Zacky era rimasto solo, completamente solo. Aveva perso tutto: gli amici, la famiglia, la voglia di vivere. Da nove giorni, Zacky era morto. 
Nessuno sapeva come potesse essere possibile che lui fosse ancora in vita: da nove giorni non mangiava e non dormiva. Nessuna emozione compariva sul suo volto. Perché Zacky non era triste, per niente. Non era nervoso. Semplicemente da nove giorni si limitava ad esistere. 
I suoi amici avevano provato a farlo parlare. Avevano fatto di tutto per convincerlo a uscire. Niente: Zacky si era chiuso in se stesso. Non toccava cibo. Non usciva. Si alzava solo se strettamente necessario. Non appena il sole cercava di illuminare la stanza, lui chiudeva le tapparelle. Non dormiva più di due ore al giorno. Il suo volto era più pallido del solito. Gli occhi verdi si erano spenti in un grigio tenue. Due profonde occhiaie segnavano il suo sguardo. Inoltre era tremendamente dimagrito: la pelle chiara lasciava intravedere la sua ossatura. 
Coloro che gli avevano promesso di stargli per sempre vicino erano stati i primi ad abbandonarlo, pochi giorni prima. Dopo i vari tentativi si erano stufati. Sua madre lo credeva pazzo. Suo padre aveva proposto di lasciarlo decidere sulla propria vita. A Zacky non importava più nulla della sua vita, non aveva nulla da decidere. Tutte le sue emozioni e i suoi sentimenti erano morti insieme a Brian. Da quando l'immagine del corpo senza vita del suo amato, dei suoi occhi spenti, del volto livido e della bocca semiaperta gli si era presentata davanti agli occhi, Zacky era crollato in uno stato di coma che lo faceva sembrare un vegetale. Non aveva pianto. Non si era neanche presentato al funerale. 
Era seduto su una sedia di legno in preda ai ricordi, ma neanche quelli avevano alcun effetto su di lui. Le ossa gli facevano male, la testa gli girava, le labbra secche e gli occhi lucidi fissi in un punto indefinito. 
Dopo nove giorni, il suo volto assumeva un'espressione.
Dopo nove giorni i suoi occhi si inumidivano.
Dopo nove giorni le sue labbra si curvavano in una sottospecie di sorriso. 
Dopo nove giorni il dolore fisico si faceva sentire, lo stordiva, lo stava lentamente mangiando vivo. Una lacrima gli rigava la guancia bianca.
Dopo nove giorni la sua tortura giungeva finalmente al suo termine. Il suo respiro già sottile si affievoliva sempre più. Una seconda lacrima scivolava lentamente sul suo viso. Nella sua mente sparivano poco a poco tutti i pensieri, le ossa si facevano sempre più pesanti così come le palpebre, tanto che non riusciva più ad aprirle. 
Dopo nove giorni, il cuore ferito di Zacky batteva per l'ultima volta, ponendo fine alla sua lunga agonia. 




Angolino dell'autrice:
Allora, se qualcuno è arrivato fin qui volevo chiedergli un parere, che sia negativo o positivo. 
A presto, e grazie per avermi dedicato dieci minuti *si sente importante*
Un abbraccio,
Ilaria.