titolo: Ed è il pensiero della morte che, in fine, aiuta a vivere. (cit Umberto Saba)
personaggi: Dan/Blair, Chuck, Serena, Nate, Lily, Rufus.
trama: narrazione a tre voci: narratore esterno (in nero); Dan Pov (verde); Blair Pov (viola)
La storia è ambientata un sei- sette mesi dopo la 5x24.
Dan ha di pubblicare il
suo libro ed ha invitato alla presentazione tutti i suoi amici,
nonché inconsapevoli protagonisti.
Prevedibile che le possibili reazioni possano essere solo o vendetta, o perdono.
Giusto per citare Revenge, questa non è una storia sul perdono.
Chiudo gli occhi. Ora non penso a niente, mi dico, ora non penso a
niente. Niente. La mia mente non ne vuole sapere di obbedirmi. Ripeto a
bassa voce una cantilena: Pensare è come non pensare, quindi non devo pensare, mai più; pensare è come non pensare, quindi non devo pensare, mai più; pensare è come...[1]
Rimango zitta, bicchiere in mano, ad
osservare gli altri intorno a me discutere animatamente. Trovo
straordinario quanto abbiano da dire, e quanto poco tempo ci abbiano
messo a trovare una propria opinione sull'argomento.
Nate, Serena, Chuck e Blair sono in cerchio, osservati dai presenti,
nella sala gremita di gente. È stato sollevato un gran
polverone, e adesso sono in attesa che la fastidiosa nube perda quota,
per capirci qualcosa di quanto è appena accaduto.
- Non riesco a crederci, è...è successo davvero? –
dice Nate guardando negli occhi i suoi amici in cerca di una risposta.
Per la prima volta, sembrano tutti ugualmente confusi. Chuck Bass
continua a ripetere che Dan Humphrey gliela pagherà, che la
pagherà a tutti loro. - Questa serpe - dice - come ha potuto
pensare di venderci alla peggior stampa scandalistica e farla franca?
Gli abbiamo aperto le porte del nostro mondo, e lui ci ha giudicato,
umiliato e fottuto per bene, quel bastardo. Bastardi quelli che gli
hanno dato corda, spero ce ne sia a sufficienza per impiccarli
tutti...L'unica prestazione realmente apprezzata da qualcuno in vita
sua.
Si guarda bene dal nominare Blair per tutta la durata delle sue imprecazioni.
E, tranne quest'ultima, si voltano tutti verso Serena, in attesa di un suo commento.
- Non ha giustificazioni, stavolta. Si è sporcato le mani tanto
quanto noi e poi ci ha lasciato ad affondare in questa nave. Peggio, ha
fatto affondare lui questa nave. Eppure finché poteva, ha
raccolto tutto, anche le briciole. - Serena cerca un segno di
complicità nella sua migliore amica, pronunciando queste parole.
- Non mi interessa neanche ascoltare quello che ha da dire a questo
punto, qualunque sia il motivo per cui l'ha fatto non è
scusabile. Credo tu abbia un piano in mente, Chuck, e sono con te. -
replica Nate, mentre, concorde, la bionda annuisce.
Naturalmente lo odio. Le copie autografate di
volumi sono accatastatate sul tavolo vicino a noi. Non oserei
avvicinarmici: quello che è scritto in quel libro mi terrorizza.
Speravo non si sarebbe spinto fino a questo punto, ma dal momento in
cui io, come tutti gli altri, ho ricevuto la partecipazione a
quest'evento - la presentazione della seconda opera di Dan - sapevo a
cosa andavo incontro. Francamente l'unica parte inaspettata di questa
giornata, è la reazione stupita dei miei amici. Ormai è
fatto, nessuno può uscirne pulito.
Lily si avvicina a sua figlia.
- Ho parlato con Rufus, ragazzi. Anche lui ritiene che il comportamento di suo figlio sia inaccettabile, ci aiuterà a limitare i danni.
Serena guarda sua madre preoccupata, mentre Chuck le sorride fiducioso
- Humphrey potrà anche aver imparato due o tre trucchetti del
nostro campo, durante la sua permanenza...ma noi qui ci siamo nati. Ce
lo abbiamo nel sangue. Lo sappiamo fare, lo facciamo da una vita, e lo
faremo. Alla fine dei conti, sarà lui a non avere più
nessuna porta da aprire.
- Cosa vuoi dire? - chiede Nate.
Serena risponde - A perdere i suoi amici e la sua famiglia, ci ha
già pensato da solo. Dovremo pensare solo a bloccargli il resto
delle strade. Con la nostra influenza nessuno oserà fargli
pubblicare un terzo libro. Nate, tu e lo Spectator dovrete assicurarci il favore della stampa. Mamma, tu...sei sicura di voler essere coinvolta?
Lily serra le labbra, pensando a quello che direbbe il suo ex marito, Rufus - Vi aiuterò, ma dovremo stabilire un limite.
Ho fatto la mia presentazione, e me ne sono andato. Come se non me ne importasse niente.
Non devi pensare.
Rimarrò impassibile, e questo è l'ultimo ricordo che lascerò loro di me.
Non devi pensare.
Non è come sono realmente, ma qualcuno doveva impartire una lezione.
Non devi pensare.
È una maschera ma dovrà reggere, questa volta. Impassibile.
Non devi pensare.
Dategli una maschera, e rivelerà chi è realmente. [2]
Non devi pensare.
Io sono così. Io non sono così. Chi sono?
Sul serio, devi smetterla.
- Figliolo, che ti è preso?
La parola figliolo risuona vuota, una formalità; come lo sguardo di Rufus che, posandosi sul ragazzo, sembra in realtà dire tu non sei mio figlio. Così Dan perde il filo del suo non-pensare, non per questo gli viene in mente qualcosa da rispondere.
- Questo è sbagliato. - rincara la dose suo padre - Non è quello che ti ho insegnato.
Impassibile.
- Qualcuno doveva fare aprire gli occhi a tutti, prima o poi. Lo sai, ci sei passato anche tu.
Sembra che i due non abbiano mai avuto una conversazione prima d'ora:
si prendono lunghe pause, calcolano le loro mosse, riflettono sulle
parole giuste da usare, e scelgono quelle sbagliate - E adesso, cosa
hai ottenuto? Da tempo pensavo che fossi diventato come i tuoi amici,
ormai. Mi illudevo potessi essere almeno il migliore tra loro. Non hai
pubblicato solo il tuo stupido libro infantile, hai pubblicato il mio
fallimento come genitore. Per la seconda volta.
Il ragazzo abbassa gli occhi, mormora qualcosa che l'uomo non capisce, scandisce - Che vuoi fare ora, cacciarmi da casa?
- Fai quello che vuoi, se resti o se vai è del tutto indifferente per me.
Impassibile, mentre mio padre esce dal back-stage in
cui mi sono rinchiuso. Non mi aspettavo prendesse le mie parti, o
capisse a pieno quello che ho dovuto sopportare, ma per un attimo avevo
sperato rimanesse neutrale. Mi viene da ridere. Adesso Jenny
diventerà la brava figlia, che paradosso.
- Commuovente - dice Georgina Sparks al braccio di suo marito -
L'ultimo atto di un toccante rapporto padre-figlio. Philip, lasciaci
soli.
Quello obbedisce, e la ragazza riprende maligna - Dobbiamo prepararci ad un contrattacco.
- Ho detto quello che avevo da dire. Finisce tutto stanotte, per me. Voglio ritirarmi imbattuto.
- Idiota! Non penserai davvero che te lo lasceranno fare? La battaglia
comincia stanotte, la tua è stata solo una dichiarazione di
guerra, un atto formale.
- Questo lo vedremo e, in ogni caso, non ti riguarda: non ho bisogno di te, non più.
- Oh, mio piccolo adolescente ribelle...che vuoi fare, preparare lo
zaino e scappare di casa? Ti sembra questo il modo di trattarmi, dopo
averti dato quello che volevi? Pensi di poter tornare ad essere il
cliché vivente del bravo ragazzo della suite accanto? Non lo sei
mai stato, Dan: questo è ciò che sei. Certo, ci hai messo
più di quanto avessi calcolato, a liberare il tuo lato oscuro.
Quanto tempo sprecato: sei affascinante quando sei spregevole.
Dan rimane zitto, abbandonando anche i suoi stupidi consigli mentali, sopraffatto dalla situazione.
- Se il ragazzino vuole sperimentare a pieno la sua ribellione, che
vada pure. Vai, rinnega tutti, rinnega anche me. Ma tornerai dalla
mamma, con la coda tra le gambe, ed io accoglierò il mio figliol
prodigo pazientemente.
- Va' all'inferno, Georgina.
- Prometto di non dire te l'avevo detto quando piagnucolerai tra le mie braccia.
Apro
gli occhi. È passato un mese dall'uscita del mio libro e la
gente lo ha apprezzato molto più del primo. Ma il loro giudizio
vale zero. Branco di frustrati di cui io stesso faccio ormai parte: da'
loro un buco di serratura da cui guardare, e osservali sbavare,
pervertiti!
Ormai, non ci provo neanche più, con il
trucchetto del non-devi-pensare, lascio al mio inconscio il
brain-storming delle mie emozioni, mentre cerco di ricostruire la mia
persona. Georgina aveva ragione: non me l'hanno fatta passare liscia.
Ogni volta che riesco ad accumulare un mucchio di sabbia per comporre
il castello dei miei progetti, la marea sale a distruggerlo.
Almeno non sono tornato da lei come aveva
predetto, e mio padre ha ripreso ad accorgersi della mia presenza in
casa. Piccoli passi.
Serena mi ha chiamata chiedendomi un incontro.
Quando sono arrivata dai Van Der Woodsen c'era già il suo
piccolo diligente esercito, pronto a muoversi contro Brooklyn. Chuck la
lascia comandare, sapendo che se c'è una persona più
infervorata di lui, quella è Serena. Io, ogni volta che la
guardo, non riesco a concentrarmi sulle sue parole. Tutto quello che mi
sembra di sentire, ogni volta che apre bocca, è: ho scopato con Dan, ho scopato con Dan, ho scopato con Dan...
Era un po' alienante, prima che iniziassi a trovarlo divertente.
- La guerra finisce domani. Ormai ha imparato la lezione.
- Ma, giusto per esserne sicuri - la rincalza Chuck - vediamo di conservare per l'occasione le munizioni migliori.
Chuck non è uno stupido, si accorge che, da un po' di tempo a
questa parte, Nate si è fatto sempre più taciturno,
nonostante l'amico lo incoraggi ad essere più propositivo.
Blair, poi, non ha mai partecipato a nessuna discussione. Arriva, sta
lì in silenzio, ed assiste impassibile agli eventi.
- Dobbiamo rimanere uniti, abbiamo praticamente vinto.
- Io ho fatto la mia parte - riflette Nate - che bisogno c'è di continuare?
- Un ultima mossa - replica Serena - per essere sicuri che perda il vizio, insieme al pelo.
Nate si chiede se Serena sia così minuziosa in questo pareggio
di conti, solo perché la sua vera intenzione è di
riprendersi Dan ripartendo da una palla al centro, ovvero senza perdere
totalmente la dignità. - Tua madre che dice?
- Mia madre non lo sa.
- Volete bandirlo per sempre? Io mi chiamo fuori, in bocca al lupo. Un
bando a vita richiederebbe qualcosa di indimenticabilmente
imperdonabile, e l'Upper East Side perdona tutto, e soprattutto
dimentica. Altrimenti come spieghi che Chuck sia ancora ammesso ai gala
di beneficenza, senza offesa, amico.
Chuck fa un gesto di cortesia - Nathalien, permettimi di correggerti. All'Upper
East Side si perdona tutto, e dopo il divorzio tra Lily e suo padre, e
la rottura con - ma non finisce la frase - non c'è più
niente che gli faccia da ponte. Blair, tu sei ancora con noi, vero?
È la prima volta che fa come se fossi
presente. Eppure mi conosce abbastanza da sapere che non sono mai stata
con loro dall'inizio.
Il primo segno di insicurezza nelle sue parole, sul suo volto. Mi
rattrista pensare a come volevamo tutti sederci in cima al monte
più alto, e ora ci limitiamo a negare che in fondo vorremmo solo
essere invisibili per un po', e poi ripartire da zero.
Naturalmente mi farò passare a prendere, domani sera. Gli
terrò la mano mentre farà colare a picco il mio ex
fidanzato ed ex migliore amico. Sarà un bene per tutti: Chuck ha
bisogno di recuperare la fiducia in me per amarmi, e Dan ha bisogno di
odiarmi imperdonabilmente per dimenticarmi. Non mi chiedo mai se le
cose si naturalizzeranno, se un giorno ricomincerò ad essere
felice. Non dico che questo sacrificio possa redimere il caos che hanno
generato le mie indecisioni, dico solo che se fossi un'eroina di
qualche romanzo ottocentesco qualcuno avrebbe un po' d'empatia per me.
Lily sta quasi per riattaccare quando l'uomo risponde al telefono -
Come sta Dan? - Rufus sta quasi per mettere giù quando la donna
aggiunge - Non lo hai ancora perdonato? È un bravo ragazzo, e ha
bisogno di suo padre.
- Pensa al rapporto con tua figlia - gli scappa di dire.
- Ci penso, ho chiamato per questo. Dobbiamo dare il buon esempio.
Comportarci civilmente. Dovremmo andare insieme al party degli Harryson
domani. I ragazzi ci saranno
tutti, daremo una dimostrazione di civiltà.
- Lily, per favore. Divorzi da Bart e mi chiami, come sempre. Quante volte possiamo fare lo stesso errore?
- Solo finché non impareremo a non farlo più... so che
siamo più importanti dei nostri errori, siamo più tenaci.
Fammi essere il tuo più uno, domani. Non te ne pentirai.
Mio padre mi sorride, mentre mi sistemo la cravatta. Si tocca il fondo, e poi ci si rialza: è tutto qui.
Blair diceva che alla fine si impara sempre a
convivere con quello che si è fatto, ma lei era solita
seppellire i suoi rimorsi sotto cumuli di trucco ed accessori ben
coordinati. Io ho deciso di affrontare quello che ho fatto, chiedere
scusa e crescere un po'. Poi, fare il back-up completo
della mia persona dall'ultima volta che guardandomi allo specchio mi
son sentito una essere umano decente. Sono pronto ad uscire di casa.
Mio padre mi ha salutato per andare a prendere Lily. Ho fatto finta di
non aver sentito un nuovo moto di rabbia scalciare nello stomaco,
nell'immaginarmi la sensazione che mi avrebbe dato se fossi stato
l'accompagnatore di Blair Waldorf. Per lo meno, di quella che mi era
sembrata essere Blair per un periodo, quando - a luci spente -
dimenticava di non essere all'Opera di Parigi, ma in un vecchio
cineforum di periferia e, tornando a casa, si faceva aprire lo
sportello con il sorriso sulle labbra ed un entusiasmo infantile negli
occhi. Non mi chiedo più quale delle Blair che ho conosciuto
fosse la vera lei. Credo di aver capito che siamo tutti massa in
potenziale. Volti informi, con a disposizione delle maschere per
assumere diversi atteggiamenti, di quelle non potremmo farne a meno.
C'è chi indossa sempre la stessa maschera, e gli altri lo
considerano una persona cristallina, onesta. Magari è solo
monotono, o poco coraggioso. Blair doveva avere - nella sua testa -
un'intera cabina-armadio di maschere, da far invidia al suo guardaroba
reale.
Abbottono la giacca ed esco di casa.
Non so cosa succederà oggi, alla fine ho
scelto di non saperlo. Chuck e Serena, con l'aiuto di Nate, hanno
curato tutto nei dettagli.
Appena arrivata nel salone degli Harryson mi guardo intorno in cerca di
Dan. Eccolo lì, entra senza abbassare lo sguardo con nessuno di
loro: né Nate, né Serena, né Chuck. Io sono
proprio accanto a quest'ultimo, ma lui non ha mosso una volta gli occhi
nella mia direzione, come se al mio posto ci fosse un gran buco nero.
Mi irrita, ma non è il punto principale: lo osservo da quando ha
messo piede alla festa e non capisco come abbia fatto ad accorgersi
della mia presenza ed evitarne la visuale, senza aver lanciato neanche
una rapida, erronea, vergognosa occhiata. Voglio dire, come fa a sapere
che sono lì? Che sono io?
Quando sono entrato l'ho sentito subito.
Un'ondata di Chanel n. 5. Probabilmente, però, non era l'unica a
vestire quel profumo.
Gli odori sono la cosa peggiore, è stata
la prima cosa che ho pensato. Ti travolgono senza preavviso, e senza
via di evasione. La mia fortuna è stata avvistare Chuck per
primo - chi l'avrebbe mai detto che un giorno questa sarebbe stata una
fortuna? Quando ci siamo accorti della presenza dell'altro, lui,
involontariamente, ha abbassato leggermente lo sguardo alla sua
sinistra in un misto di timore e reverenza, verso la figura che aveva
accanto. Ho capito che era lei, e che era lì. Non ho dovuto
vedere con i miei occhi, per sapere quale punto avrei dovuto evitare.
Nate si è allontanato alla svelta da loro, è stato il mio
secondo indizio: stanno architettando qualcosa. Ora è il momento
più difficile, sapere che qualcosa andrà storto e non
poter avere un confronto con i suoi occhi. Non devo. Quindi non vale la
pena chiedermi se nei miei avrebbe letto la speranza che potesse essere
ancora dalla mia parte, o la più totale delusione.
- Chuck, Serena...- saluta cordialmente Dan, con un po' di durezza. Ne
ottiene una risposta gelida, ma prosegue informandoli - Vedo che state
preparando la prossima
mossa. Non sono qui per implorare la vostra pietà, sono
qui per incassare il colpo e lasciarmi alle spalle questa storia. Fate
quello che sentite di dover fare, basta che i
giochi finiscano stasera.
Se Chuck non si voltasse verso di me ogni due
secondi, afferrandomi alternatamente la mano, penserei di essere
invisibile. Mi sforzo di trovare una spiegazione paranormale, quando la
verità è abbastanza lineare: non avevo bisogno di
partecipare a questa crociata contro Brooklyn per farmi odiare
totalmente da Dan.
Mentirgli per giorni sulla nostra storia accusandolo di paranoia nel
momento in cui mi chiedeva se avessi avuto dei ripensamenti, solo per
poi scegliere Chuck, e senza prima parlargli, effettivamente, era
più che sufficiente. Lo vedo andare via, senza sapere quello che
lo aspetta.
- Non dobbiamo farlo per forza - rompe il suo voto di silenzio sulla questione Blair - perché dovremmo?
- Blair, hai letto il libro? - parte in quarta Serena - Io sì, e
come me, chissà quanti altri lo avranno letto, ne avranno
sentito parlare. Sei l'unica che possa accettare un affronto
simile: tu gli hai spezzato il cuore e hai avuto il tuo momento di gloria in Inside, per bilanciare. Tu hai la coscienza sporca, ma nessuno di noi ha motivo per avere
compassione. E nessuno di noi ha intenzione di pagare in silenzio i vostri sbagli.
Chuck sobbalza all'idea che, seppure in un contesto così
negativo, qualcuno possa usare ancora la seconda persona plurale per
indicare la sua ragazza ed un altro uomo. D'istinto risponde - Lasciala
fuori! Ha detto la sua come tutti, non dobbiamo litigare tra di noi.
Serena si allontana stizzita.
- Chuck, - lo implora Blair - è passato quasi un anno. Un anno
in cui sono rimasta al tuo fianco. Ti ho detto che avevi me, e mi hai
risposto che non ero abbastanza; hai
riavuto la tua compagnia ed ancora non è abbastanza.
Adesso dimostrami che c'è un momento in cui quello che ha,
è abbastanza, per Chuck Bass. Che avvenire ci aspetta,
se anche una vendetta vale più della nostra
relazione per te? Lascia perdere Dan, questa storia. Dimostramelo.
Sento un brusio, un mormorio di disapprovazione alle mie spalle, e so
che - avendo perso di vista il gruppo - voltandomi rischio di vederla,
quindi ci penso un po' prima di farlo. La gente intorno fissa un
monitor e inizia a fischiare, come dimenticandosi di far parte
dell'impassibile alta società, nel momento in cui una figura in
nero fa il suo ingresso sullo schermo. La sagoma rovista
frettolosamente tra i vestiti di una ragazza, afferra un computer dalla
borsa. Un cappuccio gli copre gran parte del volto, ma prima di
lasciare la stanza, incautamente rivolge uno sguardo nella direzione
della videocamera. Mi verrebbe da sobbalzare insieme ai presenti, nel
vedere - proiettato su quello schermo - il mio volto.
Serena agita un cucchiaino sul flûte per richiamare
l'attenzione - Come potete vedere, abbiamo finalmente svelato la vera
identità di Gossip Girl. Quanti di voi sono rimasti sorpresi
nello scoprire di chi si tratta, e quanti di voi sono disgustati dalla
sua presenza, adesso in questa sala?
Chuck rincara la dose, in cerca della totale approvazione. Dicono che
in statistica non esista il 100%, ma evidentemente non hanno avuto modo
di fare i conti con un Bass - Daniel Humhrey, signore e signori, il
vero protagonista della serata! Vorresti raggiungerci e dire qualcosa,
adesso? Sono sicuro che tutti qui muoiono dalla
voglia di sentire la tua confessione. Come ti sei sentito, a giocare
sporco per tutti questi anni? Ci hai provato gusto a rovinarci tutti, a
distruggere le nostre vite? Tutto quello che hai fatto non
resterà impunito...nessuno con un briciolo di coscienza
può perdonarti...quella notte, la notte dell'incidente è
stata colpa tua. Mi hai mandato in coma, e la mia ragazza ha perso il
suo bambino. Se tu non avessi pubblicato quella soffiata, se tu non
fossi stato il verme che sei, Humhrey, a quest'ora Blair sarebbe stata
felicemente mia moglie...ed un'ottimamadre.
Credo di aver bisogno di un bicchiere d'acqua.
La sparatoria è appena diventata un bombardamento nucleare, e io
non sono più convinta di quali siano gli schieramenti. Mi
accorgo di Nate, accanto a me, che mi appoggia la mano sulla spalla, la
vedo, ma non riesco a sentirla. Inizio a tempestarlo di domande, ma non
posso concentrarmi sulle sue risposte, gli chiedo di dirmi solo se
è vero e faccio uno sforzo per registrare le sue parole: è vero.
Non ho mai fatto riferimenti alla perdita del mio bambino, in tutto
questo tempo. Di conseguenza, per delicatezza, neanche la gente intorno
a me ne ha mai accennato. Una sola volta, Dan, in ospedale, aveva
affrontato di petto l'argomento, cercando di costringermi a parlarne
per il mio bene. L'avevo zittito tra le lacrime, definendolo un mostro
per avermi ridotto in quello stato. Lui se n'era andato, mortificato.
Per tutto questo tempo, ho pensato che non fosse stato bravo a capire
che ci sono scelte che non mi si dovrebbe lasciar fare, e l'ho odiato per non aver insistito, per avermi creduta ed aver lasciato perdere, dopo avermi fatto intravedere uno spiraglio di conforto.
Adesso so che non era quello il problema: anche qualora avesse capito,
non si trattava per lui di fare i conti solo con i miei fantasmi, ma
anche con i suoi.
Non riesco a muovermi.
Sapevo sarebbe arrivato il momento in cui avrebbero fatto del loro
peggio, sapevo che sarebbe stato brutto, anche se forse me l'aspettavo
un po' meno.
E sapevo che prima o poi qualcuno mi avrebbe scoperto. Quando ho
accettato l'incarico di essere Gossip Girl ero un ragazzino di grandi
ambizioni e strette vedute, e mi sembrava di essere una specie di
supereroe contro abusi e privilegi di quei viziati del cazzo. Dopo, ero
solo in trappola. Avevo provato a tirarmi indietro, ma non mi era stato
concesso. Ma non mi importa, non è quello.
Non so quanto tempo stia passando. Devo muovermi, devo andare fuori di qui. E invece mi avvicino a Chuck Bass.
- Adesso è finita, Humphrey.. - dice Chuck.
Dan sembra volergli tirare un pugno, invece gli sussurra - Per quanto
possa cadere in basso io, questo non fa di te una persona migliore. E
se fossi stato te per un secondo, se per un secondo avessi avuto la
certezza che mi amasse come invece ama te, non avrei fatto altro che
proteggere quel sentimento, non l'avrei dato in pasto così.
Non riesco a sentire il loro breve dialogo, sono
troppo distante, ma ora che vedo Dan scappare via, e l'espressione
soddisfatta sul volto di Chuck, mi rendo conto che questo capitolo era
l'ultimo, ed è appena stata scritta la parola fine.
Sento il bisogno irrefrenabile di poter almeno abbozzare un epilogo.
Lily lascia che la sua mano scivoli lungo la spalla di Rufus - Giuro che non ne avevo idea...
Blair smette di tremare e si avvicina a Chuck, che è ancora
visibilmente gongolante. Ma la pianta immediatamente, appena si accorge
dell'espressione sul volto dell'amata.
Il ragazzo ha già visto Blair, una sola volta, guardarlo in quel modo.
- Chuck, come hai potuto...
- Lo sapevi che ci stavamo andando pesante, non fare l'innocentina...
- Non sapevo di meritare anche io una punizione. Eppure avrei dovuto
impararlo: le cose peggiori che fai, sono sempre quelle che fai a me, e
non te rendi neanche conto.
- Blair, io ti ho reso giustizia...
- No, Chuck. Mi hai strumentalizzata, usata per ottenere quello che volevi. Un'altra volta!
Il mio bambino... - senza rendersene conto inizia ad
urlare - Il mio bambino! Era il mio bambino! Mio figlio...tu non
devi parlarne mai più, tu non devi parlarmi mai più!
- Ma Blair, noi...
- Non c'è un noi, noi non
è più abbastanza, per giustificare lo schifo che buttiamo
addosso al mondo ogni volta che ci riavviciniamo. Avresti dovuto
lasciarmi fuori, Chuck.
Ti avrei perdonato tutto, ti ho sempre perdonato tutto. Avresti dovuto lasciar fuori mio figlio. Ora mi disgusta anche solo avere questa conversazione.
E anche se fosse per colpa di Dan se non ci siamo sposati
allora, di certo è per colpa tua che non ci sposeremo mai.
Adesso calmo. Tutti gli sforzi per convincermi
che si è trattato di un incidente, e che se Trip non avesse
manomesso la limo non sarebbero andate così le cose, sono andati
in fumo in una manciata di secondi. Non c'è pensiero, non
c'è giustificazione che tenga ormai. Cosa posso dire, a
chiunque, a me stesso? Come posso riscoprirmi, ricostruirmi migliore?
Non posso, posso solo stare zitto e fermo, per sempre qui.
Sento dei passi ticchettare verso di me, ma non ho nessuna intenzione di alzare la testa, nemmeno per lei.
Quando Blair lo trova, Dan è seduto per terra, in fondo ad un corridoio.
Ha la testa bassa e si ostina ancora a non volerla guardare.
Gli si avvicina con titubanza: l'ultima cosa che lei gli aveva detto di
persona era di voler stare con lui, e poi era andata com'era andata.
L'ultima cosa che lui le aveva detto è che l'amava, e ora aveva
scoperto la storia di Gossip Girl. Non sapeva bene cosa aspettarsi.
Gli si siede accanto, proprio come aveva fatto lui con lei parecchi
anni prima, in uno dei loro primi incontri, quello che si può
dire il loro primo vero dialogo.
- Dan, io ho bisogno di una spiegazione... - ma l'altro rimane muto,
anzi inizia a grattarsi istericamente il braccio. La ragazza glielo
afferra - Parlami - gli ordina.
Finalmente sono occhi negli occhi, e quelli del ragazzo sono pieni di lacrime.
- Blair, tu non vuoi sentire la mia voce.
Blair si tocca istintivamente la pancia, a quel gesto lui sussulta - Mi
dispiace, non ho mai pensato di...perché avrei dovuto, ti avevo
spinta io a tornare con Chuck, ricordi? Ma non potevo tirarmi indietro
dal mio incarico, e non credevo che sarebbe...perché sei ancora
qui ad ascoltarmi?
Anche Blair ha gli occhi rossi, ora - Mi fidavo di te, di te e basta, tra tutti. Dovevi dirmelo.
Il ragazzo getta la testa all'indietro, aspettando che quella si alzi e sparisca per sempre, ma lei continua - Che farai ora?
Dan la guarda come se non avesse nemmeno contemplato l'idea che potesse
esserci un futuro - Mi chiuderò in casa, finché un giorno
me ne andrò. - fa una pausa prima di confessare - Ho paura. E
non so neanche perché lo sto dicendo a te, scusami.
Blair risponde - Perché te l'ho chiesto. - si perde in un punto
di fronte a sé per un po' - Eppure per un po' sembravamo
perfetti insieme. Tirando le somme... non c'è da stupirsi se
siamo soli...
- Ehi - le dice Dan, sfiorandole la mano per un secondo - no, non dire
queste cose. Tu non sei sola. Perciò non dovresti mai sentirti
sola...
- Ma è così che mi sento - piagnucola la ragazza - da
oltre un anno, da quando il mio... - ma non riesce a completare la
frase - Ti ricordi quando volevi parlarne, ed io ti ho mandato via?
Possiamo parlarne adesso, Dan?
Dan annuisce, incredulo del fatto che la ragazza lo consideri ancora,
più o meno consciamente, un suo punto fermo, un'ancora.
La sensazione che ho provato, dopo quella conversazione, è stata
la più forte che abbia provato in vita mia. E indefinibile. Come
aprire il vaso di Pandora, ma, in fin dei conti, è stato
liberatorio poter dar sfogo a qualsiasi stato d'animo e ricordo avessi
trattenuto dentro per troppo tempo.
Gli racconto tutto: di come il fatto che al mio risveglio il feto fosse
già stato asportato, non mi avesse fatto sentire la morte meno
radicata nel profondo; delle prime mattine dopo la perdita, ancor prima
che iniziassero gli incubi, in cui mi svegliavo con il pensiero che il
mio piccolino fosse lì, e mi carezzavo la pancia, e
immediatamente realizzavo che stavo accarezzando solo l'involucro di
stomaco e milza, mi guardavo intorno ma non c'era nessuno, mai nessuno.
Gli dico di prima dell'incidente, della prima volta che l'ho sentito
scalciare, lui lo sa perché era lì con me, ma non
importa: racconto ogni dettaglio lo stesso, perché è uno
dei pochi felici momenti madre-figlio che ci sono stati concessi di
passare. Come l'avrei chiamato, come l'avrei vestito, cosa avrei voluto
diventasse - felice, soltanto felice, forte e coraggioso - e poi gli
parlo delle paure che avevo, come quella di non essere un buon
genitore. Gli dico che ho ancora paura, ho più paura di allora.
Se allora temevo di non amare Louis abbastanza da far vivere mio figlio
in una vera famiglia, adesso mi chiedo come potrò mai avere la
forza di essere di nuovo madre, sapendo quello che ho perso. Deve
sembrare stupido, detto così, ma non so spiegarmi meglio: come
potrei guardare un altro figlio e non perdermi per sempre nel ricordo
di quello che ho perso, e come potrei non vivere nel terrore di vedermi
portare via anche lui?
Gli sono grata quando fa cenno di aver capito. Gli confido che ero
sicura che quel bimbo sarebbe stato bellissimo, e non come dicono tutte
le mamme. Lui, o lei, lo sarebbe stato davvero... cerco il suo consenso.
Non vorrei essere sconveniente, ma questo lungo - interminabile -
momento in cui si svolge la conversazione, è stato come perdere
la verginità di nuovo: intenso, e non del tutto sensato;
è stato irrazionale, animalesco, istintivo. E doloroso, con la
differenza che questo faceva male, fa ancora male e farà male
per sempre.
Mi accorgo di quello che fa Dan, dell'attenzione con cui sceglie i
momenti per intervenire e cosa dire. Come mi lascia sfogare il dolore e
come insista a farmi ricordare i bei momenti. E se Pandora ha fatto
l'errore di chiudere troppo presto il suo scrigno, io ne trarrò
una lezione, e non dimenticherò che, da qualche parte in fondo,
c'è anche una speranza.
Mentre Blair parlava, avevo maturato una
convinzione. Dovevo essere io quello in controllo e non avrei potuto
concentrarmi sui miei problemi nemmeno se avessi voluto. Cercavo di
captare ogni parola, ed anche la paura di non essere all'altezza della
situazione, di fare o dire la cosa sbagliata era cessata. Era come
stare fuori dal tempo e dallo spazio, tragicamente in completa
sintonia. Prima che iniziasse a piangere, avevo persino il timore di pensare qualcosa di inopportuno.
Invece qualcosa di inopportuno la penso ora: la sintonia, le
preoccupazioni preventive che, nel momento, arriva un istinto
liberatorio ad annientare...è stato come fare l'amore. Mi
vergogno del mio pensiero, ma non lo posso censurare. Ma in fondo, qual
è il peccato, in questo?
Arriva un punto in cui ti dici o è
finita, o ricomincio a vivere. La gente ha strani modi di convivere con
la morte e il ricordo, ma io penso che sarebbe una fortuna se si
riuscisse a non trattare il defunto come un fantasma, ma come un'epifania.
E non è facile, ma se riuscissimo a sorridere, pensandoci, ed
abbandonare il senso di ingiustizia per la perdita...non riesco a
finire la riflessione, perché cosa vuoi che ne sappia, io?
Rimango in silenzio e non riesco a smettere di guardarla. Daniel Pennac
scrive che quando un vecchio muore bisognerebbe circondarsi di
bambini, perché i bambini sono un inno alla vita. Ma cosa si fa
quando si perde un infante? Una creatura in grembo? Si perde la
scintilla negli occhi, e poi si cerca in tutti i modi di ritrovarla.
Forse è così che si sopravvive ad un lutto: immargendosi
nella vita, annegandosi nella vita, annegandosi nell'amore. Come fare l'amore con tutto te stesso: il cerchio si chiude.
Blair non lo ha mai saputo, ma la prima volta che abbiamo dormito
insieme ho pensato a suo figlio, a quando qualche mese prima mi aveva
guardato chiedendomi se secondo me fosse possibile accettare il figlio
di un altro uomo e, anche se allora non ero io quello che avrebbe
voluto al suo fianco, mi è venuto spontaneo credere che sarebbe
stato bello averlo lì, tra noi nel lettone, in quel momento. Ho
iniziato a rigirarmi nel letto, alla fine si è svegliata
infastidita. Non le ho lasciato nemmeno il tempo di rimproverarmi
l'agitazione notturna: l'ho baciata violentemente ad occhi chiusi, e
non li ho più riaperti finché non ho sentito il mio
respiro ed il suo diventare un orgasmo. Allora ci siamo separati, nudi
e sudati, allora l'ho guardata molto serio, e lei ha fatto un'adorabile
risatina da bambina, perché le sembravo sconvolto e non capiva
cosa mi passasse per la testa. Io le avevo risposto tu, tu mi passi per la testa, tutto il tempo
Mi stupisco, nel sentire la mia voce dire...
- Resta. Avresti dovuto dirmelo, ma quell'incidente non è
stata colpa tua. Ivy ha mandato la soffiata, e i paparazzi ci hanno
inseguiti, il cugino di Nate ha sabotato la vettura...è
stato un incidente, dettato dalla serie di circostanze
più sfortunate al mondo...resta. Non trascinarti da qualche
parte, vivi. Combatti.
A Dan vien quasi da ridere - No, Blair, non posso. Fa tutto male. Il
rispetto per me stesso, il rispetto degli altri, le mie
prospettive...tutto quello che avevo, l'ho perso. Ho perso tutto. - Si
china stancamente.
- Hai comunque me...
Quello alza la testa di scatto, ricordando di essere stato il primo a
pronunciare quella frase una vita fa, mentre sul divano del loft la
abbracciava e le baciava i capelli per farla sentire al sicuro. Sbatte
sul suo sorriso, pensa che sia bellissima. Ma che sia troppo tardi, per
fare finta di niente.
- Blair, se potessimo tornare indietro...
- Adesso non si può, sarebbe troppo tardi, troppo incasinato, ci faremmo male continuamente...
- E il problema non è che tu avessi scelto Chuck, è che non hai mai scelto me...
- E poi che ci siamo comportati come se fosse stato niente, tu che sei
andato con la mia migliore amica la sera stessa...e non ci siamo
più cercati...
- Non sei venuta a cercarmi...
- ...e non hai letto le mie mail.
- Adesso scrivi mail? Un anno di andirivieni dal loft per riempirmi delle tue preoccupazioni, e poi dimentichi la strada?
- Parla l'autore del libro il cui sottotitolo perfetto sarebbe stato la mia ragazza è una troia, i nostri amici dei coglioni ed io sono molto meglio di tutti voi!
Blair fa una pausa - Oddio, siamo pessimi!
Lui annuisce - Pensaci, insieme ci sono buone possibilità di ambire al titolo di coppia più disastrosa sulla faccia della Terra...
- Ed ecco quanto si sono ridimensionati i nostri progetti di una vita insieme da futuri Brangelina e Oracle Club...
Rimangono seri per qualche secondo, prima di scoppiare a ridere simultaneamente.
- Potremmo essere amici, come amici funzionavamo - le dice.
- Ma tu hai detto di non voler essere mio amico, di volere di più.
Dan riflette - Ho detto che ti amavo. Preferisco amarci da amici, che da rimpianti.
Allunga il braccio in silenzio, e nello stesso silenzio la ragazza gli stringe la mano. Un gesto così familiare.
- Portami via da questo posto ora, Humphrey.
- Non...non possiamo tornare giù insieme come se niente fosse...cosa penseranno?
- Penseranno che siamo bellissimi, e che avremmo dovuto fare un figlio insieme... - risponde lei ad occhi lucidi.
Lui fa finta che non sia tutto così precario.
Naturalmente ci guardavano tutti, ma la perplessità della
compagnia bella non ha sortito alcun effetto. Forse tutto il nostro
mondo è fatto di persone meschine, se il più buono di noi
è Gossip Girl, o forse dovrei iniziare a chiamarlo Gossip Boy.
Tanto, qualsiasi scelta si faccia, abbiamo tutti addosso un'etichetta
disdicevole - lo so perché ai presenti la maggior parte le ho
affibbiate io - e probabilmente mi daranno della poco di buono,
probabilmente si ripercuoterà sui miei affari, ma loro non
possono controllare le mie scelte da quando non possono controllare il
mio umore. Nella mia vita, ho sempre fatto quello che mi era stato
richiesto, e Chuck ha il merito di aver sintetizzato alla perfezione la
risposta del mondo nel dire Non è abbastanza.
Quindi, che si fottano. Sono più intelligente di loro, sono
più creativa, troverò una soluzione. Dan non so cosa stia
pensando, ma a lui non è mai importato di queste cose.
Nello scendere l'ultimo gradino ho sentito un battito accavallarsi a
quello precedente, mentre varcavamo la porta e sembrava tutto
così reale.
Non ha nemmeno senso constatare che non è stato il periodo
migliore per mettere alla prova una storia nuova, quello in cui ci
abbiamo provato io e Dan - tra il bambino, il matrimonio fallito e
tutto il resto - e chissà se lo amavo o non lo amavo, se avrei
mai potuto amarlo più di chiunque altro. Tutto quello che ho
fatto per vivere è stato pianificare futuri meticolosamente
perfetti, riservando poi al presente la mia frustrazione, nel ricordare
come macchie di imperfezione ed ondate di imprevisti li avevano
sporcati, distrutti, sfigurati fino a renderli irriconoscibili. Non
voglio mai più essere così estrema.
Mi viene in mente il finale di Fight Club, quando i Pixies cantano Where is my mind, i grattacieli esplodono ed Edward Norton e Marla Singer si tengono per mano. Mi viene in mente Norton che le dice - Mi hai conosciuto in un momento molto strano della mia vita.
Ora come ora non mi importa, davvero: mi sento forte, orgogliosa,
propositiva. Un senso di potenza che non avvertivo da troppo. Di
questo, mi importa.
Felice no, so bene che è ancora presto per felice, e so ancora
meglio che potrebbe crollare tutto da un momento all'altro, so che
scheletri nell'armadio, mostri sotto il letto e fantasmi nel guardaroba
sono ancora tutti lì, ma...è la vita. È vita,
quindi va bene così. Così è abbastanza.
[1] Allen Ginsberg, Come meditare.
[2] Oscar Wilde.