Avrei una domanda
Avrei
una domanda. Il problema è che non ho nessuno a cui farla. O meglio, ci sono
tantissime persone a cui potrei porla ma, anche se mi decidessi a rivolgerla a
uno di loro, il mio sarebbe uno sforzo inutile. Vano già, perché dubito che
qualcuno potrebbe capirla veramente. Si metterebbero a contestarla e così
facendo finirebbero per perdere di vista la mia richiesta. Già, perché lo
sappiamo tutti, quando ci si mette a discutere si perde il filo del discorso e
ci si ritrova a litigare su qualche argomento insensato e ben lontano dal
principio della conversazione. E poi anche se fossero in grado di afferrare
quello che sto domandando non mi saprebbero comunque rispondere e calerebbe il
silenzio, uno di quelli imbarazzati, che verrebbe rotto da patetici tentativi
di cambiare argomento. E di nuovo il discorso verrebbe deviato. Tanto vale
allora non porla, la domanda. Si risparmiano energie preziose e si evitano
spiacevoli malintesi. Già, meglio evitare.
Chissà
poi che non sia io a sbagliare. Magari sono io che non so porre la domanda in
modo comprensibile e non è colpa degli altri che non sanno capire. Già, magari
l’errore di comunicazione è mio, non loro. Ma capire chi sbaglia non è mai
facile. E poi chi mi assicura che qualcuno stia sbagliando? Magari è giusto che
loro non capiscano e che io non sappia porre la domanda. In fondo il mondo si
rovescia tanto spesso. Basta pensare alla frequenza con cui la veglia diventa
sonno e il sonno veglia, con cui il giorno diventa notte e la notte giorno, con
cui la normalità diventa follia e la follia normalità, con cui la vita diventa
morte e la morte vita. Tutto così semplice, così immediato. Tranne nell’ultimo
caso. Lì ce ne vuole di fantasia. O forse è tutto troppo complicato, troppo
inspiegabile. In fondo non si riescono mai a capire le cose ovvie. E poi è così
difficile decidere quale sia il verso corretto. Siamo morti svegli o vivi
dormienti? Siamo sani folli o folli sani?
Ma
sto divagando. Visto che avevo ragione? Ecco cosa succede a fare la domanda alla
persona sbagliata. Si perde di vista il nucleo del discorso. Già, certe domande
non le si possono porre neanche a noi stessi, si finiscono per fare pensieri
bizzarri. Meglio tacere perché il mio Io poi si comporta come gli altri, a
seconda che capisca o meno. Ma non gli si può dare la colpa, è giustificato
data la sua situazione. E anche il Giudice, lui, che crede di sapere tutto, lui
è peggio. È anche colpevole. O forse, come il mio Io, è fatto così e non ci può
fare nulla. Sta di fatto che non ci prova neanche a capire, ha le sue idee e
non si scolla. Infatti non mi sogno neanche di porla a lui, la domanda. Sarebbe
una perdita di tempo ancora maggiore. Però chissà, magari la risposta ce l’ha
lui ma non lo saprà mai perché non vuole ascoltarmi. E io rimango qui senza
qualcuno a cui chiedere.
E
se provassi a fare la mia domanda senza indirizzarla a nessuno? Si dice che il
silenzio vale più di qualsiasi parola. Già, ma chi mi assicura che anche questo
grande saggio non si comporterà come tutte gli altri? O magari non saprò porla
neanche a lui. Magari è giusto così. Però anche ponendola indirettamente al
silenzio la domanda avrebbe comunque un interlocutore. Dovrei rivolgerla al
Nulla. Quello assoluto, con la maiuscola. Ma anche così sto parlando a qualcosa.
Sempre che il Nulla possa essere definito qualcosa. A volte è più pieno del
Tutto. Basta sapere dove guardare. In fondo l’esistenza è vuoto perché è
astratta, però esiste per definizione, così come la vita.
Lo
sto facendo di nuovo, sto divagando. Neanche porre la domanda senza
interlocutore è servito. Chissà, forse è destinata per sua natura a non essere
espressa. Ma ma domanda può essere una domanda se non le si dà voce? Se non
raggiunge neanche la forma di un pensiero? Se resta rinchiusa nel buio dell’antro?
Nel mio mondo di paradossi risolvibili e di opposti conciliabili potrebbe anche
darsi. Se anche le scelte che si escludono a vicenda possono realizzarsi
contemporaneamente anche una domanda che non è tale può essere una domanda. Non
è ovvio? Lo è, e per questo non lo capiamo.
Credo
di aver trovato la risposta. Per averla basta non porre la domanda. Può
esistere una risposta senza che venga preceduta da un interrogativo? Non vedo
perché no, se possono esistere domande che non sono domande ma lo sono di
sicuro ci sono anche risposte che sono risposte ma non lo sono. Logico direi. O
almeno, lo direi se la logica esistesse. Ma a che serve la logica? Tutto si
risolve in niente alla fine. La domanda non posta ha avuto la sua risposta non
data. Il Giudice non apprezzerebbe questi discorsi, vanno contro le sue idee
testarde e il mio Io mi guarderebbe spiazzato per poi far finta di non aver
sentito. Come sempre. Però sono contento di aver risolto la questione.
C’è
un solo problema però. La risposta non data che è una risposta ma non lo lascia
uno spazio. Avrei un’altra domanda adesso per questo. E tutto si ripete.