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Autore: Birbi_alex    23/06/2012    24 recensioni
Devo essere forte.
Devo essere forte per gli altri, non possono continuare a vedermi così.
Devo essere forte per le fan, ti hanno perduto anche loro.
Devo essere forte per quei quattro ragazzi a cui, anche se non lo danno a vedere, manchi da morire ma cercano sempre di essere sorridenti.
Devo essere forte per me stessa, mi fa male piangere ogni giorno, ogni notte.
Ma devo essere soprattutto forte per te, tu non avresti voluto che mi riducessi a tutto questo.
Tu non avresti voluto vedermi così, avresti voluto che continuassi la mia vita.
Ma devi capire che la mia vita senza di te non ha più senso di continuare.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A letter for you



E senza pace dentro al petto, 
so che non posso fare tutto.. 
ma se tornassi farei tutto e basta. 
E guardo fisso quella porta, 
perchè se entrassi un'altra volta 
vorrebbe dire che anche io son morto già.
(Per dirti ciao - Tiziano Ferro) 





Scusa se ti scrivo solo ora.
Scusa se ho trovato il coraggio di farlo solo questa sera.
È che sta piovendo a dirotto fuori ed io sono sola qui al bar, vorrei che tu fossi qui col tuo pick-up per portarmi in salvo come due anni fa.
Ti ricordi?
No, tu non puoi ricordare.
Non puoi piangere sui ricordi come faccio io, non puoi tornare da me, non puoi più sollevarmi la giornata con i tuoi sorrisi.
Non puoi fare più niente.
Ma io ci parlo con te, sai?
Certo, perché io so che anche se sei lontano ci sei ancora, da qualche parte, a vegliare su di me.
Lo sento quando apro la porta di casa, la nostra casa, e il tuo odore mi entra nei polmoni come il primo giorno. Non se n’è mai andato, come il tuo ricordo.
Ancora scusa se ti sto scrivendo questa lettera solo adesso, gli altri l’hanno già fatto.
Già, i dottori hanno detto che mi avrebbe fatto bene sfogarmi un po’, parlare con te mi farà sempre stare bene.
Niall è stato il primo a scrivertene una, parecchi mesi fa, sai?
Successivamente è stato il turno di Harry e Louis.
Manchi a tutti. Manchi a me. Manchi a Liam.
Oh, anche lui ti ha scritto una lettera qualche settimana fa, una sera d’estate.
Lui è forte, più forte di me sicuramente. Lo sono tutti.
Lo sono i ragazzi, quei ragazzi che sentono il vuoto della tua assenza ogni fottuto giorno da quando te ne sei andato.
Anche le fan sono forti, loro lo sono per te.
Tu non avresti voluto che ci sentissimo così male per te, ma davvero non ce la faccio a far finta che questa vita mi stia uccidendo.
Questa vita nella tua assenza, questa vita senza di te.
Sto scrivendo queste parole con la prima penna che ho trovato sul bancone, davvero ho bisogno di tutto questo.
Dopo tutto questo tempo ho bisogno di confidarmi con te, ho bisogno dei tuoi sorrisi, delle tue carezze, dei tuoi abbracci rincuoranti.
È per questo che spero che tu adesso entri da quella porta, sì la stessa di due anni fa, quella di legno un po’ antico che cigola se spinta troppo a fondo, per portarmi in salvo dalla pioggia che batte sui vetri.
Vorrei tornare indietro, vorrei poter rivivere tutto, ogni nostro momento.
Sono sempre qui, seduta malamente su una sedia con i piedi appoggiati allo sgabello, nella stessa posizione in cui mi trovasti la prima volta.
Me lo ricordo ancora quel giorno, sai? Come dimenticarlo..
Avevo sempre lavorato in questo bar, i miei genitori erano i proprietari ed io avevo accettato di fare la barista a tempo perso finché non avessi trovato un lavoro migliore.
Ma poi tutto è cambiato.
È cambiato da quel giorno di Settembre in cui sei entrato per la prima volta nel mio locale.
Bradford mi è sempre sembrata una città un po’ triste in verità, con quel tipico clima inglese, le persone poco socievoli e sempre di fretta.
Non sarebbe stata mai a confronto con la capitale, la magica Londra, con i turisti e le tipiche bandiere appese ovunque.
Ero come sempre seduta in un angolo dietro il bancone, quella stessa sedia che mi sta logorando adesso, sperando che i miei genitori sbrigassero tutte le faccende e le ordinazioni senza il mio aiuto, ma non mi sarei mai immaginata di incontrare il tuo viso nel mio misero bar.
Perché ovviamente ti conoscevo, come non conoscere la band inglese più famosa del momento? Anche se non ero mai stata tanto attirata dalla vostra musica, mi sembrava troppo commerciale all’inizio.
Kristeen puoi andare tu a servire quel ragazzo? Devo ancora finire di fare i caffè per il tavolo cinque, proprio non ho tempo – mi aveva detto mia madre distrattamente azionando la macchinetta del caffè fissando il tavolo interessato per poi indicarmi il ragazzo con in testa un cappello blu che era appena entrato.
Avevo chiuso sbuffando il giornale che avevo letto già almeno tre volte dalla noia per tutta la mattinata e mi ero diretta verso di te preoccupandomi di aggiustarmi i capelli scuri in una coda alta e un po’ improvvisata.
Ero stanca della mia vita, di dover studiare ogni sera per assicurarmi un buon lavoro un giorno, avevo bisogno di un cambiamento.
Tenendo lo sguardo sulla cassa mi ero parata davanti a te indifferente.
può dire a me – avevo detto alzando gli occhi al cielo in un sospiro, poi quando avevo guardato il tuo viso mi si era mozzato il fiato.
Certo, tu dovevi fare sempre quest’impressione alla gente, Zayn Malik era abituato a non passare inosservato andando in giro per le vie e i negozi.
Tu, quel viso che milioni di ragazzine bramava giorno e notte, eri davanti a me tranquillo.
un caffè macchiato e un cornetto – mi avevi risposto prima di incrociare il mio sguardo un po’ titubante.
Avevi gli occhi più belli del mondo e io me ne ero resa conto solo in quel momento, nonostante due anni di successi discografici, nonostante tutte le riviste, tutte le foto, tutti i servizi in tv, avrei potuto giurare che non sarebbero mai stati così limpidi come dal vivo.
Eri rimasto un attimo a fissarmi probabilmente chiedendoti perché non mi fossi mossa per servirti, allora con un cenno di capo mi ero girata verso la macchinetta del caffè per poi porgerti in un piattino il tuo cornetto.
Quel giorno non avevamo più parlato, tranne per un mio debole “arrivederci” dopo averti dato lo scontrino.
Avrei dovuto comportarmi come fossi stato un semplice cliente, e così avevo fatto.
Ma tu non eri un semplice cliente, eri una pop star ed eri, probabilmente, il ragazzo più bello che avessi mai visto in tutta la mia vita.
Ovviamente non lo dicevo solo io, oltre a tutte le fan anche la tua ragazza del tempo, Perrie, insisteva del ricordarlo ogni volta nelle interviste.
Passavano i giorni senza rivederti e pensavo che quella fosse stata un’occasione più unica che rara, tu non saresti più venuto nel mio misero locale.
Passavano le settimane e l’illusione di incrociare i tuoi occhi un’altra volta svaniva come la convinzione di averti davvero visto, mi sembrava sempre più impossibile.
Poi una mattina avevo sentito il consueto scampanellio della porta di legno un po’ ammaccato aprirsi e avevo alzato gli occhi sul mio prossimo cliente. Eri tu.
Mi ero alzata in piedi senza farmi troppo notare e mi ero messa davanti a te, come qualche settimana prima, senza fiatare, aspettando che fossi tu a parlare.
Solo un sorrisetto riempiva il mio volto.
un caffè macchiato e un cornetto – avevi ripetuto con lo stesso tono della volta prima, senza far trasparire emozioni, abbassandoti il cappuccio che fino a poco prima ti aveva nascosto da occhi indiscreti.
Annuire alla tua ordinazione mi era sembrata la cosa più giusta da fare sebbene le domande da farti mi stessero divorando dentro.
Come stava andando il tour? Avrei potuto fare una foto con te? Almeno un tuo autografo? Come andava con la tua fidanzata? Com’era essere una star? Perché eri tornato nel mio bar dopo tutto quel tempo?
E come la volta prima te n’eri andato in silenzio com’eri entrato facendo ben attenzione a rimetterti il cappuccio prima di uscire.
Ero rimasta a fissare il punto da dove eri sparito vedendo solo la porta d’ingresso oscillare dopo il tuo passaggio.
Non me li ero sognati, quelli erano proprio gli occhi più belli del mondo.
Non sai come mi manca potermi immergermi in quelle pozze color nocciola.
Quel misero sorriso cordiale che mi avevi rivolto educatamente prima di andartene via era stato il più luminoso che avessi mai visto.
Oh, come mi manca.
Quei capelli un po’ arruffati che ero abituata a vedere sempre in ordine nelle riviste mi avevano fatto capire che eri una persona normalissima, come me.
Ed eccoti lì di nuovo esattamente due giorni dopo, la stessa ordinazione, la stessa voce, la stessa ora, gli stessi occhi mozzafiato.
Si era ripetuta la stessa cosa per il giorno dopo, quello dopo e quello dopo ancora.
Avevo cominciato a fare qualche ricerca su di te e i tuoi compagni, sul perché foste diventati così famosi, e ascoltando le vostre canzoni, ascoltando la tua voce, avevo capito il perché.
Le vostre voci, le vostre parole, erano un vero toccasana. Erano vere, pure, limpide.
E quando la mia amica Jules aveva trovato dei biglietti per il vostro concerto, qualche settimana dopo, ero stata entusiasta di vedervi.
Avrei voluto vederti all’opera, avrei voluto sentirti cantare.
La tua voce era già meravigliosa per quel poco che l’avevo sentita, ma ascoltarti cantare sarebbe stato fantastico.
Vederti com’erano abituati a vederti tutti, in tiro, senza barba e con quel ciuffo che ti caratterizzava.
Mischiare le mie urla con quelle di altre mille fan e tremare quando sareste entrati sul palco.
Era successo tutto.
Mi erano venuti i brividi ai tuoi acuti da pelle d’oca, ai tuoi sorrisi, alle battute dei tuoi compagni, ascoltando le parole delle vostre canzoni.
sono stata al vostro concerto ieri sera – avevo detto tutto d’un tratto il giorno dopo mentre eri troppo indaffarato a bere un sorso del tuo caffè mordendomi poi il labbro nervosa.
Saresti scoppiato a ridere? Avresti pensato che fossi una delle solite fan? Avresti cambiato bar dopo le mie parole?
Ti eri fermato e avevi puntato gli occhi nei miei sorpreso, per poi aprirti in uno dei tuoi tanti sorrisi meravigliosi, il primo che avevo visto da così vicino, tirando le labbra piene in un ghigno.
beh, spero ti sia piaciuto – avevi commentato cordiale mordendo poi un pezzo del tuo cornetto.
si, molto – ero riuscita a sussurrare solamente in preda all’imbarazzo sotto il tuo sguardo sicuro.
Ma tu eri rimasto in silenzio com’eri abituato a fare continuando a guardarmi di sottecchi.
Era strano come fuori dai riflettori diventassi così timido ed essenziale.
devo essere sincera.. non vi conosco da molto ma le vostre canzoni sono davvero molto belle – avevo aggiunto sperando di strapparti qualche altra parola.
Adesso al sol pensiero di parlare di nuovo con te mi fa venire i brividi, non sai che darei per sentire di nuovo la tua voce almeno per un istante.
Perché sì, nei video potrei ascoltarla mille volte ma sentire quella tua voce calda al vivo era qualcosa di impagabile.
Pagherei ore pur di sentirti parlare, anche delle partite di calcio che a me in verità avevano sempre un po’ annoiato ma che io guardavo con te pur di vederti sorridere.
Di sentire la tua voce la mattina appena sveglio, quel grugnito con cui eri solito annunciarti, e poi i tuoi “buongiorno” accompagnati da un candido bacio.
Di sentire la tua voce rauca dopo aver fatto l’amore.
Di sentire la tua voce celestiale intonare le note di quelle canzoni che a me facevano impazzire.
Di sentire la tua voce un po’ impacciata quando parlavi di me.
Di sentire la tua voce assonnata la sera prima di dormire abbracciati nel nostro letto.
Di sentire la tua voce agitata dietro le quinte dei concerti.
Di sentire la tua voce allegra quando scherzavi con gli altri.
Di sentire la tua voce quando mi dicevi di amarmi, che ero la sola per te.
Mi manca tutto questo, mi manca da morire.
ah si? E.. qual è quella che ti piace di più? – mi avevi chiesto finalmente con un po’ d’interesse appoggiandoti col gomito al bancone.
“More Than This” la trovo davvero stupenda – avevo risposto con aria trasognante ripensando al tuo assolo da brivido.
già, è piena di significato – avevi concordato annuendo distrattamente.
è dedicata alla sua fidanzata? – avevo chiesto di botto facendo ben attenzione a darti del lei, senza riflettere davvero su quello che avevo detto, ma quando avevi ridacchiato avrei voluto uccidermi.
mi scusi non sono affari miei, sono stata troppo impertinente, parlo senza pensare il più delle volte e..– avevo cominciato a parlare a raffica com’ero abituata a fare sempre volendomi sotterrare ogni secondo di più mentre tu te ne stavi lì a sorridere divertito.
no no stai tranquilla, è tutto a posto – mi avevi interrotta facendomi cenno con la mano di calmarmi.
davvero mi scusi.. non avrei dovuto – aggiunsi ancora dispiaciuta mettendomi una mano tra i capelli scuri e mossi e abbassando lo sguardo al pavimento.
ehi, non hai fatto niente di male – avevo detto ancora finendo di mangiare e bere per poi porgermi le consuete tre sterline per il pagamento.
lo spero, non avrei dovuto. Sono un’impicciona mi scusi ancora – avevo esclamato dandoti lo scontrino con il quale di solito sparivi dal bar nel silenzio.
ne ho viste di peggio – avevi commentato per tranquillizzarmi alzando un sopracciglio divertito per poi sorridermi e mormorare un “arrivederci” tirandoti su il cappuccio dal quale ti difendevi dagli occhi indiscreti e poi uscire dal locale.
Saresti più tornato dopo il nostro breve discorso?
Avrei più rivisto quegli occhi e quel sorriso?
Avevate continuato il vostro tour in tutto il Regno Unito nelle settimane successive lasciandomi col mio lavoro, con le mie domande, con i miei dubbi, con la mia vita che a volte sfiorava la tua.
Cosa ci avrebbe visto un ragazzo come te in una ragazza come me poi?
Tu eri fidanzato da parecchi mesi con Perrie, quella bionda che sicuramente avrebbe potuto soddisfare le tue aspettative meglio di me.
Io non camminavo su tacchi alti, non ero una diva della musica, non avevo lunghi capelli biondi e grandi occhi blu, non avevo gambe lunghe e snelle, non avevo nulla a che fare con il tuo mondo e tu col mio.
Io ero ferma nella mia vita da studentessa universitaria che passava le giornate tra l’istituto e quel misero bar, i miei capelli erano lunghi mori e mossi, avevo dei semplici occhi color cioccolata, non ero così alta e slanciata come avrei dovuto, non avevo tutta l’eleganza degna della tua persona, io parlavo a vanvera, farneticavo e mi mangiavo le parole quando ero nervosa.
Io ero quella che mordicchiava le penne mentre studiava, quella che nonostante le brutte serate si svegliava presto per il mio turno al bar, quella che sperava in un lavoro da interprete un giorno per potermene andare da questa città, quella un po’ impacciata e insicura.
Ero troppo diversa dalle tue solite fidanzate che facevo fatica a credere che potessimo essere nate nello stesso pianeta.
Ma c’erano quei pochi momenti in cui le nostre due realtà, seppur così parallele e diverse l’una dall’altra, si incontravano nel mio bar, per quei pochi minuti c’eravamo solo tu ed io.
Tu, io, la tranquillità del mattino e un caffè.
Sai, avevo fatto un paio di ricerche sul perché fossi sempre al mio bar e avevo scoperto che la tua casa qui a Bradford non era lontana, solo un paio di isolati più avanti.
Ormai non vedevo più la fine del tour per poterti rivedere, per sperare di poterti rivedere.
mi faccia indovinare.. un caffè macchiato e un cornetto? – farti quella domanda con sarcasmo la prima volta che era tornato, dopo mesi, nel mio locale era stata l’unica cosa che mi era venuta in mente.
sei perspicace – mi avevi risposto accennando un sorriso togliendoti come sempre il tuo cappello per poi sederti malamente sullo sgabello davanti al bancone dov’ero io, cosa che mi aveva sorpreso.
Eri sempre stato sbrigativo, di corsa, come a voler stare in giro ed essere a contatto con le persone il meno possibile, ma ti eri seduto lì appoggiando poi i gomiti sul legno della cassa.
Ti avevo sorriso divertita e, come sempre, ti avevo dato la tua ordinazione per poi vederti cominciare a bere quel caffè lentamente.
com’è andato il tour? Spero bene – ti avevo chiesto sperando di non essere troppo invadente, ma evidentemente non lo ero perché tu mi avevi sorriso cordiale.
si grazie, è stato davvero incredibile – avevi mormorato guardandomi di sottecchi mentre io mi divoravo dentro, mentre i tuoi occhi mi divoravano dentro.
beh, ci credo. Dev’essere bello avere così tante persone che vi sostengono – avevo aggiunto distrattamente pulendomi le mani in uno strofinaccio continuando a guardarti.
Avresti potuto pensare che ero un’impicciona, una ficcanaso, la solita ragazza impertinente.. avresti potuto.
ed è così. A volte non mi sembra vero di essere arrivato fino a questo punto.. – avevi acconsentito con un certo orgoglio nelle tue parole.
ve lo meritate, siete davvero bravi – mi ero congratulata.
Ficcanaso e leccapiedi, ma che figura stavo facendo?!
e tu sei davvero troppo gentile, avanti trattami come un ragazzo normale.. è quello che sono – avevi ribattuto divertito passandoti una mano tra i capelli.
un ragazzo normale non fa il tutto esaurito al Madison Square Garden – ti avevo ricordato appoggiandomi con le mani al bancone.
sei informata vedo.. – avevi commentato colpito da tutte le cose che in effetti sapevo.
beh, sai com’è.. le voci corrono – avevo mormorato generalmente facendo ben attenzione a non sbagliare le parole da usare.
ma non mi dire – avevi esclamato fintamente colpito dalle mie parole mantenendo sempre quel sorrisetto divertito che mi faceva capire di non star esagerando.
poi io sono una barista, non sai quante cose sento ogni giorno – avevo aggiunto annuendo ripensando alle centinaia di facce diverse che passavano dal mio locale, anche se l’unica che mi importava veramente era la tua.
illuminami – mi avevi sfidato curioso di sentire qualche chicca interessante incrociando le braccia sul bancone per stare più comodo.
per esempio il proprietario della profumeria qua vicino tradisce sua moglie con una giovane ragazza, li vedo insieme ogni martedì qua a bere come fossero una coppietta di innamorati – ti avevo rivelato piegandomi verso di te e abbassando il tono della voce in modo che nessun altro potesse sentirmi.
Avvicinarmi così tanto al mio viso era stato come un lento suicidio, tu avevi piantato i tuoi occhi nocciola nei miei mentre il tuo sorriso si apriva sempre di più alle mie parole.
interessante.. – avevi detto annuendo prima di lasciarti ad una risata.
Se avevo pensato che la tua voce fosse il suono più bello del mondo era perché non ti avevo mai sentito ridere, lasciarti andare a quella tua risata cristallina.
Non sai quanto mi manca, Zayn.
Mi manca scherzare con te, fare la finta offesa per farti ridere e ricevere i tuoi baci, litigare per nulla per poi scoppiare a ridere e abbracciarci.
Mi manca tutto.
grazie per la soffiata comunque – avevi aggiunto tra le risate alzandoti dallo sgabello porgendomi le solite tre sterline e poi sparire via da quella porta.
Poi è arrivato quel giorno, quello che mi logora ogni volta che piove così forte da chiudersi in casa e non uscire più.
Tu ci saresti stato per sollevarmi, per mostrarmi che in realtà la vita era una giornata di sole, tu avresti fatto tutto pur di vedermi felice.
Mi avresti distratto dalla tempesta, mi avresti portato in salvo con le tue parole.
Perché tu mi hai portato in salvo dalla mia vita, dalla tempesta.
Ero chiusa nel bar da più di dieci minuti ma quella volta non come barista, il mio turno era finito e alle undici, come ogni giorno, sarei dovuta andare in università per le lezioni.
Mi ero liberata del solito grembiule, della targhetta col mio nome e di quella cordialità che mi distingueva.
Avevo lasciato i capelli lunghi sulle spalle mentre una giacca mi avvolgeva nel suo calore, e fuori potevo vedere la pioggia forte infrangersi ovunque.
I vetri quasi tremavano tanto era forte, non c’era nessuno in giro e non avevo la più pallida idea di come arrivare fino al mio istituto senza prendermi l’acquazzone.
Avevo aspettato vari minuti sperando smettesse o che almeno si calmasse un po’ ma tutto invano.
Alla fine mi ero seduta in uno dei tanti tavolini del mio bar sperando in un miracolo, e sei arrivato tu.
Tu eri il mio miracolo.
che ci fai qui? Non dirmi che ti hanno licenziata o qualcosa del genere? – avevi chiesto entrando dal locale facendomi spalancare gli occhi dallo stupore.
Da quand’è che eri tu il primo a rivolgermi la parola?
siamo di buon umore oggi vedo – avevo commentato sarcastica riguardo la sua parlantina alquanto insolita.
a quanto pare no – avevi risposto guardandomi curioso perché ero immobile a fissare la pioggia fuori in strada chiedendomi come avrei mai potuto raggiungere l’università a piedi.
che succede? – avevi chiesto ancora curioso di sapere perché fossi lì zitta invece che al bancone come sempre.
devo andare in’università e non ho idea di come arrivarci con tutto questo tempaccio, ti basta? – ti avevo risposto forse un po’ acida ma davvero non riuscivo a trovare una soluzione decente.
Se avessi saputo come sarebbe andata a finire non ti avrei mai trattato male, avrei voluto solo ricordi felici, non ti avrei fatto soffrire neanche una volta.
Non te lo meritavi amore mio.
Avevi analizzato un attimo la situazione vagando con lo sguardo da me alla strada più e più volte e proprio quando stavo per rompere il silenzio con uno sbuffo te n’eri uscito con un – dai, andiamo – indicando con un cenno di capo la porta.
non la seguo – avevo commentato alzando un sopracciglio non capendo continuando a darti del lei tanta era l’abitudine.
ti ci porto io con l’auto – avevi chiarito sorridendomi gentile.
ma ha la patente? Mi devo fidare? – avevo chiesto poco convinta di sedermi nella stessa macchina con un ragazzo troppo abituato a stare sotto i riflettori che a guidare.
certo che ce l’ho! Ho diciannove anni, sono grande e vaccinato, basta? – avevi risposto impaziente porgendomi la mano in modo che la afferrassi, cosa che un po’ titubante avevo fatto per poi essere catapultata fuori dal bar dietro di te.
Con una breve corsetta eravamo arrivati alla tua auto che avevo scoperto essere un pick-up nero e mi ci ero fiondata dentro, cosa che avrei fatto anche se fosse stato un maggiolino.
Quanto mi manca anche quell’auto.
Quanto mi manca starti a guardare mentre guidi, quanto mi manca sentire l’odore di pino mischiato al mio profumo nell’abitacolo, quanto mi manca canticchiare con te le canzoni che davano alla radio, quanto mi manca battibeccarci mentre il semaforo era rosso, quanto mi mancano tutti quei viaggi.
non ci vorrà molto, credimi – mi avevi detto per farmi calmare dato che mi stavo già animando per aver i capelli umidi.
e vorrei vedere, siamo l’unica macchina in strada – avevo commentato questa volta davvero acida.
Ero in macchina con Zayn Malik, ero in macchina con una pop star, ero in macchina con l’amore della mia vita ma non lo sapevo ancora.
mi scusi, lei è tanto gentile con me e io so solo lamentarmi.. sono una merda – mi ero scusata dicendo l’ultima parte della frase in un sussurro che però tu avevi sentito benissimo perché eri scoppiato a ridere.
- stai tranquilla, è una giornata no.. lo capisco, non sai quante ne ho io – mi avevi risposto cordiale accennando un sorrisetto continuando a guidare sull’asfalto bagnato mentre io cominciavo a riconoscere la strada giusta.
no davvero mi scusi, è che sono in ritardo e.. – avevo cominciato a farneticare come sempre gesticolando anche facendoti scuotere la testa divertito.
senti, ti scuso solo se la smetti di darmi del lei. Davvero voglio essere trattato come un ragazzo normale– avevi esclamato dopo un po’ fermando le mie parole confuse facendomi voltare nella tua direzione.
va bene ma non le.. non ti prometto niente – avevo acconsentito accennando un sorrisetto prima che tu potessi accostare davanti alla mia scuola.
- sei arrivata sana e salva, visto? – mi avevi detto indicando con la mano l’università.
già, grazie mille ti devo un favore – avevo commentato davvero riconoscente.
Tra tutte le cose che aveva da fare, ed ero sicura fossero tante, aveva trovato il tempo per aiutarmi.
aspetta un attimo – mi avevi fermata prendendomi per un braccio prima che aprissi la portiera – non mi hai ancora detto il tuo nome.. – avevi aggiunto addolcendo il tono di voce.
oh, mi chiamo Kristeen Coleman – ti avevo risposto stupita che me l’avessi chiesto e sicura che te lo saresti dimenticato il giorno dopo.
allora piacere Kristeen, io sono Zayn Malik – avevi detto divertito porgendomi la mano da stringere che io ridacchiando avevo stretto nella mia.
si, lo avevo intuito.. comunque chiamami Kris – avevo aggiunto vedendo il tuo sorriso mozzafiato aprirsi in quella fila di denti lucenti.
va bene.. – avevi mormorato mentre io aprivo la portiera per poi uscire, salutarti con un cenno di capo e correre a più non posso verso l’entrata dell’istituto che mi avrebbe riparata dalla pioggia.
Ti saresti scordato il mio nome già l’indomani mattina, ma io non mi sarei mai scordata il calore della tua mano sulla mia.
Scusami se sto rivivendo tutto questo nella lettera, ma non ti ho mai detto tutte queste cose.
Ormai delle lacrime bagnano i fogli mentre la penna scrive veloce per non dimenticare neanche una parola, ogni cosa è preziosa, nessuna emozione verrà dimenticata.
È che ormai vivo nei ricordi, è l’unico modo per sentirti vicino a me di nuovo.
È l’unico modo per convincermi che non sia stato tutto un sogno, tu c’eri davvero.
Poi una mattina, qualche settimana dopo, a grande titolo nelle riviste avevo trovato il tuo nome: “Zayn Malik, membro dei One Direction, lascia ufficialmente la sua fidanzata Perrie Edwards sostenendo che lei non fosse la ragazza per lui”.
Solo qualche giorno più tardi eri tornato al mio bar, una mattina in cui non facevo altro che ripassare per l’imminente esame di tedesco che avrei avuto il giorno dopo.
Col libro in mano servivo i clienti esercitandomi nella traduzione di vari testi dall’inglese al tedesco e viceversa.
Mi sarebbe bastato passare quell’ultimo esame e avrei potuto cominciare a lavorare ogni tanto come interprete, ed era la cosa che più desideravo.
Per la laurea però ne avevo ancora di strada..
‘giorno Kris – avevi detto così velocemente che neanche mi ero accorta del tuo arrivo, e come una stupida  avevo risposto un hallo in tedesco tanto ero concentrata.
uh, scusami è che credo sinceramente di star per andare fuori di testa – mi ero poi scusata sospirando e avvertendo una fitta alle tempie, maledetto mal di testa.
e la colpa è di..? – avevi chiesto tu non capendo alludendo al libro che stringevo nella mano sinistra.
dell’esame orale di tedesco di domani, sono agitatissima – ti avevo risposto mettendomi una mano tra i capelli bruni e tu avevi annuito comprensivo.
andrà tutto bene fidati.. – avevi mormorato accennandomi un sorriso gentile e premuroso che io ti avevo ricambiato in un sospiro.
lo spero davvero. Se riuscirò a passarlo potrò finalmente cominciare a fare qualche lavoretto da interprete, è il mio sogno – avevo risposto vedendoti poi sorridere alle mie parole.
davvero? L’interprete? – avevi chiesto curioso e io avevo annuito.
e che lingue conosci? –
oltre all’inglese l’italiano, il francese, il tedesco e lo spagnolo – ti avevo detto orgogliosa ripensando a tutti quegli anni passati sui libri, a tutti quei viaggi studio negli altri paesi.
wow! Non pensavo.. ti piacesse così tanto lo studio – mi avevi detto colpito dalle mie parole.
infatti non mi piace studiare, mi piace visitare nuovi paesi.. parlare con nuove persone, conoscere culture differenti.. – avevo ribattuto spiegandogli il motivo della mia passione per le lingue.
Un tempo avrei dato tutto quello che potevo per viaggiare, andare lontano da tutti e da tutto. Ora tutto quello che vorrei sarebbe riaverti qui almeno un’ultima volta per poterti salutare.
Quando il giorno successivo durante il mio orale avevo sentito la porta aprirsi non avrei mai immaginato di vedere la tua figura entrare nella stanza per poi sedersi vicino ai miei amici, infondo.
Non ci avevo creduto, pensavo fosse un’allucinazione.
Me ne ero resa conto solo alla fine, quando finito l’esame girandomi avevo effettivamente visto i tuoi occhi nocciola in mezzo a tutti gli altri e il tuo sorriso fiero aprirsi in quel modo che mi faceva impazzire.
Ricordo anche il nostro primo abbraccio, sai?
Lo so, sono patetica, ma ho avuto molto tempo per ripensare a noi.
Ti avevo stretto così forte una settimana dopo, quando finalmente mi avevano dato l’esito dell’esame e mi avevano detto che ero passata con ventinove, che sono quasi colpita di non averti soffocato.
Non avevo mai sentito il tuo profumo da così vicino, quel misto di tabacco e pino, mentre le tue braccia mi avevano avvolto nella stretta più felice del mondo.
Forse era stato un gesto un po’ azzardato abbracciarti così, ma quando il giorno dell’esito eri entrato nel bar chiedendomi notizie ero esplosa nell’euforia del momento, tu eri fiero di me.
Sei sempre stato fiero di me.
Da quel giorno ero stata chiamata ogni tanto da qualche rivista per aiutarli a fare l’interprete con persone straniere e non ero mai stata così felice in vita mia.
Mai così felice fin quando un mattino di Marzo eri tornato nel bar più impacciato del solito.
sai.. mi stavo chiedendo se dopo ti andava di fare due passi – mi avevi chiesto dopo aver bevuto il tuo solito caffè mordendoti il labbro nervoso come di solito facevo io.
due passi con te? – avevo chiesto incredula fermandomi dal pulire con un panno delle tazze che per poco non mi erano cadute nel lavandino.
Cosa avrebbe dovuto trovarci un ragazzo come lui in me?
Cosa avrebbe dovuto trovarci un cantante in una barista?
- sì. Ehm.. se ti va ovviamente, non sei obbligata.. – avevi balbettato nervoso abbassando lo sguardo alle tue dita che frenetiche battevano sul legno del bancone.
e sentiamo, dove mi porteresti signor Malik? – ti avevo chiesto curiosa di sapere cosa di passasse per la testa.
a fare una passeggiata al parco, ci prendiamo un gelato – avevi proposto tranquillamente.
Una passeggiata al parco? Un gelato? Un attimo.. quelle erano cose da fidanzati.
o potremmo fare qualcos’altro se non ti va, magari al cinema oppure.. – avevi cominciato a dire nervoso non ricevendo una mia risposta.
no no la passeggiata al parco va benissimo – avevo esclamato in modo che non fraintendessi le mie parole.
Mi sembrava impossibile che tu mi avessi chiesto di uscire con te, anche se era una semplice passeggiata.
Lo stesso pomeriggio eri venuto a prendermi alle cinque e come concordato eravamo andati al parco.
Non ti eri messo cappelli o cappucci, né occhiali da sole a coprire i tuoi begli occhi.
Eri uscito normale, senza preoccuparti che le persone potessero riconoscerti.
Avevamo parlato dei miei studi, della mia vita e della tua, ma mai ci eravamo soffermati sul fatto che fossi una pop star.
Per me non lo eri, per me eri il ragazzo che mi aveva fatto mancare il fiato la prima volta che ti avevo visto.
mi togli una curiosità? – ti avevo chiesto mangiando distrattamente il mio gelato alla fragola mentre passeggiavamo per il parco disturbati solo ogni tanto da qualche fan per una foto e tutte mi guardavano di sottecchi curiose di chi fossi io e perché fossi con Zayn.
Non sai quanto vorrei tornare a fare quelle lunghe passeggiate mano nella mano con te.
Non mi lamenterei delle fan, dei paparazzi, mi basterebbe stare con te come un tempo.
Ma non posso. Non puoi. Non possiamo più fare nulla insieme.
vai, spara – avevi ribattuto sorridente stringendo nella mano sinistra il tuo gelato al cioccolato.
perché hai lasciato Perrie? – ti avevo chiesto diretta vedendoti colpito dalla mia domanda.
Lei non era la ragazza perfetta? Lei aveva grandi occhi blu, capelli biondi, un corpo da favola, una voce spettacolare.
dobbiamo per forza parlare di lei? – mi avevi chiesto aggrottando le sopracciglia scure in un lamento.
no no è che.. lei è perfetta per uno come te, mi chiedevo cosa ti avesse spinto a lasciarla – avevo mormorato dispiaciuta di avergli fatto quella domanda che evidentemente ti aveva messo a disagio.
non è tutto come appare Kristeen, lei è una bella ragazza.. lo so.. ma è troppo viziata per i me, io ho bisogno di qualcuno più alla mano – mi avevi spiegato velocemente sorridendomi ogni tanto.
Per un attimo avevo creduto che ti riferissi a me. Per un attimo avevo sperato di essere io quell’unica che tu cercavi. Ma non sarebbe mai successo.
- capisco.. – avevo sussurrato annuendo alle sue parole continuando a camminare lentamente per quel parco che non mi era mai sembrato tanto verde come quel giorno.
Avevamo parlato del più e del meno come due ragazzi normali, e mi ero davvero sentita come se lo fossi.
Con te era tutto perfetto, con te non mi sarei mai sentita di troppo.
Con te sarei sempre riuscita a sbagliare perché per te ogni mio errore diventava un pregio.
Vorrei che fossi ancora qui per tirarmi su dalla fossa in cui sono caduta.
Avevamo scherzato tutto il pomeriggio, avevamo mangiato i nostri gelati, avevamo preso in giro le strane gonne che indossavano le anziane del parco, non mi ero mai sentita così apprezzata.
E quando era arrivata l’ora di riaccompagnarmi a casa me ne ero uscita con un – dovrei fidarmi a dirti dove abito? Non è che sei uno stalker? – per cui tu eri scoppiato a ridere.
no, quello lo faccio solo a tempo perso – mi avevi risposto retorico contagiandomi con la tua risata.
allora spero che questo sia tempo speso bene – avevo ribattuto fingendomi preoccupata guardandoti con una smorfia.
assolutamente – avevi mormorato non so con quanta serietà, fatto sta che avevamo cominciato a camminare verso casa mia fino ad arrivare al portico della mia misera casa con cui vivevo ancora con i miei genitori.
grazie per la bella giornata, è stato divertente – ti avevo detto gentile immergendomi in quelle tue due pozze color oro.
sono felice che ti sia divertita.. – avevi detto tu ricambiando il sorriso.
Ormai era sceso il sole e la luna era alta in cielo, ad illuminare il tuo viso solo quella luce bianca.
aspetta – avevi esclamato prendendomi per il braccio un attimo prima che potessi entrare in casa e chiudermi la porta alle spalle.
ti ho mentito – avevi mormorato attirandomi verso di te – c’è un altro motivo per cui ho lasciato Perrie.. con lei non mi sentivo più vivo. Avevo perso il contatto con la realtà – mi avevi detto guardandomi negli occhi mentre io ti ascoltavo senza fiatare – era tutto troppo costruito, tutto troppo perfetto. Lei è troppo fissata sull’apparire e non sull’essere.. e invece ci sei tu, che sembra che non ti importi di quello che pensano gli altri di te, ti comporti semplicemente come credi – avevi detto facendomi mancare l’aria.
io faccio quello che sento – avevo mormorato andando incontro alle sue parole calde che si infrangevano sul mio viso.
ed è per questo che lei non sarà mai come te. Sai perché vengo sempre nel tuo bar? All’inizio mi sembrava il posto ideale dove nessuna ragazza mi avrebbe mai trovato, dove avrei potuto stare tranquillo per un po’, poi sei arrivata tu con tutte le tue parole.. i tuoi discorsi contorti.. e mi è sembrato di essere tornato il ragazzo che ero qualche anno fa – avevi detto ancora continuando a guardarmi negli occhi.
ma io non sono perfetta, non sono nulla di quello che stai dicendo.. – ero solo riuscita a dire confusa.
lo so, e mi piaci così come sei. Anche se a volte balbetti un po’ quando sei nervosa, se parli tanto, se riesci a spiazzarmi con tutte le tue domande, se sei così diretta e poi ti scusi.. a me va bene – avevi detto ancora accennando un sorriso stringendomi più a te.
ma io non ho nulla a che fare col tuo mondo, io sono solo una semplice barista. Sono una studentessa che spera un giorno di potersi laureare e diventare un’interprete, siamo troppo diversi e.. – avevo cominciato a parlare senza fermarmi proprio come avevi confermato facessi sempre, ma non mi avevi fatta finire perché le tue labbra si erano incollate alle mie impedendomi di continuare.
E sinceramente non mi importava niente di continuare a parlare.
Avevo sentito un brivido attraversarmi tutta la schiena che tu prontamente avevi cominciato ad accarezzare con una mano mentre la tua bocca cercava la mia.
Avevo portato una mano tra i tuoi capelli e l’altra sulla tua guancia mentre mi stringevi più a te, sentivo il tuo sapore sulle mie labbra e non avrei desiderato di meglio.
Ogni tanto ancora mi siedo sul portico e rivivo quel momento con i ricordi ancora, ancora e ancora ma alla fine finisco sempre in lacrime.
Perché te ne sei andato? Perché ti hanno portato via da me? Non hai mai fatto nulla di male a nessuno.
Le lacrime non finiranno mai, proprio come il mio amore per te. Continueranno sempre a scendere e il mio cuore continuerà a cercare il tuo in eterno.
Dopo quella sera eri passato al bar ogni mattina, con i tuoi sorrisi mi avevi convinto del fatto che non sarebbe stato uno sbaglio provarci.
Provare a creare qualcosa insieme, qualcosa di unico.
Perché noi eravamo unici, non si era mai visto che un cantante stesse con una barista, e facevo fatica anche io a crederci.
Provare a trasformare il “io” e “te” in un “noi”.
Provare ad essere felice per una volta, perché con te lo ero.
Non ci baciavamo mai in pubblico, avevamo paura di essere scoperti, anche se non è durata per molto.
In poco tempo i paparazzi avevano notato la nostra unione in quanto uscivamo sempre insieme, andando per negozi o a cena fuori da qualche parte, e non c’avevano messo troppo tempo a far uscire la notizia sui giornali.
Ho sofferto amore mio, ma tu te n’eri accorto solo in ritardo.
Guardavo su internet e leggevo solo insulti per me da parte delle fan, solo brutti commenti.
Non sarei mai riuscita a far parte del tuo mondo per convincerle del contrario.
riusciremo a far cambiare loro idea, ce la faremo insieme – mi avevi detto una sera trovandomi seduta ai piedi del mio letto a piangere col pc aperto a fianco prima di baciarmi.
Noi avremmo potuto spostare le montagne insieme, amore. Ci eravamo riusciti.
Ma alla fine erano tutte crollate su di me.
Erano crollate fino a schiacciarmi, e adesso sto ancora cercando di rialzarmi dalle macerie.
I miei genitori ti avevano conosciuto qualche mese dopo, avevano detto che eri un bravo ragazzo.
Lo sei, lo sei sempre stato.
Poi è arrivata la sera del mio compleanno qualche settimana dopo e tu mi avevi regalato un braccialetto con incise le nostre iniziali.
Non l’ho mai buttato, neanche tu.
Se muovo il polso sinistro posso sentire il rumore dell’argento vivo, e se sposto lo sguardo vedo bene quei due piccoli ciondoli a forma di cuore con una K e una Z.
Volevano togliertelo ma io ho impedito loro di farlo, non ci avrebbero mai divisi. Niente e nessuno ci sarebbe riuscito.
Lo terrò sempre con me, non lo toglierò mai. E semmai un giorno dovesse rompersi lo terrò al sicuro nella tasca dei jeans, non credo di poter andare avanti senza.
Adesso l’unico regalo che vorrei sarebbe poterti avere qui con me di nuovo.
Mi accontenterei anche solo di pochi minuti, quelli mi basterebbero per salutarti.
Tutte le volte che vado a casa dei miei genitori per trovarli torno sempre nella mia vecchia stanza e mi butto su quel letto piccolo e intriso di ricordi.
La nostra prima volta.
La ricordo come se fosse ieri, ti avevo invitato a casa mia perché i miei erano usciti per una cena con amici e ti avevo pregato di aiutarmi a finire di studiare per l’esame di francese.
Stavo cercando di tradurre correttamente ogni frase mi dicessi tu con il mio libro in mano, finché mi hai detto che mi amavi.
Quel “ti amo” mi aveva sorpreso, e col sorriso sulle labbra ti avevo risposto “Je t’aime” prima di baciarti fino a star male.
Quella notte mi avevi amata sul serio, come nessuno prima.
Non avevi permesso che staccassi un attimo gli occhi dai tuoi, le tue labbra erano sempre state sulle mie e mi avevi baciata con una dolcezza disarmante quando eravamo diventati una cosa sola.
Mai avrei creduto di poter essere amata con così tanto impeto, con così tanta voglia.
E mai avrei creduto di poter amare qualcuno fino a piangere ogni notte.
Perché io amavo ogni piccola sfaccettatura del tuo essere, dai tuoi occhi al tuo sorriso.
Dai tuoi capelli a quella tua barbetta fina con la quale ti sentivi più maturo ma io ti prendevo sempre in giro per quello. Dalla tua risata alle tue note più alte e commoventi. Dalla mattina appena svegli alla notte più lunga. Ti amavo quando mi portavi dietro le quinte dei concerti. Ti amavo quando lottavi per permettermi di stare qualche giorno in tour con voi. Ti amavo quando come sempre venivi a chiedermi quel caffè macchiato con un cornetto come la prima volta. Ti amavo quando eri sempre lì per me pronto a consolarmi. Ti amavo perché ad ogni esame c’eri sempre stato. Ti amavo perché per te sono sempre stata l’unica. Ti amavo perché hai sempre creduto in me. Ti amavo perché mi hai chiesto di andare a vivere con te.
Avevamo preso casa insieme poco più di un anno fa, un piccolo appartamento nel centro di Bradford.
La mia casa, la nostra casa.
Non me ne sono mai andata, in fondo ai cassetti c’è ancora qualche tua maglietta che non ho avuto il coraggio di dare via con tutto il resto.
Negli armadi c’è ancora il tuo profumo, come nel letto e tra i cuscini.
La cucina non vede da fin troppo tempo la tavola apparecchiata per due, non ho neanche più la voglia di mangiare senza di te.
Quella tv enorme dove stavamo intere serate a vedere film è rimasta spenta per tutto questo tempo, non ha senso vedere un film comico se non ci sei tu a ridere accanto a me.
Ti amavo perché tu eri l’unico che mi avesse mai fatta sentire importante, l’unico che mi avesse mai voluta per quello che ero veramente.
Ti amavo perché per te ero bella sia la mattina appena sveglia con i capelli un po’ scompigliati, sia a una festa con un vestitino aderente, per te ero bella anche con una giacca addosso, ero bella in costume, ero bella il giorno di Natale, ero bella quando mi arrabbiavo, ero bella anche quando ero triste.
Ma non credo di essere bella adesso, sto soffrendo e non vedo il motivo di farmi bella se non ci sei tu a sorridermi emozionato.
Ti amavo perché solo tu riuscivi a convincermi a guardare una partita di calcio e farla diventare interessante con i tuoi commenti divertenti. Ti amavo perché quando ti trovavo a mangiare sul letto facendo briciole eri sempre pronto a scoppiare a ridere e a pulire tutto. Ti amavo anche quando sbagliavi i gradi della lavatrice facendo restringere le nostre magliette. Ti amavo quando tornavi dal tour e la prima cosa che facevi arrivando in aereoporto era correre ad abbracciarmi nonostante ci fossero decine di fan a guardarci. Ti amavo quando mi svegliavi in piena notte con le tue telefonate non pensando al fuso orario perché eri in viaggio con la band. Ti amavo quando mi canticchiavi le nuove canzoni del prossimo cd per farmi contenta. Ti amavo quando parlavi di me nelle interviste e le tue guance diventavano rosse.
Ormai casa nostra sembra ricordarmi la tua assenza.
Nel muro lilla di fronte al letto c’è un grande cuore viola con dentro scritto malamente K + Z, te lo ricordi il giorno in cui l’abbiamo scritto?
Il muro bianco ci sembrava troppo monotono e avevamo pensato di ridipingerlo di lilla con i pochi pennelli che avevamo.
Un disastro era diventata quella stanza alla fine della giornata, avevamo sporcato tutto il pavimento di gocce di vernice, poi tu hai messo il dito nel viola con cui avevamo diluito il colore e avevi disegnato quell’enorme cuore tremolante, prima di scriverci dentro le nostre iniziali legate da un più.
Mi ero arrabbiata tantissimo appena l’avevo visto, ore di lavoro sprecate se poi tu ci avevi scarabocchiato sopra, ma dopo un po’ mi avevi convinto a non cancellare la scritta, che era bella.
Non l’ho mai cancellata amore mio.
Ti amavo perché mi portavi con te nei viaggi più strani pur di farmi conoscere posti e mettere alla prova la mia conoscenza delle lingue. Lo sapevi che viaggiare era la cosa che sognavo fare e me l’hai permesso.
Grazie amore mio.
Poi è arrivato quel dannato 13 Febbraio in cui la mia vita è cambiata un’altra volta, sempre per causa tua.
Quando tutto è successo io stavo dormendo, sai?
Eri in tour come sempre e anche se il giorno di San Valentino ti avrei voluto con me era più importante che tu stessi con gli altri, che facessi felici le fan, io avrei avuto tutto il tempo per stare con te.
Ma tu a quanto pare hai voluto farmi una sorpresa.
Tu avresti voluto arrivare allo scoccare della mezzanotte per farmi gli auguri, per stare con me dal primo minuto della giornata dedicata agli innamorati, dedicata a noi.
Gli altri mi hanno raccontato che li hai pregati di non dire niente a nessuno, tanto meno a me.
Sei partito il pomeriggio da Parigi in macchina per arrivare qui in tempo per la mezzanotte, per tornare da me.
Mi avevi anche fatto un regalo, tu si che eri perfetto amore mio.
Un enorme mazzo di rose, cento se non sbaglio, con incastonato dentro un biglietto.
Ma io quei fiori non li ho mai ricevuti, ne ho solo visti i mille petali sparsi per quel tratto d’autostrada.
Quel maledetto tratto di autostrada.
Un pirata della strada stava guidando nel senso inverso, si dice che abbia ingerito sostanze stupefacenti, verso di te.
Non hai fatto in tempo a scansarti, come avresti potuto?
Andava troppo forte, non hai potuto impedire che tutto questo accadesse.
Andava troppo forte anche il mio cuore quando mi hanno detto tutto.
Non ci volevo credere.
All’inizio pensavo fosse uno dei tanti scherzi di Louis, uno scherzo di cattivo gusto, ma non mi ci era voluto tanto per capire che la voce rotta del poliziotto era seria.
Sono svenuta all’istante, sai?
Hanno dovuto portarmi all’ospedale, avevo perso conoscenza.
Quando mi sono risvegliata in infermeria avevo tirato un sospiro di sollievo pensando che fosse stato tutto un sogno, un incubo.
Ma così non è stato.
Lo dicevano in televisione, sui giornali, tutti ne parlavano.
Mi sono sentita morire, proprio come te.
Chissà qual è stata l’ultima cosa a cui hai pensato amore mio, magari non hai pensato a nulla.
Magari non ti sei reso conto di nulla, spero tu non abbia sentito dolore.
E mentre tu tiravi il tuo ultimo respiro io dormivo nel nostro letto impaziente di rivederti, ma ignara che non avrei mai potuto rifarlo.
Quel letto che adesso è troppo freddo persino nelle giornate estive, quel letto dove oltre a me non ci ha mai più dormito nessuno. Quel letto pieno di ricordi, quel letto dove avevamo pianto, dove avevamo riso, dove avevamo mangiato, dove avevamo fatto l’amore.
Non ho mai potuto dirti addio, te ne sei andato troppo presto.
Avrei voluto vedere il tuo sorriso un ultima volta, i tuoi occhi brillare per me, la tua voce così calda mi avrebbe detto di stare tranquilla, che sarebbe andato tutto bene.
E invece sai l’ultima cosa che mi hai detto qual è stata?
Ti amo Kris, ci vediamo presto.. non durerà tanto questo tour e poi tornerò a casa da te all’aereoporto prima di fare il check-in.
Ma tu non sei più tornato a casa da me.
Mi ricordo anche il nostro ultimo bacio, proprio lì.
Mi avevi stretta a te legando le mani attorno ai miei fianchi e io come sempre avevo allacciato le mie dietro al tuo collo.
Le tue labbra calde erano state sulle mie prima di aprirsi in un sorriso mozzafiato, i tuoi occhi mi fissavano pieni di emozioni, poi te ne sei andato via continuando a sorridermi.
Se avessi saputo che non ti avrei più rivisto ti avrei pregato di restare, dicendoti che non ce l’avrei fatta senza di te.
Perché è così, non c’è nessuno ora a tirarmi su nei momenti in cui mi sento una nullità.
Non c’è nessuno che la sera torna a casa col sorriso sulle labbra perché vuole rivedermi.
Non c’è nessuno che mi bacia con tanto amore come facevi tu.
Non c’è nessuno con cui condividere il letto, non dormirei abbracciata a nessun altro.
Ormai mi ero abituata ad addormentarmi cullata dal battito del tuo cuore, ma adesso non esiste più quel dolce suono.
Scusami se ti sto scrivendo tutto questo, e scusami se sto bagnando il foglio con le lacrime ma questi ricordi mi stanno uccidendo.
Spero di potermene liberare scrivendoli qui, anche se so già che non dimenticherò mai il tuo viso e che ogni notte, se riuscirò a dormire, ti incontrerò.
Perché ormai sei solo la sostanza dei miei ricordi e dei miei sogni.
Non sai quante volte mi sveglio dopo averti sognato tutta sollevata per averti di nuovo con me, poi capisco che era stato tutto un sogno e scoppio a piangere.
Scoppio a piangere e non c’è nessuno ad abbracciarmi e a consolarmi.
Ogni tanto mi sembra quasi di sentire le tue braccia avvolgermi come facevi un tempo, mi sembra di sentire la tua voce chiamarmi, mi sembra di sentire la tua risata tra tutte le altre.
Quando gli altri ridono mi sembra sempre di sentire anche la tua.
Quanto vorrei sentirla ancora. Quanto ti vorrei vicino a me.
Ti amavo perché mi hai riportato alla vita, ti amavo perché mi hai dato un motivo per vivere, ti amavo perché hai realizzato tutti i miei sogni.
E ti amo ancora per tutti questi motivi.
Forse l’ultima cosa che ho di te è però un biglietto, quello che è stato ritrovato tra i tanti petali da cui l’autostrada era coperta.
Lo tengo sempre con me.
Ti ricordi cosa ci hai scritto sopra?
Davanti appena lo vedi c’è scritto “a Kristeen, l’amore mio”.
Poi lo apri e delle scritte in nero risaltano sul foglio.
si lo so, non ti aspettavi questi fiori. Non ti aspettavi che sarei tornato, ma oggi è San Valentino amore, la festa degli innamorati. Con chi altro avrei potuto passarla se non con te? Mi sono fermato in una fioreria di Parigi perché dicono che lì le rose siano più rosse delle altre e te ho portate. Anche se sono sicuro che senza l’aiuto di Liam avranno vita breve, noi due non abbiamo esattamente il pollice verde ma spero che ti faranno piacere. Con amore tuo Zayn. Ti amo”.
Me la ricordo a memoria ormai anche se tastandomi la tasca dei jeans posso sentire il foglietto sotto le dita.
Mi scappa sempre una risata mentre la leggo in un mare di lacrime.
No, senza di Liam non saremmo riusciti a far vivere quelle rose a lungo, non siamo mai stati bravi con le piante.
Amore mio perché mi hai abbandonato?
Quando voglio trovare una risposta a tutto mi dico che tu sei un angelo, il mio angelo, e la tua missione era far avverare i miei sogni.
Volevo viaggiare e tu me l’hai permesso.
Volevo trovare l’amore un giorno e tu me l’hai permesso.
Volevo trovare degli amici sinceri e simpatici e me l’hai permesso.
Ora che tutto è compiuto te ne sei andato, ma io ho ancora bisogno di te.
Spero che tu possa sentirmi, spero che tu sia da qualche parte, spero che tutto quello che avevamo non sia rimasto solo a me, spero che anche tu ti ricorderai per l’eternità di noi.
Resta il fatto che per me non ha più senso continuare a vivere, non vedo l’ora di riunirmi a te un giorno.
Un giorno saremo felice, un giorno ci riabbracceremo amore mio, un giorno rivedrò il tuo sorriso e i tuoi occhi e potremo finalmente vivere insieme per sempre.
Kristeen sei qui? – mi chiede una voce aprendo la porta del bar.
Sono in lacrime, il trucco nero probabilmente è sceso sulle guance ma non mi importa, non mi importa più di nulla.
Un ultimo singhiozzo mi scuote mentre cerco di asciugarmi il viso col palmo della mano, ma quando vedo il viso di Liam affacciarsi dal bancone per poi vedermi seduta per terra tremante con la lettera sulle gambe e la penna in mano mi calmo.
Lui può capirmi, lui non penserà che sono pazza.
- Liam ho fatto quello che dovevo, tutti mi hanno detto che avrei dovuto sentirmi meglio dopo aver scritto questa lettera ma mi sento morire, perché? – gli urlo praticamente addosso in un mare di lacrime e lui subito fa il giro del bancone prima di buttarsi al mio fianco e stringermi tra le sue braccia mentre il mio corpo viene scosso dai tumulti del pianto.
è normale che ti senti così Kris.. è normale piangere – mi mormora lui all’orecchio comprensivo.
Strizzo gli occhi intrisi di lacrime e mi sembra quasi di vederti entrare da quella porta, sento il legno cigolare e la tua figura arrivare sorridente.
- mi manca così tanto.. – riesco a dire con la voce rotta posando la testa nell’incavo del suo collo ma tenendo sempre un occhio aperto per vederti, per vedere il tuo viso sorridermi com’eri abituato a fare.
lo so, manca a tutti noi – mi dice lui e sento chiaramente una lacrima scendere dalla sua guancia fino a cadere sulla mia.
Ti guardo un’ultima volta prima di chiudere gli occhi.
Sei lì appoggiato al bancone con gli occhi puntati nei miei, il tuo sguardo vorrebbe dire mille parole ma non dici niente, nessun suono esce dalla tua bocca che riesce solo a schiudersi in un sorriso triste.
ti amo Zayn – riesco a dirti e per la prima volta sento che le mie preghiere sono ascoltate, che non è tempo buttato al vento.
Ti vedo sorridere alle mie parole e i tuoi denti lucenti brillano nel buio del locale, dopodiché ti alzi e passandoti una mano tra i capelli raggiungi la porta d’ingresso dove mi rivolgi un ultimo sorriso mozzafiato prima di aprirla e andartene.
Mi hai sentito amore, per la prima volta in vita mia sento di essermi tolta un peso.
Devo essere forte.
Devo essere forte per gli altri, non possono continuare a vedermi così.
Devo essere forte per le fan, ti hanno perduto anche loro.
Devo essere forte per quei quattro ragazzi a cui, anche se non lo danno a vedere, manchi da morire ma cercano sempre di essere sorridenti.
Devo essere forte per me stessa, mi fa male piangere ogni giorno, ogni notte.
Ma devo essere soprattutto forte per te, tu non avresti voluto che mi riducessi a tutto questo.
Tu non avresti voluto vedermi così, avresti voluto che continuassi la mia vita.
Ma devi capire che la mia vita senza di te non ha più senso di continuare.







Ok ragazze, sono tornata con questa One-Shot tristissima che ho partorito in dieci lunghe ore di supplizio ahah
Mi sono anche messa a piangere scrivendo l'ultimo pezzo.
Mi è venuta la malsana idea di scrivere questa FF tristissima qualche giorno fa sentendo la versione acustica di "The One Tha Got Away" di Katy Perry ma dovevo finire di studiare per gli esami e non ho avuto tempo.
Ma ieri ho fatto l'orale e appena tornata a casa mi sono messa all'opera! ahah
Spero che vi sia piaciuta, è la prima volta che scrivo qualcosa di drammatico e mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate.
Vi va di passare dalla mia long? 











E dall'altra mia One-Shot (non triste stavolta ahah)














Un bacione a tutte ;)
   
 
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