Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Nachan    15/05/2004    14 recensioni
Severus Piton deve fare i conti col suo passato, con delle ferite che, ancora, faticano a rimaginarsi. Ambientato durante il Calice di Fuoco.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lucius Malfoy, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ho maltrattato il mondo. Ed il mondo ha maltrattato me.

Un’insindacabile forma di giustizia.

Da sempre, si risponde all’odio con altro odio.

E tu non sei mai stata di questa opinione, vero?

C’è qualcosa che può fermare il rancore, dicevi.

E cosa? Qualche buon sentimento?

 

Guardo tuo marito camminare nella stanza. Si finge disinvolto, tranquillo, ma so che è nervoso. Lo leggo nei suoi occhi, nel modo in cui inarca le sopracciglia, nel timbro della sua voce. Ha ancora il deprecabile vizio di parlare smisuratamente, beandosi del suono della sua voce, e non si rende neanche conto che tal volta, gli altri, non l’ascoltano.

Io, ora, per esempio, non lo sto ascoltando.

Vedo la sua bocca muoversi, e sento la sua voce, distante e disturbata, come un ronzio d’insetti. Ma non ho idea di cosa stia realmente dicendo. Se lui lo sapesse, probabilmente, se ne avrebbe a male. E molto.

Sai che tuo marito ha fatto tanto per me in passato.

E l’ha fatto senza aspettarsi nulla in cambio.

Suona quasi stonato, strano detto in riferimento a Lucius Malfoy, ma nessuno, meglio di te, può saperlo. Tu c’eri. Eri lì.

In seguito agli eventi degli ultimi giorni, ho avuto modo e tempo di riflettere e, sì, mi sono reso conto che è stato allora...

Sei stata tu a scorgere per prima quella tristezza, quel malumore che mi rodeva l’anima. Eravamo qui, ad Hogwarts, come studenti, quando ho iniziato a prendere a calci il mondo. Dopo che era stato lui a colpire per primo, però.

Ti sembrerà stupido, ma se ripenso a quante volte sono venuto alle mani con Black e Potter, e a quante volte sono stato io ad uscirne con le costole ammaccate e le nocche sanguinanti, sento ancora il viso diventarmi bollente. E Lucius ha preso le mie difese in quei giorni.

Distrattamente, arrogantemente, com’è suo uso. Ma l’ha fatto.

E io ne sono stato felice, anche se non l’ho ringraziato. Mai.

“Questo posto avrebbe bisogno di una… Ripulita…”

Colgo, quasi per caso, una sua frase e sollevo lo sguardo dai compiti che sto correggendo. Dovrò riguardarli comunque, dopo.

“E’ solamente polvere…” rispondo e lui arriccia il naso, infastidito. Sta in piedi, di fianco al mio armadio delle pozioni e si rigira il pomo d’argento scolpito del bastone fra le mani. Con i denti, inconsciamente, si tormenta il labbro inferiore. Lo faceva sempre, anche durante le interrogazioni di Trasfigurazione, quando non aveva studiato. Diligentemente temeva di far scoprire le sue mancanze. Allora però, le sue dita tamburellavano sulla bacchetta.

Sono sempre stato un buon osservatore, la mia fortuna e il mio tormento. Forse, se i miei occhi non fossero stati così attenti, non avrei scoperto tante cose. Me l’hai detto anche tu, una volta… Ricordi?

Se i miei occhi non fossero stati così attenti, avrei sofferto molto di meno.

“C’è qualcosa che vuoi dirmi, Lucius?”

Lui ha un piccolo, splendidamente camuffato, sussulto, poi si volta verso di me. Sorride tiratamente.

Certo, ha qualcosa da dirmi.

Niente a che vedere con tutto quello di cui ha dissertato, a vuoto, fino a poco fa.

 

A volte rivedo.

Rivedo immagini, scene, stralci del passato. Come se qualcuno avesse strappato quei momenti, li avesse sradicati dal loro tempo, e li avesse gettati davanti ai miei occhi. Nudi ed indifesi.

Tu ci sei sempre. Sorridi, spesso. Altre volte ti avvolgi una ciocca di capelli sulla punta di un dito.

Sei così reale che devo resistere all’impulso ti tendere una mano in avanti cercando di toccarti.

E sai cos’è che mi fa sorridere? Che tutto questo accade nella mia mente, ed ha il diritto di esistere  solamente, perché è qui, al chiuso, al sicuro, dentro di me. E nessuno, neanche tu, ne saprai niente. Mai. Nessuno vedrà.

Ci sono cose, sentimenti, che devono restare nascosti, per sopravvivere. Non hanno l’autorizzazione di vedere la luce. Nascono nell’oscurità e nell’oscurità muoiono.

 

Lucius si accosta alla mia scrivania, senza guardarmi direttamente in viso. Non è da lui.

Fissa un punto imprecisato della stanza, verso la porta.

Assomiglia a Draco.

Ha il suo stesso modo di roteare gli occhi quando non vuole incrociare un altro sguardo. La sua stessa capacità di mettere in imbarazzo l’ interlocutore (anche me) senza neanche parlare, senza quasi flettere un muscolo. Con la sua sola presenza.

E’ un dono innato. Per quelle persone che sono nate per il comando. Per il potere dal gusto agrodolce.

Scosta una sedia, vecchia, il legno mangiato dal tempo, e si siede. La pelle del fondo scricchiola. Lui guarda ancora da un’altra parte.

Mi rendo conto di stringere la penna fra le dita. Con troppa forza.

 

A volte mi riscopro capace di odiare. E’ una sensazione bellissima. Esco fuori dal torpore in cui è scivolata la mia vita, un sonno incantato e profondo in cui ogni stato d’animo sembra interrotto, e riscopro il freddo bollente che può dare un sentimento come l’odio.

Conforto. Il più grande conforto delle mie giornate. La consapevolezza che tutta questa rabbia repressa sia indirizzata verso due persone al momento incapaci di difendersi –l’uno fuggiasco chissà dove, l’altro morto tredici anni fa-, non mi preoccupa. Non lascia nessun rimorso dentro di me.

Rivedo, ancora.

Seduti in giardino, il vento che fa oscillare l’orlo nero dei mantelli delle loro divise, il sole che disegna arabeschi sui loro volti, sorridenti e arroganti, e io, una minuscola chiazza scura fra l’erba, io che mi mordo le labbra e odio.

Probabilmente non condividi questo mio comportamento. Non l’hai mai condiviso.

Non hai mai creduto che io potessi essere così sporco e vuoto, dentro. E non lo credi neanche ora, giusto?

E l’amore?, mi chiederesti, se fossi qui, corrugando le tue sopracciglia bionde e torcendoti le mani in grembo. E l’amore, non lo senti quello?

No, non lo sento, potrei risponderti. Non ora.

 

La forza dei sentimenti, a volte, mi spaventa. Sono così tenaci, loro. Vivono anche quando noi moriamo. O crediamo di essere morti.

 

Lucius accarezza distrattamente il pomo scolpito del bastone. Le sue dita giocherellano con la bocca aperta del serpente. Tiene il viso basso, ma a me sembra quasi che stia sorridendo. Non posso esserne sicuro, però. Un sorriso un po’ triste e un po’ beffardo.

Una di quelle espressioni che può essere solo sua.

“Non credo servano giri di parole, con te” dice poi, d’improvviso, ma con voce serena. Solleva finalmente lo sguardo e scopro che no, non sta sorridendo. I suoi occhi sono fermi, freddi. Sembrano frammenti di vetro.

Istintivamente, ancora, mi obbligano ad abbassare i miei. Incontro la calligrafia nera e confusa del compito che sto cercando di correggere.

Mi da la nausea.

“No, infatti…”

“E’ tornato, vero?”

Con la coda dell’occhio lo vedo portarsi una mano al braccio e toccare con la punta delle dita guantate una zona al di sopra della piega del gomito.

Chissà se lo sente pure attraverso tutti quegli strati di stoffa. Calore che non può allontanare il gelo.

Io lo sento, sai? Pulsa e respira come un feto, dentro la mia carne.

“Cosa?” chiedo con voce indifferente.

Lucius Malfoy, tuo marito, ride. Una risata breve e roca. Stonata.

“E’ sfiancante avere a che fare con te, te l’ho mai detto?”

Sì, me l’ha detto.

 

C’è stato un momento in cui siamo stati felici? Devo credere che sì, sia esistito.

Forse quando avevamo diciassette anni e veniva l’estate, e ci sdraiavamo al sole, senza far nulla, con gli occhi chiusi e le braccia incrociate sullo stomaco.

Quando riuscivamo a svestirci delle maschere e ad essere noi stessi, senza molte complicazioni, senza cose da dirci.

Cose da nasconderci.

 

Draco ha la tua stessa bocca.

E’ orribile, quasi grottesco, pensare come io sia arrivato a concentrarmi su un solo, unico, particolare del suo corpo. Del suo viso.

Eppure l’ho fatto. E la sua bocca è un sollievo. Sei tu che mi parli, quando lui parla, sei tu che sorridi quando lui sorride.

Vieni fuori dal centro di qualcos’altro, e io non riesco a pensare.

 

“Cosa ne pensa Karkaroff?”

“Cosa vuoi che ne pensi. E’ spaventato”

Mi costringo a rispondere con voce naturale. Limpida.

“E tu” solleva un sopracciglio chiaro “Tu sei spaventato, Severus?”

E’ una bella domanda, questa. Aspettavo che qualcuno me la ponesse.

Quante volte ho avuto paura in vita mia? Molte volte, più di quante riesca a ricordare. Più di quante mi piaccia ricordare.

Paura degli altri, paura di quello che io stesso stavo facendo. Paura di quel mondo che avevo, troppo arditamente, provocato.

“No, non ho paura” rispondo. Neanche io stesso so se questa è una bugia o la verità.

Lucius sorride,  ora ne sono certo. Arriccia un angolo della bocca sottile, e di nuovo distoglie lo sguardo.

Un tempo non lo faceva così di frequente. Un tempo era molto più diretto, lui.

“Sono qui per sapere cos’hai intenzione di fare”

“Riguardo a cosa?”

Ha un piccolo gesto di stizza, lo vedo contrarre un pugno.

“Lo sai, lo sai perfettamente. Riguardo a quello che accadrà…Prima o poi…”

Accadrà.

Certo, qualcosa accadrà, qualcosa accade sempre.

Tuo marito mi parla con la voce e col viso di un amico, sai? Non c’è rabbia, non c’è malizia nelle sue parole. Davvero. E’ qui, nel mio studio che odora di aconito e di mandragola, solo per sapere cosa ho intenzione di fare. In futuro.

Incredibile.

Potrebbe essere lo stesso ragazzino che vent’anni fa mangiava con me seduto al tavolo della Sala Grande.

“Io ho fatto la mia scelta, Lucius. Ho deciso di seguire una strada, e non mi guarderò alle spalle. Non voglio tornare indietro…”

“Non ancora…” mi interrompe inarcando le sopracciglia.

Non ancora.

Mai più.

Che differenza c’è?

“Anche tu hai fatto delle scelte irrevocabili, Lucius. Manterrai la tua posizione, vero?”

Non riesco a parlargli spontaneamente.

Le mie frasi sembrano le battute di una pessima recita. Sto seguendo un canovaccio che qualcun altro ha preparato per me. Ed è un copione che non mi piace molto.

Guardo il palcoscenico, non la realtà.

“Non so quello che si sta preparando, Severus. Che tu ci creda, o no, sono in attesa, proprio come te. E sono fiducioso” mi risponde lui, tranquillo, ma con uno strano, inquieto bagliore negli occhi.

“Credo che potremmo rimanere particolarmente sorpresi, entrambi”

Ha ragione. Come sempre.

Non c’è molto altro che io possa aggiungere.

Non è questo il tempo per le spiegazioni, i fraintendimenti e le scuse.

 

Verranno a chiederti di me, un giorno.

Sarei felice se tu potessi rispondere, semplicemente. Come hai già fatto altre volte.

Verranno a chiederti di me.

 

Si è sollevata questa barriera fra di noi. Fra me e Lucius Malfoy, fra me e il ragazzo pallido che odiava, fra me e il giovane assassino vestito di nero.

Io sono tutte queste cose. Ed insieme non ne sono nessuna.

Vivo in un limbo di incertezze e di attese. E non so come uscirne.

Gli occhi chiari di tuo marito sembrano saperlo. Ero io, un tempo, quello capace di scorgere dietro le apparenze, ma ora sembra che il mio posto l’abbia preso lui.

Posso capire il disagio che devono avervi creato i miei occhi fissi sulle vostre nuche. Non è piacevole sentire che tutte le proprie incertezze, i propri segreti, vengono irrimediabilmente a galla. Sentire che è impossibile fermarli, tenerli ancora nascosti.

“C’è nient’altro che devi dirmi?”

“Oh, ci sarebbero molte cose, moltissime, ma…” si alza in piedi e il mantello nero lo segue nel movimento “…Temo di averti distratto già abbastanza dal tuo lavoro, Severus… E soprattutto temo che i tempi non siano ancora maturi”

Quest’ultima frase accende per un istante la mia fantasia. Li vedo, questi tempi che devono maturare, sono grossi frutti polposi, dalla buccia rosa corallo. Pendono da rami troppo alti, e noi due, io e te, Narcissa, siamo di sotto, col naso all’insù che li guardiamo, e aspettiamo.

Che succeda qualcosa.

Siamo come bambini curiosi ed impazienti.

“Ne riparleremo” gli dico, perché penso che se l’aspetti, da me.

Lui fa un cenno col capo.

“Certamente” aggiunge, poi si volta, si avvicina alla porta, la apre, ed esce dalla stanza.

Tutto con una serena fretta. Come se stesse, discretamente, scappando.

Da me? Non penso.

Lucius non è mai fuggito da niente e da nessuno. Meno che da se stesso.

Il marchio Nero, sul braccio, brucia. Sta ritornando, grande e scuro. Vivo.

Succederà qualcosa.

Io sarò qui, ancora con la mia penna d’aquila in mano, e la vedrò passare.

 

Verranno a chiederti di me.

E tu solleverai gli occhi, il tuo bel viso che sembra di seta, e risponderai.

Verranno a chiederti di me.

Quel giorno, nel tuo sguardo, non ci sarà  nessuna traccia di vergogna.

Vero?

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 14 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Nachan