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Autore: Tenar80    24/06/2012    1 recensioni
Io ragiono lentamente, niente intuizioni come esplosioni di dinamite, per me. Questo è il racconto di come ho conosciuto Sherlock Holmes e del perché mi sia fidato di lui. POV di Lestrade
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Tornai verso mezzogiorno. Come aveva detto Sherlock, non era stata Maggie. Aveva tre figli piccoli e la sua maggiore preoccupazione era quella di aver perso il posto. Non è una buona nota sul curriculum l’aver trovato il proprio datore di lavoro morto.
 L’ufficio era nel caos.
 - Perché non l’hai messo in cella? - mi aggredì Sally - Io lo ammazzo.
 - Cos’ha fatto?
 - Si è appropriato del tuo computer e da lì di tutto il sistema informatico. Ha avuto accesso ai casi aperti e ha iniziato a mandare messaggi a tutti i responsabili indicando quelli che secondo lui erano i colpevoli.
 - E le password?
 - Erano banali, ha detto.
 - Cambiate le password e cambiamo i programmi. E i programmatori. - sospirai.

 Trovai Sherlock e gli lanciai un panino.
 - Mangia.
 - La digestione impegna sangue. Lo toglie al cervello. 
 - Appunto. Mangia o ti sbatto dentro. Quello che hai fatto era illegale.
 - Era indispensabile. Avete una marea di casi banali ancora aperti, con le prove lì sotto il vostro naso. Ne ho risolti almeno sette. Dovresti darmi una medaglia, non minacciarmi.
 - Mangia. - ringhiai.
 Con la bocca piena e le mani impegnate sarebbe stato più controllabile.
 - C’è stata una rissa ieri sera nell’isolato di fianco a quello della casa di Harrison. Devo controllare come si sono svolti i fatti.
 - E secondo te le cose sono collegate?
 - Forse. Non bisogna fare teorie prima di aver raccolto tutti i dati e qui non posso farlo. Il mio cervello ammuffisce e l’assassino rimane libero.
 - Tu adesso mangi e rimani qui. Se il veleno si rivelerà diverso da quello che aveva Harrison potrai uscire, se no ti arresto per omicidio.
 Sbuffò e diede un morso svogliato al panino.
 - L’hai comprato nella panetteria vicino alla casa di Harrison. - disse, soprappensiero, - Lo stesso che mangiava lui. Se lo faceva portare ogni mattina.
 Cercai di non ascoltarlo. Volevo mangiare anch’io, ma vidi Sally che mi faceva cenno da fuori la porta. Dovevo lasciarlo di nuovo solo nel mio ufficio? Che il cielo me la mandasse buona.
 - Dimmi. - disse, chiudendo la porta dietro di me.
 - La sua posizione si complica. - disse la donna.
  • Ancora di più? - Improbabile.
 - Harrison riceveva bonifici regolari, 400 sterline la settimana, causale: “Controllo SH”.
 - Chi lo pagava?
 - Questo è complicato. Se cerchiamo di risalire al conto, il sistema continua a darci errore.
 - Vedete di risolvere il problema, in caso contrario sarà ininfluente, in tribunale.
 - Tu però pensi ancora che sia innocente.
 - Si.
 - Perché? 
 - Avevo un compagno così al liceo. - dissi - Su di lui la pensavo come te su Sherlock.
 - Ed è diventato un assassino?
 - Si è buttato sotto un treno a diciannove anni. Qualcuno gli ha dato dello psicotico una volta di troppo.
 Il mio cellulare squillò e mi allontani per rispondere. Quando tornai da Sally, lei vide il mio sorriso.
 - Uno dei detective che Sherlock ha contattato. Hanno arrestato l’uomo che il tuo psicotico ha indicato.  Hanno seguito le sue istruzioni e l’assassino è crollato subito, era un caso aperto da quattro anni. Vogliono sapere il nome del mio consulente.
 - Fortuna.
 - Forse no, Sally.
 Facendomi forza, tornai da lui. 
 Il mio ufficio era ancora intatto.
 - Posso andare? - chiese Sherlock
 Il panino era ancora quasi tutto sulla mia scrivania.
 - No. Sei il nostro principale sospettato, rassegnati. Chi pagava Harrison per avere notizie su di te?
 - Mio fratello. - rispose, senza scomporsi - Io e il professore ci dividevamo i soldi. Era la mia principale entrata.
 400 sterline alla settimana. Del resto Sherlock indossava un cappotto che ne valeva almeno mille e ripensai all’auto elegante che si era fermata vicino a lui.
 - Vorrei volerlo anch’io un fratello così.
 - Mi creda, no.
 Col senno di poi devo dire che aveva ragione.
 - Devo andare a parlare col rettore, posso sperare che non farai nulla di stupido?
 - Posso continuare a risolvere i vostri casi?
 - Aspetta.
 Gli diedi un elenco di detective che non si sarebbero offesi, se avessero avuto un’imboccata. Mi vennero in mente solo tre nomi. Ci fa così paura ammettere di non essere perfetti e dover accettare la superiorità altrui? C’erano delle vittime, maledizione, e dei parenti che aspettavano risposte. Pensai che se avessero ucciso un mio caro avrei voluto che la polizia si servisse di qualsiasi mezzo, anche del diavolo, pur di trovare il colpevole.
 Il rettore mi fece una pessima impressione. Un uomo untuoso e troppo abituato al potere. Ammise la relazione con la specializzanda, ma negò di aver fatto pressioni. In ogni caso stavano ricontrollando le prove d’esame, poteva essere, ammise, che ci fosse stato un errore. 
 - E quello studente, Sherlock Holmes, c’è la possibilità che sia riammesso? - chiesi.
 - La sua condotta è stata giudicata inammissibile da una commissione. - rispose - E comunque era svogliato e incostante, non è una gran perdita per l’università.
 - Il professor Harrison non la pensava così.
 - Un parere contro nove. E poi sarebbe andato in pensione tra poco. So che considerava quell’Holmes una sorta di pupillo e ci teneva a vederlo laureato, ma ne sarebbe rimasto deluso. Era troppo indietro con gli esami e ho una lista di docenti che non lo avrebbero mai accettato nel loro corso.
 Era vero.
 La difesa solitaria di Harrison era del tutto ininfluente per la sorte di Sherlock e dava poco fastidio. Assai meno dei pettegolezzi che il ragazzo aveva scatenato. Il rettore non aveva alcun interesse a vedere Harrison morto, anzi, il suo omicidio gettava un’ulteriore luce sinistra su di lui. Pensai alle teorie di Sally. Possibile che Sherlock avesse ucciso Harrison solo per mettere in difficoltà il rettore? Per cosa? Fare in modo che Molly Hooper avesse il posto al Bart’s, così Sherlock poteva riavere la sua vittima preferita a portata di mano? Un ragionamento da vero psicopatico. Ma fuori dall’università, senza una laurea, Sherlock non poteva continuare i suoi studi e dunque non avrebbe più avuto accesso ai laboratori o a Molly Hooper. 
 Per sicurezza chiamai tutti quelli che in Inghilterra si occupavano di paleopatologia (cinque in tutto). Nessuno era stato contattato da Sherlock per poter riprendere con lui le sue ricerche. Due, quelli che non l’avevano mai incontrato di persona, espressero rammarico per questo. I tre che lo avevano visto dissero che non avrebbero mai voluto avere a che fare con lui, grazie. 
 Era sera. Le analisi sui campioni di veleno per topi non erano ancora pronte. Avrei dovuto tenere Sherlock in fermo. Tutta una notte nell’edificio di Scotlan Yard, uno che era già riuscito ad entrare nei nostri laboratori e nel nostro sistema informatico? Una cella l’avrebbe fermato? Improbabile.
Niente di nuovo. Vai a  casa. Ti aggiorno domani.
L
Risolti tre casi. Siete tutti idioti in polizia?
SH
Quanta gente hai offeso?
L
Non so.  Non influente. Vado a risolvere anche questo. 
Finalmente.
SH
Hai una pista?
L
Dovresti averla anche tu. Hai già le prove. 
Guardi, ma non osservi.
SH
 Non risposi. Mia moglie mi aspettava. Mi fermai a prenderle un fiore e pensai che, per fortuna, nella mia vita non c’erano solo i casi da risolvere.
Note. Ecco qua, il giallo è quasi al termine. Sherlock gli avrebbe dato un 3, credo, e non se ne sarebbe mai interessato, se il morto fosse stato un alto. 
In questa parte non ho resistito alla tentazione di inserire la storia del denaro pagato da Mycroft anche se, di fatto, non porta avanti la trama. Ne Uno studio in rosa, quando Sherlock dice a John che avrebbero potuto dividerli, ho avuto la netta impressione che Sherlock lo avesse già fatto prima. E’ da quella scena che è nato il professor Harrison. 

   
 
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