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Autore: Black_Eyeliner    21/06/2012    9 recensioni
Mai nessuno gli aveva detto.
[Spoiler 590]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
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Aishiteru

 

Mai.

 

 

C’erano volte in cui un venticello tiepido increspava la superficie quieta del lago, altre in cui la luna trovava in essa uno specchio immoto e perfetto. Tuttavia Sasuke, seduto sul pontile con le ginocchia spasmodicamente strette al petto, preferiva di gran lunga quelle acque quando il sole iniziava lentamente a calare oltre l’orizzonte. Riflettendo le tinte cremisi del tramonto, come in un crudele quanto beffardo genjutsu, l’acqua si tingeva pian piano di rosso, come stesse trasmutandosi in sangue. Lo stesso sangue che era stato sparso la notte del massacro, lo stesso sangue del suo sangue che avrebbe sparso quando, infine, lo avrebbe ucciso.

-Itachi…

Sasuke sospirava, nascondendo il volto fra le braccia e pensava al sangue, pur di non pensare a come, oltre ai corpi esanimi dei suoi familiari, quella notte  le suole di Itachi avevano calpestato anche l’incommensurabile desiderio di essere amato che, da allora, si era ostinato tenacemente a negare.

 

 

Nessuno.

 

 

La notte che se ne era andato, era stata una notte d’estate.

Lo zaino in spalla, le mani in tasca, Itachi nella testa e l’odio nel cuore.

Aveva percorso la strada che conduceva fuori Konoha col passo sicuro di chi ha già deciso, senza nessuna remora, nessun rimpianto.

Col tempo avrebbe capito che i suoi passi calibrati e lenti, scanditi dal frinire intermittente dei grilli, avevano per un istante celato il bisogno d’amore che la solitudine col tempo aveva schiacciato, quella necessità di sentirsi amato che si era accompagnata per un breve attimo alla sua ombra allungata sull’asfalto, all’ombra dell’altalena immobile sul tronco di un albero, all’ombra della fotografia che aveva capovolto prima di uscire di casa.

-Io sono innamorata di te, ti amo più di tutto il mondo!

Quando aveva incontrato per caso Sakura, s’era aspettato che lei avesse cercato di convincerlo a restare. Sasuke sapeva di piacerle. Non era una novità che piacesse ad una ragazza.

Ma una cosa era piacere. Tutto un altro discorso era quello che lei gli aveva fatto. Ed era stata una fortuna il fatto che lui le avesse dato le spalle.

-Tu sei davvero… Noiosa.

Le aveva detto quasi con scherno, voltandosi però solo all’ultimo momento per la paura irrazionale che lei avesse potuto in qualche modo scorgere l’angoscia nelle sue iridi, la disperazione per tutti quei “ti amo”  che avrebbe voluto sentirsi dire –dai suoi genitori, dai suoi parenti, dai suoi amici, dal suo stesso fratello- e che per colpa di Itachi erano stati taciuti o che sarebbe stato costretto d’ora in avanti a rifiutare.

-Sakura… Grazie.

Le aveva sussurrato, prima di tramortirla, stavolta alle spalle di lei, sempre per la paura che la sua espressione avesse potuto tradire le sue parole. L’aveva presa fra le braccia e si era preso ancora qualche minuto, per guardarla, per scrutare la scia salata delle sue lacrime a rigarle il viso arrossato, per sentirla contro di sé, priva di sensi e di voce per dirgli ancora “ti amo, ti amo, ti amo da morire”.

Grazie, aveva ripetuto a voce bassa adagiando Sakura sulla panchina, mentre malediceva Itachi per il solo fatto di esistere nel mondo là fuori e si incamminava verso Oto. Lontano, ma non dagli occhi, dal cuore.

 

 

 

Prima.

 

 

Naruto sapeva picchiare. E bene anche, doveva riconoscerlo, non per niente lo aveva assurto a suo rivale indiscusso.

Ma era stato il pensiero di Itachi a impedire a Sasuke di percepire che ciascun cazzotto di Naruto sapeva irrimediabilmente d’amore.

-Ti riporterò a Konoha a costo di romperti tutte le ossa del corpo e trascinarti di peso!

Gli aveva urlato furibondo, i denti digrignati e gli occhi incandescenti di rabbia, d’un’emozione impetuosa e trascinante, ineffabile.

Forse era stato nel momento in cui l’aveva scorta, quella inconsueta emozione nelle iridi azzurre del ragazzo biondo che lo prendeva a botte disperato, che Sasuke aveva deciso di ammazzarlo per davvero.

Coi suoi dodici anni dell’amore non ne sapeva granchè, ma pensò che se era una cosa così drammatica e spaventosa da farti diventare come stava diventando adesso Naruto mentre rispondeva ai suoi attacchi allora era meglio troncarla, sul nascere prima che avesse potuto fuorviare il suo intento di ottenere la vendetta che tanto bramava.

 

 

Gli.

 

 

Sasuke era rimasto a guardare Naruto per un lasso di tempo indefinito; il modo in cui stava steso sulla roccia dura, gli occhi chiusi e il respiro debole, inerme. Nonostante il mastodontico scontro che li aveva coinvolti entrambi, nemmeno Naruto era ancora morto. Era solo svenuto.

Sasuke strinse le dita pallide attorno all’impugnatura grezza del kunai, strinse parimenti le labbra sottili e chiare; poi il pensiero di Itachi lo sopraffece e fu un pensiero più imponente di quello che gli sarebbe venuto in mente solo molto tempo dopo.

A dodici anni, ancora non sapeva che d’amore si può anche morire.

 

 

 

Aveva.

 

 

-Di più… più fort- aaah!- Sì – ngh..- così!!

Sasuke affondò di colpo la testa nel cuscino bianco e madido, la lunga frangia corvina incollata alla fronte sudata, le guance di porcellana rosse un po’ per il caldo un po’ per la vergogna di lasciarsi sbattere così, come una puttana qualunque.

Sopra di lui, Orochimaru arrestò per un istante il ritmo delle spinte, poi con le sue dita  fredde gli artigliò i popliti, gli aprì di più le gambe e ricominciò a spingere con una forza che a Sasuke mozzò il respiro e al contempo gli fece venire voglia di urlare; un sorriso deliziato si formò sulle labbra sottili e pallide del Sennin  per il poter avere in quella posizione un accesso migliore allo splendido corpo che tremava sotto di sé e si sentì privilegiato per il solo fatto che quel ragazzino appartenesse a nessun altro che a lui.

-Sei bellissimo…

Glielo diceva sempre, ogni volta che finivano di scopare e Sasuke istintivamente sempre arricciava la bocca in una smorfia, sia per il disgusto di sentire il seme del compagno colargli fra le cosce sia che di sentirsi così estremamente fragile.

Un bambino nel pensare che in quell’atto così primordiale a ferino ci potesse essere un solo briciolo di quell’amore che tanto si ostinava a negarsi pur di non rinunciare all’odio che desiderava ad ogni costo provare.

Sasuke aveva perduto la sua verginità, ma mai aveva baciato nessuno, mai era venuto al pensiero di qualcun altro che non fosse stato Itachi, mai nessuno gli aveva detto…

-… Davvero bellissimo, Sasuke-kun…

 

 

 Detto.

 

 

Il sole pareva non voler tramontare, nessuna fretta di annegare oltre l’orizzonte, in quel mare poco mosso che imitava il colore del crepuscolo. Cremisi, come lo erano state le acque del laghetto alla cui riva Sasuke aveva consumato la sua solitudine anni prima. Rosso come il sangue, il loro sangue che era stato sparso prima che Tobi gli avesse raccontato la verità.

Le lacrime non tardarono a districarsi dalle sue ciglia, al pensiero di Itachi e di come era morto. Per lui.

Sasuke pianse le lacrime che avrebbe voluto piangere abbracciando il suo Itachi, il suo tutto, il suo mondo, il sole, la luna, le stelle e l’universo intero. Itachi che, se solo gli avesse detto la verità, gli avrebbe gridato “ti perdono, ma ti prego, ti prego, ti supplico non lasciarmi”. Sasuke pianse le lacrime che avrebbe pianto molto prima, se avesse capito in tempo che sì, d’amore si muore anche, come aveva fatto Itachi senza smettere di sorridere fino all’ultimo momento. Prima di giurare alla notte che avrebbe distrutto Konoha con le sue stesse mani, pianse le lacrime che avrebbe pianto se solo Itachi gliel’avesse detto.

 

 

 

Aishiteru.

 

 

Sasuke è immobile, non riesce a muoversi.

I piedi sembrano radici di un albero secolare, artigliati alla terra cui appartengono i morti e che, impellente e crudele, li richiama a sé. Non c’è più tempo, o forse sì, ce n’è.

Un istante per vedere, un istante per sentire, un istante solo prima che il genjutsu si dissolva per lasciare spazio alla realtà.

Gli occhi spalancati, la bocca socchiusa, le braccia inermi, abbandonate lungo i fianchi.

Itachi si avvicina e a Sasuke il cuore trema mentre il solo pensiero che riesce ad assemblare come un puzzle di tasselli bianchi è che l’amore è ciò che prova per suo fratello, è ciò che più brama e che lo vuole da lui e da nessun altro.

Da Itachi, Itachi che in un ultimo sprazzo di vita allunga le dita stanche verso di lui e che, sorprendentemente, non gli posa sulla fronte. Non stavolta. Non ora che non ci sono più parole, nessuno stupido otouto, nessun sarà per la prossima volta.

La prossima volta non c’è, la prossima volta è ora. Sasuke non sa se deve sperarci o se, adesso, lo pretende.

Una piega incurva le labbra di Itachi e Sasuke non sa se deve o meno scoppiare in un pianto dirotto per quel sorriso tracimante di dolcezza o per le dita di Itachi che, senza preavviso, si intricano fra i serici fili neri dei suoi capelli, il palmo della sua mano che gli carezza piano la nuca e le sue parole, reali, innamorate.

-Non devi perdonarmi per forza. D’ora in avanti non mi importa di ciò che deciderai di fare. Io ti amerò, per sempre.

 

Mai nessuno prima gli aveva detto quella parola.

Quell’aishiteru che mai Sasuke aveva desiderato da altri se non da Itachi.

Quell’aishiteru che vale ogni perdono, che vale una vita intera.

Perché, dopo aver visto come sono andate davvero le cose, ora Sasuke ne è certo più che mai.

 

D’amore, quello vero, si può anche morire.

   
 
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