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Autore: Lue    24/06/2012    4 recensioni
[Annie/Finnick]
La prima tregua che ho dalle ombre ha il colore marino dei tuoi occhi.
Mi trovo distesa su un divano, in una stanza pulita, inondata di luce. Tu sei accovacciato ai miei piedi e si vede che cerchi di sorridere, ma c’è come un dolore di fondo, che non riesco a cogliere bene, che ti frena. Non ho paura di te, per qualche strano motivo.
“Sono Finnick, Finnick Odair. Mags mi lascia… stare un po’ con te. Ma tu non mi ascolti nemmeno, vero?”, mormori passandoti una mano tra i capelli rossi. Mi fissi sorpreso poi, quando ti accorgi che ti sto guardando anche io.
“Finnick Odair, mi piace il tuo nome”, cerco la tua mano e te la stringo forte, perché la mia mente si sta spegnendo e i ricordi dell’arena cominciano già a soffocarmi.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è strutturata in 3 parti: la prima e l'ultima dal punto di vista di Finnick, la seconda dal punto di vista di Annie. E' un pezzo della loro storia.


Mi piace il tuo nome




 

 

“There's a palace a fallin',
There's a smoke in the sky.
There's a boy running downhill to the lowlands tonight
And he's catching the train to where he's heard you have been.
He's a fool now among us, a dreamer within,
Dreaming of you”.

[“A Lion’s Heart” – The Tallest Man On Earth]*



FINNICK

Ti incontro per la prima volta quando il tuo nome viene estratto alla Mietitura.
La folla si separa davanti a te, e tu rimani a guardarti intorno con gli occhi sbarrati, come a chiedere conferma che questo non sia solo un incubo, o semplicemente a pregare che qualcuno ti porti via.
Mags mi dà una gomitata, e mi sussurra all’orecchio: “Aiutala”.
Scendo dalle scale del palco velocemente – intorno a me c’è solo silenzio – e quando ti sono davanti ti tendo la mano. Ti ci aggrappi come se fosse un’ancora di salvezza.
Mi resti attaccata anche quando viene estratto il nome del secondo tributo.
“Gregory Hartman”.
“No”, emetti un sussurro soffocato e affondi il viso contro la mia spalla. Ti stringo forte la mano, e poi ti mormoro all’orecchio, “Lo conosci?”.
Tu annuisci piano.
“È mio amico”.
 
“Annie Cresta, dal Distretto 4!”.
Avanzi sul palco verso Caesar in un lunghissimo abito azzurro, e la folla di Capitol City scoppia in un fragoroso applauso.
Mi volto sorpreso verso Mags, “Cosa… perché applaudono così?”.
Lei sbuffa e scuote la testa, “Perché è bella, Finnick,ecco perchè”.
Sei bella? Non ci ho mai fatto caso, troppo preso da trovare battute e scherzi divertenti, che ci distraessero dall’inevitabile: il pensiero della morte imminente di uno di voi due. O di entrambi.
Ma ora che ti guardo davvero me ne accorgo: certo che sei bella, sorridi in modo talmente genuino e dolce che… Non lo so, d’un tratto le acclamazioni del pubblico mi infastidiscono. Vorrei rubarti ai loro sguardi, tenerti protetta da qualche parte.
Mentre Caesar ti congeda invitandoti ad alzarti, fai scorrere lo sguardo tra il pubblico. Appena mi trovi mi rivolgi un grande sorriso. Io alzo il pollice e poi sposto subito lo sguardo: c’è qualcosa di doloroso nel guardarti.
Dev’essere che dopo quattro anni tu e Greg siete gli unici tributi decenti a cui io e Mags facciamo da mentori, e io so bene che gli Hunger Games non sono un gioco. Proprio per niente.
 
Mancano meno di dodici ore all’inizio, e io mi trascino stanco per il corridoio, diretto verso la sala da pranzo. Entro nella stanza mentre tu stai per uscire, ma quando mi vedi ti fermi.
“Posso rimanere anche io?”.
Mi viene da sorridere e poi ti faccio un cenno verso il divano, “Certo”. Non mi va di scherzare, quindi rimaniamo seduti vicini per moltissimo tempo prima che uno dei due osi parlare.
“Finnick”, inspiri, “Com’è vincere?”.
Vorrei trattenermi, davvero, vorrei dirti che è fantastico, che devi vincere per quello che avrai dopo, che ti sentirai potente, un’eroina, che tutti ti adoreranno, che la tua vita sarà meravigliosa. Ma non ci riesco.
“È orribile, ecco com’è”, sputo fuori, “Una volta che sei uno dei Vincitori niente ti appartiene più. Sei proprietà di Capitol City, e sei obbligato a fare… fare cose che…”. Non ho più voglia di continuare.
“Mi dispiace. Vorrei che tu fossi felice”, dichiari, fissandomi dritto negli occhi.
Una fitta allo stomaco che non so definire.
“Perché?”, ridacchio, nascondendo il dolore leggero che mi opprime il petto.
Alzi le spalle e scuoti i capelli in una risata.
“Perché sì. Per lo stesso motivo per cui non volevo lasciare la tua mano quel giorno, il motivo per cui vorrei poterti proteggere da tutte queste cose cattive, il motivo per cui cercherò di vincere, così forse soffriremo tutti e due, ma saprò di non averti abbandonato. C’è tanta bellezza dentro di te, Finnick Odair”, sorridi dolcemente, “E mi piace tanto il tuo nome”.
In quel momento, giuro che ti proteggerò per sempre.
 
Mi accorgo di amarti appena il tuo profilo appare nell’arena, sul mio televisore.
È una sorpresa che mi fa rimanere a bocca aperta.
“Mags! Mags!”, esclamo. Lei accorre trotterellando verso di me. “Dobbiamo fare qualcosa, Mags! Dobbiamo trovare degli sponsor per lei, tantissimi sponsor! O pagherò io i doni… Credi che ce la farà?”, mormoro, torturandomi le mani con un pezzo di corda annodato.
Mags mi guarda con tenerezza, “Abbiamo due tributi, Finnick, non uno, non solo Annie”.
Alzo gli occhi su di lei, e so di sembrare pazzo.
“Dobbiamo farla uscire da lì, viva. Importa solo lei”.
 
E invece mi devo ricredere quando in diretta nazionale la testa di Greg vola contro un albero, povero ragazzo, e il sangue ti schizza addosso, lasciandoti tremante e disperata. C’è solo sangue intorno a te, sangue e cadaveri fumanti. Ti tappi le orecchie con le mani e cominci a urlare.
“Qualcuno la troverà!”, urlo a Mags, “Deve calmarsi!”.
Ma tu non ti calmi, continui a urlare con tutto il fiato che hai in corpo, sono urla isteriche, urla che non ti appartengono, finchè non sei costretta a tacere da una cascata d’acqua che ti si riversa addosso. Sei una nuotatrice, siamo bravi noi del Distretto 4, ma questo non basta a cancellare la mia paura per te, perché nuoti in maniera del tutto meccanica, come se fossi un robot, non un essere umano, non Annie.
Quando viene proclamata la tua vittoria, Mags guarda il tuo viso magro e pallidissimo, da cui non traspare più nessuna emozione, ripassa con un dito sulla televisione i solchi lasciati dalle tue lacrime nello sporco sulle guance. Sembri spenta, guardi fissa verso un punto lontano e ti lasci trasportare fuori dall’arena senza opporre alcuna resistenza.
“Se n’è andata”, mormora Mags.
“Cosa vuoi dire?”, l’aggredisco, “Ha solo avuto un piccolo shock, non sta… non è… diventata pazza!”.
Guardo Mags con aria di sfida, e i suoi occhi colmi di compassione mi fanno montare ancora di più la rabbia.
“Vedremo, va bene?”, urlo, “Vedremo come si rimetterà, e come… come avrò ragione io!”, mi volto trionfante, deciso ad uscire e venire a trovarti e accertarmi che non c’è niente che non va, che stai bene. Ma la mia espressione si raggela quando noto un uomo in camice fermo sulla porta della stanza.
“L’abbiamo portata dentro”, annuncia a bassa voce, “Ma… non pensiamo ci sia più molto da fare”, sospira, “È viva, ma se n’è andata”.
 
 

ANNIE

La prima tregua che ho dalle ombre ha il colore marino dei tuoi occhi.
Mi trovo distesa su un divano, in una stanza pulita, inondata di luce. Tu sei accovacciato ai miei piedi e si vede che cerchi di sorridere, ma c’è come un dolore di fondo, che non riesco a cogliere bene, che ti frena. Non ho paura di te, per qualche strano motivo.
“Sono Finnick, Finnick Odair. Mags mi lascia… stare un po’ con te. Ma tu non mi ascolti nemmeno, vero?”, mormori passandoti una mano tra i capelli rossi. Mi fissi sorpreso poi, quando ti accorgi che ti sto guardando anche io.
“Finnick Odair, mi piace il tuo nome”, cerco la tua mano e te la stringo forte, perché la mia mente si sta spegnendo e i ricordi dell’arena cominciano già a soffocarmi.
Tu non ti allontani e non cerchi di asciugare le lacrime che mi scorrono silenziose sul viso. Ti siedi accanto a me e mantieni la presa sulla mia mano, così che le nostre dita sembrano due corde intrecciate, di quelle che usano i pescatori del nostro distretto.
Ed è così… così bello, è una sensazione davvero piacevole, come quando Mags mi pettina i capelli e mi canta una canzone, è così bello che non mi viene da urlare nonostante ormai io mi senta svanire.
Precipito giù, ed è tutto freddo buio cattivo doloroso, ma il calore delle tue dita è come una piccola luce, una piccola speranza per me.
 
Quando mi risveglio c’è solo Mags. Siede su una poltrona di fronte a me e giocherella con un filo del cuscino.
Dove sei? Dov’è la mia speranza? Comincio ad ansimare e prima che me ne accorga sto piangendo.
“L’hanno preso!”, urlo a Mags che si avvicina per calmarmi, “L’hanno preso come Greg, l’hanno ucciso!”, strillo.
Mags mi abbraccia forte, ma io comincio a gridare, sento le loro urla e mi divincolo dalla presa della mia vecchia mentore. Corro veloce giù dalle scale ma arrivata all’ingresso mi lascio scivolare contro il muro. Sono sopraffatta dal dolore, la mia testa continua a girare, ed è come se qualcuno mi stesse picchiando a sangue.
Il suono dei singhiozzi di Mags mi calma di colpo. Mi asciugo gli occhi e giro di scatto la testa.
Lei è accanto a me, e mi posa due baci sulla guancia, “Cosa ti hanno fatto, piccola Annie?”, sussurra disperata, carezzandomi il viso con le sue mani rugose. Vorrei risponderle ma non posso.
Dopo un tempo che sembra infinito ci alziamo e Mags mi guida verso la porta della casa. Probabilmente sono qui da molto tempo, ma i miei ricordi sono troppo confusi, non ho idea di quello che mi aspetta fuori.
E la sorpresa e la gioia sono talmente violente da farmi barcollare.
Il mare.
Comincio a ridere forte e mi getto alla rincorsa delle onde, tolta la vestaglia, buttate tra la sabbia le pantofole, è una libertà nuova, che mi riempie il cuore.
Smetto di correre e saltare quando sono troppo stanca, e mi lascio ricadere in riva al mare, esausta ma felice.
Mags mi si avvicina sorridendo, e poi mi fa cenno di voltarmi.
“Finnick Odair!”, esclamo. Mi tiro su da terra e corro verso di te, e devo sembrare davvero buffa, nuda e piena di sabbia, perché scoppi a ridere e non finisci nemmeno quando mi getto tra le tue braccia. Mi stringi piano, goffamente, come se avessi paura di ferirmi.
“Puoi abbracciarmi forte, sai”, ti sussurro all’orecchio, “Non mi rompo, giuro”.
Allora tu mi stringi di più e sollevandomi mi fai girare, mille giravolte insieme e il rumore scrosciante delle tue gambe schiaffeggiate dalle onde, il suono dolcissimo della risata di Mags, della tua e della mia, e sono felice, sono davvero felice.
“Sono felice, Finnick Odair, ti ringrazio”, mormoro quando mi poggi delicatamente distesa sulla spiaggia. Faccio in tempo a vedere un lampo di gioia nei tuoi occhi colmi di lacrime, che mi addormento.
 
“Ma tu non ti ricordi proprio di me?”, ti azzardi a chiedermi in un pomeriggio di sole.
Siamo seduti in riva al mare, come ogni giorno. Il mio sguardo si posa sui granelli di sabbia sotto i miei piedi. Rimango a fissarli finché perdo la cognizione del tempo e dello spazio.
Mi risveglio solo quando mi sfiori delicatamente un polso.
Allora ti guardo sorpresa. Il sole sta già calando, e mi chiedo quanto tempo sono rimasta “in apnea”. È così che la chiama Mags, dice che è come se fossi sott’acqua, insensibile a suoni e odori. E a volte ci resto per ore intere.
“No, non mi ricordo”, ti rispondo, “Dovrei?”.
“Sì”, sospiri, “Forse dovresti, ma cosa importa, dopotutto? Siamo qui, adesso, io proteggo te e tu proteggi me, come mi avevi promesso”.
“Te l’ho promesso? Davvero? Perché?”, mi incuriosisce questa cosa.
“Perché ci volevamo molto bene, Annie”, mi spieghi con gentilezza, “Anche se non ce lo siamo mai detti”.
All’improvviso mi viene una voglia irrefrenabile di ridere. Scoppio in una risata fragorosa mentre tu mi guardi interrogativamente.
“Cosa? Perché ridi?”.
“È proprio da sciocchi, che non ci siamo detti che ci volevamo bene”.
E so che pensi che ho ragione, perché sorridi e piangi insieme, e poi mi baci sulla guancia e rimaniamo abbracciati a guardare il tramonto.
“Puoi dirmelo adesso però, se vuoi”.
“Ti voglio bene, Annie”.
“Anche io, Finnick Odair”.
 

FINNICK

Da più di cinque anni, io penso a te ogni giorno della mia vita.
Penso a te quando vedo una cosa bella, e vorrei rubarla e portartela.
E penso a te quando qualcosa mi fa paura, perché so che dovrò far sì che non ti possa spaventare mai.
So solo adesso che non ti rivedrò più, ma mi porto dentro, per non sentire il dolore che mi dilania il corpo, la tua risata e i tuoi capelli, Annie, le tue mani piene di sabbia, i tuoi silenzi lontani che ho cercato di guarire col mio amore, la nostra torta di nozze, quel vestito verde, tutta la felicità del mondo incanalata nei nostri occhi, le nostre dita che si intrecciano mille volte, non ci lasceremo mai, il tuo modo di chiamarmi, “Finnick Odair, mi piace il tuo nome”.
Anche a me piace il tuo nome, Annie, mi è piaciuto sempre, ricordalo, ricorda come ti ho amato e come ci siamo salvati a vicenda, perché forse è questo lo scopo dell’amore, è proteggersi e salvarsi sempre.
Penso che chiuderò gli occhi, Annie, un po’ come fai tu quando il mondo è troppo brutto per non rifugiarsi nei sogni.
E stanotte voglio sognare i tuoi occhi.
 

* “C’è un palazzo che sta crollando,
C’è del fumo nel cielo.
Stasera c’è un ragazzo che corre giù dalle colline verso le pianure,
Prenderà il treno che porta al luogo dove si dice tu sia.
È solo uno stupido tra noi altri, è un sognatore nel cuore,
E sogna di te
”.


 

   
 
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