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Autore: HPEdogawa    23/06/2012    1 recensioni
[Partecipa alla challenge “The One Hundred Prompt Challenge”]
[Fandom: Percy Jackson]
[Prompt 66. Acqua]
[Missing Moments]
Osservo l'oceano e i lenti movimenti dell'acqua, le piccole onde appena accennate.
E mi rendo conto che l'amicizia tra me e Annabeth è come l'acqua.
È burrascosa, a volte. Ti spinge da una parte all'altra, ti spaventa, ti fa andare a sbattere contro gli scogli, ti fa innervosire per l'impeto con cui ti travolge, ti ferisce.
Poi, torna ad essere tranquilla, riprende a rappresentare quel posto in cui trovi pace, conforto e tranquillità.
È salda, la nostra amicizia. È indistruttibile.
Come l'acqua.
Nessuno può spezzare l'acqua.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Prompt n°66: Acqua
(Ambientato subito dopo la fine della battaglia del Labirinto)

 

Pov Percy

Acqua.
Cinque normali lettere per definire un elemento semplice, puro e fluido.
Un fattore così fondamentale, nella mia vita.
L'acqua: ciò che mi dà forza, vigore e coraggio.
Certo, mi rende anche più impulsivo del solito, ma, fortunatamente, il mio corpo non è ancora stato avvolto in un
drappo decorato con il tridente di mio padre.
Non credo di morire presto. Insomma, l'Oracolo ha detto che perirò al compimento del mio sedicesimo compleanno. 
Teoricamente, mi manca ancora un anno da vivere: ne ho di tempo per dimostrare a Chirone che l'impulsività è il mio punto forte.
Ops, sto divagando.
Mi capita sempre, quando ho troppi pensieri per la testa.
E, adesso, ne ho decisamente in abbondanza.
Il mio cervello è un organo pasticciato e aggrovigliato, apparentemente incapace di ragionare.
Le fitte alle tempie sembrano rappresentare i secondi che mi restano, prima che la bomba esploda.

Ovviamente, in questo momento, la bomba è la mia fottutissima testa, più piena della pancia di una dannatissima mucca gravida! (Oh, perdonatemi, divina Era).
Non riesco a prendere sonno. Continuo a rigirarmi nel mio letto, che sento all'improvviso scomodo ed inospitale, mentre nella mia mente continuano a rimbalzare le immagini della battaglia appena finita – e vinta.
Rivedo i volti dei caduti.
L'invasione; quell'improvviso botto, quelle bestie che si sono riversate fuori dal Pugno di Zeus tutte in una volta.
Sembrava di assistere all'esplosione di un vulcano.
Pochi secondi prima, silenzio e parecchia tensione.
Poi, d'un tratto, ecco il boato e quell'unico ammasso nero, marrone, rosa e rosso. Quel groviglio di fauci, artigli, peli e armi letali.
E, infine, ecco anche quella sensazione che ti fa pensare che tutto stia per finire. Quel momento in cui la tua mente è attraversata da continui flashback, ricordi felici di momenti trascorsi in questo campo, ora distrutto.
Il Campo Mezzosague non sarà più lo stesso, dopo questa notte.
Da domani mattina, quando tutta l'adrenalina che ci scorre nelle vene sarà stata assorbita, inizieremo a sentire il dolore lancinante delle ferite, l'odore marcio di morte e, soprattutto, quell'orribile sensazione di perdita e desolazione.
Quando ci renderemo conto veramente di quante, e quali, persone abbiamo perso, allora il dolore agli arti, le ferite e il tanfo, non saranno nulla in confronto a quella lancia che ci lacererà il petto, e a quella medicina amara che ci farà ingoiare a malavoglia la verità.
I miei occhi pizzicano leggermente, ma riesco a ricacciare dentro le lacrime.
Mi alzo, balzando a terra e, infilatomi le scarpe, esco.
Vengo investito dalla fresca brezza notturna. Mi porta il profumo dolce di fiori e fragole, e quell'odore di salsedine che tanto amo.
Nonostante sia proibito varcare i confini del Campo (e nonostante questo sia appena stato sotto attacco), cammino tranquillamente fino alla spiaggia – sperando di non incrociare accidentalmente le arpie – e mi immergo in acqua, sapendo già che, il mattino seguente, Annabeth se ne accorgerà – perché lei vede, sente e sa  tutto – e mi farà la paternale.
Almeno, per allora, la mia mente si sarà placata. Il dolore alla testa sarà passato e le sue grida non nuoceranno più di tanto alla mia salute.


Non nuoto, non vado al largo, non sfido la pressione per poter toccare il fondale oceanico.
Semplicemente, resto a qualche metro dalla riva. Mi lascio sorreggere dall'acqua, il cui lento e ondeggiante movimento mi culla in un leggero stato di catalessi.
Tempo qualche minuto e il dolore alla testa è scomparso. Le mie ferite sono ora semplici cicatrici, il mio corpo è di nuovo sano.
Torno a riva ma, non appena esco dall'acqua, nuovamente un peso opprimette mi stringe il petto. Le gambe non sono nuovamente capaci di reggere il mio corpo e le palpebre pregano con ogni singola cellula di potersi abbassare sui miei occhi.
Sopraffatto, mi lascio cadere a terra, affondando con ogni fibra del mio corpo nella sabbia.
Chiudo gli occhi, finalmente, ma, proprio quando il Morfeo sta per accogliermi nel caldo abbraccio del mondo dei sogni, qualcuno afferra maldestramente il mio braccio, riportandomi repentinamente alla realtà.
Un rantolo difficilmente identificabile e dal dubbio significato mi sfugge dalle labbra.
Il mio corpo reagisce d'istinto, e partono un pugno e un calcio alla cieca.
Ho fortuna, però: il mio aggressore viene colpito e, stramazza a terra.
Cerco di alzarmi, ma sono ancora in ginocchio quando quella stessa persona mi balza sulle spalle e mi immobilizza a terra. Mi fa voltare, ignorando i miei inutili tentativi di ribellione, e mi tira uno schiaffo:
-Di' un po', ma ti sei bevuto il cervello?!
Non appena quella voce si insinua nelle mie orecchie, il mio cervello impiega pochi secondi a riconoscerla e ad associarla alla persona a cui appartiene.
Nell'oscurità, riconosco la sua figura slanciata e atletica. I ricci biondi le sfiorano le spalle e i suoi occhi grigi saettano nel buio.
-Annabeth?
-Sì, Testa d'Alghe, sono io. Allora ti è rimasto qualcosa, lì dentro- scherza, dandomi una leggera sberla sulla nuca.
-Ehi!- protesto, ricambiando il gesto.
Lei ridacchia per pochi secondi, per poi trasformare il suo viso in una maschera di perplessità.
-Che cosa ci fai qui, a quest'ora?
-Potrei farti la stessa domanda, sai?
Lei sbuffa: -Ero venuta a cercarti, ma non c'eri nella tua capanna
Resto in silenzio per qualche secondo, ma, alla fine, mi decido a parlare. Del resto, lei è Annabeth. Lei è... beh, lei.
-Avevo bisogno di pace, di un modo per dimenticare quello che è successo oggi.
Annabeth annuisce e resta in silenzio, lasciando vagare il proprio sguardo sull'oceano.
Ma non la scamperà in questo modo:
-E tu?- le domando: -Qual è la tua scusa?
Sembra combattere una guerra all'interno del suo corpo. Sembra non voler dare una risposta.
Alla fine, si accascia, mormorando:
-Avevo bisogno di un amico.
Resto stupidamente a bocca aperta.
Insomma, lei è Annabeth Chase!
Mi aspettavo un volevo controllare il perimetro oppure un è probabile che sia una falla nel nostro sistema di protezione dei confini o ancora un improbabile avevo voglia di fragole.
Insomma, mi aspettavo tutto, tranne che... quella frase.
Rimango senza parole. Me la cavo con uno stupido e impersonale: -Oh...
Annabeth non dice nulla, limitandosi ad abbassare il capo.
Allora mi rendo conto di quanto la battaglia di oggi ci abbia segnati. Ed è solo l'inizio, anche se pare impossibile.
Sento i miei piedi affondare nell'acqua e nella sabbia bagnata.
Ed eccola di nuovo, quell'impulsività che mi spinge, per non so quale misteriosa ragione, ad attirare Annabeth verso di me e a stringerla in un abbraccio.
Le sue braccia circondano il mio corpo e abbandona la testa sul mio petto.
Solo quando inizio a sentirmi davvero meglio, mi rendo conto che quest'abbraccio, forse, è ciò di cui avevo bisogno fin dall'inizio.
Osservo l'oceano e i lenti movimenti dell'acqua, le piccole onde appena accennate.
E mi rendo conto che l'amicizia tra me e Annabeth è come l'acqua.
È burrascosa, a volte. Ti spinge da una parte all'altra, ti spaventa, ti fa andare a sbattere contro gli scogli, ti fa innervosire per l'impeto con cui ti travolge, ti ferisce.
Poi, torna ad essere tranquilla, riprende a rappresentare quel posto in cui trovi pace, conforto e tranquillità.
È salda, la nostra amicizia. È indistruttibile.
Come l'acqua.
Nessuno può spezzare l'acqua.
Nemmeno mio padre, o sua madre.
Non ci separeranno nemmeno loro, nonostante i continui battibecchi divini che hanno sì e no una volta ogni tre giorni.
Perché io e Annabeth siamo l'acqua.
Lei si riscuote per prima.
Si allontana da me, alzandosi e porgendomi la mano:
-Vogliamo andare, Testa d'Alghe? Non vorrei vederti ridotto ad un pasticcio di carne umana dalle arpie.
-E io non vorrei vedere te diventare cibo per mostri- dico, afferrando la sua mano e tirandomi in piedi.
Lei fa una smorfia altezzosa: -Improbabile.
-Perché?
Ride, beffarda, allontanandosi: -Perché io sono Annabeth Chase!
L'ho già detto che lei sa sempre tutto?

 

* * * * *

Ciao!

E' la prima volta che scrivo nel fandom di Percy Jackson. Non riusivo mai a trovare un pretesto per pubblicare una long o una OS, ma grazie a questa challenge (The One Hundred Prompt Challenge) ho trovato un motivo valido per postare!

Eccomi qui, dunque. Questa è la prima OS della challenge. Per Percy Jackson, per ora, farò una raccolta di cinque OS, ognuna con un prompt diverso. Poi, forse, ritornerò con altri cinque prompt e quindi un'altra raccolta di OS. Del resto, per questa challenge devo scrivere cento one-shot!

Beh, bando alle ciance, spero che questa piccola OS Percabeth vi sia piaciuta. È senza pretese, ma comunque ci ho messo anima e corpo e ho tentato di immedesimarmi al massimo nei pensieri di Percy.

Mi scuso per eventuali errori di battitura: ho riletto ma è probabile che mi sia sfuggito qualcosa.

Potrebbe capitare l'assenza di alcune “C”: oggi il tasto funziona un po' sì e un po' no -.- è un mistero!

Bene, ora vado a farmi forza e a scervellarmi per le altre novantanove one-shot!
Spero di ricevere delle recensioni.

Se volete, sono anche su Twitter: @itssheeran

Baci,

HPEdogawa

   
 
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