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Autore: Kazeko92    26/06/2012    0 recensioni
Come posso andare avanti? Chi mi aiuterà ad essere più forte? Quelle parole le ritornarono in mente. Adorava Freddie Mercury. Sembrava essere l'unico a capire il suo stato d'animo.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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How can I go on
From day to day
Who can make me stronger
Anyway
Where can I be safe
Where can I belong
In this great big world
Of sadness...

Ascoltando un testo simile la ragazza non riuscì a trattenere una lacrima. Era una canzone così vicina a lei... Come posso andare avanti? Chi mi aiuterà ad essere più forte? Qual'è il mio posto in questo mondo così triste? Fissava fuori dal finestrino senza dire niente. Il pullman stava per arrivare a destinazione ma lei non aveva voglia di scendere e tornare a casa. Odiava quel posto. Era una prigione. Odiava l'odore di quella casa, un misto di fumo di tabacco, cibo grasso e deodoranti usati nel tentativo di eliminare questi due. Odiava le urla continue che si potevano sentire dalla fine della strada, le offese dette a casaccio anche per una stupidaggine, la volgarità gratuita e le minacce esagerate. Odiava il televisore, sempre acceso su canali di film violenti in cui non c'erano altro che sparatorie e altra volgarità o sui soliti episodi degli stessi cartoni animati o, ancora, sul solito telegiornale che non diceva altro che cattive notizie o notizie inutili come il matrimonio di Belen, ad esempio. Odiava anche solo vedere la porta di casa, nera e massiccia come a sottolineare che quella era una prigione. Ma sopra ogni cosa odiava, o meglio DETESTAVA, suo padre. Un uomo violento, volgare, maschilista, sfruttatore, approfittatore, subdolo e chi più ne ha più ne metta... Lo odiava con tutta l'anima. Era lui che rovinava la casa. Era lui che rendeva tutto così stressante. Il suo respiro, i suoi passi, i suoi sbadigli, i suoni disgustosi che faceva mentre mangiava, la sua voce... la ragazza odiava tutto di lui. Non era un'esagerazione o la solita fase di ribellione. La ragazza lo odiava perchè quell'uomo, se così si può chiamare, era uno stronzo. Aveva rovinato la vita principalmente all'unica persona degna di lode della sua famiglia: sua madre, una donna ingenua, dolce, sensibile e gentile che in tutti quegli anni di matrimonio non aveva fatto altro che perdonarlo nonostante fosse stata maltrattata e offesa pesantemente più volte. Lui non aveva nessun rispetto per lei. Neanche un briciolo. Era la sua serva e niente più. Questa era la cosa che faceva più imbestialire la ragazza, ma non era l'unica cosa. C'erano anche questioni personali. Lei fin da piccola amava tantissimo entrambi i suoi genitori. Ma non aveva mai capito alcuni gesti del padre fino quasi alla maggiore età, quando si era fermata a riflettere e si era accorta che tutto quello che lui aveva fatto non era per il suo bene ma per egoismo. Non le aveva mai permesso di realizzarsi, di sviluppare le sue capacità. Le aveva sempre imposto il suo volere. Che sport praticare, che scuola frequentare... Era grazie a lui se era sola, dato che non l'aveva mai accompagnata da nessun amico fuori paese, a nessuna festa ma neanche le aveva mai permesso di uscire da sola a fare una passeggiata solo per non interrompere la visione di un film o di una partita di calcio. Aveva sempre abbandonato la figlia a se stessa. Lei aveva provato in tutti i modi a parlargli e a chiedere aiuto ma il risultato era sempre lo stesso: rifiuto. Il padre rifiutava la figlia. L'aveva sempre fatto. Ma pretendeva comunque rispetto e diventava violento e offensivo se la ragazza non lo accontentava. Ma ormai lei era stanca di assecondarlo. Aveva capito la sua mente e non accettava quella condizione. Aveva deciso, alla fine, di non rivolgergli la parola. Passava ogni giorno così. Non lo salutava, non gli parlava... Lo ignorava tutto il giorno. Non riusciva più a parlargli. Era troppo schifata.
Il pullman si fermò e lei scese ma si fermò davanti alla strada. Casa sua non era molto distante ma lei non aveva voglia di andarci. Era così tutti i giorni da ormai qualche anno. Tornava da scuola o da lavoro e si fermava alla piazzetta per decidere se andare a casa o salire sul pullman successivo e scappare. Si, lei voleva scappare. Il problema era: dove? Le sarebbe piaciuto raggiungere qualche amico lontano dalla sua città ma non aveva i soldi per mantenersi. Non aveva niente. Era costretta a vivere in quella prigione. Fece qualche passo lento con l'ansia che cresceva. Piano. Cammina piano. Ci metterai di più. Ti sembrerà di non arrivare mai... Ma purtroppo dopo un pò era ferma davanti al cancello del viale, in fondo alla strada. Esitò a suonare al citofono. Fissava la strada, indecisa. "Sei ancora in tempo" pensava. Ma non poteva scappare. Come poteva vivere da sola e senza soldi? Continuava a fissare la strada senza sapere che fare. Non poteva andarsene comunque. Non poteva lasciare la sua amata gatta, che era come una figlia, tra le mani dei suoi. L'avrebbero fatta morire in pochi giorni non sapendo come prendersene cura. Già, perchè le spese mediche, i vaccini e alcuni medicinali li pagava lei, col suo lavoro. Suo padre non muoveva un dito. Non la portava mai dal veterinario. La ragazza era costretta a chiedere a una sua amica di accompagnarla. Senza alcuna voglia suonò al citofono e il cancello si aprì. Si avvicinò sempre piano piano al cancello di casa sua e per un attimo fissò le scale. Ormai era dentro. Salì ed entrò. Era tutto come al solito. Il padre guardava un film di sparatorie in tv, sua madre faceva i servizi e suo fratello imprecava contro il computer. Tutto normale. Tutto come sempre. Tutto schifoso come al solito. Salutò svogliatamente ed entrò nella sua stanza. Chiuse la porta e fissò i poster appesi alla sua parete. Non si muoveva. Non pensava neanche. Restò ferma per qualche minuto fissando quella parete. Ogni giorno. Ogni dannatissimo giorno. Tutto uguale. Quasi un déjà-vu. Lasciò la borsa e si tolse le scarpe. Si stese sul letto e fissò il soffitto. Come posso andare avanti? Chi mi aiuterà ad essere più forte? Quelle parole le ritornarono in mente. Adorava Freddie Mercury. Sembrava essere l'unico a capire il suo stato d'animo. Chiuse gli occhi e squillò il telefono. Era un messaggio. Lo aprì e non potè fare a meno di sorridere. Era la sua migliore amica. Una sorella, più che amica. Le voleva davvero bene. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei. Le doveva addirittura la sua vita. Se non ci fosse stata lei, in quel momento sarebbe in una bara a fare da pasto a dei vermi. Era viva grazie a lei, che aveva impedito il suo suicidio. Nonostante vivessero lontane erano più vicine che mai. Lesse il messaggio e sorrise di più. Le voleva raccontare la sua giornata. Una cosa all'apparenza sciocca ma molto bella per la ragazza, che così si sentiva più unita a lei. Amava quel rapporto unico che avevano. La sua amica sapeva tutto di lei. La conosceva più della madre, con cui la ragazza si confidava sempre. Questo diceva tutto. La ragazza rispose in fretta e attese un'altra risposta. Amava sentire squillare il telefono sapendo che era lei. Ridevano sempre insieme. Al telefono non facevano altro che ridere e scherzare. Si vedevano raramente ma quelle poche volte era bellissimo stare insieme. Era una delle poche persone di cui la ragazza si fidava, e conquistare la sua fiducia non era cosa facile. Era una delle pochissime persone con cui lei poteva divertirsi davvero. Le bastava parlare con lei per tornare a sorridere e dimenticare tutte le cose negative che la assillavano. Già. Bastava questo. Solo parlare con lei, a prescindere da quello che si dicevano. Potevano dire anche solo cretinate, lei era felice, poichè trovava nella sua amica un saldo punto d'appoggio, un'amica vera, una sorella vera. Già... Era grazie a lei se in quel momento stava sorridendo. Grazie a lei. Grazie a una delle sue poche amiche. Già... In meno di un secondo aveva dimenticato la profonda solitudine e tristezza che l'aveva accompagnata per tutto il viaggio fino a casa. Eppure poco prima avrebbe voluto urlare come una dannata e piangere come non mai. E ora sorrideva. Ogni volta che il telefono squillava il sorriso si allargava. Fece una risatina e fissò il soffito. Ora aveva capito. Ora era più decisa. Sapeva cosa fare. Sapeva come andare avanti. Aveva uno scopo. Doveva la sua vita alla sua amica, che si preoccupava tanto per lei. Non voleva più farla agitare. E così capì: chi mi aiuterà ad essere più forte? Io. E lo farò per la mia vera sorellina.
  
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