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Autore: rhys89    22/06/2012    0 recensioni
Perché non tutti gli eroi muoiono combattendo sul campo di battaglia.
Con la piena disapprovazione di Multani, Rofellos insegnava allegramente agli elfi di Yavimaya le parole più rudi e scortesi mai proferite a Llanowar.
Liberamente ispirato al gioco di Magic: The Gathering
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolino dell'autrice

Buongiorno!
Ok, in verità non ho idea di come questa storia sia venuta fuori... so soltanto che stavo ripensando a quando giocavo a Magic, e al mio mazzo verde-elfo. E poi ho ripensato anche alle mie carte preferite, e alle citazioni che riportavano.
Il resto è venuto da sé :)
Questa piccola flash (che forse rimarrà isolata, o forse sarà inserita in una raccolta con altre di questo genere) vuole soltanto raccontare un'ipotetica "umanizzazione" della carta dell'Elfo Provocatore.
Per chi non lo sapesse si tratta di una creatura-elfo verde, 0/1, con la particolare abilità che recita così: "Tutte le creature in grado di bloccare l'elfo provocatore devono farlo".
Il che significa che, quando attacchi con due o più creature, se c'è anche l'Elfo Provocatore tutte le creature del tuo avversario devono bloccare lui e il restante danno (incantesimi e/o istantanei permettendo) passa in toto.
Ho inserito anche l'immagine della carta (in inglese, perché non sono riuscita a trovarne una in italiano) e la citazione finale è quella riportata anche sotto l'immagine stessa.
Niente, non ho altro da dire, in caso chiedetemi voi. Ringrazio tutti quelli che leggeranno e/o commenteranno e vi saluto.

Buona lettura a tutti! ^_^

Elfo Provocatore



Con la piena disapprovazione di Multani, Rofellos insegnava allegramente agli elfi di Yavimaya le parole più rudi e scortesi mai proferite a Llanowar.




Era giunto il momento.
Era lì. Era solo.
Scattò in avanti, virò di lato, si lanciò in mezzo ai suoi nemici.
«Ehilà, ammasso di mentecatti!» Li salutò, un ghigno strafottente su quel viso che mai sarebbe invecchiato.
«Razza di…»
L’elfo non sentì mai il resto della frase – anche se lo immaginava – e con una pernacchia e un ultimo insulto – perché è sempre meglio fare le cose per bene – partì veloce come il vento.
Uno…
Due…
Neanche il tempo di arrivare al tre, e tutto l’esercito dei mentecatti lo stava già inseguendo, sbraitandogli contro.
Perfetto.
E corse, l’elfo. Corse come mai aveva corso in vita sua. Corse come se fosse stata l’ultima volta.
Corse perché quella era l’ultima volta.
Evitò alberi, saltò cespugli, guadò torrenti.
E poi lo sentì.
Sentì il clangore di una battaglia impari, le urla disperate degli uomini lasciati da soli, incapaci di difendere la loro terra, e quelle di gioia dei loro assalitori.
Solo allora rallentò il passo, fino a fermarsi del tutto.
Riprese fiato un momento soltanto, poi si voltò a guardare in faccia i suoi avversari.
E rimase così, baciato dai raggi del sole ad attendere la morte con un sorriso sereno: i suoi compagni avevano vinto, il suo compito era terminato.
   
 
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