Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: bounty    09/01/2007    0 recensioni
una casa maledetta, un sogno o forse un incubo, uno sbattere d'ali, un'amicizia, un amore...
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cammino da sola lungo il viale, sono stanca, stanca di Chiara e delle sue paranoie, stanca di Marco che ultimamente stento a riconoscere, stanca dei miei che non fanno altro che starmi addosso, stanca di questa pioggia che continua a cadere incessante da più di tre giorni e che mi bagna il viso e mi penetra nelle ossa, sono stanca di questo posto, di questo stupido paese che non potrà mai offrirmi nulla, stanca di quel vecchio palazzone grigio che adesso pian piano vedo spuntare dietro l’angolo illuminato dalle luci giallognole dei lampioni, penso a quanto sia inutile la mia vita, penso che non mi è mai successo nulla di straordinario e intanto mi avvicino sempre più a questo stesso portone sotto il quale per la prima volta i miei occhi e quelli di Marco si sono incrociati, mi fermo davanti ai battenti e inizio a frugare disordinatamente nella mia borsetta di pelle nera, un regalo di Chiara per il mio 17esimo compleanno, ricordo quel giorno come fosse ieri, eravamo io, Marco, Chiara e Caterina, gli inseparabili, già inseparabili, almeno fin quando Caterina non ha deciso di andarsene, di mollare tutto. È da allora che Chiara non fa altro che essere in pensiero, non smette mai di preoccuparsi, di chiedersi dove sia andata sua sorella che oramai non si degna neppure di telefonare ogni tanto e inoltre ha da badare a sua madre, sua madre che ormai non riesce più a fare nulla, sua madre che si era ritrovata improvvisamente senza una figlia quando già da due anni non aveva più un marito, sua madre che non sa più vivere e forse anche Chiara sta dimenticando come si fa. Maledetta serratura, forza apriti! Salgo le scale di corsa, ne ho sempre avuto paura, delle scale, e ogni tanto, quando rientro a casa tardi, ho paura che quei quadri dall’aria sinistra sui pianerottoli prendano vita e mi catturino. Quand’ero piccola Cate mi diceva che quei quadri erano posseduti da demoni ed angeli che, prigionieri di quelle antiche tele, combattevano una millenaria guerra tra bene e male. Mi fermo un attimo a prendere fiato tra il terzo e il quarto piano dove dalla sua sudicia cornice di faggio fa capolino un uomo nero che trascina qualcosa di apparentemente sofferente e tiene stretta nel pugno un’accetta. Questo è il quadro che mi spaventa di più, per fortuna quello sul mio pianerottolo rappresenta un sorridente venditore di cocomeri che, al contrario del figuro in nero, mi ispira una certa simpatia, ma per raggiungerlo devo salire ancora una rampa di scale. Poso la punta della mia Nike sul primo scalino e…salta la corrente. Il palazzo piomba nel buio più totale. Ecco: ci mancava solo questa. Non sono una che si spaventa facilmente, ma non sono proprio dell’umore giusto dopo una giornataccia come quella che ho appena passato, ho rotto con Marco ho litigato con Chiara e ho avuto un impreparato all’interrogazione di chimica e poi tutti i pensieri sui demoni e gli angeli dei quadri e adesso sono al buio e do le spalle ad un quadro spaventoso e mi viene in mente che alla mia sinistra c’è la porta di una casa maledetta, si si, proprio maledetta, nessuno è riuscito a viverci per più di un mese e adesso è disabitata da più di un anno e pensando a tutte queste cose mi viene la pelle d’oca, mi infilo la mano nella tasca dei jeans alla ricerca del cellulare per farmi un po’ di luce e nel farlo ho l’impressione che qualcosa alle mie spalle si stia muovendo, un fruscio, poi uno scricchiolio e di nuovo il silenzio, sarà tutta soggezione, ma non ho intenzione di rimanere ferma un secondo di più, sfilo il cellulare dalla tasca e illumino i gradini davanti a me, mi metto a correre e mi fiondo davanti alla porta di casa, dimentico persino che ho le chiavi e busso forte il campanello, che sciocca! Sono le 2:00 del mattino: avrò svegliato tutti. –Edel, ma che ti prende? Hai dimenticato le chiavi?- è mia madre che mi guarda assonnata sotto la sua camicia da notte di flanella lilla, le dico di si, e le chiedo scusa. Le poso un bacio sulla guancia e mi affaccio dalla porta della stanza di mio fratello per assicurarmi di non aver svegliato anche lui, per fortuna no, dorme ancora, ha il sonno pesante Paolo. Papà non è ancora tornato, fa il turno di notte oggi. Apro la porta della mia stanza, la mia “tana” così mi piace chiamarla, perché mi ci rifugio quando ho l’impressione che tutto il mondo mi sia contro, allora mi butto sul letto ancora agitata e quasi mi aspetto che da dietro le tende della finestra faccia capolino un essere spaventoso, quando la porta si apre sussulto, ma tiro subito un sospiro di sollievo quando mi accorgo che c’è mia madre dietro la porta che mi sorride stanca: -Hai voglia di parlarne?- come fa a saperlo? –Chi te l’ha detto?- gli dico –è passata Chiara.- no non ho voglia di parlarne, sono successe troppe cose tutte insieme, sembra che la mia vita sia andata a rotoli in sole 24ore e no, non voglio parlarne, non voglio proprio. Faccio spazio a mia madre sul letto e lei mi si siede accanto, le appoggio la testa in grembo e lei mi accarezza i capelli, proprio come quando ero bambina, e così tutto sembra svanire, le preoccupazioni, le ansie, anche il dolore e la paura sono ombre lontane, ora sto bene, sono al sicuro e mi addormento.
  
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