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Autore: Aya_Brea    27/06/2012    10 recensioni
Uno dei più emozionanti ed enigmatici frammenti del Movie 13. Una breve e fugace prospettiva di uno fra i personaggi più affascinanti dell'Organizzazione: IRISH.
 "Irish percepiva qualcosa nel fondo degli occhi di quel ragazzo, ma non seppe comprendere di cosa si trattasse. Il bagliore blu di quelle pupille divenne improvvisamente opaco."
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Atonement

Espiazione


 
 
La torre illuminata svettava sfuggevole fra mille nuvole lattee: l’imponente struttura si ergeva vertiginosamente verso il cielo bluastro e terso, sovrastando con la sua magnificenza il fitto manto di microscopiche luci ai suoi piedi. 
Quella notte regnava una tranquillità austera e solenne, di un’immobilità quasi innaturale. O almeno in apparenza. 
D’improvviso, infatti, come il fulmine che squarcia le tenebre, si sentì un forte clangore di passi metallici. 
Qualcuno stava correndo disperatamente lungo le infinite gradinate in ferro della torre. 
Irish aveva perso parte delle proprie forze per picchiare ripetutamente quel microbo, poi aveva anche affrontato quella ragazza. Non male. Davvero, non se l’era cavata male, non si sarebbe mai aspettato tale grinta e determinazione da una fanciulla così giovane. Eppure il piccoletto era intelligente. Forse perché lui non era realmente un ‘piccoletto’. 
Shinichi Kudo era un ragazzo piuttosto sveglio e a giudicare dal suo scatto felino, anche in ottima forma. Non appena aprì la porta per raggiungere il camminamento, vide Conan scappare verso la rampa di scale in salita.
‘E’ un pazzo. Perché diavolo sta salendo? E’ così sfrontato da sfidare la morte?’ L’uomo corse agilmente, deciso più che mai nell’inseguire quel marmocchio fastidioso. Pochi passi più tardi, un paio di goccioline d’acqua gli sferzarono il viso, oramai contratto in un ghigno sadico. 
‘Bene, comincia anche a piovere.’ Noncurante di quell’avvisaglia procedette rapidissimo sotto la pioggia ormai divenuta fitta e sottile. Conan correva come un dannato, di tanto in tanto Irish riusciva persino a scorgere le sue espressioni terrorizzate quando si voltava per assicurarsi di essere seguito. 
‘Dove scappi? Tanto ti prendo. Quando ho una preda in pugno, difficilmente me la lascio scappare.’ 
La maglia nera che indossava si impregnò di acqua e cominciò ad aderire fastidiosamente alla pelle umida. Strinse saldamente la pistola e aumentò il passo, stavolta in maniera così drastica da contrarre di molto la distanza che lo separava da Conan. Era vicino, oramai. Troppo vicino perché potesse sfuggirgli dalle fauci assassine. 
Il piccolo svoltò l’angolo e Irish puntò la sua arma in direzione del punto morto in cui probabilmente sarebbe ricomparso. 
‘Dai, esci fuori.’ 
Trascorsero alcuni secondi di pura adrenalina. Anche il cuore di Irish batteva con lieve irregolarità, ma quel sorrisetto beffardo lo abbandonò nel preciso istante in cui vide Conan slanciarsi verso di lui con un gran balzo. Egli cadde rovinosamente in terra sotto il peso di quel ragazzino e la pistola gli scivolò dalla mano. Il piccolo detective l'afferrò con disarmante prontezza di riflessi e gliela puntò, per controbattere l'offensiva di quell'uomo. 
Ammirevole. Non se lo sarebbe mai aspettato da un bimbo delle elementari. In un'altra situazione probabilmente si sarebbe complimentato con lui. Ma purtroppo si trovavano proprio in quella brutta situazione. La roulette russa, lo scontro all'ultimo sangue. Lo scontro dove la sconfitta è il sinonimo della morte. 
Irish percepiva qualcosa nel fondo degli occhi di quel ragazzo, ma non seppe comprendere di cosa si trattasse. Il bagliore blu di quelle pupille divenne improvvisamente opaco.
'Ma che succede?' Non capì. Le luci della torre cominciarono a spegnersi progressivamente e a quel punto, quando entrambi i duellanti vennero inghiottiti dalla notte piovosa, Irish comprese. Erano loro.
 Il rumore assordante preannunciò l'improvvisa apparizione di un elicottero, che fermatosi a mezz'aria, continuò a rimestare l'aria con le sue pale. 
'Dannazione.' Irish e Conan vennero investiti da un accecante bagliore luminoso e quel faro sembrò disorientarli momentaneamente. Dio, era terribilmente fastidioso quell'aggeggio puntato diritto negli occhi. Con l'avambraccio teso sulla fronte, in procinto di ripararsi, egli si sporse e vide Gin, poi potè notare anche la presenza del suo fido compagno, Vodka. 
Volevano la memory card. Quella stramaledetta memory card. 
Gin si era messo in contatto con lui attraverso un cellulare, eppure Irish non potè non visualizzare il volto spigoloso di quell'uomo infido. Quel bastardo.
"Non ti vedo bene, prova a sporgerti." Aveva detto con tranquillità. 
Si era sporto a sufficienza. Strinse i denti e allungò il braccio, mostrandogli la Memory Card. Conan era al sicuro. Nascosto. Ma potè osservare tutto. 
"Spara." Irish udì chiaramente quelle parole e non potè far a meno di sgranare le palpebre. Il cielo era oramai chiaro ai suoi occhi, per via di quella luce così bianca ed eterea. Sentì distintamente una fitta nei pressi del cuore, una fulminea coltellata in pieto petto trapassarlo da parte a parte. Giurò di aver sentito, di aver percepito la pallottola perforargli ogni singolo centimetro del suo corpo. Era finita?
Il colpo fu talmente forte e ravvicinato da scaraventarlo contro il muro dietro di lui, poi stramazzò al suolo. Il dolore che provava non era nulla, se confrontato alla rabbia che pian piano lo pervase. Ogni singola vertebra, ogni singolo muscolo. 
'Maledetto. Che tu sia maledetto, Gin.' Irish non ebbe il coraggio di muoversi, rimase steso a terra, privo di forze. Il sangue caldo gli impregnava la maglia. 
Il confine fra la vita e la morte era ormai così labile che non riusciva neanche più a riconoscere il proprio peso corporeo. Oramai si apprestava a trasformarsi in qualcosa di evanescente. 
Inaspettatamente però si sentì sollevato dalle braccia esili di quel bambino. Il moccioso sembrava inarrestabile. 
'Certo che sei proprio un bimbetto testardo.' Pensò Irish. 
Lo sentiva parlare rapidamente, col cuore in gola. Anche se in maniera distaccata comprese al livello empatico che era agitato. "Va tutto bene! Non ti ha colpito in punti vitali." 
L'uomo si lasciò trasportare per pochi passi. Che testa calda. Ma non lo vedeva? Non riusciva a vedere che... stava morendo?
"Non mi stupisco che Vermouth si fidi di te." Proferì Irish con le ultime forze di cui disponeva. Erano così vicini, fra i loro visi correvano pochi centimetri. Irish scorse nuovamente negli occhi di quel ragazzo, lo strano bagliore che aveva visto qualche attimo prima, quando il fuoco del predatore ardeva più forte di qualsiasi altra cosa. Che vita inutile. Che idiozia. Era tutto così fottutamente sbagliato. 
Un proiettile scalfì nuovamente il freddo metallo della Torre; un brivido corse lungo la schiena di Conan, eppure all'ennesima pallottola, egli si sentì avvolto da un braccio possente e deciso. Irish l'aveva protetto facendogli da scudo. Gli aveva salvato la vita.
"Kudo Shinichi... non smettere mai di darci la caccia." Volle redimersi. E fu davvero strano. Lui, Irish, spietato membro dell'organizzazione, piegato mollemente dalle parole di un bambino delle elementari. Buffo. 
La pioggia scrosciava incessantemente, pareva non volersi fermare mai. Ma quella volta si sarebbe fermata per sempre. Quelle gocce di pioggia avrebbero lavato la terra, ma non avrebbero mai potuto lavare la coscienza di quell'uomo che moriva lentamente. 
Sapeva cos'era il rispetto, lo aveva sempre saputo. Fino a quella notte aveva creduto che quello fosse l'unico valore etico di cui potesse disporre. Eppure si sbagliava. Negli occhi di quel ragazzo c'era molto di più. C'era un mondo dietro quelle iridi blu, venate di preoccupazione, qualcosa che probabilmente non avrebbe mai compreso appieno. 
Avrebbe tanto voluto chiedergli cosa fosse, ma più di tutto avrebbe voluto ringraziarlo. Se solo l'orgoglio non l'avesse fregato fino all'ultimo istante della sua breve vita. 
Il capo crollò giù, a peso morto, ma per un breve istante prima che tutto si dissolvesse, sentì delle parole limpide empirgli la mente.
 
'Addio, Piccolo Grande Detective.'
  
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