Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: sakura_hikaru    26/06/2012    1 recensioni
Shonen-ai. Da leggere dopo I sette sorrisi.
C'è stato un bacio. Ma ancora non basta. La paura la fa da padrona.
E un evento drammatico, finisce per essere un'occasione unica per Shin e Shu.
P.s. La poesia iniziale è mia ... anche se, in realtà, più che poesia sono penseri ...
Si situa poco prima di un episodio del romanzo "Yoroi Gaiden" (da noi non pervenuto): la prima parte della serie si è appena conclusa e Shu accompagna Shin a casa propria quando viene a sapere che la madre sta male.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cye Mouri, Kento Rei Faun
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quand'è stato che il bambino ha smesso di piangere?

Mi ricordo del suo primo pianto, quello forte, viscerale, vitale.
Era la vita che gridava il suo inizio, fulgorante, magnifico, tragico.
Era così semplice piangere da bambino.
Bastava poco, a volte pochissimo ... un rimprovero, una caduta, una presa in giro.
E giù lacrime, come matti, e singhiozzi di quelli che rimanevano in gola a lungo.
Ed era così difficile strapparteli di dosso.
Sei un bambino grande, non è più tempo di piangere.
E' tempo di essere forti.

Quand''è stato che l'adulto ha imparato a non piangere?

Le regole, la buona creanza, l'essere 'troppo grandi'.
Ma non siamo mai stati troppo grandi per commettere errori.
E ridere, arrabbiarci, farci male, fare del male e chiedere scusa.
Cosa c'è di diverso nelle lacrime?
E' qualcosa di innaturale? Osceno? Oppure impuro?
Forse è sbagliato.
Perchè quanto ti guardano, adulto, piangere vedono solo vergogna e pietà e meraviglia.
Ma se è il bambino a piangere, allora sono carezze e abbracci e baci.

Le lacrime di un adulto non sono le stesse di un bimbo?

Eppure piangiamo per le stesse cose.
Piangiamo per dolore, felicità... se ci lascia qualcuno o se qualcuno ritorna.
Se ci facciamo male, se sbagliamo e perdiamo qualcosa per sempre.
Forse perdere colui che ha scacciato i demoni del buio,
Per infinite notti,
Non può essere comparato a un amore che ci lascia.

Allora perchè le lacrime hanno il medesimo sapore?


***
Hai pianto l'altra notte.
L'ho sentito, attraverso le coperte.
Era un pianto chiaro, sincero ... così sincero che mi son ritrovato a piangere, assieme a te, immerso nella mia solitudine, tu nella tua.
Non so cosa sia successo.
Oggi è stata una giornata normale, tranquilla, quasi rilassata.
Non riesco a farmi una ragione di quel pianto. Non riesco a cancellare i tuoi singhiozzi dalla mia mente e il frusciare candido delle lenzuola attorno a te, mentre cercavi di chiuderti, ancora di più, in quel piccolo bozzolo che mi fa tanta paura.
Non credere che non sia venuto da te perchè non volevo, non pensarlo nemmeno. E non cercare  spiegazioni nella mia insensibilità o nel mio sonno.
È così tanto tempo che il mio sonno vive assieme al tuo: mi addormento ascoltando il tuo respiro, nella veglia che precede il sonno percepisco il lento scivolare della tua mente nei vasti territori dei sogni. E il mio risveglio … beh, in quello riesco ad anticiparti. Tu credi di svegliarmi, ma io ho abbandonato da tempo il regno dei sogni per immergermi in quello del sogno più bello.
Guardarti fluttuare nel regno del sogno, abbandonarti liberamente, privo di paure, al mondo.
È l'unico momento che mi concedi, l'unico che posso rubarti senza che tu riesca a ritrarti da me.

***
E' stata una settimana. Una solamente da quando ci siamo baciati, una da quando ci siamo dichiarati. Una da quando mi sento così felice … e infelice allo stesso tempo.
Temo che la sincertità, per noi, non abbia funzionato. Comincio a pensare che, forse, avremmo dovuto continuare a rincorrerci l'uno con l'altro.
O forse sono io che ho sempre rincorso te.
Io … non lo so più. E ho paura a chiederti cosa sia successo.
Doveva essere la nostra felicità, dovevamo custodirla l'uno dell'altro.
Ma dopo quel bacio, dopo quel giorno, ti sei allontanato da me. E io ho avuto paura di rincorrere la tua schiena, di cercare il tuo sorriso. Avevo paura di non trovarli. E ora la paura è più simile a certezza.
È iniziato il giorno successivo, quando hai evitato il mio sguardo e io ho pensato a imbarazzo; poi  è stato il mio tocco ad essere evitato e Touma ha scherzato, dicendo che certe cose con te son da farsi quando si è soli. Quando poi è stata la parola che non mi hai voluto rivolgere, se non qualche frase di circostanza, i ragazzi si sono guardati un po' straniti, poi hanno guardato me e han sospirato. Odio i sospiri, nascondono troppo e non dicono mai nulla.
E stanotte, stanotte è stato l'apice di tutto.
Le tue lacrime solitarie, il tuo silenzio. Non mi hai nemmeno chiamato, il solo conforto ti è stato dato dal cuscino, dal silenzio, dal buio. Non mi hai chiamato … e io non sapevo come raggiungerti.

***
Poi tutto è stato un rincorrersi di eventi. Tua madre malata e la telefonata che, in fretta e furia, ti ha avvisato dell'accaduto.
Ho visto le tue spalle tendersi in un'agonizzante paura, i tuoi occhi già così grandi diventare un enorme specchio dell'inevitabile perdersi.
"Devo andare" hai detto. "Devo ... devo vedere ...".
E saresti corso da lei, così, solitario in un viaggio troppo lungo da essere affrontato da solo. E mi avresti lasciato alle spalle. Me e i ragazzi. Perchè tu faresti tutto da solo, forse perchè sei stato abituato a farne tante di cose, da solo. Non è che non concepisci la compagnia ... l'ho sempre visto come sei amabile, come attiri anche solo naturalmente il calore, l'amore, la sola attenzione di chi ha l'onore di conoscerti.
Però assieme a quel naturale magnetismo c'è una cosa che ti accompagna sempre.
La vedo, ogni giorno ... l'ho sempre vista, sulle tue spalle. Accompagna la tua ombra, ti segue e ti tormenta, ma è come una presenza che non riesci a mettere da parte. Come se facesse parte di te da sempre.
Temere la tua stessa paura ... se lo dico ad alta voce sembra quasi una frase insensata.
Ma se ti osservo, se riempio i miei occhi di ogni tuo gesto, parola, pensiero... tutto acquista un senso terribilmente reale.

***
"Vengo con te". L'ho detto con trasporto, ma non senza pensarci. Io voglio stare con te. Se ti ho detto ti amo non ho mentito. Ma voglio che il mio 'ti amo' sia concreto, reale. Voglio che lo senti ed ora credo che tu abbia più bisogno di percepirlo, da me. "Vengo con te, hai bisogno di compagnia".
Ci siamo scelti?
Non lo so ... si sceglie quando si conosce, si valuta.
No, non è una scelta che ci ha portati a questo punto.
E' stato il caso?
Le cose casuali non fanno per noi. Come se fossimo dei manichini fluttuanti che s'incontrano per sbaglio.
No, nemmeno il caso o il fato.
E' stato così ... così perchè non poteva finire altrimenti. Era inevitabile, ma non per un fato. E' stata solo una questione di cuore.
Istinto, cuore, natura ... chiamiamola come vogliamo.
Ma era così che doveva finire.

***
Corre il treno, corre verso la sera e corre verso il tuo mare. Raggomitolato sul tuo posto, non riesci a distogliere lo sguardo dal paesaggio che vola via silenzioso attorno a noi. Il giorno è lungo e caldo, ma le percezioni delle realtà, su questo treno così veloce, sono distorte.
E io qui, di fronte a te, senza una parola giusta che la bocca riesca a dire. Ti guardo soltanto, quello senza pudore ... credo che tu percepisca il mio sguardo, ma la tua mente non riesce proprio a distogliersi da ciò che la preoccupa di più.
Non recrimino, non potrei mai farlo. Amo la mia famiglia e so che il tuo cuore è immenso e la tua famiglia è al suo centro. Non potrebbe essere altrimenti, no?
E' solo che mi sento un pò inutile e, forse, speravo di attirare la tua attenzione e smuovere un pò quest'atmosfera soffocante. Solo per parlare, ascoltare le tue preoccupazioni ... ma anche solo per sentire il tuo sfogo. Se mai volessi farmene dono.
Afferro i bento che Nasty ci ha preparato in fretta e furia - tu eri troppo confuso e occupato con quel poco che hai gettato nella borsa - e te ne porgo uno, a mezz'aria. Ti riscuoti finalmente, forse hai veduto il mio movimento nel vetro, e abbassi quel tuo sguardo perso sul cestino.
"Cos'è?".
"Il tuo bento. L'ha preparato Nasty, per tutti e due".
Finalmente rialzi i tuoi begli occhi su di me e mi sembrano ancora più sperduti di prima.
"Mi dispiace ...".
"Per cosa?".
Scuoti la testa, sospirando. Sai che odio questo tuo gesto? Mi scuote sempre, è come un campanello d'allarme. Come se non potessi spiegarmi nulla, come se costruissi un muro tra me e te.
"Per cosa, Shin?".
"Le ho causato problemi ... avrei dovuto-".
"Li ha preparati lei perchè si sentiva di farli. E poi..." spingo il bento tra le tue mani, non mi respingi. "Tu avevi altro da fare".
Stai per aprire bocca, ma qualcosa ti ferma. Apri la scatola, afferri gli hashi, senza troppo convincimento e blocchi ogni movimento in un colpo.
"Mi spiace di averti trascinato... qui...".
E' una frase così odiosa ma che nella tua bocca calza anche troppo a pennello.
"Trascinato? Io? Nessuno mi trascina. Io vado dove desidero". Serio, come mi capita quasi solo con te. Non sono duro, solo ... come al solito non sono bravo a parole. "Io ho scelto di venire e sono felice di essere qui ... anche se ... non è ... ecco, non siamo certo in ... un momento ... allegro". Respira Shu, respira e ragiona. "Ma se sono qui è perchè lo voglio. E lo sai perchè lo voglio...".
Sbatti gli occhi, è un attimo e ti colori di quel calore che amo provocare. Anche se ora non era fatto apposta. Ma sono felice di averti strappato qualcosa che mette, per un momento, da parte questa tua ombra.
Non mi rispondi, ma almeno torni a mangiare e pare che qualcosa di diverso ti faccia mangiare quel bento fino in fondo. Non ti devo pregare, come ogni volta.
Poi ti raccogli di nuovo in te stesso, il tuo stomaco soddisfatto, il mio cuore decisamente no.

***
Finisco per perdermi anche io nell'ipnotizzante passatempo dell'osservazione e scorgo il sole tramontare sulla pianura che corre, le luci sfavillanti della notte che si trasformano in scie luminose; i neon della carrozza acciecano un poco, ma tengono compagnia e non ci abbandonano all'oscurità. Sospiro, due, tre volte: ho perso ogni bussola, ho smesso di contare le stazioni e di dare ascolto a quelle voci tutte uguali che le annunciano. Siamo in mezzo alla notte, ora, e siamo soli come eravamo soli a casa.
Ti spio nel riflesso del finestrino e, finalmente, ti colgo indifeso, addormentato col capo bizzarramente poggiato al vetro il corpo in una posizione talmente assurda che mi viene spontaneo muoverti in una forma più comoda.
Ti sei addormentato: eri talmente stanco, così preoccupato che il tuo corpo non ha retto oltre e ti ha abbandonato ai miei occhi e alle mie mani.
Non prendermi per matto e nemmeno per un approfittatore. E' il modo migliore che conosco e l'unico che potrà farti dormire serenamente - spero - quasi come se fossi su un vero cuscino. Vedi? Anche questo mio corpo goffo riesce a fare qualcosa di buono con te.
Non appena poggio il tuo viso sulle mie gambe, ti sistemi, muovendo un poco il capo, come se volessi farti un giaciglio addosso a me: stringi un poco una mano, l'avvicini alla bocca, poi il pugno di scioglie e ogni tuo movimento si riassume solo nel lento alzarsi delle tue spalle, nel tuo profondo respiro.
E anche io torno a respirare e mi sento in vena anche di un sorriso.
Anche se questo viaggio, oggi... ogni cosa è in nostro sfavore ... posso starti vicino, posso farti da giaciglio. Posso sfiorarti, senza che tu abbia paura di me.
E la cosa mi rende felice.
Lo so, è stupido in tutto questo grande e maledetto casino.
Ma non posso farci niente se mi rendi felice con così poco.

***
***

Il silenzioso fluire del treno, verso l'estrema punta sud del paese, cullava e proteggeva i due ragazzi in un viaggio che era un'altra avventura. Forse solo più triste.
Passò buona parte della notte e poi venne un giorno tenue, che li colse entrambi addormentati l'uno stretto all'altro.
Nel sonno si è sempre liberi, da paure, da timidezze. Si è liberi di manifestare quello che da sempre racchiude il nostro cuore.
E' ciò che ci rende ancora simili a bambini e veri artefici dei nostri sogni.

***
***
Quando il risveglio giunge, ancora nel mezzo del viaggio, sento calore e famigliarità.
Sento un posto che mi appartiene ma che ancora non conoscevo. Sento... sento Shin addormentato ancora contro di me, su di me, attorno a me. Le sue braccia che mi hanno circondato il busto, il suo viso che è andato ad affondare sulla mia maglia, mentre i pugni, stretti come quelli di un neonato aggrappato con forza alla vita, sono stretti a me. E a me soltanto.
"Shin...". Lo sussurro quel tuo nome piccolo e dolce, che scivola sulla mia lingua come l'acqua fresca d'estate. "Shin...".
E dire che non volevo risvegliarti così, non quando eri così tranquillo, così abbandonato, così ... pieno di pace.
Ma sento la stretta farsi più forte, il tuo muoversi improvviso, un pò a scatti. E la tua vocina, quella che mi fa sciogliere e che mi attanaglia sempre, come in una magia, mugugna il mio nome addosso a me. E la stretta si fa ancora più stretta e io meno ancora ci capisco.
"S-Shin ...?".
"... è che ho paura ..." la tua voce mi si svela come se stesse ripetendo un discorso che conosci a memoria. "... e lo so che è sciocco e che non devo e che ci sei tu e io ... sono felice, ma ... ho paura ...".
E di nuovo ti stringi, aggrappato disperatamente a me. E le tue lacrime nella voce.
"Lo so ...". E la gola mi si chiude, sei tu che mi fai quest'effetto. Non riesco nemmeno a parlare, saprei di poter incrinare la voce e poi il mio spirito - e so che anche il tuo mi seguirebbe nel crollo. Ti conosco, fin troppo bene.
"... scusami Shu ... sono uno stupido e ...". E stavolta sono io a sollevare te e stringerti fra le mie braccia: nel bel mezzo del treno, nel bel mezzo dell'alba e nel bel mezzo di un crollo emotivo per entrambi. Non sapevo altrimenti che fare.
"E io allora sono più stupido ... perchè ti lascio sfuggire ... perchè ho paura di farti male ... e finisco solo per fare male ad entrambi abbandonando ogni lotta perchè ho paura di ... farti male ma". E' un gatto, un gatto che si mangia la coda. "... ma io sto male se non sono con te. Ho più paura senza di te ... e se tu mi sei accanto allora so di poter affrontare anche questo stupido terrore".
Chiudo bocca, occhi e abbraccio. Respiro tanto, a fondo, e ascolto te: tremi prima di sussurrare ancora una volta.
"... e se ti faccio male? Se scopri che non sono il ragazzo che pensavi? Ti farò del male e tu ... tu ... mi lascerai" la tua voce, quella bellissima, si rompe in pianto. In fondo al mio cuore, aspettavo con grazia questo momento. "... e avrai ragione ... ma ... io ... io ...".
Sono parole così grandi, assurde, piene di ombre e incertezze che sulle tue labbra risultano terribilmente normali. Troppo.
"Se pensassi di lasciarti, non sarei nemmeno qui. Non avrei nemmeno aspettato mesi a dirti quello che sento. Non ti ho amato per tutto questo tempo col pensiero che potessi lasciarti. Il mio amore non ha scadenza ...".
Sento il respiro affannoso che ci accomuna. E il calore, quello che oramai regna indisturbato su di noi, tra di noi e dentro di noi. Nemmeno io sono mai stato così ... plateale e romantico. Ecco ... tiri fuori anche questo mio lato, tra i tanti.
"... non sono ... non mi conosci così ... bene ...".
"Non ti conosco ancora quanto vorrei ..." sussurro vicino al tuo orecchio, abbandonando, in un balzo, ogni imbarazzo alle spalle. Ho davanti una missione ben importante. "Ma la terra e l'acqua sono fatti per stare assieme. Tu mi nutri e mi disseti ... e ... io spero ..." ingollo, toccando il punto più alto della mia arroganza di ragazzo. "... spero di essere il sicuro letto per il tuo scorrere continuo ... di guidarti verso luoghi da dissetare ... e arricchire e ...". Ed ecco di nuovo il mio lato romantico. Mi vergogno, ma non riesco nemmeno a pensare di poterle fermare queste parole. "... e se abbiamo paura ... la scacceremo assieme. Se ci sei tu io non temo la paura ...".
E sospiro, la testa leggera, il cuore pesante. Sospiro abbandonandomi all'abbraccio e alla tua spalla accogliente.
E' strano, sento il rumoreggiare del treno, ora, come il suono ovattato di onde lontane che si infrangono sulla spiaggia... e prima era solo un silenzio ovattato.
Una tua mano sale sul mio fianco e si avvinghia alla maglia con tremante forza, tale da sembrare ancora più disperata.
"Anche ... quando ti farò paura?".
"Chi amo non mi spaventa ...".
"E se ti deluderò?".
"Non vedo perchè dovresti farlo ..." mi interrompo, ma sento il tuo bisogno intrinseco di sapere. "Ma io non scapperei comunque. Ti rincorrerei per capire ...".
"... e ... se ... se io ..." esiti muovi il tuo capo contro il mio. "... e se sono io ... che non vado bene?".
Abbandonati i timori, muovo le mani sul tuo viso e lo rialzo verso il mio con tutta la verve per cui spesso Touma mi prende in giro. E la schiettezza che Seiji a volte mi rimprovera, imbarazzato.
"Io lo so che tu lo sei. Lo sarai sempre, anche quando hai paura e non ... non credi abbastanza. Lo sento dentro che è così ... tutto di te me lo dice. Il tuo corpo parla, anche quando non dici una parola. Soprattutto quando non lo fai". E qui ti rubo un rossore, un momento di estremo imbarazzo, ma vi è una tale leggerezza in questa reazione che mi fa solo sorridere di sollievo. Poi riabbassi lo sguardo, contrito, e riesco subito a comprendere l'argomento delle tue prossime parole.
"S-cusami se ... sono stato... freddo".
"Credevo ti imbarazzassi ...".
"No!" esclami con una verve che poco ti appartiene e di nuovo sorrido, mi strappi tenerezza così. "Non mi imbarazzeresti mai".
Sorrido, un pò più disteso.
"Ne sono felice".
Poi il rossore se ne va, la preoccupazione torna e nei tuoi occhi rivedo ciò che ci ha portati qui, su questo treno sull'orlo dell'alba.
"Posso rimanerti vicino, ora?". Più che mai, ora.
Ti scosti un pò da me, allontanandoti per guardarmi meglio, serio, negli occhi.
"Non c'è niente di facile in me. E nemmeno fuori, come vedi ...".
Sgrano gli occhi, a quella confessione semplice ma così complessa, profonda, immensa.
"Io vedo solo Shin davanti a me. E Shin ha bisogno di me ... e che tutto vada bene" ti sfioro la guancia e vedo la tua espressione farsi incredula, quasi sofferta. "Io non amo una persona perchè 'semplice'. Io amo te Shin, perchè sei ... sei... l'unica persona che il mio cuore vuole amare".
Scuoti leggermente la testa, ma non sembra che tu voglia negare qualcosa, solo ... ancora incredulità?
"Io il mio cuore non lo voglio comandare. Lo seguo e basta. E dovunque mi porterà, là ci sarai tu".
E le vedo spuntare, come il sole all'alba, ma è tutt'altra la reazione che esse mi provocano: le mie mani le raggiungono subito, le raccolgono su di sè, te le strappano di dosso.
"Non piangere Shin ... ti prego, no ...".
Anche se sei bellissimo quando lo fai ... mi fa così male, perchè in esse vedo tutto il dolore che riesci ancora a trattenere dentro di te.
"Scusa ..." mormori con voce rotta, con le mani che cercano di ricomporti, mentre la bocca si sforza di abbandonare quella smorfia, quel tremore, quel ... "Lo so che non devo. Ora ... ora smetto ...".
Le mie mani scattano sulle tue e bloccano ogni movimento, ogni tentativo di cancellare, rimediare, fermare quello sfogo.
"E' solo che ... mi sento impotente quando lo fai" sospiro, scostando uno sguardo troppo tremante, il mio. "Perchè non vorrei mai che tu stessi così male ma lo so che ... è un pensiero assurdo riuscire ad impedire alle lacrime di scendere...".
Ed essere comprensibile ad orecchio umano.
Poi ti guardo e colgo quel tuo sguardo brillante che mi guarda un pò stupito, un pò bagnato, un pò sorpreso, un pò ... più caldo.
"Io ... lo ... lo sai che sono un ... un ...".
Scuoto la testa, confuso.
"Cosa ...?".
"... piagnucolone ...".
Ci vuole un attimo perchè mi riscuota e muova la mia testa a negare.
"No che non lo sei!".
"Ma piango ... e ... anche troppo...".
Sembra un miagolio intimidito e irritato al contempo quella tua voce.
"Ma questo non fa di te un piagnucolone ...".
"E cosa sennò?!".
Cipiglio irritato, espressione testarda. Con quegli occhi che ancora brillano sembra tutto quasi buffo. Ma non lo è.
"Sei come un Pierrot ...".
... perdutamente romantico. E mi guardi come se avessi estratto un coniglio dallo zaino.
"Un ... cosa?".
Però l'irritazione se ne va e lascia spazio alla curiosità che in te è tanto bambina.
"E' una maschera del teatro ... francese ... me ne ha parlato Nasty. Quando gli ... parlavo di te".
Un'altra confessione che giunge ....
Tu sbatti le palpebre e ti fai pensieroso, poi scuoti il capo, ancora più confuso.
"E ... cosa fa?".
Abbasso lo sguardo, mentre l'immagine di quel personaggio passa nella mia mente.
"E' un innamorato ... dolce e malinconico. E con un forte senso della giustizia e ..." alzo la mano, delicatamente, sul tuo viso e traccio con un dito un piccolo invisibile sbuffo. "... ha una lacrima perenne che gli scende sulla guancia".
La tua pelle si arrossa dove ho disegnato la lacrima. Io arrossisco di rimando e ci ritroviamo entrambi senza parole.
Allora arrischio un gesto e mi avvicino al tuo viso con il mio. Non ti ritrai. E mi faccio ancora più avanti.
Il tuo nasino all'insù sfiora il mio, riesco a vedere le pagliuzze dorate dei tuoi occhi e quei brillanti ricordi delle lacrime.
"Shin?".
"Um?".
"Se vuoi piangere, va bene ... ". Sgrani gli occhi, ormai non mi sorprendo più di nulla. "Non c'è niente di sbagliato ... se si è tristi o si sta male... va bene". Scuoti la testa in diniego e stai per riprendere a parlare ma ti fermo, con mano autoritaria. "Lo so cosa pensi, ma no ... così è giusto che sia".
Poi azzardo un dito sotto il mento e l'altra mano libera la tua bocca.
Apri la bocca e ti mordicchi un labbro prima di continuare.
"Sono grande ... per certe cose ...".
"Per cosa? Per tirare scherzi, mi pare, non ti senti mai abbastanza grande ..." sorrido un ghignetto, il primo in tanti giorni. E mi sento già più leggero...
Arrossisci, ho perso il conto di quante volte oggi l'hai già fatto.
"Mi dipingi terribile!".
"Solo dispettoso".
"E tu mi vieni dietro ...".
"Io ti vengo dietro perchè sei tu ...".
Stavolta è il tuo viso che affonda sulla mia spalla ... e soffochi un mugolio simile al capriccio di un bimbo su di me.
"Piangere non è da bambini, Shin ... a me capita, a tutti capita. Anche se non lo si da a vedere, tutti noi lo facciamo".
"Ma ... non è giusto ...".
Scuoto la testa, confuso.
"Cosa non è giusto?".
"Se gli adulti son fatti per proteggere i bambini ... allora non possono permettersi di piangere, mai".
Proteggere dei bambini ... c'è qualcosa che non mi torna ...
"E chi protegge gli adulti che proteggono?".
"Ci si protegge da soli ..." un sussurro stentato che vale più di tanti lunghi discorsi.
Mi muovo un poco, portando le mie mani ad accogliere le morbide forme del tuo viso e vedo quello sguardo, quello che mi scappa, quello lucido che tu non vuoi permetterti.
"E io? Io cosa posso fare?".
Scuoti la testa.
"Niente. Tu ... non ... " sospiri, come se non fossi nemmeno certo di quelle parole.
"Io vorrei ... proteggerti. Se me lo permetti".
Rialzi lo sguardo, recalcitrante a emozioni e parole, un pò anche al mio contatto.
"Non posso ... io ... tu ..." scuoti la testa, nervoso, gli occhi sempre più lucidi. "Devo cavarmela da solo. Sono un samurai, non posso certo pensare che tu mi faccia da balia tutto il tempo!".
Sono io a scuotere la testa, stavolta, sospirando.
"Non ho mai pensato di farti da balia. Sappiamo bene entrambi quanto tu sia un valido combattente ..." sorrido, cerco di tirarti fuori qualcosa di positivo, anche uno sbuffo o un broncio. Tutto per smuoverti.
"... ma ..." sbuffi, quasi imbarazzato, lo vedi quando muovi le mani nervosamente, una sull'altra, come se non sapessi che farne.
"... ma io voglio solo proteggerti. Come un nakama ..." ti mordi un labbro. "... come un ... a-amante ...". Ecco, stavolta sono io a mordermi le labbra e anche ad arrossire e tremare e ... "Insomma, lo voglio fare per tanti motivi e non ... perchè sei ... non solo ... insomma!".
Accidenti a me e alla mia bocca complicata. Accidenti a me che non so controllarmi con Shin. Accidenti a Shin che mi fa impazzire.
No, non accidenti a lui. Ma mi fa impazzire lo stesso.
"Shu?".
Occhi grandi, lucidi ma non più come prima. E mi stanno guardando ... state ... stai ... occhi negli occhi.
"Mi piaci. Un sacco. Tanto che non lo so dire abbastanza" lo dico tutto d'un fiato e poi lo riprendo, ancora. "E chi mi piace io lo voglio proteggere. E' normale, insomma. E' così".
Mi ritrovo la giacca sul viso e tutto si fa nero, mentre sento le tue mani sull'addome che mi ... punzecchi?
"S-Shin che fai?!".
"Come fai a dirlo così, senza ... senza ...".
"Vergogna?" bofonchio, un pò sorridendo, soffocando poi una risata e una piccola fitta di dolore nel fianco.
"Pudore! Sei senza ... senza ...". Non trovi le parole ... santo cielo, un pò come con Touma.
"Mai quanto Ryo!" e l'uscita mi viene spontanea, troppo richiesta.
Ed ecco che le mani si bloccano, per poi tornare all'attacco su di me, con ancora più ardore.
"Sei una peste! Piccola" pungolatura nel fianco, "linguaccia" sull'ombelico, "sfacciata" e, stavolta riesco a bloccare i tuoi movimenti imprigionando i polsi. "...Shu..." e, stavolta, la voce è più simile a un piagnucolio, completamente lavata dalla stizza di poco fa.
"Mi piaci Shin, davvero. E se non l'hai capito bene te lo ridico, chiaro e tondo. Mi piaci così tanto che, a volte, non so nemmeno come fartelo capire perchè mi perdo ...".
Ti sei fermato, ma sei rimasto vicino a me, le tue mani abbandonate a me, il tuo respiro lo sento concitato, nervoso ... stranito a volte. Percepisco tutto questo e non riesco ancora a vederti. Capisco che ci sono cascato dentro, completamente, in te.
"Non posso vergognarmi per ciò in cui credo ... e ancora meno se ciò che credo è anche ciò che amo ... insomma ...". Prendo il respiro, butto fuori e mugulo di disappunto. "Però voglio guardarti ora ...".
Le tue braccia si irrigidiscono, le mie mani lasciano la presa sulle tue e vanno ad afferrare l'orlo della giacca. Ed ecco che la tua voce mi blocca.
"Aspetta Shu ..." è un sussurro un pò roco, carico di emozione. la voce ti trema, come sta tremando la tua mano delicatamente appoggiata sul mio ginocchio. "Aspetta...".
Non è che non sappia aspettare, ma la pazienza non è mai stata una mia virtù. Ma se Shin me lo chiede, allora io esaudisco le sue richieste, ma ...
"Io le voglio vedere ...".
Un singhiozzo, la tua sorpresa.
"Non ho paura, Shin ... non puoi pensare che io l'abbia ...".
Sento il dischiudersi delle tue labbra, il frusciare della tua maglietta contro la pelle. Sento tutto di te, anche i tuoi pensieri.
"Se ... se avrai paura di piangere da solo io ... io ... piangerò con te ... e poi ... assieme ci asciugheremo le lacrime e ..." mi sento così imbarazzato ora, sì, con frasi degne di un melodramma. Però che ci posso fare se le penso davvero? Un tuo respiro, sempre più tremante, mi da il coraggio e la forza ed il mondo torna a farsi luce, ritrovandomi il tuo viso invaso dal pallido calore dell'alba e da quello bollente delle tue lacrime.
Quando i nostri occhi si incontrano, fai un balzo all'indietro, mentre le lacrime scivolano lunghe verso il basso e il singhiozzo diventa l'unico suono regolare tra noi. Stai stringendo le labbra, le guancia gonfie, rosse, bagnate da lacrime che non hanno fine, come la pioggia dei monsoni. Lo so che stai cercando di trattenerti, ma non ci riesci ... non potresti perchè non lo desideri, in fondo al tuo cuore. Sei acqua, in ogni suo aspetto. Prima e ancor di tutto nelle lacrime.
Allungo le mani, in silenzio, e quando tocco la tua guancia le lacrime mi bagnano, calde e pesanti come macigni.
Per te ogni cosa acquista un significato diverso da quello di chiunque altro. Non avrei mai immaginato che tutto per te fosse così difficile.
"Vedi? Non scappo ..." mormoro e intanto ti guardo, quasi stregato da quella visione non più rubata. "Sono qui e non mi muovo. Ma chi lo vorrebbe fare?".
"I-io ..." bofonchi tirando su col naso.
"No, tu non scapperesti mai. Nemmeno da te stesso. Sei ... troppo ... Shin ... per farlo".
Ti colgo impreparato, sussulti e mi guardi stranito.
"C-cosa?".
"Shin è l'acqua. E l'acqua è ovunque, anche nel deserto. Basta saperla cercare, no?".
Ti vedo confuso, forse il sonno ancora ha lasciato degli strascichi, ma, così, riesco a riprenderti, per non lasciarti più andare.
Ti abbraccio stretto e ti muovi nell'abbraccio, come se volessi un pò dimenarti, testardo. Ma poi percepisco l'abbandono del tuo corpo contro il mio e sorrido e ti stringo più forte.
"La terra è forte ... e sicura ...".
Annuisco e ridacchio, il tuo bofonchiare troppo buffo.
"E l'acqua è fresca e disseta ...".
"Ma sa essere turbinosa ...".
"Anche la terra trema ...".
"... e quando è profonda non si vede il fondo ...".
"... e ci sono ... le sabbie mobili che ti colgono di sorpresa ...".
"... e i monsoni? Quelli?".
"Shin!" ti rubo il viso e lo tengo vicino al mio, ti sfioro ancora la punta del naso, i ciuffi più lunghi dei capelli che ti accarezzano. II tuo respiro, i tuoi occhi ... tutto di te mi sfiora, delicato e violento allo stesso tempo. "La terra può vivere solo con l'acqua. E lo stesso è per l'acqua con la terra.
Ti agiti ancora un poco, un'ultima domanda sulle labbra.
"Ma ... i ... monsoni ...".
"Rendono la terra verde e rigogliosa. E anche se durano a lungo ... e a volte sembrano non finire ... senza di essi la terra non sarebbe più la stessa".
Socchiudi la bocca, scruti nei miei occhi, come se stessi guardando uno strano e complesso congegno, ma ...
"Baka!".
Mi ritrovo con la testa sbalzata contro la poltroncina del treno, tutto il tuo peso addosso, sulle gambe, sul petto, attorno alle spalle.
"Baka ..." lo mugugni ancora, mentre dai sfogo a quel lato spudorato di cui prima mi accusavi. "Baka Shu ...".
E che sia anche baka, non importa. Ho la sensazione che su di me quella parola, nella tua bocca, si sposi bene.

***
Quando il treno giunge e scendiamo sulla banchina, l'aria di salsedine mi inonda i polmoni e riconosco, nelle sue flagranze, il tuo calore.
Ma tu sei troppo assorto nel chiamare casa e i secondi ci dividono dalla notizia che tua madre sta meglio, una breve ricaduta, non la prima, non l'ultima.
Per le strade assolate di Hagi camminiamo un pò in silenzio, tu in compagnia dei tuoi misteriosi pensieri, io dei miei meno misteriosi, dato che gravitano solo attorno a te.
Il profumo di mare viene da lontano, portato da un venticello che ti scompiglia i capelli: una giornata calda, delle rondini che planano sopra le nostre teste e si chiamano le une con le altre. I muri che percorrono la città sono di un tenue color sabbia, i tetti scuri svettano oltre i perimetri da giardini silenziosi, ma per strada i bambini corrono e giocano liberamente, non vi sono auto in queste stradine tradizionali: riesco a immaginarti perfettamente qui, quando eri bambino.
"Quindi ... questa è Hagi?".
Domanda patetica. Ma tutte quelle patetiche sono fatte per rompere il ghiaccio, no?
Una risatina da parte tua, la mano che ti copre le labbra; poi raddrizzi subito la schiena e alzi il naso al cielo.
"Hagi è una cittadina molto famosa e molto bella. La storia si respira nelle sue strade e-".
Scoppio a ridere. Davvero, non resisto se sei così.
"Sembri Touma quando comincia a farneticare dei suoi gialli, lo sai?". Ti guardo arricciare il naso e l'ilarità si fa ancora più forte. "Sei adorabile!". A quel punto, davanti ai miei occhi, cambi colore completamente e mi guardi con quegli occhi enormi e meravigliosi. "E' vero ..." sospiro, prendendo un pò il respiro e calmando le risate. "Intendo ... che è vero che sei adorabile".
Non mi guardare così, altrimenti ... non so dove guardare. E che dire. E ...
Mi chino su di te e ti rubo un bacio, così, alla luce del sole e pubblicamente, chè ci guardano solo le nuvole e un uccellino che svolazza sopra di noi.
Quando mi stacco l'espressione di prima sembra essersi moltiplicata per ... mille?
E ridacchio, di nuovo.
"Shin sei adorabile ...".
A quel punto l'imbarazzo totale si trasforma in una piccola ondata.
Di indignazione.
"BAKA!".
"L'hai già detto!" indietreggio velocemente, prima che le tue braccia mi raggiungano ed esprimano molto più chiaramente quell'indignazione. "Ma è un baka che ti piace, vero?".
"Shuuuuuuuuu" rossore, punta di panico, finta arrabbiatura (la conosco, il tuo sguardo ti tradisce sempre) e l'improvvisa tua capacità di diventare impacciato e imbranato quanto me nell'acqua.
"Shiiiiiiiiiiiin". Ti faccio il verso, solo per scuoterti ancora. Sei ancora più adorabile così. Strapazzabile, scoccolabile ...
E allora ti abbraccio, ancora così, pubblicamente, in mezzo alla strada. E ora ci sono solo nuvole e sole a guardarci.
"Io ti trovo adorabile, speciale, bellissimo ... e dovrai abituarti al fatto che te lo dirò tutti i giorni ... e che ti abbraccerò così ... quando me lo permetterai ...".
Il tuo respiro, un soffio soffocato nell'orecchio, mi sfiora e mi accarezza.
"Matto ... tutto matto ...".
"Per te sempre ...".
E mi stringi ancora di più al collo, anche se, stavolta, un gatto ci osserva, dall'alto del suo muretto, con espressione stupita.
"Shu ...".
"Sì?".
"Suki... daisuki ...".*
Beh, questa sì che è una sorpresa.  Confessione ufficiale e con tutti i fiocchi. Nemmeno io avrei saputo farla meglio.
"Ore mo ... daisuki ...".**



EPILOGO
E così, ufficialmente, è stata una settimana dopo quel fatidico bacio che ci siamo davvero messi assieme. Come se ci fossimo preparati in quei lunghi giorni al grande salto.
Chi dei due fosse quello più spaventato, questo non lo so proprio dire.
Quella paura, quasi non la ricordo.
Invece mi ricordo benissimo di quel tardo pomeriggio: il sole caldo di inizio estate, il sapore del mare sulle labbra, tra i tuoi capelli ... il colore dell'acqua nei tuoi occhi e poi la tua voce morbida a sussurrare il tuo segreto solo a me.
Me lo ricordo bene.
Certe cose non si dimenticano facilmente.
E anche se sono passati alcuni anni e oggi comincia la nostra vita tutti assieme, quel giorno ad Hagi rimane, per me, il primo giorno di tutta la mia vita con te.

*Mi piaci ... mi piaci molto ...
**Anche a me piaci molto
  
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