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Autore: Brodos    21/06/2012    4 recensioni
Che dire, questo scritto è frutto di un ispirazione improvvisa.
Un ragazzo si confida con la propria anima, che si rivela il suo esatto contrario e la sua copia.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Con un sospiro continuò ad abbandonarsi: teneva le braccia parallele al corpo, i palmi delle mani verso l’alto.
Era pallido.
Non c’era una sedia a sostenerlo, solo il pavimento e il muro dietro di lui.
Una strana figura incorporea gli stava accanto, erano così simili e così diversi, appena lui sorrideva lei diventava seria.
Non era nient’altro che la sua anima.
Stettero un poco a riflettere in silenzio, lui a fissare il vuoto con un espressione ora seria, ora felice; lei a studiare il suo viso e a sorridere della sua serietà o a rabbuiarsi ai suoi sorrisi.
La felicità del ragazzo riguardava i suoi sogni, la tristezza quello che invece si era avverato.
Aveva ragione l’anima ad arrabbiarsi del fatto che la felicità apparteneva solo ai sogni? E perché rideva di ciò che si era realizzato?
Era un’anima incompleta, mancavano molte parti al suo corpo: dita, un orecchio, un occhio… Perfino una gamba. Non aveva avuto modo di svilupparsi come le altre.
- Dimmi – Sussurrò quella specie di fantasma mutilato.
Aveva tirato fuori dalla tasca una penna e una boccetta di inchiostro color sangue, sulla boccetta erano scritte solo tre parole: leggerezza, felicità e spensieratezza. Sembrava che avesse raccolto da quel pallido ragazzo tutto il sangue del suo colorito, mettendolo in quel piccolo contenitore.
Poteva sopravvivere, si, ma quel ragazzo era incompleto come la sua anima.
 
- Sto pensando a chi mi ha fatto del male ed etichetterà questo periodo come divertente giovinezza. Ragazzate, null’altro. La distruzione di queste prime malvagità al mio animo non avrà peso per loro, proseguiranno la loro vita lasciando aleggiare questa negatività nei luoghi dove l’hanno partorita. Buoni diavoli padri di famiglia. –
 
Subito l’anima si mise a scriverlo sul pavimento.
 
- Sprechi così il buono della mia vita? Scrivendo i miei mali per terra? –
- Tutto quello che c’è stato è perduto, sta a te decidere di non lasciare che questa boccetta si riempia un’altra volta. Prosegui. –
- Quante occasioni ho perso, per me stesso. Sono io il mio più grande nemico. –
 
L’anima si guardò una mano, tutte le dita che mancavano se le era tolte da sola.
 
- Ho sognato due ragazze per anni. Adesso. Sempre. Mi disprezzano e non ho fatto nulla per cambiare le cose. Sono sicuro che il mio amore supera quello di tutti i ragazzi che hanno frequentato, o almeno che non è superficiale quanto il loro, ma essendo completamente diversi mi sono rifugiato in una stanza chiuso con miei pensieri. Tra me e il mondo c’era una tapparella abbassata per metà. –
 
L’anima non disse nulla. Pensava.
 
- Sono stato una persona incapace di interessare gli altri perché non mi sono mai ritenuto all’altezza di mettermi in gioco. Bastava così poco per risolvere tutto… -
 
L’anima allora si guardò la gamba mancante, amputatagli a causa della sua incuria.
 
- Sono cose semplici quelle che mi fanno diventare triste – Disse il ragazzo – Come semplici sono le cose che mi fanno felice. –
 
L’anima allora parlò, aveva in mano la boccetta ancora piena per metà.
 
- Ciò che mi manca è anche dato da tutto quello  che ti sei fatto scappare… -
 
Allora si mise a tracciare per terra il numero di tutte le occasioni perse, e la boccetta finì.
  
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