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Autore: Darkovana    24/06/2012    4 recensioni
Questa è una storia che racconta di un'eredità, un'eredità un po' speciale. Racconta di una ragazza e del dono che un vecchio sceglie di affidarle e che la metterà di fronte ad una nuova certezza: c'è molto altro ad aspettarla oltre all'università, ad attenderla c'è non solo il suo futuro ma il Tempo stesso.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'eredità del Tempo

EPF




Mancavano pochi minuti all'inizio dell'esame scritto. Tutti eravamo seduti ai nostri banchi ad aspettare ansiosi la professoressa .

Il respiro quasi mi mancava, ero consapevole dell'importanza di quelle prove ma nonostante l'angoscia che aleggiava nell'aula, sembrava tutto troppo tranquillo, purtroppo sapevamo che quel momento di calma rappresentava solamente la quiete prima della tempesta.

Fu in quel momento di riflessione che la prof. varcò la soglia entrando in classe. Si avvicinò alla cattedra e con un sorrisetto malizioso che proprio non le si addiceva, iniziò a sfilare tra i banchi consegnando i fogli.

Pochi istanti e avrò il foglio tra le mani”. Con quel pensiero poco gradevole, presi in mano il mio ciondolo celeste, lo strinsi forte e le mie dita tremanti sfiorarono la superficie fredda dell'amuleto, in un gesto familiare e rassicurante.

Le mie dita scorrevano lente sul piccolo quadrifoglio in rilievo fino a incontrare un tasto che prima non c'era. Per pura curiosità, attirata da quel pulsantino mai visto, lo premetti.

In quell'istante provai un leggero pizzicorio alla mano che si estese al braccio fino alla testa. La mia mente parve esplodere, non vedevo più nulla, mi prese il panico. Poi all'improvviso sentii la voce cavernosa di un uomo piuttosto anziano sussurrarmi tanto vicino che, se non fossi stata sicura che era impossibile, avrei pensato che provenisse da ovunque intorno a me.

<< Ora il mio fardello sarà tuo, giovane erede del tempo.>>

L'uomo tacque per un periodo che mi parve lungo a non finire. Bramavo le sue parole perchè avevo paura di essere sola, ma al tempo stesso le temevo, non capivo cosa stava succedendo e tutto ciò che volevo era ritornare a stringere il mio ciondolo, nella mia classe, con le persone che conoscevo e a cui volevo bene, a chi importava dell'esame a quel punto. 

In quell'istante lo vidi. Quella voce profonda apparteneva ad un vecchio che chissà come era apparso dal nulla a pochi metri da me. Il suo viso era solcato da profonde rughe, ma la postura non era stata affatto plasmata dagli anni, era ancora fiera e sicura. Da lui emanava un'aura di saggezza e di tranquillità assoluta.Quando guardai nei suoi occhi ne rimasi incantata, non avevo ancora detto una parola, ma ero certa che non ce ne sarebbe stato alcun bisogno, lui mi capiva.

<< Controllare il tempo, non è una cosa semplice, sappi fare buon uso del tuo potere. >> riprese l'uomo con voce candida e saggia. << Mia cara, non hai idea di quanto conoscerti finalmente mi renda felice. Mi duole doverti lasciare una così poco piacevole eredità, forse all'inizio non sarà facile gestire questo tuo nuovo dono, ma sento la tua forza, so che lascio il mio compito in buone mani. >>

<< Finalmente è giunto anche il mio momento, ora, dopo tanti secoli, la nuova custode è pronta per accettare il suo dono e io sono libero di passare oltre questa lunga, lunghissima vita. >> così si chiuse il monologo dell'Anziano signore, con una frase più rivolta a se stesso che a me.

Fu così che con un accenno di saluto quasi paterno mi sorrise e scomparve.

Negli istanti che seguirono cercai di riprendere il controllo della mia mente confusa e quando finalmente tornai in me conoscevo, non so come, principi che prima mi erano totalmente ignoti. Sentivo di possedere una consapevolezza che solo pochi momenti prima mi era sconosciuta, la consapevolezza di essere un erede, l'erede di qualcosa che in teoria non avrebbe dovuto avere né possessori ne custodi, il tempo

Ero tanto scioccata che per l'emozione mi lasciai cadere a terra nel bianco assoluto in cui mi trovavo, di nuovo sola, da qualche parte lontano da ciò che conoscevo e senza sapere come tornare indietro. Piansi perchè avevo paura, perchè non capivo cosa avesse spinto quel vecchio a regalrmi ciò che non avevo mai voluto, nè immaginato di poter volere. Non sapevo più chi ero, nè chi sarei potuta diventare. Una parte di me sperava che quella mattina non mi fossi mai svegliata e fossi ancora nel mio letto nel bel mezzo di un sogno molto reale, ma l'altra parte sapeva che ogni cosa era vera perchè lo sentivo all'interno del mio corpo che qualcosa era cambiato, nel mio cervello, nella mia mente.  

Solo dopo tutte quelle constatazioni mi accorsi che piano piano il bianco stava svanendo come nebbia lasciando il posto ai saldi pavimenti e ai muri della mia classe, c'erano di nuovo tutti e per un momento trassi un profondo respiro di sollievo alla ricerca di un po' di lucidità, ma poi mi accorsi che non proprio tutto era tornato normale, ogni cosa intorno a me era come pietrificata, tutti era immobili, perfino le foglie fuori erano rimaste fluttuanti in aria, sospese.

Dopo un primo momento di sgomento, tentai di non perdere di nuovo il poco controllo che avevo riconqueistato mentre cercavo nella mia nuova memoria qualche informazione che potesse essermi utile.

Era il tempo il problema, e secondo quel vecchio pazzo ero io adesso ad esserne responsabile. Avrei dovuto far tornare il tempo alla normalità, permettendo così che tutto tornasse normale. Come al solito presi in mano il ciondolo per cercare conforto, ma non appena ricordai cosa era accaduto l'ultima volta che lo avevo fatto lo lasciai andare. Poi, improvvisamenre conscia di ciò che avrei dovuto fare, slacciai la catenina e lo posizionai sul palmo destro. 

Ebbi un momento di esitazione, c'era ancora l'esame da affrontare e io in quel momento non ero abbastanza in me per poter fare qualsiasi cosa, figuriamocii poi  la prova di matematica della maturità. Ci pensai e ripensai fino a quando non mi resi conto che dopo tanto tempo investito in studio, fatica e preoccupazioni non potevo buttare il lavoro di un intero anno al vento. No, non me lo sarei mai perdonato. Decisi di rischiare. Fallire o riuscire ormai non faceva differenza. Se fosse andata male avrei portato indietro il tempo e ci avrei provato una seconda , una terza volta e così via.

Detti un ultimo sguardo ai corpi pietrificati dei miei amici, feci un respiro profondo e col palmo aperto pronunciai l'incantesimo che in qualche modo mi era balzato in mente, era dentro di me. Dalla mano partì una luce argentea che oltrepassò i muri e ricadde polverosa su tutti e tutto ciò che si era bloccato. Ogni cosa riprese il suo ritmo e il tempo a scorrere esattamente come nel momento esatto in cui si era bloccato, tranne che io me ne stavo in piedi con uno sguardo perso.

<< Ginevra Gordon, cosa ci fai in piedi?! Siediti subito o ti annullo l'esame. >>

Anche se sapevo che si trattava di una falsa minaccia mi affrettai a sedermi con uno sguardo sognante dipinto sul volto e in qualche modo riuscii a cominciare e portare a termine l'esame con quelli che si rivelarono più che ottimi risultati.


E' passato un mese esatto da quando è accaduto tutto ciò e da allora hanno già cominciato a cambiare molte cose. Ora sono pronta a iniziare una nuova vita  e, anche se la cosa ancora mi spaventa, so di avere il tempo dalla mia.


  
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