Raki si strinse forte al suo petto, riuscendo persino a sentire il battito del suo cuore, che pulsava forte e veloce, quasi a ritmo delle falciate al suolo che faceva il cavallo.
Raki sentì un richiamo, ma non come se qualcuno la chiamasse per nome, uno strano sibilo, eppure quel suono attirò la sua attenzione. Si scostò per vedere dietro, oltre le colline, il fumo del loro villaggio saliva al cielo come una torre bianca, e proprio tra le fiamme rosse e gialle, una strana figura alata si stagliava imponente disegnando uno strano scenario apocalittico. Tra le luci e le ombre della notte, come una nuvola di fumo scomparve, quasi come inghiottita lei stessa dall'oscurità.
Per Raki forse era stata una semplice allucinazione data dalla stanchezza, eppure sentì un bruciore forte alla spalla sinistra, proprio dove aveva quella strana macchia, e se la strinse forte.
-Tutto bene Raki?-
Gervhart aveva notato la sua smorfia di dolore.
-Si…tutto bene.-
Non avrebbe dato altre preoccupazioni. Si era una bambina. ma sapeva quando era il momento di starsene buoni e lasciare in pace gli adulti.
E poi era davvero stanca, forse stava pensando che tutto quello fosse soltanto un brutto sogno.
Lo rivide ancora, in sogno, quella creatura alata.

--------


Avevano cavalcato per tutta la notte, si erano giusto fermati poco prima dell'alba, giusto per i bisogni personali ma niente di più.
Raki aveva dormito  per tutto il tragitto raggomitolata vicino al petto di Gervhart, certo a lui non dava fastidio, ed era stato meglio così, perché quando si sarebbe realmente accorta di quello che era successo, avrebbe piagnucolato, come era giusto per una bambina della sua età.
Il sole era sorto già da qualche ora e cominciava a scaldare l'aria fresca della notte.
Arrivati ad una radura, Lyra fermò il cavallo, guardandosi intorno, per assicurarsi che nessuno li stesse seguendo.
Scese da cavallo, facendo cenno al figlio di non muoversi, mentre lei con estrema cautela scostò alcuni arbusti, come se ci fosse nascosto qualcosa. Rigirò più volte la testa a destra e a sinistra, poi si addentrò nella radura, scomparendo, lasciando fuori il cavallo.
I due bambini si guardarono interrogativi. Gervhart fece spallucce come per dire che non ne sapeva nulla.
Ma non ci volle tanto prima che Lyra ritornò, con qualche fogliolina tra i capelli.
-E' ancora lì!-
Si sistemò i capelli e si diede qualche colpetto alla tunica, per togliere la polvere.
-Mamma! E i cavalli?-
-Non possiamo portarli, dobbiamo continuare in barca.-
-In barca? Ma-
-Ti spiegherò tutto…- la sua risposta fu netta e seria, per poi tornare calma e tranquilla -Ti prego Gervhart. Adesso andiamo.-
Il ragazzino aveva capito che le cose si stavano mettendo male, se la madre le aveva risposto in quel modo, sapeva che c'era qualcosa che non andava.
Accarezzò il muso del suo destriero nero, mentre Lyra aveva levato loro briglie e selle, nascondendole tra le frasche.
-Siete liberi di andare.- Gervhart passo la mano sul naso del cavallo, che sbuffò, come segno di disapprovazione.
I suoi occhi neri incrociarono lo sguardo del bambino, che lo fissava serio, ma con tanta tristezza.
Era un animale forte e imponente, eppure gli occhi del quel ragazzino lo avevano sempre ammansito. Il cavallo nitrì fortemente, allontanandosi insieme alla sua compagna, voltandosi più volte verso di loro.
Un senso di inquietudine trasalì in Gervhart quando non li vide più. La madre appoggiò la mano sulla sua spalla, inchinandosi per arrivare a parlargli.
-Saranno felici.-
-Lo saremo anche noi?-
Si stupì. Aveva solo otto anni, eppure si comportava già da adulto.
-Bisogna sempre cercarla…-
Gervhart sospirò, se voleva delle risposte, doveva seguire ciò che la madre gli diceva e quelle sue risposte così nette, gli facevano pensare che voleva perdere meno tempo possibile.
Lyra si era fatta spazio nella radura, seguita dai due bambini, fino a quando non cominciò a sentirsi un scroscio d'acqua. Più avanti Gervhart aveva potuto vedere un fiume, niente di quel posto così tranquillo poteva lasciar prevedere ciò che era successo la notte prima. Il riverbero della luce sull'acqua infastidiva gli occhi ancora assonnati della piccola Raki, che si vedeva costretta a socchiuderli impedendo così di vedere perfettamente dove andava. Si sentì prendere la mano, con delicatezza, il forte calore di quella stretta le fece aprire gli occhi per un istante, in modo da poter vedere la figura di Gervhart, che le sorrise.
-Ce la fai Raki?-
Lei annuì sbattendo più volte le palpebre.
Lyra si era avvicinata alla sponda del fiume, vicina a una piccola imbarcazione in legno. Aveva cominciato a mettere a posto dei piccoli sacchi, che Gervhart era sicuro prima non avesse.
-Mamma, ma quei sacchi?- indicandoli con l'indice.
-Era tutto pronto…- ci fu una piccola pausa, in cui si fermò dal lavoro che stava svolgendo, per poi sospirare. -Nel caso ce ne fosse stato bisogno.-
Al bambino balenarono in testa diversi pensieri: allora tutto quello che era accaduto, era solo l'inizio di una serie d'eventi tutti programmati? Perché non ne aveva saputo niente? Se si sapeva, non avrebbero potuto salvarsi tutti? Era ancora tutto un mistero, ma era la curiosità che lo spingeva a farsi tutte quelle domande.


Lyra aveva sistemato Raki sulla barca, mentre lei e il figlio si apprestavano a levare gli ormeggi che si limitavano a piccole funi intrecciate nei rami di un cespuglio.
Quando l'imbarcazione aveva cominciato a muoversi, con entrambi a bordo, non poterono fare a meno di voltarsi a guardare la riva, come se già sepessero che da lì in poi, non avrebbero fatto ritorno molto presto.
Raki si era raggomitolata, tenendo le ginocchia al petto e il viso nascosto da esse.
-Rivoglio la mamma e il papà.- aveva mugolato.
Lyra si sedette vicino a lei accarezzandole la testa.
-Non preoccuparti, staranno bene. Solo adesso per un pò non potrai vederli.-
Raki strinse di più le ginocchia e il viso completamente nascosto.
-Mamma basta mentire. Voglio delle risposte.-
Alle parole del figlio Lyra ricevette come un forte pugno allo stomaco, gli aveva promesso delle risposte, ma non sarebbe stato facile.
Fece un respiro, come per prepararsi e scacciare via tutti gli altri pensieri.
-E va bene…-
Gervhart pendeva dalle labbra della madre, persino Raki levò su il viso.
-Che cosa vi hanno sempre detto di Edras?-
-Che nella nostra terra vigono la pace e l'armonia, perché è una continente libero, dove non ci sono padroni.-
-Ed è proprio così.- abbozzò un sorriso.
-Ma allora perché? ieri notte…- il viso di Gervhart si rattristò.
-Quelle cose che sto per dirvi sono solo alcune supposizioni, dicerie, non ne posso essere sicura. Però…in nostro continente è sempre stato libero proprio per il fatto che nessun villaggio e nessuna persona pratica alcun arte del combattimento. Viviamo solo esclusivamente sul lavoro che ci porta a vivere serenamente. Oltre questo fiume, si trova il mar Medio, che divide Edras da Calvadian, il continente più grande.-
-Calvadian?-
-Si, ma è assai diverso dalla nostra terra. Mentre Edras è basato su piccoli villaggi e su un sistema libero, Calvadian pullula di immense città, ognuna delle quali ha un proprio rappresentante che ne ha il pieno potere.-
Per Gervhart erano tutte cose nuove.
-A Calvadian ci sono uomini molto forti, potenti combattenti, lì l'arte della spada è molto praticata, perché in un posto come quello, bisogna riuscire a sopravvivere.-
A Raki vennero i brividi.
-Quindi…cosa c'entra Calvadian con quello che è successo ieri notte?-
-Ci sono delle dicerie, che raccontano che alcuni uomini di Calvadian, un piccolo esercito forse, abbia cominciato a muoversi per poter conquistare Edras.-
Gervhart trasalì.
-Cosa? Ma perché? Per tutto questo tempo Edras è stata una terra pacifica!-
-Infatti è così. Edras essendo un continente molto primitivo, con persone pacifiche e dedite solo al lavoro, è sempre stato lasciato in pace persino dai capisaldi di Calvadian, anzi, Edras è per loro fonte di giovamento, perché il commercio con la loro terra è molto fruibile.-
La barca traballò mossa dalla corrente che si era fatta più forte.
-Qualche tempo fa, alcuni villaggi cominciarono a essere presi d'assalto da strani individui muniti di spade e corazze, e subito si pensò venissero da Calvadian, perché simili combattenti a Edras non sono mai esistiti. Forse qualcuno di veramente forte e temibile sta' cercando di impossessarsi di queste terre, per poi muoversi contro Calvadian.-
-Ma perché non ci aiutano loro? Nessuno è andato a chiedere aiuto?-
-C'è stato qualcuno, ma…non hanno intenzione di fare nulla.-
-Cosa?- Gervahart si stupì.
-Muovere un esercito fino a Edras comporterebbe l'utilizzo di molto denaro e uomini, Calvadian non ha intenzione di muoversi fin'che non sarà strettamente necessario o non capiranno di esser veramente in pericolo.-
-Ma qui la gente muore! Come possono essere così meschini?- il grido del ragazzino fu strozzato.
-Siamo solo delle piccole formiche in balia della pioggia. Così decidemmo di preparare un via di fuga nel caso ce ne fosse stato bisogno. Come vedi era tutto pronto…-
Lo sguardo di Lyra si abbassò.
-L'unico modo per sopravvivere e andare via da Edras.-
Gervhart avava capito adesso.
-Stiamo andando a Calvadian, vero?-
Raki strabuzzò gli occhi.
-Si, finito questo fiume, inizierà il mare aperto, le correnti del mar Medio sono tranquille e portano direttamente sulle rive del continente. Basteranno alcuni giorni.-
Gervhart si guardò intorno.
-Questa è  roba da mangiare e viveri?-
-Si. Dovrebbero bastare.-
Raki nascose il piccolo viso tra le ginocchia, i suoi singhiozzi erano soffocati, ma abbastanza per capire che stava versando le sue lacrime da bambina.
Lyra si rattristò. Era riuscita a portare i bambini in salvo, almeno fino a quel momento. Aveva lasciato indietro tutta la sua vita, la casa, gli amici e il suo uomo. Sapeva che non era finita. Portava sulle spalle un pesante fardello. Avrebbe voluto piangere, i suoi occhi erano ricolmi d'acqua, ma non lo voleva fare, non davanti ai bambini, almeno per loro doveva sembrare forte.
-Mamma…-
Gervhart la raggiunse.
-Puoi sfogarti quanto vuoi. Non preoccuparti, ci penso io.-
Guardare quegli occhi smeraldo, ogni volta gli ricordavano quelli di suo marito, della persona che aveva amato e che non avrebbe più rivisto. Stava soffrendo, ma non era sola. La sua forza era proprio davanti a lei, quello che la spingeva ad andare avanti.
Le lacrime che fino a quel momento aveva rispedito indietro, cominciarono a sgorgarle dagli occhi, a solcare quelle guance rosee e finire per bagnare i pantaloni di Gervhart, che dolcemente accarezzava la testa della madre, piangente sulle sue ginocchia.
  
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