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Autore: glaenzendefrau    23/06/2012    2 recensioni
«I libri graffiano?».
Neville sollevò il dito indice sanguinante e lo agitò davanti al viso di una scarmigliata Hermione.
Lei sussultò e si lasciò sfuggire dalle mani la lista di tutti i volumi del negozio, compilata nel tentativo di portare ordine al cronico caos del magazzino. Entrambi osservarono il foglio di carta ondeggiare nell'aria pesante e viziata della libreria e poi posarsi con una graziosa scivolata di fronte ai piedi troppo grossi di Neville.

[Forget and Remember - Neville/Hermione][prompt: AU, libreria]
Affetta/o da Shipping compulsivo, partecipo all'iniziativa del forum « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Neville Paciock
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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I gatti graffiano, i libri graffiano







«I libri graffiano?».
Neville sollevò il dito indice sanguinante e lo agitò davanti al viso di una scarmigliata Hermione.
Lei sussultò e si lasciò sfuggire dalle mani la lista di tutti i volumi del negozio, compilata nel tentativo di portare ordine al cronico caos del magazzino. Entrambi osservarono il foglio di carta ondeggiare nell'aria pesante e viziata della libreria e poi posarsi con una graziosa scivolata di fronte ai piedi troppo grossi di Neville. Lui si chinò con un grugnito per raccogliere l'elenco dal pavimento, attento a non sporcare con i polpastrelli macchiati di sangue e polvere l'elegante grafia orientata verso destra di Hermione. Scriveva le acca corsive proprio come le maestre delle elementari, notò, con gli occhielli sulle stanghette e il trattino a metà della lettera. E poi c'erano delle zampe che correvano lungo tutta la voce Narrativa Americana e diventavano più marcate e scure su Dan Brown. Decisamente qualcuno non amava Il Codice da Vinci.
Quando Neville alzò lo sguardo, si accorse che Hermione si era infilata le dita nel suo nido di capelli crespi e che stava torturando con piccoli movimenti secchi le ciocche stoppose e castane.
«Oh!». La ragazza stirò le labbra nel tentativo di dissimulare il nervosismo, ma venne tradita dalle sue guance color ciliegia e dal sudore che, copioso, le colava sulla fronte. «Uhm». Alzò gli occhi al cielo e si morse un labbro. «Ehm... potresti esserti tagliato con la carta. Sì!» Sfilò con una smorfia di dolore una mano dal groviglio di riccioli, schioccò le dita e annuì. Neville notò che le spalle si erano rilassate, ma il collo era rigido e le sopracciglia folte si contorcevano in una danza folle. «Beh... è normale tagliarsi in una libreria, Neville. Specie con le edizioni paperback, sai: non lo diresti mai, con quelle copertine, però... sono come dei coltelli ambulanti».
«Ah» fece atono Neville. Sì rimirò di nuovo il dito ferito. «Però... però i l-libri no-non lasciano t-tre g-g-graffi per volta». Eccola, la sua tremenda balbuzie. Lo sorprendeva alle spalle quando si sentiva arrossire, quando era stanco e spossato e non ce la faceva più a tirar giù copie della trilogia de
Il Signore degli Anelli giù dallo scaffale, o quando era così agitato da non riuscire più a distinguere quale fosse la sua destra e quale la sua sinistra. Oppure quando pensava a quanto avrebbe voluto succhiare le ciliegie umide dipinte sulle guance della ragazza che ora si stava di nuovo arrotolando riccioli con espressione colpevole. Neville deglutì e si schiarì la voce. A dispetto della gola secca, si sentiva il collo appiccicoso e la maglietta inzuppata di sudore: e non era sicuro che si sentisse così accaldato perché nella Skeeter's Books mancava un condizionatore o il sole picchiava così forte – ed erano in Inghilterra, dannazione! – da incollare l'asfalto del marciapiede alle suole delle scarpe.
«Beh, Neville... sai che a te potrebbe accadere qualsiasi cosa». La bocca di Hermione si aprì in un mezzo sorriso più naturale, più allegro. «Guarda quel bernoccolo in testa» gli fece notare.
Lui, senza quasi accorgersene, si portò la mano alla fronte, dove spiccava un rigonfiamento rossastro e ancora pulsante. Non era stata colpa sua: la colpa era stata delle sue maledette stringhe troppo lunghe. L'avevano tradito e lui era volato in mezzo alle pile traballanti di volumi che Hermione aveva impilato secondo gradazione di colore. Poi bisognava anche considerare il fattore sfortuna, una componente fondamentale della vita di Neville, che l'aveva portato a incontrare con la fronte lo spigolo della custodia di cartone dell'Oxford English Dictionary. Mentre la vista gli oscurava e le torri di libri crollavano sulla sua schiena, Neville aveva persino dovuto sorbirsi le strida seccate della sua capa, una donna con occhiali a farfalla e capelli di un improbabile colore arancione – Santo cielo, Paciock! Anche durante l'inventario mi combina qualche casino! Ma perché, perché, nel nome di Dio nostro Signore, l'ho assunta part-time? Me lo spiega lei? Lo sapevo che non avrei mai dovuto accettare commessi di venerdì, lo dice il mio oroscopo, perché mi sono fidata?
«Già» mormorò Neville. Abbassò lo sguardo imbarazzato e si torse le dita. «U-uno dei miei p-problemi. Però-».
Un miagolio petulante interruppe i suoi patetici tentativi di controbattere. Lui sollevò la testa di scatto: Hermione. si stava guardando in giro allarmata, come se sapesse benissimo da dove provenisse quel verso e ne cercasse la fonte per poterla azzittire. Quando si accorse che Neville la stava osservando con attenzione, tentennò e levò gli occhi al cielo, inquieta: evidentemente, rifletté lui, quando Hermione aveva bisogno di trovare scuse, il soffitto diventava la sua fonte di ispirazione. Lui fissava sempre il pavimento, quando doveva riflettere. Poteva vantare una conoscenza dei diversi stadi di ossidazione di una monetina e di evoluzione dei batuffoli di polvere migliore di chiunque altro.
«Beh... uno di quei libri per bambini che la signora Skeeter ha acquistato presso quel rappresentante la settimana scorsa» disse Hermione. Si portò un dito alle labbra e indugiò per qualche secondo. «Sono... sono dei pop-up dotati di batterie, che miagolano o abbaiano quando li si apre. Sono davvero terribili, basta che li sollevi di qualche millimetro e iniziano a fare rumore... oh no...».
Neville provò una curiosa sensazione di calore alle gambe, come se un manicotto di pelliccia gli si stese avvolgendo attorno alle caviglie. Sulle sue scarpe stava zampettando un gatto fulvo con il muso schiacciato in un'espressione imbronciata e le iridi giallastre.
«Grattastinchi!» esclamò Hermione. Con un cipiglio di disapprovazione dipinto in volto, si chinò, tese le braccia e sollevò il gatto da terra, per poi portarselo sulla spalla destra. «Te l'avevo detto che non dovevi farti vedere, no?» lo redarguì.
Grattastinchi mosse le zampe nel vuoto ed emise un altro verso simile a un brontolio. Quando Hermione iniziò a grattarlo sulla nuca, là dove il pelo cresceva più folto, si acquietò. Lei appoggiò le labbra al suo orecchio appuntito.
«Sei un gatto cattivo, molto cattivo» gli sussurrò, ma nella sua voce non c'era più traccia di rabbia o rimprovero. L'animale inclinò la testa da un lato, in apparente ascolto, per poi iniziare soddisfatto a fare le fusa.
Neville fissò incantato le dita lunghe e nodose di Hermione che affondavano nella pelliccia e massaggiavano la schiena di Grattastinchi con lenti movimenti circolari. Le sue unghie scheggiate, dipinte di azzurro, emergevano dal rosso e rimanevano in superficie per un breve attimo, nient'altro che un colpo d'occhio, per poi scomparire di nuovo tra i ciuffi ramati. Quando Hermione rise piano e cullò il gatto tra le braccia, per poi scoccargli un bacio su quel naso troppo vicino al muso, Neville sentì la morsa verde dell'invidia farsi strada dentro di lui e avvelenarlo. Era talmente impegnato a fissare quel beato e dannatissimo animale che si godeva delle coccole immeritate - dopotutto, gli aveva dilaniato un dito! – e a studiare uno stratagemma per strapparlo dalle braccia della sua padrona, che si accorse a malapena che Hermione si stava scusando con lui.
«...e lo so che Grattastinchi può sembrare po' irascibile, Neville, ma credimi, non è così: è solo che è un po' diffidente nei confronti degli estranei. Lo tengo nascosto in magazzino, sai, tra quei stupidi libri melensi con tutte quelle coraggiose e tormentate protagoniste che trovano la loro strada nella pasticceria, nel vasellame, nella composizione di bonsai. Tutti uguali» Hermione arricciò il naso e scosse la testa. «Scusa, sai, sto un po' divagando. Ho sempre problemi a trovargli una sistemazione, poverino». Un'altra carezza, un altro battito scompagnato del cuore. «Di solito lo metto nel garage, ma mia madre ha la fobia dei gatti e ho sempre paura che lo scopra, quindi me lo porto dietro e lo imbosco nel retro. È strano che venga qui, se ne sta sempre buono e quieto e nessuno si accorge di lui. Magari è perché oggi stiamo riordinando: si sarà sentito infastidito e sarà sgattaiolato fuori». Sospirò e si sistemò il gatto sull'altra spalla. «Meno male che la Skeeter è uscita per il suo caffè freddo, altrimenti non avrei proprio saputo quale scusa inventarmi». Puntò i suoi occhi grandi e marroni verso Neville, che sentì tutti i suoi organi rimescolarsi e la pelle prendere fuoco. «Mi copriresti?» gli chiese. «Sai com'è la Grande Capa, con le sue finte allergie e i suoi fazzolettini di pizzo e i suoi oh Granger, Granger, cosa sono quei peli rossi sulla maglietta?» Risucchiò le guance e si sistemò sul naso un paio di occhiali immaginari, in una perfetta parodia della bizzarra proprietaria del Bookshop. Neville mandò una risatina nervosa, mentre lei sorrideva e sbuffava per allontanare dal volto quei pochi capelli che le si stavano appiccicando alla fronte.
«Tornando seri, per favore, per favore, non dirglielo. Anche se so che l'ultima cosa che vorresti fare è tenerti un gatto che ti graffia ed è permaloso e...».
«S-stai scherzando?» la interruppe lui a precipizio. «N-non lo f-f-farei mai, anzi!» protestò. Spinse i suoi piedi goffi e troppo lunghi in direzione di Hermione e allungò un braccio – quello sinistro, quello della mano ferita, ovvio – verso la soffice testa di Grattastinchi.
«M-mi piacciono i g-gatti... insomma, più o meno» aggiunse sconsolato, quando l'animale soffiò diffidente e si scostò dalla mano tesa di Neville. La ragazza scoppiò in un'altra breve risata.
«Grazie» sussurrò poi, prima di abbassare il viso verso il suo gatto. Calò il silenzio, disturbato solo dal ventilatore a pale sul soffitto che cigolava e tossiva le ultime scariche d'aria. Neville si dondolò sul posto e si disse che forse dovevano entrambi tornare a spolverare gli scaffali e ad appuntarsi i prezzi dei volumi paperback sull'inventario. In quel momento provò un acuto rimpianto per quella breve chiacchierata, per quell'animale malefico, per quel solco rosso che le si formava nel mezzo della fronte quando era agitata o per quegli incisivi troppo grandi che le si scoprivano quando parlava. E si rimproverò per non essere capace di dare vita a una conversazione che non si limitasse a brevi frasi di cinque parole e monosillabi, per avere un bernoccolo pulsante sulla fronte e stringhe troppo lunghe su scarpe più simili a barche che a sneakers.
«Che... che ne diresti se andassimo anche noi a prenderci qualcosa da bere, Neville?».
Hermione aveva posato Grattastinchi su una copia de Il Signore Degli Anelli abbandonata sul pavimento e stava aspettando la sua risposta. Quando Neville si lasciò sfuggire un'esclamazione incredula, lei alzò gli occhi al cielo, questa volta per l'impazienza, e incrociò le braccia.
«Sì, sì, lo so. Stai parlando con la signorina Hermione Perfettina Granger, quella che si presenta al suo primo giorno di lavoro con mezz'ora di anticipo, che sistema i libri non solo in ordine alfabetico, ma anche secondo la data di pubblicazione. Però dai, diciamo che oggi hai già scoperto un mio errore... a tue spese». Gettò un'occhiata fugace al dito graffiato, sul quale il sangue si stava rapprendendo. «Fa anche caldo, dunque avremmo una scusa, no?» Ammiccò, furba. «E poi mi devi ancora spiegare bene quella tua idea del viaggio on the road tra le colline verdeggianti dell'Inghilterra».
Neville sgranò gli occhi. Se ne ricordava. Incredibile, ma se ne ricordava.
Qualche settimana fa lui l'aveva vista rigirarsi tra le dita due copie di Sulla strada di Jack Kerouac. Tutto sarebbe potuto andare come al solito e Hermione avrebbe potuto sistemare sullo scaffale i libri ancora freschi di stampa, se non fosse stato per Neville. Non si sapeva spiegare come, non si sapeva spiegare perché, ma in qualche modo era riuscito a frapporre il suo corpo tra il settore di Narrativa Americana e la ragazza. E non era stato capace di fermarsi.
Le disse che amava Jack Kerouac, amava le sue storie, le amava di un amore talmente viscerale che a volte si sentiva addirittura frustrato, perché non era in grado di esprimere a dovere quello che veramente sentiva quando apriva i suoi romanzi. Le rivelò che quando leggeva Sulla strada si sentiva, si sentiva come trascinato dalle sue parole, come se le sue frasi lo colpissero e lo spingessero tra le grandi strade polverose dell'America, tremava per la follia che gli nasceva nel sangue – a lui, lui, che non era mai uscito fuori dall'Inghilterra, sì, proprio lui!- e gli ribolliva nelle vene, capiva che l'obiettivo era laggiù, sempre laggiù, verso una meta indefinita, certo, una meta indefinita, ma non era importante, perché ciò che valeva di più era saltare in una macchina scassata e ascoltare il rombo del motore che si scaldava, di percepire che tutto quanto si slacciava – i legami, i pensieri, tutto, tutto. E magari non era neanche vero, magari tutti i grandi studiosi gli avrebbero detto sei un povero pazzo, cosa ne capisci tu, non capisci che c'è un'altra interpretazione, ma lui era convinto di questo: era quello gli faceva crescere un desiderio impellente nelle sue gambe, la volontà di lasciare tutto e partire.
E a quel punto Neville si era lasciato la prudenza alle spalle e si era messo a gesticolare come un forsennato; aveva pure iniziato a incespicare per la forza con la quale mitragliava verso Hermione le sue parole, ma non gli importava. Le aveva confidato che un giorno lui avrebbe buttato tutto alle ortiche e sarebbe partito con un camioncino rotto per girare l'Inghilterra e poi anche lui avrebbe scritto una storia, avrebbe battuto a macchina un rotolo unico come aveva fatto Kerouac e l'avrebbe spedito e incrociato le dita e avrebbe pregato perché tutto funzionasse, e poi sarebbe ripartito e poi avrebbe riscritto e così via, un ciclo continuo, sì, un ciclo continuo.
Hermione non l'aveva mai interrotto: si era limitata ad ascoltarlo con attenzione, con la bocca serrata in una linea diritta e gli occhi che brillavano di una luce dura, decisa, abbagliante.
Poi la Grande Capa aveva tossicchiato e schioccato con disapprovazione le labbra color rosa shocking. A quel punto Neville si era reso conto di aver gettato in faccia a una quasi sconosciuta tutte le sue segrete aspirazioni, era arrossito ed era fuggito, barcollando come un ubriaco.
Quello era stato il suo unico, lungo, terribile, discorso. Aveva cercato di dimenticarlo, di nasconderlo nei recessi della sua memoria, ma ogni volta che apriva Sulla strada e ne sfogliava le pagine, gli tornavano in mente i riccioli ribelli di Hermione, la puzza di deodorante per ambienti alla rosa che persisteva persino nei libri acquistati dai clienti, il ticchettare attutito ma persistente delle unghie finte della Skeeter sulla tastiera del suo computer d'annata.

Neville si riscosse e alzò la testa. Hermione lo fissava con il suo sguardo marrone e splendente, le sue labbra serie, le sopracciglia corrugate per la concentrazione, come in un pomeriggio di qualche settimana prima.
«Andiamo, dai, che anch'io ho sete» disse Neville. Sorrise.
E non c'era traccia di errore nella sua voce.










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Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »



   
 
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