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Autore: Marge    22/06/2012    4 recensioni
Solo una sigaretta prima di tornare su.
Scritta con il prompt "Tristezza" della V Notte bianca di Maridichallenge.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SOLO UNA SIGARETTA

Fa così caldo che sotto i camici le dottoresse indossano tutte gonne leggere senza calze.
Patrizia si accende una sigaretta, la passa alla madre, se ne accende un’altra.
“Mettemose lì, ma’” dice, e indica l’unica panchina in ombra del piazzale. Si abbassa gli occhiali da sole sul naso, sbuffa e li rialza per trattenere ciocche di capelli in disordine.
Fumano in silenzio per qualche minuto, mentre una bimba davanti a loro insegue un piccione.
“Ne voi n’artra?”
Marisa scuote il capo, ed ingolla il groppone che le serra la gola. Il piccione improvvisamente prende il volo, la bimba alza le mani come a prenderlo, e rimane così; poi si volta verso la madre: “Scappato!”
“Torna qui!” le risponde l’altra, ma la bimba rimane ancora un po’ con le braccia verso il cielo, rivolta a metà verso la genitrice che si sventola con un giornaletto, ed il luogo in cui il piccione ha spiccato il volo.
“Stanotte vojo dormì in cameretta” dice Patrizia, e ne prende un’altra dal pacchetto.
“No, ce vojo dormì io.”
“Vabbè, allora ce dormimo tutt’e due, va bene?”
La vecchia annuisce, poi scoppia in lacrime.
“A ma’, dai, non piagne. Lo sapevamo.”
“Me resterà…pe’ sempre…”
“Cosa, ma’?”
“Sto dolore qua, in mezzo al petto…”
Si tocca, quasi a darsi un pugno, e continua, due, tre. A Patrizia torna in mente il Mea culpa di quando andava a Messa, da ragazza.
“A ma’, te non c’entri niente, lo sai. L’hai trattato come un principe, e lui lo sapeva, sempre. E infatti ti chiedeva sempre ogni cosa, no? Anche ieri, mentre parlava, ti chiedeva sempre a te, solo a te, l’acqua, il fazzoletto. Pure da ragazzino faceva così, te lo ricordi?”
Marisa sorride, annuisce. Si asciuga le lacrime e tende la mano alla figlia, che le passa il pacchetto.
“Dopo questa torniamo su.”
Magari è morto mentre stavamo qui, pensa, ma non possiamo certo restare lì in quella stanza tutto il giorno.
Una stridente musichetta orientale si leva nell’aria; Patrizia fruga con la mano in borsa, ne tira fuori un portafogli, un’agenda, la custodia degli occhiali ed infine, finalmente, il cellulare.
“Pronto? …ciao chicca. No tesorì nun me disturbi, tranquilla. Sto in ospedale…”
La madre tira la cicca in terra e la pesta con forza, stringendo i denti.
“No ciccè, io sto bene, magari fosse pe’ me… sto qui pe’ mi’ fratello, che sta a morì.”
Sente nuovamente quel dolore spandersi, ed è come se al contempo stringesse, stringe e si spande, e le sembra tutto così surreale: non può esser vero che sono lì ad aspettare che Massimo muoia.
“C’hanno detto qualche giorno. Aspettiamo. Sì, te faccio sapè. Bella, grazie Elì, se sentimo.”
Attacca, fissa lo schermo per un po’.
“Che poi lo sapevamo, dai, quando hanno detto tumore l’abbiamo capito tutti, pure Massimo. È che uno ce crede fino alla fine, no, ma’?”
Marisa annuisce, e si alza a fatica. “Se ne salvano tanti, uno ci crede.”
Patrizia sospira, si alza a sua volta e si incammina verso l’entrata dell’ospedale. Quando si accorge che la madre la segue a fatica, si volta e le prende la mano, per tirarla, ma le gambe sono instabili come se fossero vuote, e si chiede quando il mondo ha cominciato a girare al contrario, con suo fratello più piccolo che sta per morire e lei che le tocca prendere sua madre per mano.
“Andiamo, ma’.”



*** Scritta per la V Notte Bianca di Maridichallenge, con il prompt Tristezza (dal mio pasticcino!). Ennesima storia di "verismo"; tra l'altro si tratta di una scena cui ho assistito, e che mi era rimasta in gola come un groppone. Scriverla mi ha fatto bene.
  
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