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Autore: freddyemo    08/01/2007    1 recensioni
"Non ci sono nomi, non ci sono identità, solo Lui e Lei che operano in uno scenario spento, incolore, direi l'elegantemente monocromatica e mesta quotidianità che mai cambia e svolta, rimane sempre la stessa continuità conservata in un paesaggio ripetitivo e conosciuto... talmente tanto conosciuto da dare la nausea. Sembra un controsenso, ma nulla veramente muta: neanche il paesaggio che Lei "rimira" seduta sulla Sua "solita panchina di pietra" indica un reale cambiamento.. tutto è sempre lì, fermo, statico, addirittura anche i lavori in corso per il nuovo palazzo.." La mia prima one-shot, una delle tante pubblicazioni, un amore finito ed infinito fra due Mods... Dedicato alla mia bestfriend Mod e all'amore che l'ha distrutta..
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa mesta storia d'amore nacque da una ispirazione profonda, figlia di una canzone che ascoltai tempo fa...
da lì tanti pensieri irruppero nel mio silenzio, afferrai la prima penna che mi venne più vicina e così le parole scivolaron via con l'inchiostro, strette nelle marcate righe del mio quaderno...
Non ci sono nomi, non ci sono identità, solo Lui e Lei che operano in uno scenario spento, incolore, direi l'elegantemente monocromatica e mesta quotidianità che mai cambia e svolta, rimane sempre la stessa continuità conservata in un paesaggio ripetitivo e conosciuto... talmente tanto conosciuto da dare la nausea. Sembra un controsenso, ma nulla veramente muta: neanche il paesaggio che Lei "rimira" seduta sulla Sua "solita panchina di pietra" indica un reale cambiamento.. tutto è sempre lì, fermo, statico, addirittura anche i lavori in corso per il nuovo palazzo; solo la certezza di Lei è davvero viva, il desiderio di vedere qualcosa cambiato, in bene o in male che sia.
E poi... per quanto ai nostri occhi qualcosa potrebbe parer cambiare, a dettar legge è solo l'eternità di un ultimo,vero, incancellabile momento di VERDE SPERANZA...
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NO BUSES
For the Girl with the Green Dress...

Lei era lì, seduta sulla solita panchina di pietra, a stropicciarsi la cravatta scura e a strofinarsi le scarpe vecchie e fuori moda contro le gambe, imbarazzata.
Era la Sua reazione ogni volta che Lui Le passava accanto, la fissava sorridendo e accennava tranquillo un saluto con la mano.
Pochi gesti che come sempre l'avevano stregata.
-C...ciao...- balbettò Lei timidamente al suo passaggio. Lui non spiccicò parola: una guardatina, un sorriso e un gesto della mano... solita sol-fa.
Eppure quel modo di fare sempre più abituale, familiare, vicino, Le scolpiva nel cuore una Speranza, e ravvivava una certezza un po' malinconica, ma decisamente costante, che una svolta presto ci sarebbe stata e avrebbe capovolto i Suoi giorni, positiva o negativa che fosse.
Lei rimase immobile su quella panchina, osservando fino all'ultimo Lui che spariva dietro il vicolo.
Non si mosse per un po', quasi volesse finir di consumare l'aria stessa che delicata aveva accarezzato le membra del Suo Lui.
Poi rimirò quel solito paesaggio e quel cielo cinerino che presto sarebbe stato nascosto dall'ombra nera di un palazzo. I lavori erano stati fermati, ma entro una settimana li avrebbero ripresi di certo.
In quella città nulla era mai come lo si lasciava, eppure l'inutilità di quel posto era sempre la stessa, non c'era mai qualcosa di realmente nuovo che rianimasse la solarità della gente, una gioia deceduta ormai da anni.
Mutavano gli usi, mutava il modo di relazionarsi (certamente più barbarico), ma niente cambiava mai davvero, compreso quel semplice sentimento che La legava Lui, puro come lo si era sempre tramandato da quelle tradizioni ormai logore e abbandonate.
Dopo un lungo e profondo sospiro, Lei si eresse in piedi barcollando lievemente e con un po' di sollievo si diresse verso casa.
Si sarebbe seduta ancora su quella desolata panchina se non avesse presto combinato qualcosa per capovolgere gli eventi; il problema era che Lei non ne aveva il coraggio. Credeva che anche l'ultimo barlume di speranza si sarebbe spento se avesse tentato di rendere migliore il rapporto di conoscenza con Lui.
Alla fine della stradina che aveva imboccato, torreggiava il decrepito palazzo dove Lei viveva con la madre in un umile appartamento.
Sfoderò un esile mazzetto di chiavi e infilò una di queste nella serratura del grosso portone in legno, aprendola. Dopo essere entrata, facendo attenzione a non scivolare sul marmo, risalì la rampa di scale sino a raggiungere il secondo piano, e fece scattare la serratura della porta di casa.
L'eco dei suoi passi risuonò nell'appartamento.
-Mamma, sono tornata.-.
Nessuna risposta.
Probabilmente la madre era uscita per qualche commissione importante poichè risultava innaturale che di Venerdì fosse assente alle due del pomeriggio.
Attraversato il corridoio in penombra, Lei entrò nella sua piccola camera da letto, scagliò la borsa contro il muro come se volesse liberarsi dal peso dell'intelligenza e staccò completamente il cervello, lasciandosi cadere sul soffice materasso.
Rimase solo qualche minuto a contemplare il grigio soffitto, poi si levò le scarpette e sgattaiolò in cucina, con ancora indosso tutti i vestiti e le sue inseparabili calze a pois.
Notò che il pranzo era stato preparato per una sola persona: una tovaglia rosso cupo ricopriva la superficie in legno del tavolino quadrato e ad uno dei lati erano state poste in maniera accurata e quasi simmetrica delle posate, un bicchiere e un piatto di minestra che ancora rilasciava del fumo.
"Evidentemente mamma è uscita da poco" pensò Lei, e mentre spalancava la cigolante anta del frigorifero, notò un foglietto giallo incollato su un angolo metallico del forno. Lei lo lesse: "Tesoro, oggi faccio un inaspettato turno pomeridiano di lavoro, ti ho preparato la minestra per pranzo; in frigo troverai la pizza surgelata da riscaldare in forno se verso la sera dovesse venirti fame. Mi raccomando, studia e non aprire la porta a nessuno.. e non uscire!! Ti ho lasciato un po' di caffè nella mia tazzina (vicino al lavandino). Ti voglio bene. Mamma. PS= tornerò per le 21.".
La sua calligrafia era allungata e sottile, chiara e a volte un po' irregolare.
Come sempre, d'altronde.
Lei si sedette al tavolo e sentendo un po' di solitudine, ingoiò lentamente qualche cucchiaio di zuppa calda. Una manciata di minuti più tardi appoggiò la posata a lato del piatto e fu trascinata via da un vortice di pensieri. Non avrebbe ubbidito alla madre: Lei sentiva la necessità di svagarsi proprio quel giorno, perciò quanto prima sarebbe uscita fuori a passeggiare, senza dar conto a nessuno, senza richiedere la presenza di qualcuno, senza far scomodare gli altri.
Lei di normalità ne aveva vista abbastanza in quei tempi, era stanca di chiudersi in casa, non ne poteva più di quel lineare andamento delle cose e a volte temeva che quella situazione irreale sarebbe durata per sempre in un'agonia spettrale e infinita.
Dopo le Sue solite riflessioni, terminò il pranzo, addentò un ultimo spicchio di mela e alle 18 in punto, spazzolata la chioma, rindossate le scarpette, infilata la giacchina nuova, uscì fuori di casa.
Rabbrividì quando la pungente aria della fredda stagione autunnale Le sfiorò il volto candido; gli acuti fischi degli spifferi fra i rami degli alberi Le riempivano le orecchie.
Era talmente presa da un mondo tutto Suo, che senza accorgersene aveva percorso una lunga strada, una viuzzola che in automatico l'aveva riportata in un posto ormai a Lei molto familiare, dove si rifugiava quando aveva bisogno di addentrarsi nei meandri più profondi della sua mente. Gli occhi di Lei ricaddero sulla solita panchina di pietra; una sagoma scura vi era seduta ad un estremo, somigliante a un normalissimo ragazzo assorto in una lettura molto impegnativa.
Lei si avvicinò cercando di capire chi fosse colui che con una capigliatura molto Beatles le avesse soffiato il posto, e così si sedette al lato opposto a quello del tizio, con gli occhi sbarrati dalla curiosità.
Per qualche istante rimase paralizzata e il fiato Le venne a mancare: l'invadente "colui che le aveva soffiato il posto" ora La stava fissando con un intenso sguardo, i tratti dolci curvati in un aria interrogativa.
Era Lui.
Presero a tremarLe le mani ininterrottamente.
Per un po' nessuno dei due proferì parola, rimasero solo a guardarsi con due espressioni completamente contrastanti: erano solo una imbarazzata ragazzina e un giovane dalle mille domande senza risposta in testa.
Poi lui si raddrizzò e, senza alcuna traccia di evidente stupore e una sua naturale impassibilità, chiese: - Ciao, cosa ci fai tu da queste parti? -.
Nè guardatina, nè sorriso, nè gesto della mano: Lui aveva appena formulato una domanda intera, con un soggetto, un predicato verbale, un complemento e un "ciao", senza essersi lasciato andare alla sua solita litania impiegata come saluto.
- Io... io... io sono venuta qui perchè non avevo nulla da fare a casa... -.
Lui continuò a fissarLa a metà fra un sorriso e un'espressione seria.
- E... e tu? - domandò Lei caricandosi di un coraggio immane, di quelli che mai avrebbe potuto immaginar di disporre.
- Sto aspettando che mi raggiungano i miei amici - e Lui sollevò un po' le spalle.
Dopo quella frase, un lungo e interminabile silenzio invase quel tratto di strada.
Anche il vento si era calmato.
Lei rimase tesa finchè Lui, decisamente più rilassato, non si sollevò in piedi e si voltò verso di Lei con un'espressione gentile.
Una goccia d'acqua cadde giù dal rubinetto della fontanella lì accanto.
- Che ne dici di farci una passeggiata insieme, nel frattempo che aspetto? - propose Lui stiracchiandosi.
Lei assaggiò quella parola delicata in tutta la sua deliziosità, che detta dalla voce di Lui risultava ancora più gustosa e melodica: "insieme".
Poi La assalì un losco pensiero: forse Lei in quell'istante fungeva solo da passatempo? Un semplice modo di esercitare il tempo che Lui aveva a disposizione prima di fuggir via lontano a divertisi con gli amici? Un modo per sgranchirsi le gambe anzichè poltrire su quella panchina di pietra? Le scappò una lacrimuccia: di certo esagerava a pensar tali cose, ma qualsiasi ragazza l'avrebbe fatto di fronte ad un'innaturale proposta dell'uomo amato.
Evitò di piangere e con quanta più forza potesse accumulare, rispose: - mi dispiace ma ora non... non ho voglia di passeggiare, ho cambiato idea, infatti quasi quasi torno a casa...- e chinò la testa.
Lui La squadrò con aria inespressiva, un modo di essere che nascondeva miriadi e miriadi di pensieri, in grado di scorrere talmente rapidi da fornire alla Sua bocca una risposta lampo: - ti accompagno -
- No, non ce n'è bisogno... davvero - rispose in fretta Lei - Ho detto che voglio accopagnarti, non ho nulla da fare, credimi -.
Lei cedette, sorpresa che Lui non si fosse limitato soltanto ad un "sei sicura?".
Così Lui la affiancò nella via del ritorno, osservandola nel silenzio più totale.
Lei annegò nell'imbarazzo, incapace di voltarsi a guardarLo.
Imboccarono una stradina antica e pietrosa, stretta fra schiere di vecchie case, che conduceva ad una ramificazione di vie e vicoletti dove era impossibile il passaggio di automobili.
La stradina si immise nella solita via dalla quale già da lontano si avvertiva la forma irregolare del grande palazzo di Lei.
Questa spalancò le labbra con l'intenzione di parlare, ma si pentì subito e non emise alcun suono, richiudendo la bocca.
Man mano che camminava, le Sue guancie assumevano un colore più vivo e lentamente Lei prese a voltarsi verso di Lui, incrociandone gli occhi.
"E' un ragazzo bellissimo" penso Lei "e dire che per lui mi sento una qualsiasi, un puntolino nella massa, un essere invisibile... non pretendo tanto, vorrei solo potergli stare accanto, seguire con attenzione i suoi movimenti, senza timore di guardarlo, senza timore di parlargli, senza timore di abbracciarlo..." sulle gote Le si accese un rosso intenso e si portò una mano sul petto, all'altezza del cuore, come per tentare di calmarne il battito infuriato.
Poi tornò a guardare avanti e con un timidissimo sorriso, sussurrò: - Ecco, io abito qua. - fissando il palazzo in tutta la sua antichità.
Eppure Lui non si mosse per tornare indietro, come se attendesse qualcosa.
Qualcosa che Lei non comprese, e ruotò sospettosa gli occhi su di Lui e sulla sua giacchetta fuori stagione, in particolare fissò il distintivo dell'areonautica britannica finemente ricamato sul taschino.
Lui, con una serietà innaturale, le prese entrambe le mani e La tirò verso di Se con una forza gentile, intrecciò le dita alle Sue, Le sfiorò la guancia con le labbra e poi le depositò quella stessa fugace passione sulla bocca.
Un bacio.
Lei sprofondò in un incanto mortale, e un brivido violento la percosse rapidamente.
Esplose qualcosa dentro di Lei; nella Sua testa non c'era posto per un pensiero, un rimpianto, una lacrima soltanto; vi era solo un caos indistinto di frasi e momenti confusi, mescolati in un impasto troppo scolorito per poter riaffiorare limpidi e nitidi... e quella parola ancora eccheggiava nella Sua mente, con la stessa intensità di sempre...
"Insieme...".
Fu un momento che parve infinito nella sua eleganza, nella sua bellezza, nella sua dolcezza, un desiderio avverato a metà, sigillato nell'eternità di un bacio, labbra contro labbra, destinato a non avere un chiaro futuro, destinato ad avere un passato perfetto nell'ambito della sua tenebra e un presente che nel suo attimo non terminerà mai di compiersi.
Non si sa come finì, nè si potrà mai sapere... di quella vicenda rimase solo un primo e forse ultimo bacio... concessione o amore non si sa...
Eppure ogni "The End" non fa sì che una storia finisca lì: per quanto si trovi sempre per ultima, per quanto paia un controsenso, "Fine" non è la fine di tutto... è solo la parolina magica che suggella quell'ultimo istante rendendolo infinito... l'unica chiave che rende un finale senza tempo... anche questa storia ha la sua The End poichè quel bacio durerà per sempre...
"Insieme..."
THE END

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Ooookei, lo ammetto, ho esitato un po' ad iscrivermi, ma alla fine mi sono decisa ^_^! Beh, che dire, devo ancora comprendere l'utilizzo dell'HTML (cosa ben lungi dalla mia comprensione, quindi ci metterò forse secoli a prenderci la mano, ma vedrò di utilizzare la guida...) e inoltre sono un pochetto intimorita da tutti i "NON" e i "VIETATO" che ci sono in questo sito... cioè, sono giuste precauzioni ed avvertimenti, la webmistress è una persona seria... Mi auguro che commenterete, è la prima pubblicazione su questo sito (anche se ne ho fatte tante altre in altri siti)...
Freddy
P.S. = Che lavoraccio fare copia e incolla di quel codice HTML per porre a capo le frasi.....

  
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